Non
mi aspettavo di sentirmi così straordinariamente a mio agio fra le pagine di un
romanzo straordinariamente vivo, quando misi piede in uno studio, sul finire del
1800, in una Londra fumosa e grigiastra, a cui presi posto a sedere come un
fantasma intersecando una linea di confine fra il possibile e l’impossibile. A un
tratto fu tutto diverso. Malgrado gli innumerevoli tentativi compiuti negli
anni di nutrire una certa inclinazione per le indagini del più acclamato
detective degli ultimi tempi, Sherlock Holmes, le tante letture classiche cui ho
letto e vissuto con acerrimo interesse, le tante spericolate incursioni nei salotti
letterari o in quelli londinesi a cui ho presenziato sino alla settimana
scorsa, questo nuovo viaggio con Sherlock Holmes non fu più lo stesso. Si trasformò
in un teatro di parole impossibili che mi indussero a dissipare qualunque
dubbio, remora, qualunque mia remota ritrosia a nutrire un certo distacco a ciò
che fu quando non ero nemmeno una giovane adolescente, osservai che ciò che
avvenne in queste pagine non fu essenzialmente per merito mio che mutò il mio
approccio a questa lettura, ma la concentrazione e la tenacia di sentire come
mie queste fantomatiche vicende con quel genere di osservazione che riservo ai
classici. I riferimenti del genere poliziesco solitamente stretti e angusti abbandonati
e soppiantati a favore di ambientazioni
quasi horror e gotici con caratteri molto cupi e spettrali, che sollevarono da
terra ogni mia mancata impennata passata e riempiendo la mia coscienza di una
forte passione. Un forte interesse, l’urgenza di scoprire chi fosse il mistero
che alitava su queste pagine tirarono fuori un aspetto di questa tipologia di
romanzi che ignoravo, per non parlare del lento e pensoso macerarsi che accompagna
questa scrittura come reportage di raccolte di lettere in cui sono riposti
sentimenti, emozioni dalla natura sconosciuta.
Titolo:
Il mastino dei Baskerville
Autore: Artur Conan Doyle
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 8 €
N° di pagine: 211
Trama: Nebbia, brughiera, un cane maledetto con le fiamme dell’inferno negli occhi, una morte incomprensibile: il palcoscenico perfetto per Sherlock Holmes e per l’immancabile Watson. La morte in questione è quella di Sir Charles Baskerville, l’ultimo occupante di Baskerville Hall: che sia vera la leggenda che parla di un cane degli inferi, un mastino demoniaco che perseguita la famiglia Baskerville? Un perfetto meccanismo a orologeria, un vero e proprio manuale di investigazione. E, non ultimo, il manifesto della logica d’acciaio del più celebre investigatore della letteratura mondiale.
Autore: Artur Conan Doyle
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 8 €
N° di pagine: 211
Trama: Nebbia, brughiera, un cane maledetto con le fiamme dell’inferno negli occhi, una morte incomprensibile: il palcoscenico perfetto per Sherlock Holmes e per l’immancabile Watson. La morte in questione è quella di Sir Charles Baskerville, l’ultimo occupante di Baskerville Hall: che sia vera la leggenda che parla di un cane degli inferi, un mastino demoniaco che perseguita la famiglia Baskerville? Un perfetto meccanismo a orologeria, un vero e proprio manuale di investigazione. E, non ultimo, il manifesto della logica d’acciaio del più celebre investigatore della letteratura mondiale.
