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sabato, giugno 04, 2022

Gocce d'inchiostro: Una coppia quasi perfetta - Emily Eden

Ero seduta sulla mia poltrona preferita, di fronte alle mie tre strapiene librerie, e dopo una breve pausa dai pasti, mi sporsi a recuperare questo romanzo che, assieme a quella piccola cernita di romanzi ancora da leggere che fortunatamente diminuiscono sempre più, mi chiesi quale divinità mi spinga ad essere così ambiziosa, obiettiva e testarda a perseguire certi obiettivi. Voglio dire, si tratta di pazzia? La me quasi trentenne che riposa comodamente nello spazio ridotto di un corpo minuto e formoso crede si tratti di una cosa naturale. Un istinto che in un certo senso ti mette a nudo, o meglio, pone la tua anima dinanzi a quella dell’autore, conservando il piacere che conservano certe pagine beandosi semplicemente del momento in cui si legge. Beh, forse è questo il mio segreto. Il mio lento pellegrinare fra fiumi di parole che, lungo la corrente di un fiume, sboccano in un contesto sociale in cui lo spirito ringiovanisce, rinvigorisce. E la mia anima si bea di tutto questo, innalzandosi nell’Etere, divenendo materia e forma. Per cui questo mese di maggio mi vide divorare un romanzo dopo l’altro, ogni qualvolta potevo ritagliare del tempo libero, incappando fortunatamente in una sola delusione e in tante belle storie, famigliari e non, che quasi per gioco, quasi come esperimento tessono una rete di vicende in cui, pur quanto cambi l’azione e la situazione, le sensazioni non cambiano. Chi se ne frega di cosa potrebbero pensare gli altri? Ed ecco che questo secondo romanzo di Emily Eden che leggo, non si è rivelato indimenticabile né bellissimo, un po’ più tedioso a dispetto di Una casa quasi perfetta, ma una piacevole lettura d’intrattenimento che mi ha accompagnata in due pomeriggi all’insegna del tedio e della monotonia. Non ammaliata ma provando gusto a ciò che attanagliava l’anima della viziata Helen, curiosa di ciò cui avrei potuto scovare dinanzi a questo nuovo cammino.


Titolo: Una casa quasi perfetta
Autore: Emily Eden
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 17, 50 €
N° di pagine: 245
Trama: L'autrice fu una appassionata seguace di Jane Austen e immaginò di scrivere dei romanzi laddove la grande scrittrice aveva concluso i suoi, ovvero dal racconto della vita di una coppia dopo il matrimonio. Come in "Orgoglio e pregiudizio", la storia inizia con un dialogo tra i genitori della protagonista, la dolce Helen Beaufort, che ha da poco sposato lo scapolo più ambito, Lord Teviot. Nonostante ci siano tutti i presupposti per un'unione ben riuscita - marito e moglie sono giovani, belli e facoltosi - i due dovranno affrontare gelosia, orgoglio e una serie di fraintendimenti che rischieranno di mandare a monte il matrimonio. Sullo sfondo di spettacolari tenute di campagna, tra cene eleganti, visite formali, lettere, dialoghi arguti e sottili considerazioni, l'autrice ha dato vita a un sofisticato intreccio psicologico dalla comicità ancora intatta, che ci insegna quanto sia difficile abituarsi alla vita coniugale nonostante l'amore.

La recensione:

