Chi mi legge sa che
talvolta io e il mio blog ospitiamo autori esordienti e i loro figli di
carta che la maggior parte dei casi mi sorprendono, lasciano un segno del loro
passaggio che in un momento particolare della mia vita si sono incrociati con
la mia anima. Fra i libri, nei meandri della letteratura, diciamocelo, ce la
spassiamo con incoscienza e foga, ma per quanto mi riguarda l’ho sempre fatto
con una certa attenzione, una certa discrezione per i dettagli, la qualità
della scrittura o la natura della storia che mi donano la possibilità naturale
di riconoscere se quel romanzo o lettura sia valida o meno.
Questo mese, per caso o non, ho avuto l’occasione di ospitare alcuni autori esordienti. Giovani dal vissuto sconosciuto, ma pronunciati agli occhi del mondo con nient’altro il desiderio di essere ascoltati. Noemi Villaruel, l’autrice del romanzo di cui vi parlerò quest’oggi, ha bussato alla porta del mio cantuccio personale qualche giorno fa con una storia che diceva tutto e niente, ma quel poco e abbastanza per scorgerne la sua anima. Semplice ma introspettiva che è una miscela disomogenea di svariati generi, i cui valori come la famiglia, l’amicizia, la solidarietà per salvaguardare se stessa e chi la circonda, ricucirà ben o male lo strappo che si aprì tanti anni fa, quando Penelope era una ragazzina e un terribile incidente la strappò dall’abbraccio caldo e confortevole dei suoi genitori. Perché anche se a guarire le sue ferite ancora sanguinanti sarà la nonna, non basta purchè un simile dolore svanisca. Ma certi dolori non svaniscono. Più che altro vengono definiti come delle sfide a cui soppiantare certe situazioni, e non è stato un caso che la vita le procurerà conseguenze e ripercussioni che le si rivolteranno contro. Divenire una milizia, un tentativo coraggioso di dare voce a chi non ha mai avuto una sua voce, dal quale sembra una semplice casualità dimostra come mi sono trovata dinanzi a qualcosa che aveva del potenziale. Qualcosa che tiene conto di ciò che talvolta ci riserva la vita, non sapendo se vivere o morire sia la scelta più adatta, isolata dal mondo, chiusa nel buio dell’incomprensione e della solitudine, avviata lungo una strada di cui se ne conosce l’inizio ma non la sua fine.
Questo mese, per caso o non, ho avuto l’occasione di ospitare alcuni autori esordienti. Giovani dal vissuto sconosciuto, ma pronunciati agli occhi del mondo con nient’altro il desiderio di essere ascoltati. Noemi Villaruel, l’autrice del romanzo di cui vi parlerò quest’oggi, ha bussato alla porta del mio cantuccio personale qualche giorno fa con una storia che diceva tutto e niente, ma quel poco e abbastanza per scorgerne la sua anima. Semplice ma introspettiva che è una miscela disomogenea di svariati generi, i cui valori come la famiglia, l’amicizia, la solidarietà per salvaguardare se stessa e chi la circonda, ricucirà ben o male lo strappo che si aprì tanti anni fa, quando Penelope era una ragazzina e un terribile incidente la strappò dall’abbraccio caldo e confortevole dei suoi genitori. Perché anche se a guarire le sue ferite ancora sanguinanti sarà la nonna, non basta purchè un simile dolore svanisca. Ma certi dolori non svaniscono. Più che altro vengono definiti come delle sfide a cui soppiantare certe situazioni, e non è stato un caso che la vita le procurerà conseguenze e ripercussioni che le si rivolteranno contro. Divenire una milizia, un tentativo coraggioso di dare voce a chi non ha mai avuto una sua voce, dal quale sembra una semplice casualità dimostra come mi sono trovata dinanzi a qualcosa che aveva del potenziale. Qualcosa che tiene conto di ciò che talvolta ci riserva la vita, non sapendo se vivere o morire sia la scelta più adatta, isolata dal mondo, chiusa nel buio dell’incomprensione e della solitudine, avviata lungo una strada di cui se ne conosce l’inizio ma non la sua fine.
Titolo: L’iniziazione.
Le cronache dell’equilibrioAutore: Noemi VillaruelCasa editrice:
Selph PubblishingTrama: “E se l’uomo non fosse il padrone della Terra?