La
recensione:
Negli
anni che seguirono il mio percorso letterario, la mia formazione culturale, il
mio amore per i classici esordì sui banchi di scuola, all’età di diciassette
anni, di cui trascorsi gran parte del mio tempo libero in compagnia di giovani
donzelle svampite e testarde, ad interpretare amori illeciti e incomprensibili
che io chiamo << impennate amorose >>, che nei miei diari personali
riempio di vari pensieri, concezioni vigorose di una ragazza non più
adolescente ma che leggerle su carta esercitano un meccanismo
inspiegabile. La letteratura, per non parlare della vita in generale, col tempo
mi ha tenuta a bada: mi ha insegnato a stare all’erta, andare a fondo per
migliorare e migliorarsi mediante tutto ciò è possibile vagliare mediante l’attenzione
ponderata delle cose: descrizioni di oggetti fisici, emozioni che non possono
essere tenute a bada, paesaggi, cieli mattutini, volti umani, l’effetto
devastante che certe parole esercitano su di me; monologhi di altre persone che
in poco tempo divennero le mie o perlomeno ho tentato di interpretare e capire.
Imitazione di vite che quasi sempre convergono con la mia basate sul modello
sintattico della scrittura affinchè potessi sentire i ritmi nelle ossa, il
sangue pulsare nelle mie vene. Ed è in questi momenti, se chiudo gli occhi per
un istante, che avverto come nasce una storia. Una curiosa sequenza di scenette
nate da eventi reali o immaginatifichi, ore selvagge di scrittura solenne o
imperfetta per schiarire le idee ogni volta che la realtà ci soffoca. Come ad
esempio quando si desidera evadere dalla realtà circostante, che provocata
potrebbe scalfire la tua elaborata corazza.
Di solito odio dover tornare sui miei passi, ma con questa lettura mi sono maledetta per tutto il tempo. Mi sono sentita stupida e priva di talento che avrebbe offuscato il mio essere impavida e coraggiosa, quella lettrice ostinata che non demorde dinanzi a niente e nessuno, sforzandomi di farmi piacere qualcosa. Ma questa quinta vicenda del più acclamato investigatore inglese degli ultimi tempi, per mia fortuna, non ebbe bisogno di grandi paroloni per conquistarmi. Malgrado i propositi non fossero dei migliori, malgrado confidassi di non riporre lo scaffale con una smorfia di disprezzo perché sapevo che sarebbe stato una condanna per la mia anima, che non denigra niente e nessuno, menchemeno una lettura, un romanzo, ma che avrebbe valicato quel cielo luminoso e scintillante che desideravo tanto. E ogni volta che mi imbatto in una nuova esperienza letteraria confido possa accadere qualcosa del genere, in maniera tale che quella lettura non appaia più così brutta di quel che credevo, anche se avrebbe potuto rivelarsi abominevole perché mi piace pormi degli obiettivi e raggiungerli. Il mio proposito, al momento, è quello di smaltire la pila di libri accumulati in passato, perché nonostante l’amore che serbo per la carta, tante storie ancora da leggere e vivere, sono consapevole di non poter lasciarmi andare alla forza delle passioni, e quando Il mastino dei Baskerville fu il romanzo scelto mi sentì felice, entusiasta ad approcciarmi ad una nuova lettura. Imbarcarmi in un nuovo viaggio letterario, che silenziosamente aveva atteso per tutto questo tempo. All’assalto del grande mondo, niente di più bello, niente che potesse eguagliare la sensazioni di annullarmi per entrare a far parte di un mondo che sarebbe presto diventato il mio.
Non mi pongo mai nella condizione di confessare qualcosa che mi metta sotto una luce piuttosto debole. Non concepisco mai l’idea di confessare quanto un romanzo a cui sono stata alla larga per tanto tempo celi del fascino che, ad un lettore amante del mistero e del gotico, induce a vivere sensazioni di ammaliamento o grandezza. Ci si lascia trascinare dalla bellezza di un paesaggio circondato da un’aura di suspense e magia, sicuramente dovuto dal paesaggio di una brulicante brughiera. E dunque parlarvi di una delle tante indagini di Sherlock Holmes si finisce in un campo minato col rischio di apparire incompresa e stolta. Eppure quest’opera ha preso vita in un momento in cui meno me lo sarei aspettata, avanzando e sgomitando nel mio mondo con nient’altro l’intento di rovesciare un occhio al presente pur di comprendere il futuro poiché nessuna condanna è così grave da non ricevere pentimento.
Le storie di quest’uomo incurante di tutto e di tutti, nonostante al principio il nostro incontro non sia stato tanto eclatante, mi hanno colpito positivamente. Non conquistata ma dissipato quella bruma appiccicosa di diffidenza e perplessità che circondava la sua anima. Sherlock Holmes è l’alerego del suo creatore che per il suo senso innato per la conoscenza riuscì a stento a convincermi che fosse così convincente da essere vero. Il proseguimento di teorie, idee realizzate nel corso degli anni e che, indagine dopo indagine, ebbero l’effetto di scalfire quella dura corazza di cinismo dietro cui mi ero nascosta. Inducendomi quasi a pensare che in futuro vorrò bearmi di altre avventure di questo giovane investigatore.
Segnata dalla storia di questo giovane investigatore, come un oggetto perduto e poi ritrovato, storia che incuriosisce e allieta lo spirito per il suo essere misterioso, gotico al punto giusto perché per mia fortuna non si è trattato dell’ennesimo giallo piuttosto di una raccolta di lettere che il buon Watson riportò nel suo personalissimo diario. E il bisogno di prenderne atto mi ha fatto desiderare leggere altro dell’autore, sorpresa nell’aver trovare un’insolita intimità, seguendolo di pari passo assieme al suo fidato amico. E quella della ricerca interiore è una delle massime principali dell’intero romanzo in cui ogni personaggio ha una sua voce, una sua importanza.
Ho letto questo romanzo con profondo interesse e curiosità e con uno stato d’animo simile all’accettazione come non mi capitava da tempo; non qualcosa di insolito, ma di sacro e misterioso che incute rispetto dinanzi al quale ho camminato in punta di piedi. Questo era il mondo di Sherlock Holmes, e finalmente divenuto anche il mio. Rappresentazione scenica di una sfilza di oggetti e situazioni simboliche, in una successione di luoghi e figure che assieme a Holmes e Watson ci condurranno a crescere, conoscere e vedere, discostare quel velo dell’ignoto soffocando l’emozioni, le apparenze, nella crudeltà di un mondo non sempre semplice e ospitale.
Di solito odio dover tornare sui miei passi, ma con questa lettura mi sono maledetta per tutto il tempo. Mi sono sentita stupida e priva di talento che avrebbe offuscato il mio essere impavida e coraggiosa, quella lettrice ostinata che non demorde dinanzi a niente e nessuno, sforzandomi di farmi piacere qualcosa. Ma questa quinta vicenda del più acclamato investigatore inglese degli ultimi tempi, per mia fortuna, non ebbe bisogno di grandi paroloni per conquistarmi. Malgrado i propositi non fossero dei migliori, malgrado confidassi di non riporre lo scaffale con una smorfia di disprezzo perché sapevo che sarebbe stato una condanna per la mia anima, che non denigra niente e nessuno, menchemeno una lettura, un romanzo, ma che avrebbe valicato quel cielo luminoso e scintillante che desideravo tanto. E ogni volta che mi imbatto in una nuova esperienza letteraria confido possa accadere qualcosa del genere, in maniera tale che quella lettura non appaia più così brutta di quel che credevo, anche se avrebbe potuto rivelarsi abominevole perché mi piace pormi degli obiettivi e raggiungerli. Il mio proposito, al momento, è quello di smaltire la pila di libri accumulati in passato, perché nonostante l’amore che serbo per la carta, tante storie ancora da leggere e vivere, sono consapevole di non poter lasciarmi andare alla forza delle passioni, e quando Il mastino dei Baskerville fu il romanzo scelto mi sentì felice, entusiasta ad approcciarmi ad una nuova lettura. Imbarcarmi in un nuovo viaggio letterario, che silenziosamente aveva atteso per tutto questo tempo. All’assalto del grande mondo, niente di più bello, niente che potesse eguagliare la sensazioni di annullarmi per entrare a far parte di un mondo che sarebbe presto diventato il mio.
Non mi pongo mai nella condizione di confessare qualcosa che mi metta sotto una luce piuttosto debole. Non concepisco mai l’idea di confessare quanto un romanzo a cui sono stata alla larga per tanto tempo celi del fascino che, ad un lettore amante del mistero e del gotico, induce a vivere sensazioni di ammaliamento o grandezza. Ci si lascia trascinare dalla bellezza di un paesaggio circondato da un’aura di suspense e magia, sicuramente dovuto dal paesaggio di una brulicante brughiera. E dunque parlarvi di una delle tante indagini di Sherlock Holmes si finisce in un campo minato col rischio di apparire incompresa e stolta. Eppure quest’opera ha preso vita in un momento in cui meno me lo sarei aspettata, avanzando e sgomitando nel mio mondo con nient’altro l’intento di rovesciare un occhio al presente pur di comprendere il futuro poiché nessuna condanna è così grave da non ricevere pentimento.
Le storie di quest’uomo incurante di tutto e di tutti, nonostante al principio il nostro incontro non sia stato tanto eclatante, mi hanno colpito positivamente. Non conquistata ma dissipato quella bruma appiccicosa di diffidenza e perplessità che circondava la sua anima. Sherlock Holmes è l’alerego del suo creatore che per il suo senso innato per la conoscenza riuscì a stento a convincermi che fosse così convincente da essere vero. Il proseguimento di teorie, idee realizzate nel corso degli anni e che, indagine dopo indagine, ebbero l’effetto di scalfire quella dura corazza di cinismo dietro cui mi ero nascosta. Inducendomi quasi a pensare che in futuro vorrò bearmi di altre avventure di questo giovane investigatore.
Segnata dalla storia di questo giovane investigatore, come un oggetto perduto e poi ritrovato, storia che incuriosisce e allieta lo spirito per il suo essere misterioso, gotico al punto giusto perché per mia fortuna non si è trattato dell’ennesimo giallo piuttosto di una raccolta di lettere che il buon Watson riportò nel suo personalissimo diario. E il bisogno di prenderne atto mi ha fatto desiderare leggere altro dell’autore, sorpresa nell’aver trovare un’insolita intimità, seguendolo di pari passo assieme al suo fidato amico. E quella della ricerca interiore è una delle massime principali dell’intero romanzo in cui ogni personaggio ha una sua voce, una sua importanza.
Ho letto questo romanzo con profondo interesse e curiosità e con uno stato d’animo simile all’accettazione come non mi capitava da tempo; non qualcosa di insolito, ma di sacro e misterioso che incute rispetto dinanzi al quale ho camminato in punta di piedi. Questo era il mondo di Sherlock Holmes, e finalmente divenuto anche il mio. Rappresentazione scenica di una sfilza di oggetti e situazioni simboliche, in una successione di luoghi e figure che assieme a Holmes e Watson ci condurranno a crescere, conoscere e vedere, discostare quel velo dell’ignoto soffocando l’emozioni, le apparenze, nella crudeltà di un mondo non sempre semplice e ospitale.
Valutazione d’inchiostro: 4
Mai letto, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 🤗💝
EliminaCiao Gresi, ho letto questo romanzo tantissimi anni fa, tanto che lo ricordo vagamente, però non ho scordato il mio apprezzamento, magari più avanti lo rileggerò ;-)
RispondiEliminaLeggerò il tuo commento, allora 🤗💝
EliminaBom dia Gresi. Obrigado pela dica maravilhosa.
RispondiEliminaGracias 🤗
EliminaSuper blog
RispondiEliminaThank you 🤗
EliminaRead my new post
RispondiEliminaOf corse. Thank you 🤗
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