Il mese di febbraio giunse lentamente, ma inaspettatamente recò con se svariate novità. Toltami finalmente il pensiero dell’ennesima reclusione forzata imposta dal sindaco della mia città, ripreso a lavorare, a vivere con maggior slancio, sciorinando così qualunque tentativo folle che mi avrebbe certamente condotto in chissà quale luogho o meta. La direzione, dunque, mi condusse fra le pagine di un classicone, un bel classicone, che frustatissima di non averlo ancora letto previde il mio approccio forse con troppo entusiasmo. Un po’ ingigantito, a dire il vero, però effettivo che ha mirato a registrare per scelta di approcciarmi all’autore gestendo le sue pagine come mi pare e piace. Fu così che in una manciata di giorni ho scorto le vicende di due giovani nobildonne, pagando però una somma di denaro per vedere questo spettacolo in cui la vivacità, l’allegria, le tronfie apparenze mi avrebbero accompagnata al centro della vanità. Cosa dovevo aspettarmi? Tutto e niente, se non il sollievo di scorgere la donna non più come quella figura vulnerabile e sottomessa bensì dotata di un cervello, una certa forza, una certa intraprendenza che – sebbene macchiata da atti o gesti impuri – la rendono speciale proprio per il suo essere imperfetto.
Titolo:
La fiera delle vanità
Autore:
William Makepeace Thackeray
Casa
editrice: Oscar Mondadori
Prezzo:
13 €
N°
di pagine: 912
Trama:
La fiera delle vanità narra le vicende di due donne molto diverse: Becky Sharp,
coraggiosa e intelligente quanto astuta, arrivista e priva di scrupoli, e la
sua compagna di scuola Amelia Sedley, emblema di virtù ma anche terribilmente
ingenua e un po’ sciocca.
La recensione:
Il mondo è uno specchio che ad ogni uomo rimanda la sua immagine. Se lo fissi con espressione accigliata, ti risponderà con un’occhiataccia. Se ridi di lui e con lui, diventerà un amico allegro e compiacente.
Da qualche tempo a questa parte, i classici sono il miglior sbocco sul mondo che potessi mai desiderare. Quantomeno non nel modo in cui desideravo potessero piacermi, e dopo svariate letture mi sono lasciata quasi del tutto qualunque pregiudizio o remora per cimentarmene con vero amore, passione, frenesia, approcciandomi come Dio comanda. La fiera della vanità fortunatamente non rompe questa bellezza, non frantuma questo idillio, e non credo potrò cambiare idea tanto facilmente, perché quando prendo una decisione difficilmente cambio idea. Più che altro questo romanzo ci rinfaccia di essere troppo egocentrici, fasulli, teatrali, anime dannate che camminano sulla via dell’assurdo la cui posizione sociale converge in una buona prospettiva matrimoniale in cui tuttavia svaniscono in speranze disoneste, affamate, incomprensibili. Sebbene siamo tutti figli dello stesso Dio, non siamo autentiche meraviglie bensì animati da sentimenti mediocri attraverso cui è stato possibile coltivare gesti scadenti e deteriorati dal tempo, così forti e indipendenti che non si premurano a seguire le convenzioni sociali, bensì seguire qualunque esperienza visiva.
L’autore scrisse questo romanzo affidandosi completamente allo sguardo critico e austero di vittime affidati e deteriorati dal tempo, forti e indipendeti che non si sono premurati a seguire più di tanto le convenzioni sociali, ma a limitarne gli sforzi, le proiezioni sociali ridotti al minimo che inaugurano una nuova forma epocale, quasi intransingente di letteratura il cui tono critico frantuma quell’aria di perfezionismo che Thackeray evidenzia a piccoli passi. Li vedo ancora, le signorine Becky e Amelia, che a vederli immagino quanto sia stato sofferto vivere in mezzo a tutto ciò, soffrendo standogli vicini poiché respinti perché non rispondevano al concetto di essere umani degni e affabili, e anziché allontanarmi mi sono avvicinata sempre più, mi sono posizionata silenziosamente sopra le loro spalle e provato a fingere che questa realtà così soffocante descritta possa pian piano allentanarsi.
Appassionante, intransingente, quasi frivolo e indimenticabile, questa fiera della vanità è un inno all’amicizia, alla pienezza, alla crescita appesantito forse dalla mole piuttosto ampia, ma che si conserva nel tempo mediante atti di ingiuria o ribellione che sconvolgono, annichiliscono in un unico colpo. Una storia che finalmente ho potuto vivere, ricambiare, centellinare con gioia ed entusiasmo che valica qualunque barriera o porta, più affascinante, più indifferente dagli altri che colma svariate lacune, accorcia qualunque distanza o confine, ritagliando pezzi di vita quotidiana gioiendo in segreto di certe attenzioni che vanno ad aggiungersi al moto perpetuo delle cose. Alla bellezza di certi aneliti, certi sussulti del cuore che sono uno squarcio, un breve lancio a ciò o a chi ci avrebbe fatto sentire molto più arricchiti dell’ammirazione di una massa di libertini presuntuosi impegnati a contendersi certi amori segreti.
Valutazione d’inchiostro: 4 +
bom dia, obrigado pela dica maravilhosa e especial. Um Bom domingo.
RispondiEliminaHome domingo 🤗🤗
EliminaSelamlar Türkiye'den...
RispondiElimina🤗🤗
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