Se il mondo non fosse governato dalle semplici regole create dall’umanità?”La Terra, sin dalla sua creazione, fu
formata da sei Elementi fondamentali derivanti dalla Natura: Aria, Acqua,
Terra, Fuoco, Luce e Tenebre. La Natura però decise di relegare i suoi figli
nelle mani degli uomini, creando così i Dominatori, sei individui immortali in
grado di padroneggiare il controllo di un singolo Elemento. Essi consideravano
gli uomini degli esseri inferiori, ingrati verso i doni offerti loro da madre
Natura e decisero di attentare alle loro vite, compiendo numerose stragi.
Questa è la spiegazione che il governo mondiale per anni ha diffuso a tutte le
popolazioni, ma corrisponde davvero alla verità?Penelope, giovane ed intraprendente ragazza inglese, perse i
propri genitori in uno degli attentati organizzati dai Dominatori. Cresciuta
fra le amorevoli attenzioni di sua nonna, ma con l’onnipresente desiderio di vendetta,
Penelope entra nella Milizia Volontaria, corpo governativo destinato alla lotta
contro i Dominatori. Il suo talento la farà spiccare rapidamente fra gli altri
colleghi, assicurandole la carica di tenente e instaurerà un complesso rapporto
col suo capo Killian, uomo misterioso e indecifrabile, che le farà aprire gli
occhi su ciò che si cela dietro le apparenze dei suoi nemici. Cosa succederebbe
se i pilastri della sua vita, i principi ai quali si è sempre aggrappata, si
rivelassero delle menzogne? E se divenisse lei stessa un nemico?
La recensione:
L’argomento che ruota tra le pagine del
romanzo di Noemi, che fu le fondamenta di una storia semplice ma originale, fu un
analisi attenta e dettagliata riguardo l’individuo, il suo essere limitato e
imperfetto in un mondo infinito, un funambolo che cammina lungo il sentiero
insidioso della vita come un anima vagabonda lasciata sola nell’immensità del
cosmo. La sua avvenuta, il suo essere letto avvenne un pomeriggio di metà dicembre,
che avrebbe accolto Noemi nel salotto letterario di Sogni d’inchiostro. Come molte altre lettrici, ho individuato in
questa storia qualcosa che ha mostrato una sua originalità. Devo ammettere che
le mie preferenze, da qualche tempo a questa parte, non vertono più su questo
genere di letture, ma dato che la curiosità e l’interesse che io servavo a
questo romanzo non era indifferente alle altre letture a cui mi sono
approcciata con gli anni, sono andata incontro alle mie esigenze letterarie e
mi sono abbandonata, con una certa curiosità, a una lettura davvero piacevole.
In due pomeriggi di metà dicembre, la cui
atmosfera aveva un equilibrio così delicato e così contagioso che gli oggetti
inanimati sembravano dotati di due o tre sensi, se non il doppio, questo
romanzo si stanziò nel mio cerchio personale presentandosi con alcuna
differenza particolare fra cioè che è vicino e ciò che è lontano e da
spettatrice mi sono sentita legata a ogni cosa entro la mia personalissima
bolla. L’assenza di suoni, il dramma di una ragazza come tanti, mi colpì come
una cosa concreta, negativa, con una certa mancanza di rumore, col silenzio
interrotto esclusivamente dal lieve fruscio delle pagine.
Non conoscevo Noemi né la sua produzione
letteraria e la sua storia ho sentito risuonare fra le pareti invisibili della
mia stanza, così indistinta, concitata, repressa. In un mucchio di pelle e
ossa, una trama e uno stile ancora acerbo, il cui eco tuttavia mi attrasse con
un certo particolare ammaliamento, mentre mi sorpresi errare con la sua
protagonista, attorno al suo cerchio, con un unico vero scopo nella vita:
ritrovare la sua identità.
La vera essenza di questo romanzo, rimane
unica e sola: la scomparsa dei suoi cari, piuttosto vicini a Penelope e alla sua
infanzia. Inespressa e incompresa da tutti, presentata come espressione di noi
stessi, espediente necessario pur di sopravvivere, ma repentina e sconcertante
che ha sollevato un polverone di domande, quesiti o interrogativi di cui non si
avrà una risposta decisiva se non alla fine, - anche se non proprio – dando così
vita a un quadro prettamente realistico, sobrio, le cui tonalità hanno dato
vita una policromia di colori. Ho così avanzato furtivamente in mezzo a questo
caos, a questa schiera di anime manovrate da una giovane lettrice.
Indotta a perdere il senso del tempo e
dello spazio, la sua anima invase me, le note che sprigionano queste pagine
sembravano avessero preso forma dal nulla, come qualcosa di fluttuante, in cui
ogni cosa tutt’attorno diveniva il pianto di una coscienza sensibile. Sebbene il
lettore è consapevole, sin dal primo momento, quali siano le colpe che
macchiano Penelope e la sua anima, la storia che l’autrice si porta dentro
comprese onde di drammaticità e compassione che si mescolarono alla sua voce.
Ciò che ha dato una forma al tutto è
certamente stata la sua essenza, una buona introspezione e un fantasy originale
e di forte impatto; sembra si tratti di un pezzo di storia dimenticata ed
estrapolata dal nulla, per caso, poiché il tempo ha coperto ogni cosa. Una
storia che insegna a non girovagare mai, con spensieratezza, fra i meandri più
oscuri della mente umana né avanzare verso un baratro e non scorgere più la
luce, quando ci si macchia di crimini che non ci appartengono ma che cambiano
la vita con l’irruenza dei sogni. Sprofondata in un baratro buio da cui ancora
si dovrà scorgerne la luce, Penelope ci fa conoscere al momento solo l’inizio
della sua storia che non dà alcuna via di scampo. Invitandoci a percorrere
questa storia avvicinandoci a tentoni verso suoni, voci confusi, sconvolgendo
in un certo senso il mio universo personale.
Valutazione
d’inchiostro: 4
La recensione:
L’argomento che ruota tra le pagine del
romanzo di Noemi, che fu le fondamenta di una storia semplice ma originale, fu un
analisi attenta e dettagliata riguardo l’individuo, il suo essere limitato e
imperfetto in un mondo infinito, un funambolo che cammina lungo il sentiero
insidioso della vita come un anima vagabonda lasciata sola nell’immensità del
cosmo. La sua avvenuta, il suo essere letto avvenne un pomeriggio di metà dicembre,
che avrebbe accolto Noemi nel salotto letterario di Sogni d’inchiostro. Come molte altre lettrici, ho individuato in
questa storia qualcosa che ha mostrato una sua originalità. Devo ammettere che
le mie preferenze, da qualche tempo a questa parte, non vertono più su questo
genere di letture, ma dato che la curiosità e l’interesse che io servavo a
questo romanzo non era indifferente alle altre letture a cui mi sono
approcciata con gli anni, sono andata incontro alle mie esigenze letterarie e
mi sono abbandonata, con una certa curiosità, a una lettura davvero piacevole.
In due pomeriggi di metà dicembre, la cui atmosfera aveva un equilibrio così delicato e così contagioso che gli oggetti inanimati sembravano dotati di due o tre sensi, se non il doppio, questo romanzo si stanziò nel mio cerchio personale presentandosi con alcuna differenza particolare fra cioè che è vicino e ciò che è lontano e da spettatrice mi sono sentita legata a ogni cosa entro la mia personalissima bolla. L’assenza di suoni, il dramma di una ragazza come tanti, mi colpì come una cosa concreta, negativa, con una certa mancanza di rumore, col silenzio interrotto esclusivamente dal lieve fruscio delle pagine.
Non conoscevo Noemi né la sua produzione letteraria e la sua storia ho sentito risuonare fra le pareti invisibili della mia stanza, così indistinta, concitata, repressa. In un mucchio di pelle e ossa, una trama e uno stile ancora acerbo, il cui eco tuttavia mi attrasse con un certo particolare ammaliamento, mentre mi sorpresi errare con la sua protagonista, attorno al suo cerchio, con un unico vero scopo nella vita: ritrovare la sua identità.
La vera essenza di questo romanzo, rimane unica e sola: la scomparsa dei suoi cari, piuttosto vicini a Penelope e alla sua infanzia. Inespressa e incompresa da tutti, presentata come espressione di noi stessi, espediente necessario pur di sopravvivere, ma repentina e sconcertante che ha sollevato un polverone di domande, quesiti o interrogativi di cui non si avrà una risposta decisiva se non alla fine, - anche se non proprio – dando così vita a un quadro prettamente realistico, sobrio, le cui tonalità hanno dato vita una policromia di colori. Ho così avanzato furtivamente in mezzo a questo caos, a questa schiera di anime manovrate da una giovane lettrice.