Era così bello divorare un romanzo dopo l’altro, specie se dalla mole piuttosto ridotta, appassionante e coinvolgente, che iniziai a pensare che da certi effetti ne sarebbero seguite alcune conseguenze e dopo che la pila della vergogna si ridurrà definitivamente e a diventare sempre meno vistosa a ogni lettura vissuta, che intacca una curiosità insaziabile e forte, una curiosità che sembra non placarsi con nient’altro che altri romanzi, altre letture e le esigenze relative all’evasione da una realtà sempre uguale a se stessa, intaccabile, la deliziosa altalena fra il gesto impulsivo e razionale, così bello abbracciare una nuova opera, indipendentemente se possa piacere o meno, danno maggiore spazio ai miei bisogni. Fu così che accolsi questa ennesima lettura, che giocava con i sentimenti, con fatti relativi al piacere gaudio dell’emozioni che sono irrisi dalla società e scherniti a tal punto da non farci caso di cui i personaggi, volutamente e non, aspirano a scovare qualunque assetto che possa donare felicità. Metafora di una libertà mancata, sopravvalutata e scontata che scandisce attimi di vita in cui prevale una certa alacrità, un certo sarcasmo, una certa gaiezza, colorato di svariate sfumature dell’animo umano.
Solo due romanzi di Emily Eden componevano gli scaffali della mia libreria. Il primo, Una casa quasi perfetta, aveva sortito un effetto diverso a dispetto di questo. Più gioioso e coinvolgente, proiettato sempre in un ambiente domestico in cui ogni cosa sembra intriso di crudeltà, malvagità, ma i cui personaggi incorrono una sorta di rinascita spirituale. Una coppia quasi perfetta, invece, incorreva l’innocenza e l’elementarità di un certo tipo di educazione, inducendo Helen e suo marito, ma anche la sua famiglia, a vivere l’amore alla stregua di misteri sacri, che non è dato profanare con scherzi. Quasi un’inclinazione naturale alla vita che dovrebbe aiutarci ad osservare il mondo sotto variati aspetti, insegnandoci ad apprezzare ciò che non è possibile avere. In relazione a creature dall’animo egoista, dissoluti, perennemente insoddisfatti, che incorrono una felicità illusoria che però non è presente solo nella loro testa ma in ogni cosa o azione riversano la propria individualità.
Una rivisitazione di uno dei miei classici preferiti, in cui vi ho riscontrato sensazioni positive. Poca profondità, potenza, ma assetti godibilissimi in cui vi ho desiderato cimentarmi, facendomi prendere per mano dall'autrice. Mi sembrava di aver sentito la sua voce, così profonda e ironica, ma ciò che la Eden ritrae in queste pagine non mi ha completamente entusiasmata. Intrattenuta, si. Ma non conquistata. La mia eroina preferita qui è concepita come una perenne litania. Darcie come il bello di turno il cui volere sarà di poco conto. L'ho immaginata materialmente, poeticamente, fantasticamente. Il risultato? Beh, un po' di delusione c'è stata.
Un pomeriggio di primavera, fui convocata nell' Inghilterra del 1800, nel bel mezzo del niente, lasciandomi trascinare dalla risacca disomogenea dei ricordi. Una me giovane e presuntuosa. Una sognatrice sensibile e romantica, con un bagaglio di propositi e aspettative di cui solo il tempo saprà dare risposta. Questa volta si trattava della chiamata di un’autrice che accolsi qualche mese fa, senza nemmeno farci caso, vagliando scrupolosamente il numero spropositato di possibilità che abbiano indotto la Eden di interagire con la sottoscritta.
Tutt'a un tratto mi sono accorta che non ero più circondata dalle vecchie e ingrigite mura di casa mia. Mi trovavo in una terra avvolta quasi completamente dal silenzio. Un sole spaventoso si affacciava a malapena sull'orizzonte prima di affondare di nuovo. La solitudine rivestiva ogni cosa, mostrava un’immagine talmente strana, poco originale, da darci l'impressione che il paesaggio luminoso in cui mi trovavo - con quel susseguirsi di corse a ostacoli, alberi frondosi e tappeti di neve che rivestono ogni cosa - assunse contorni sfocati e poco nitidi. Ero in uno scenario che conoscevo a menadito. L'aria che respiravo era pesante. Non ero sola, figure a me famigliari avanzavano a tentoni in questo sentiero impervio, diverso da come l'avevo conosciuto. Grazie a loro ho fatto fatica a prendere consapevolezza di cosa mi circondava. Lì, tutt'attorno, si vedeva solamente una porzione di cielo perfettamente vasta. Uno spiraglio di luce, nascosto nei cuori di chi vede, sente, diffondeva i suoi raggi pallidi come resti di memorie lontane. Stranamente tutto questo non mi convinse completamente, mi sembrava del tutto strana la Elizabeth detta Helen che conoscevo. Quello che mi sorprese maggiormente fu il non essermi accorta, se non grazie a lei, di come la sua storia avesse la parvenza di una storia simile a quella della signorina Bennet ma, al di là di questo, niente di più. Solo un rumoreggiare continuo di espressioni, lamentele, forme di inappagamento di una coppia, la cui melodia non è stata così indimenticabile come credevo ma piacevole, con venature malinconiche, che ha avuto l'effetto di una lente litania, in parte deludente, inoltrandomi in uno spazio accogliente ma silenzioso nel quale girano gli astri, fra un gioco di parole corte e già lette, promesse di speranza sciolte e sbiadite. Un cantastorie ha tirato i fili di una matassa che è stata concepita con sincerità, quasi d’impulso, in cui è racchiuso nel palmo delle sue mani l'anima di una ragazza sola ma perennemente insoddisfatta. Intrappolata come una vittima, attanagliata dal forte senso del dovere, dal forte senso di colpa, dai tormenti  che inducono ad ascoltare le parole degli altri, ma a tenersi per se le proprie.
In un viaggio in corsa verso la salvezza, la libertà, come guide sapienti, onniscienti e furbe, Una coppia quasi perfetta avrebbe potuto rivelarsi molto più di una semplice storia d’intrattenimento, grazie alla forza, al coraggio, alla dolcezza che si cela in una semplice frase, in una stretta di mano o in una semplice confessione, la semplicità con cui ha carpito anime che inducono a rileggere Orgoglio e pregiudizio e zombie come un modo per far comprendere la Eden e il suo amore austeniano. Ma proiettato su uno spazio famigliare che non mi ha attratto come desideravo proprio perché non incalza, non sollecita ma annoia, la sua operosità procede con lo scandirsi dell'orologio della vita: dalle piccole mani di una donna desiderosa di farsi conoscere si traggono anime vagabonde che cadono a terra come gusci vuoti. Sfuggono da tutto e da tutti, assolutamente indifferenti. Osservando una tela dipinta d'azzurro mutarsi in grigio al colore della pioggia. Assumere svariate sfumature a seconda dell'infinita serie di colori con cui l'autrice si serve.
Una storia che mi ha permesso di viverci diversamente. Come una forestiera, un’ospite, diretto, drammatico, in una realtà molto simile alla nostra e un po' incompleta in cui ci si risveglia repentinamente. Una coltre di malessere, sofferenza aveva nascosto la bellezza delle cose che la Austen aveva raccontato così bene. Segreti mal celati, legami indissolubili, amori incompresi e corse verso la salvezza che assumono diverse tonalità.

Valutazione d’inchiostro: 3

4 commenti: