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mercoledì, giugno 16, 2021

Gocce d'inchiostro: Cannibali moderni - Antonio Scotto Di Carlo

Certi eventi, situazioni o incontri del passato si ripercuotono nel presente come un fulmine a ciel sereno, come un lampo di gioia che ti induce a seguire dei fili che ti conducono poi da qualche parte.
Una varrebbe l’incontro con un amico di penna che qualche anno fa accolsi in questo salotto virtuale. Uno scrittore esordiente ma talentuoso e grintoso, che ha sfornato romanzi come mostrando una collezione alquanto ricca di dischi o fotografie, autore di cui tanto tempo fa mi indusse a divorare un’opera che omaggiava la musica classica e soprattutto Beethoven. Giunto nel mio personalissimo cerchio, in un momento imprecisato della mia vita, ignara di ciò che il mondo classico mi avrebbe riservato, nel giro di una manciata di giorni divenuto quell’amico più caro cui mi rifugiavo senza alcuna esitazione. Aveva ottenuto il monopolio della mia attenzione,  proprietario delle stanze polverose del mio animo che ancora oggi, seppur meno accogliente a quel genere di letture che io reputo inospitali, resta quel luogo più adatto per conservare certe storie. Recentemente aveva ospitato una bella storia, un bel thriller di quattrocento pagine, che dopo aver valicato i confini della meravigliosa brughiera di cui ci parla Hardy, costruito una città immaginaria del Wess, tessuta come un sogno che immutato nel suo remotismo, stabilisce un contatto tra ciò che è arcaico e ciò che è tragico.
Quella di Cannibali moderni, tuttavia, è una storia che ho impiegato una manciata di giorni per terminarla, e che dietro quella parvenza di tranquillità si cela la storia di un’allegoria, quella di un uomo, Miki, aspirante attore, e Don Cristo, facoltoso pensionato e del loro rapporto << complicato >> in un regime totalitario e refrattario. In una tela dipinta come un analisi attenta ma non priva di difetti, ma espediente per cogliere significati che assumeranno contorni più netti, attuali e veritieri.


Titolo: Cannibali moderni
Autore: Antonio Scotto D Carlo
Casa editrice: Youcanprint
Prezzo: 18, 90 €
N° di pagine: 440
Trama: “Le trame dei thriller sono più o meno tutte basate sul medesimo canovaccio: una storia, un crimine, un’indagine e una promessa di sorpresa alla fine. Sappi, lettore, che questo romanzo – in cui vengono privilegiati gli aspetti psicologici e legali all’azione – rientra nella norma. Di solito, attraverso prospettive, montaggio e trucchi vari, il narratore si scervella per istradarti, depistarti e confonderti, tutto nell’auspicio di donarti delle emozioni. In quanto narratore di questa storia, io ho pensato di agire diversamente. Vale a dire, di togliermi dai piedi. Ti lascerei dunque coi miei personaggi. Qualora ti interessasse sapere cosa combinano, lo apprenderai da loro stessi. Ma bada: siccome mi assento, non ti fornirò le chiavi delle loro menti. E dato che non ti conoscono, certo non te lo forniranno loro. Per cui puoi scordarti di usufruire della canonica licenza concessa al lettore di ficcanasare tra i pensieri e nei cuori dei protagonisti. Conrad diceva che si deve scrivere solo metà del libro e che dell’altra metà si deve occupare il lettore. In questo caso, ho dato ancor più spazio al lettore”. ( L’autore )


La recensione:

Nella mia comfort zone vivo sempre bene. C’è qualcosa nell’aria che, in svariati momenti della mia vita, con il silenzio delle mie riflessioni, tornano a galla vecchi ricordi, ferite non ancora rimarginate del tempo, mi alitano attorno, mi fanno stare in guardia e mi impediscono di abbandonarmi alla profondità della spensieratezza. Essere dentro la mia comfort zone equivale a leggere storie profonde, drammatiche, talvolta pesanti talvolta impegnative che anche quando sembrano riposare silenti erano sempre per momenti di tranquillità piuttosto brevi, leggeri, da cui la vita mi sferza giorno dopo giorno in faccia per risentire di queste << presenze >>, per guardarmi attorno e non vedere niente. Niente che sia come ciò che vedo nel mio mondo.
Durante un mese di lettura appassionante e impegnativo accadde che bussò alla mia porta un amico di penna che non vedevo da tantissimo tempo. Ristabilimmo un contatto, qualche giorno fa casualmente, valicando le porte del mio salotto virtuale con la proposta di lettura del suo ennesimo romanzo a sfondo realista/ sociale, la prima volta che ci ritrovammo dopo quasi otto anni.
Quello che mi propose l’autore fu un thriller particolare e atipico la cui azione si svolge in Italia, ma che la sceneggiatura sembra essere costruita in un luogo remoto e imprecisato del 1950, sotto qualche regime bellico, che sfidava ogni fantasia dell’orrore; non così spaventoso nel vero e proprio senso del termine, ma parecchio riflessivo più di quel che io stessa potessi immaginarmi. L’intera società era stata rovesciata, la città decimata da un regime tendenzialmente supremo e crudele, la gente decimata da continui assetti sociali e politici che annientano inesorabilmente. Erano tutti finiti a << fare da concime nei campi >>, perché anche i più volenterosi dovevano almeno come schiavi servire qualcosa.
Ho viaggiato in compagnia dei personaggi dell’autore per una manciata di giorni attraverso un paese martoriato a raccogliere i frutti di questa follia. La gente così stanca, così inebetita dalla consapevolezza di non poter raccontare cosa si è costretti a fare per vivere, nel XXI secolo. Non si è più gli stessi, le tracce di queste sofferenze erano dovunque e la carica invisibile del dolore che si protrae come fiati di vapore nell’aria si accumulano riempiendone l’aria, appesantendo ogni silenzio, ogni ambizione e rendeva vane qualunque speranze. Anche io ho avvertito questo << malessere generale >> che lo stesso Miki, in un certo senso, avverte gravare come un fardello fin troppo pesante sopra le sue spalle. Non era possibile bearsi nella consapevolezza di poter affacciarsi al mondo, senza poter fare niente, senza pensare istintivamente che per raggiungere piani alti era necessario almeno essere in quelli bassi.
L’incontro/ scontro con un pensionato irriverente e facoltoso che scova del potenziale in questo ragazzo, indurrà la storia a prendere una strada tutta sua. Non sarà facile districarsi fra le maglie di una trama apparentemente banale, che è stata sfilata dalla libreria virtuale del mio Kobo repentinamente. Era stato il giorno in cui il passato tornò a bussare alla mia porta, e che con mio grande imbarazzo avevo relegato Antonio e le sue opere in un cassetto della memoria mai più aperto. Ma mentre mi affanno a divorare libri su libri, mi rendo conto che sono troppo le storie, i libri che vorrei leggere. Il tempo è sempre troppo poco, gli impegni sempre più importanti e consapevole che leggere tutto quello che si desidera è davvero impossibile: le mie librerie, presto o tardi, si riempiranno di opere mancanti di autori preferiti e non, ma pur quanto desideri cibarmi mi rendo conto è un’impresa davvero terribile. Così, sull’onda dell’impulso, ho letto quest’ultima fatica di Antonio, che molto probabilmente non avrei mai letto se non fosse che il suo autore mi ha contattata. Contagiata dal tono disincantato e cinico, allegorico e tendenzialmente maschile, non il genere di libro cui avrei dovuto studiare e osservare dettagliatamente ma un modo per stroncare del tutto la routine. Monotona, sempre uguale a se stessa, col profumo della solitudine che aleggia attorno alla mia anima di cui questa forma di lettura si insinuò in me come una forma predominante e violenta. Quasi stessi leggendo e scrutando una visione illogica, maledetta e profusa di uomini comuni unanimi e volenterosi.
Cannibali moderni è quel genere di lettura che non credo avrei accolto se la sua chiamata non fosse giunta dal suo stesso autore, ma schietto e realistico ha scivolato nelle stanze buie della mia anima acquisendo una certa capacità di condividere i sentimenti umani. Perché sebbene si desideri far sentire la propria voce in un mondo di voci, allontanarsi dal proprio guscio, non si può fare niente se non condividere questa triste condizione di essere sovrastati da forze più potenti. La forza delle passioni che battono orgogliosi nei nostri cuori sorvegliando il sonno di un’umanità addormentata, e a cui ci si aggrappa costatando come ciò che sembrerebbe ridicolo, assurdo o superstizioso ha ora acquisito un certo valore pensando, crescendo, respirando, trasformandosi in una storia in cui le parole hanno una certa importanza.

Valutazione d’inchiostro: 4

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