Di
romanzi storici che detengono il tema della possessione non avevo mai letto
niente. Ora che mi sono approcciata a Fernanda Alfieri credo proprio che
approfondirò certi suoi argomenti con la lettura di altri romanzi, anche se oramai è
divenuto un rito quello di celebrare e salutare argomentazioni e tematiche a me
sconosciute che in niente mi affascinano moltissimo; partecipo all’iniziazione
di sortire quella determinata lettura senza dare peso a niente e nessuno. Recito
una parte senza sapere né come né perché. Un arcobaleno dai colori impazziti.
Recentemente, affascinata da tale tema, mi recai fra le vecchie mura della capitale italiana, nel 1830, interessata a seguire passo dopo passo quali sarebbero state le modalità di sopravvivenza di una ragazza posseduta dal diavolo. Una di quelle rare occasioni in cui il sentimento prevale sulla ragione, e che fra le pagine del romanzo dell’autrice ho acquisito una notevole conoscenza di questa natura: le sue ricerche mi condussero fra le braccia di gesuiti e frati che impelagati nell’affannosa ricerca di rivelare verità sconcertanti e cocenti lasciano le loro abituali quotidianità per urbanizzarsi nell’estirpare questo male assoluto rivelando dalle maglie dell’oblio la più cocente verità. Molti studiosi sono morti tramandando segreti che nessun giovane ha mai veramente appreso. Dopotutto il sapere serve anche a questo, quando si crede di vedere ciò che abbiamo dinanzi ai nostri occhi ma che in realtà non vediamo. Fernanda Alfieri se ne fece un cruccio, e scomparendo dal mondo odierno, estrapolò quelle giuste conoscenze che strada facendo si sono perse; la cultura a questo proposito è un bellissimo trampolino di lancio. Osservando il tutto come se avesse deciso di trapiantare il suo tempo come un albero in modo che attecchisca bene, tagliarlo finemente affinchè il legno di cui è costituito possa essere intagliato.
Recentemente, affascinata da tale tema, mi recai fra le vecchie mura della capitale italiana, nel 1830, interessata a seguire passo dopo passo quali sarebbero state le modalità di sopravvivenza di una ragazza posseduta dal diavolo. Una di quelle rare occasioni in cui il sentimento prevale sulla ragione, e che fra le pagine del romanzo dell’autrice ho acquisito una notevole conoscenza di questa natura: le sue ricerche mi condussero fra le braccia di gesuiti e frati che impelagati nell’affannosa ricerca di rivelare verità sconcertanti e cocenti lasciano le loro abituali quotidianità per urbanizzarsi nell’estirpare questo male assoluto rivelando dalle maglie dell’oblio la più cocente verità. Molti studiosi sono morti tramandando segreti che nessun giovane ha mai veramente appreso. Dopotutto il sapere serve anche a questo, quando si crede di vedere ciò che abbiamo dinanzi ai nostri occhi ma che in realtà non vediamo. Fernanda Alfieri se ne fece un cruccio, e scomparendo dal mondo odierno, estrapolò quelle giuste conoscenze che strada facendo si sono perse; la cultura a questo proposito è un bellissimo trampolino di lancio. Osservando il tutto come se avesse deciso di trapiantare il suo tempo come un albero in modo che attecchisca bene, tagliarlo finemente affinchè il legno di cui è costituito possa essere intagliato.
Titolo:
Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma
Autore: Fernanda Alfieri
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 376
Trama: E’ il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via Sant’Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna << ritenuta ossessa >>, Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un’accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell’Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui il “diavolo”, tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un’epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall’altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l’isteria. Dall’anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l’impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso ( e se la ragazza stesse solo fingendo? ) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono.
Autore: Fernanda Alfieri
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 376
Trama: E’ il 23 dicembre 1834 quando due gesuiti bussano a una porta di via Sant’Anna. Sono stati chiamati al capezzale di una giovane donna << ritenuta ossessa >>, Veronica Hamerani, per liberarla dagli assalti del demonio. Inizia così questa vicenda inquietante, di cui la storica Fernanda Alfieri compie un’accuratissima ricostruzione partendo dal ritrovamento di un manoscritto nell’Archivio generale della Compagnia di Gesù. È il diario che gli esorcisti hanno tenuto durante i mesi in cui si è protratto il rito: non solo è un racconto disturbante, in cui il “diavolo”, tra violenti improperi e battute in romanesco, prende direttamente la parola, ma è anche la testimonianza straordinariamente viva delle tensioni di un’epoca. Da una parte lo sguardo della Chiesa, la convinzione che il Maligno abbia preso possesso del corpo della ragazza e la volontà di riportarlo, quel corpo, sotto il proprio controllo; dall’altra quello della medicina che vede le convulsioni di Veronica come una malattia curabile, l’isteria. Dall’anziano padre Kohlmann, che aveva attraversato i continenti, fuggendo dalla Francia in Rivoluzione e approdando, attraverso l’impero russo, negli Stati Uniti, e ogni volta vedendo il mondo, il suo mondo di antico regime, distrutto da un tempo presente ingovernabile; al giovane malinconico padre Manera, il più colto e dubbioso ( e se la ragazza stesse solo fingendo? ) E poi i medici, la famiglia, il Vaticano, la Roma papalina, tesa tra la superstizione e la modernità, fra la chiusura e il cosmopolitismo. Tutti sguardi e volontà di controllo che si stringono intorno al corpo di Veronica. Lo scrutano, lo misurano, lo interpretano. Lo zittiscono.
La recensione:
L’essere umano così com’è, nella sua nuda sensibilità pronta
ad agitarsi, per un nulla e farsi catturare da un mondo pieno di tentazioni,
nel regno dei cieli non può entrare.
Nei giorni che seguirono la
lettura di questo romanzo ho cercato di dimenticare qualunque forma di
possessione e ossessione e di occuparmi di altro.
Non mi considero una
lettrice facilmente influenzabile, ma il romanzo di Fernanda Alfieri, fra le
tante immagini che affiorano incontrollate nella mia mente nei momenti di
distensione, domina quella di una ragazza comune che si dimena come un ossessa,
sghignazza, sogghigna, distesa in un letto come un orribile pena di morte per
chi è stato castigato dal dio del male. E si pensa nell’immediato a ciò che può
essere capitato a questa ragazza, quando il Diavolo l’accolse nel suo grembo
repentinamente in un giorno qualunque, che un po’ per curiosità, un po’ per
castigare i suoi << fedeli >> si avvicinò al mondo terreno finendo
nella trappola che fra le pagine di questo romanzo conduce all’isteria.
Nella letteratura italiana
odierna le arti della possessione e dell’ossessione sono elementi che si
comprano nel vasto mercato delle conoscenze perché è un ingrediente della
cultura popolare, come il pane per ognuno di noi. Mediante studi, archivi e
conoscenze varie si scovano un mucchio di cose, come fece la Alfieri, che
appassionata di storie e di scienze, nel trascrivere la storia di questa
sfortunata ragazza promugnò quei giusti ingredienti che un lettore poco avvezzo
a questo tipo di letture può farsi condannare a morte. Quanti lettori, a volte
senza saperlo, rischiano viaggiando da un luogo ad un altro, valicando confini
inesplorabili, rischiando persino la loro stessa vita.
Certo che ognuno di noi ha
diritto a leggere ciò che gli pare e piace, ma di Veronica e il diavolo c’è da dire che si tratta di quella giustizia
sommaria che mi sembra ingiusto imporre a un lettore ingenuo e imberbe.
L’esorcismo, le possessioni, i riti satanici, specie quelli veri, micidiali
spiritualmente, alcove di paure e timori vari, sono oggi una delle forme più
archetipe del mondo; è un mondo a se stante che è tenuto mediante i fili
invisibili di individui che affrontano il Male di petto, stabilendo ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato di cui l’autrice attinge come se pescando da un
arcipelago di sopravvissuti. Ogni dato o informazione è un naufrago che
galleggia nel grande mare del dimenticatoio dell’andata perduta e mai
ritrovata. In un alternarsi fra stralci di diario e il contesto storico e
politico e le riflessioni personali dell’autrice, in un itinerario letterario
le cui parti convergono in vicende che ricostruiscono una storia rimasta per
secoli imprigionata in un documento custodito in un archivio. Il corpo di
Veronica e la presenza del Diavolo sono forme di vita attraverso cui l’autrice
si premura a ricostruire la conquista di Roma, che per i gesuiti era una lotta
incessante ma vana in cui prevale lo spirito dell’autrice e il suo desiderio di
porre ogni cosa alla luce. Nulla resta sepolto. Prima o poi vedrà la luce.
Elaborare da un testo
storico una storia come questa fu quel posto giusto in cui decisi di risiedere,
per una manciata di giorni, affinchè le mie conoscenze fossero ampliate. Qui la
possessione è un male assoluto impossibile da estirpare, il Diavolo alberga in
noi per destare potere, smuovere gli animi di chi possiede un’anima pura,
pronta ad accettarsi ad ogni stimolo esterno, avvolti nel dolore e nel
sacrificio. Il suo destino è disgraziatamente appeso a un filo, ma nel 1837 gli
esorcismi erano l’unico rimedio. Un tipo di ingiustizia che avrà effetti
devastanti e che condannerà questa povera Veronica a morte certa.
L’impossibilità di non
poter combattere, la ricerca vana alla felicità, alla redenzione, sono alcuni
degli elementi che hanno fatto breccia nel mio cuore e schiarito le idee su
qualcosa che, onostante i miei insegnanti me ne avessero fatto cenno fra le
mura scolastiche, nel romanzo dell’Alfieri sono circondati da una luce più
accecante e oscura. Ridotto a uno stato particolarmente discutibile, pronto ad
accogliere nel suo grembo qualunque forza, elemento, sacrificio che il Maligno
le sottrae e che detiene nel palmo delle sue mani.
Veronica e il diavolo fu quel contrappreso che
mi indusse a comprendere come da certe letture è possibile cogliere una serie
di allegorie alle regole o alle convenzioni sociali attraverso cui molti non
vedono una via d’uscita. Surreale, crudele in cui conta esplicare la verità,
qualunque forma di vita che conferisca un fondamento, e che grazie alla
presenza di Dio, è necessario comprendere quale direzione prendere, quale
strada percorrere affinchè l’anima non si senta più fuori posto, poiché
percursore di menzogne e falsità insinuate nell’Avversario. Discernere
osservando ciò che sta sul fondo affinchè è possibile scorgere la distinzione
fra Bene e Male, non è qualcosa che scaccia definitivamente il Maligno ma apre
la mente a nuovi idiomi e nuove tipologie.
Sarà stato atroce <<
vivere >> tutto questo. L’uomo moderno sa cosa va incontro, non si
stupisce delle ambiguità della vita, delle ripercussioni che certe battaglie,
certi assetti si sposano nelle sue vite. Specie se immerso in una specie di
immobilità dell’anima, di solitudine che ci impedisce di non tormentarci di
certi frangenti, ignorare certe agitazioni e sventure che scovino forme di
fuga, in cui l’ignoranza, l’ignoto svanisce dal baratro in cui siamo
sprofondati. La Alfieri ci impartisce la lezione di studiare i limiti del Male
mediante la veridicità di fatti accaduti tantissimo tempo fa, non collocandolo
nel settore dei romanzi storici ma anche in quello dei saggi affichè scovi
quella giusta forma di vita che possa soddisfarci, beneficiarci, eremiti alla
comprensione e alla contemplazione. Piegati in due da forze superiori,
surclassati dall’esigenza di tollerarsi e aiutarsi reciprocamente sorgendo come
eroi.
Complesso perché composto
come un poema religioso, filosofico e moralista, pone particolari distinzioni
fra intelligenza e mediocrità, in cui le anime di questi poveri flagellanti non
riescono ad opporsi ad alcunchè. Figurarsi al Diavolo!
Un piccolo grande tesoro di
immaginazione letteraria che spicca il volo verso un orizzonte irraggiungibile,
covo di paure e di forme di inquietudini varie. Accresciuto dalla densità di
uno stile a tratti inconsueto, a cui ci si appassiona con un certo coinvolgimento
emotivo.
Ogni cosa esiste per servire Dio, e così anche loro. Nessun essere umano su questa terra appartiene a se stesso. Noi siamo tutti in catene, e, per primo, il Cristo che adoriamo?
Valutazione d’inchiostro: 4
Non credo faccia per me; grazie comunque per la recensione
RispondiEliminaA te :)
EliminaBoa tarde, obrigado pela dica e parabéns pelo seu trabalho de pesquisa.
RispondiElimina🤗🤗
EliminaMi ispira un sacco, poi che incanto il dipinto in copertina!
RispondiEliminaConfermo! Una bella storia 🤗🤗
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