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mercoledì, giugno 30, 2021

Gocce d'inchiostro: Sotto gli alberi - Thomas Hardy

L’idillio che ho abilmente costruito in questo sesto mese dell’anno sta per cadere. Questo mese, così terribilmente caldo e appiccicoso, è passato davvero in fretta e presto avrei dovuto prendere atto di quel momento in cui avrei dovuto separarmi dal mio amato Hardy e dai suoi personaggi per i saluti di << commiato >>, come sono solita dire quando tralascio l’avvicendarsi di autori ancora per me sconosciuti per esplorarne quelli amati e conosciuti. Per me trattasi di uno stato di prolungamento o meno il visto di soggiorno nel mondo dei normali, per me avere un biglietto di entrata e uscita per un altro giro di straordinarie emozioni. Questi viaggi, queste mie spericolate avventure, recentemente mi condussero in una lunga e dorata torre, recentemente in un bosco in cui risiede silenziosamente un villaggio, una comunità di contadini che vivono come isolati da forme indispensabili e utili per il loro fabbisogno. Di nuovo la campagna, la brughiera, un paesaggio verdeggiante e scintillante immerso in un chè disincantato, allegorico, apparentemente quieto da cui mi è stato difficile discostarmi a fine lettura, poiché non esula nient’altro che l’intento di poter vivere serenamente anche quando non è così.
Sotto gli alberi non è un’opera “completa” del ciclo hardiano, nel senso che esula da quei filoni, quelle dottrine artistico/ sociali che contraddistinguono le sue parole, salvando ciò che è possibile salvare, impedendo qualunque effetto negativo possa capovolgere ogni cosa. Accostata quasi alla tradizione popolare, alla fabula, scritto con maggior delizia, in una piacevolissima vicinanza, massima di vita fra la gioia in cui l’anima si desta, si confonde, respira, si avvolge nel suo piccolo grembo come una brezza estiva sfuggita dal tempo e all’epoca. Fratture, rumori dell’anima, scricchioli generati da zoppicanti ingranaggi temporali in cui spicca la suggestione del tempo.

Titolo: Sotto il bosco
Autore: Thomas Hardy
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 236
Trama: Dock Dewy, figlio di un carrettiere e suonatore di violino, fa parte del coro della parrocchia di Mellstocj, piccolo paesino immerso nella campagna inglese. Il giorno in cui il coro si esibisce alla scuola del paese, s’innamora a prima vista di Fancy Day, l’affascinante direttrice. Ma non è l’unico: dovrà infatti vedersela con numerosi altri pretendenti, fra i quali il nuovo vicario, il giovane e intraprendente Mr Maybold. Questi, oltretutto, animato da un desiderio di modernizzazione, è anche intenzionato a sostituire il vecchio coro e i suoi anziani membri con un organo meccanico. La battaglia per la sopravvivenza del coro sarà dura e costellata di peripezie. Ambientato in una splendida campagna inglese, “otto gli alberi”, dai toni allegri e idilliaci, è il più divertente tra i romanzi di Hardy e attinge con grande capacità affabulatoria alla migliore tradizione umoristica inglese. Tuttavia, la storia non manca di un retrogusto amaro, pervasa dalla consapevolezza di un mondo che, suo malgrado, sta diventando anacronistico.


La recensione:

La giornata che ho trascorso in queste pagine e che ho trascorso assieme ad un autore di cui leggerei qualunque cosa, persino la sua lista della spesa, è stata davvero produttiva e utile. Io mi ero fatta un’idea della gioventù che ha scandito il suo tempo, quella di Thomas Hardy, intendo, mi piace e mi affascina credere che quando l’autore aveva la mia età, se nelle sue spalle gravasse già il peso della stanchezza. Un’idea di cui ancora non ho particolarmente attitudine, non ha fondamento, perché di lui e delle sue opere sono ancora a metà strada esordendo con la storia di una ragazza bellissima, ma sfortunatissima, impelagata in vicende amorose che hanno del tragico, del melodrammatico. In un primo tempo avrei giudicato teso, inquieto ma adesso  che ho per la testa sempre in frullo: il miglior modo per sentirsi partecipe ad una storia.
Interessata e curiosa. Ma che farci?
La curiosità in letteratura è sempre stata fonte di inestimabile bellezza. Un esercizio di cultura, di apprendimento che ho desiderato poter mettere in atto sin dal momento in cui ho compreso come la letteratura, i libri sono la linfa vitale per il mio sostentamento. Mi siedo su una poltrona,  su un letto, su una sedia girevole, chiudo gli occhi e …cado dal cielo delle piccole mere gioie e non voglio farmelo scappare. Queste cadute, che da tantissimo tempo sono innumerevoli e perenni, mi insegnano quasi sempre qualcosa. Donano immagini, sensazioni di cui non credevo di possedere, insegnandomi cose sul modo di svagare la mia mente, adempiere a nuove forme di vita in cui la mia anima possa riposare silenziosamente. Certe letture sono davvero delle vere e proprie << svuota la mente >>, altre invece che ti distaggono esclusivamente spezzando la routine, la monotonia di una vita quasi sempre uguale a se stessa, ed altre che ti immergono a tal punto da desiderare di farne parte. Aderiscono al tuo corpo come una seconda pelle, respirando profondamente, seguendomi a tal punto da far sorgere anche piccole gioie. Mi lascio andare. Vivo attraverso queste letture. Resto lì, nello spazio ristretto di un piccolo universo, checchè sia immaginario o realistico, senza fare nulla, senza pensare niente.
Thomas Hardy scioglie quel groppo dell’insoddisfazione che solo i classici sortiscono così bene. Via via, ammorbidendo qualunque forma intrinseca di vita, lasciando andare tutto ciò che prende posto nel mio corpo, ma che non appartiene al mio corpo.
E in questo quieto rilassarmi, Sotto gli alberi ha funto da espediente per pensare e giudicare ma insegnandomi anche come dalla vita stessa possa essere tratto qualche insegnamento. Si vive credendo che ciò che ci viene inflitto sia una forma di nemesi agli attacchi esterni impartitaci dal Fato, ma ciò che esprime l’autore in queste pagine con toni allegri, allegorici, idilliaci è che in luoghi apparentemente insulsi si cela la magia del progresso, del futuro che invade anche i luoghi più nascosti e fra cui la natura più caparbia resiste in cui il reale sembra persistere e l’impossibile rendere ogni cosa inquieto. Una visione letteraria un po’ più sempliciotta a dispetto di altri romanzi, che tuttavia mi è piaciuta tanto, mi ha impartito alcune lezioni da cui ho fatto ammenda, ho immaginato di essere anche io una contadina appartenente a questa comunità di cui ho estratto forme di meditazione, disseminate nel romanzo come forme di espressione o vita.
Anima ancora fragile, ma dolce e trasognata, Sotto gli alberi è un piccolo gioiellino che consiglierei caldamente a chi non è avvezzo alle storie hardiane, chi desidera osservare il mondo in cui vi fece parte e ciò che le sue anime gli sussurrarono, devastandolo, tramortendolo, rendendolo vulnerabile persino nel suo essere scrittore, lettore, che ebbe una sorta di avversione fra chi si poneva su ceti sociali più bassi. L’uomo è sottoposto a terribili punizioni, conseguenze che intercorrono fra la vita e la morte, e di situazioni di questo tipo ce ne sono a bizzeffe, sotto lo sguardo scrupoloso di un lettore di anime che scava a fondo nel cuore umano, disvelando qualunque ingranaggio, qualunque forma contorta, affinchè qualcosa vada al proprio posto. Riportando ferite così brutte dell’anima che non si può fare nulla se non confidare nel fermare il corso del tempo.
In bilico fra estasi e sogno, il mondo circostante zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria, il senso della vita resta intrappolato nella sua orbita, ritratto umano terribilmente coinvolgente e realistico che incorre l’ideale di un sogno per certi versi realizzabile ma a cui bisogna saper distinguere fra ciò che è vero e ciò che non lo è.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti: