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lunedì, ottobre 18, 2021

Gocce d'inchiostro: Il mastino dei Baskerville - Artur Conan Doyle

Non mi aspettavo di sentirmi così straordinariamente a mio agio fra le pagine di un romanzo straordinariamente vivo, quando misi piede in uno studio, sul finire del 1800, in una Londra fumosa e grigiastra, a cui presi posto a sedere come un fantasma intersecando una linea di confine fra il possibile e l’impossibile. A un tratto fu tutto diverso. Malgrado gli innumerevoli tentativi compiuti negli anni di nutrire una certa inclinazione per le indagini del più acclamato detective degli ultimi tempi, Sherlock Holmes, le tante letture classiche cui ho letto e vissuto con acerrimo interesse, le tante spericolate incursioni nei salotti letterari o in quelli londinesi a cui ho presenziato sino alla settimana scorsa, questo nuovo viaggio con Sherlock Holmes non fu più lo stesso. Si trasformò in un teatro di parole impossibili che mi indussero a dissipare qualunque dubbio, remora, qualunque mia remota ritrosia a nutrire un certo distacco a ciò che fu quando non ero nemmeno una giovane adolescente, osservai che ciò che avvenne in queste pagine non fu essenzialmente per merito mio che mutò il mio approccio a questa lettura, ma la concentrazione e la tenacia di sentire come mie queste fantomatiche vicende con quel genere di osservazione che riservo ai classici. I riferimenti del genere poliziesco solitamente stretti e angusti abbandonati  e soppiantati a favore di ambientazioni quasi horror e gotici con caratteri molto cupi e spettrali, che sollevarono da terra ogni mia mancata impennata passata e riempiendo la mia coscienza di una forte passione. Un forte interesse, l’urgenza di scoprire chi fosse il mistero che alitava su queste pagine tirarono fuori un aspetto di questa tipologia di romanzi che ignoravo, per non parlare del lento e pensoso macerarsi che accompagna questa scrittura come reportage di raccolte di lettere in cui sono riposti sentimenti, emozioni dalla natura sconosciuta.


 

Titolo: Il mastino dei Baskerville
Autore: Artur Conan Doyle
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 8 €
N° di pagine: 211
Trama: Nebbia, brughiera, un cane maledetto con le fiamme dell’inferno negli occhi, una morte incomprensibile: il palcoscenico perfetto per Sherlock Holmes e per l’immancabile Watson. La morte in questione è quella di Sir Charles Baskerville, l’ultimo occupante di Baskerville Hall: che sia vera la leggenda che parla di un cane degli inferi, un mastino demoniaco che perseguita la famiglia Baskerville? Un perfetto meccanismo a orologeria, un vero e proprio manuale di investigazione. E, non ultimo, il manifesto della logica d’acciaio del più celebre investigatore della letteratura mondiale.


La recensione:

Negli anni che seguirono il mio percorso letterario, la mia formazione culturale, il mio amore per i classici esordì sui banchi di scuola, all’età di diciassette anni, di cui trascorsi gran parte del mio tempo libero in compagnia di giovani donzelle svampite e testarde, ad interpretare amori illeciti e incomprensibili che io chiamo << impennate amorose >>, che nei miei diari personali riempio di vari pensieri, concezioni vigorose di una ragazza non più adolescente ma che leggerle su carta esercitano un meccanismo inspiegabile. La letteratura, per non parlare della vita in generale, col tempo mi ha tenuta a bada: mi ha insegnato a stare all’erta, andare a fondo per migliorare e migliorarsi mediante tutto ciò è possibile vagliare mediante l’attenzione ponderata delle cose: descrizioni di oggetti fisici, emozioni che non possono essere tenute a bada, paesaggi, cieli mattutini, volti umani, l’effetto devastante che certe parole esercitano su di me; monologhi di altre persone che in poco tempo divennero le mie o perlomeno ho tentato di interpretare e capire. Imitazione di vite che quasi sempre convergono con la mia basate sul modello sintattico della scrittura affinchè potessi sentire i ritmi nelle ossa, il sangue pulsare nelle mie vene. Ed è in questi momenti, se chiudo gli occhi per un istante, che avverto come nasce una storia. Una curiosa sequenza di scenette nate da eventi reali o immaginatifichi, ore selvagge di scrittura solenne o imperfetta per schiarire le idee ogni volta che la realtà ci soffoca. Come ad esempio quando si desidera evadere dalla realtà circostante, che provocata potrebbe scalfire la tua elaborata corazza.
Di solito odio dover tornare sui miei passi, ma con questa lettura mi sono maledetta per tutto il tempo. Mi sono sentita stupida e priva di talento che avrebbe offuscato il mio essere impavida e coraggiosa, quella lettrice ostinata che non demorde dinanzi a niente e nessuno, sforzandomi di farmi piacere qualcosa. Ma questa quinta vicenda del più acclamato investigatore inglese degli ultimi tempi, per mia fortuna, non ebbe bisogno di grandi paroloni per conquistarmi. Malgrado i propositi non fossero dei migliori, malgrado confidassi di non riporre lo scaffale con una smorfia di disprezzo perché sapevo che sarebbe stato una condanna per la mia anima, che non denigra niente e nessuno, menchemeno una lettura, un romanzo, ma che avrebbe valicato quel cielo luminoso e scintillante che desideravo tanto. E ogni volta che mi imbatto in una nuova esperienza letteraria confido possa accadere qualcosa del genere, in maniera tale che quella lettura non appaia più così brutta di quel che credevo, anche se avrebbe potuto rivelarsi abominevole perché mi piace pormi degli obiettivi e raggiungerli. Il mio proposito, al momento, è quello di smaltire la pila di libri accumulati in passato, perché nonostante l’amore che serbo per la carta, tante storie ancora da leggere e vivere, sono consapevole di non poter lasciarmi andare alla forza delle passioni, e quando Il mastino dei Baskerville fu il romanzo scelto mi sentì felice, entusiasta ad approcciarmi ad una nuova lettura. Imbarcarmi in un nuovo viaggio letterario, che silenziosamente aveva atteso per tutto questo tempo. All’assalto del grande mondo, niente di più bello, niente che potesse eguagliare la sensazioni di annullarmi per entrare a far parte di un mondo che sarebbe presto diventato il mio.
Non mi pongo mai nella condizione di confessare qualcosa che mi metta sotto una luce piuttosto debole. Non concepisco mai l’idea di confessare quanto un romanzo a cui sono stata alla larga per tanto tempo celi del fascino che, ad un lettore amante del mistero e del gotico, induce a vivere sensazioni di ammaliamento o grandezza. Ci si lascia trascinare dalla bellezza di un paesaggio circondato da un’aura di suspense e magia, sicuramente dovuto dal paesaggio di una brulicante brughiera. E dunque parlarvi di una delle tante indagini di Sherlock Holmes si finisce in un campo minato col rischio di apparire incompresa e stolta. Eppure quest’opera ha preso vita in un momento in cui meno me lo sarei aspettata, avanzando e sgomitando nel mio mondo con nient’altro l’intento di rovesciare un occhio al presente pur di comprendere il futuro poiché nessuna condanna è così grave da non ricevere pentimento.
Le storie di quest’uomo incurante di tutto e di tutti, nonostante al principio il nostro incontro non sia stato tanto eclatante, mi hanno colpito positivamente. Non conquistata ma dissipato quella bruma appiccicosa di diffidenza e perplessità che circondava la sua anima. Sherlock Holmes è l’alerego del suo creatore che per il suo senso innato per la conoscenza riuscì a stento a convincermi che fosse così convincente da essere vero. Il proseguimento di teorie, idee realizzate nel corso degli anni e che, indagine dopo indagine, ebbero l’effetto di scalfire quella dura corazza di cinismo dietro cui mi ero nascosta. Inducendomi quasi a pensare che in futuro vorrò bearmi di altre avventure di questo giovane investigatore.
Segnata dalla storia di questo giovane investigatore, come un oggetto perduto e poi ritrovato, storia che incuriosisce e allieta lo spirito per il suo essere misterioso, gotico al punto giusto perché per mia fortuna non si è trattato dell’ennesimo giallo piuttosto di una raccolta di lettere che il buon Watson riportò nel suo personalissimo diario. E il bisogno di prenderne atto mi ha fatto desiderare leggere altro dell’autore, sorpresa nell’aver trovare un’insolita intimità, seguendolo di pari passo assieme al suo fidato amico. E quella della ricerca interiore è una delle massime principali dell’intero romanzo in cui ogni personaggio ha una sua voce, una sua importanza.
Ho letto questo romanzo con profondo interesse e curiosità e con uno stato d’animo simile all’accettazione come non mi capitava da tempo; non qualcosa di insolito, ma di sacro e misterioso che incute rispetto dinanzi al quale ho camminato in punta di piedi. Questo era il mondo di Sherlock Holmes, e finalmente divenuto anche il mio. Rappresentazione scenica di una sfilza di oggetti e situazioni simboliche, in una successione di luoghi e figure che assieme a Holmes e Watson ci condurranno a crescere, conoscere e vedere, discostare quel velo dell’ignoto soffocando l’emozioni, le apparenze, nella crudeltà di un mondo non sempre semplice e ospitale.

Valutazione d’inchiostro: 4

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