Indotta a perdere il senso del tempo e dello spazio, la sua anima invase me, le note che sprigionano queste pagine sembravano avessero preso forma dal nulla, come qualcosa di fluttuante, in cui ogni cosa tutt’attorno diveniva il pianto di una coscienza sensibile. Sebbene il lettore è consapevole, sin dal primo momento, quali siano le colpe che macchiano Penelope e la sua anima, la storia che l’autrice si porta dentro comprese onde di drammaticità e compassione che si mescolarono alla sua voce.
Ciò che ha dato una forma al tutto è certamente stata la sua essenza, una buona introspezione e un fantasy originale e di forte impatto; sembra si tratti di un pezzo di storia dimenticata ed estrapolata dal nulla, per caso, poiché il tempo ha coperto ogni cosa. Una storia che insegna a non girovagare mai, con spensieratezza, fra i meandri più oscuri della mente umana né avanzare verso un baratro e non scorgere più la luce, quando ci si macchia di crimini che non ci appartengono ma che cambiano la vita con l’irruenza dei sogni. Sprofondata in un baratro buio da cui ancora si dovrà scorgerne la luce, Penelope ci fa conoscere al momento solo l’inizio della sua storia che non dà alcuna via di scampo. Invitandoci a percorrere questa storia avvicinandoci a tentoni verso suoni, voci confusi, sconvolgendo in un certo senso il mio universo personale.
In due pomeriggi di metà dicembre, la cui atmosfera aveva un equilibrio così delicato e così contagioso che gli oggetti inanimati sembravano dotati di due o tre sensi, se non il doppio, questo romanzo si stanziò nel mio cerchio personale presentandosi con alcuna differenza particolare fra cioè che è vicino e ciò che è lontano e da spettatrice mi sono sentita legata a ogni cosa entro la mia personalissima bolla. L’assenza di suoni, il dramma di una ragazza come tanti, mi colpì come una cosa concreta, negativa, con una certa mancanza di rumore, col silenzio interrotto esclusivamente dal lieve fruscio delle pagine.
Non conoscevo Noemi né la sua produzione letteraria e la sua storia ho sentito risuonare fra le pareti invisibili della mia stanza, così indistinta, concitata, repressa. In un mucchio di pelle e ossa, una trama e uno stile ancora acerbo, il cui eco tuttavia mi attrasse con un certo particolare ammaliamento, mentre mi sorpresi errare con la sua protagonista, attorno al suo cerchio, con un unico vero scopo nella vita: ritrovare la sua identità.
La vera essenza di questo romanzo, rimane unica e sola: la scomparsa dei suoi cari, piuttosto vicini a Penelope e alla sua infanzia. Inespressa e incompresa da tutti, presentata come espressione di noi stessi, espediente necessario pur di sopravvivere, ma repentina e sconcertante che ha sollevato un polverone di domande, quesiti o interrogativi di cui non si avrà una risposta decisiva se non alla fine, - anche se non proprio – dando così vita a un quadro prettamente realistico, sobrio, le cui tonalità hanno dato vita una policromia di colori. Ho così avanzato furtivamente in mezzo a questo caos, a questa schiera di anime manovrate da una giovane lettrice.
Indotta a perdere il senso del tempo e dello spazio, la sua anima invase me, le note che sprigionano queste pagine sembravano avessero preso forma dal nulla, come qualcosa di fluttuante, in cui ogni cosa tutt’attorno diveniva il pianto di una coscienza sensibile. Sebbene il lettore è consapevole, sin dal primo momento, quali siano le colpe che macchiano Penelope e la sua anima, la storia che l’autrice si porta dentro comprese onde di drammaticità e compassione che si mescolarono alla sua voce.
Ciò che ha dato una forma al tutto è certamente stata la sua essenza, una buona introspezione e un fantasy originale e di forte impatto; sembra si tratti di un pezzo di storia dimenticata ed estrapolata dal nulla, per caso, poiché il tempo ha coperto ogni cosa. Una storia che insegna a non girovagare mai, con spensieratezza, fra i meandri più oscuri della mente umana né avanzare verso un baratro e non scorgere più la luce, quando ci si macchia di crimini che non ci appartengono ma che cambiano la vita con l’irruenza dei sogni. Sprofondata in un baratro buio da cui ancora si dovrà scorgerne la luce, Penelope ci fa conoscere al momento solo l’inizio della sua storia che non dà alcuna via di scampo. Invitandoci a percorrere questa storia avvicinandoci a tentoni verso suoni, voci confusi, sconvolgendo in un certo senso il mio universo personale.
Valutazione
d’inchiostro: 4
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