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mercoledì, agosto 17, 2022

Gocce d'inchiostro: La scogliera - Edith Warthon

Più che annoiarmi, questa lettura mi diede qualche difficoltà. Non riuscendo a leggere scorrevolmente questa ennesima opera di Edith Warthon, sulle prime credetti che avrei dovuto rimandare il nostro incontro a data da destinarsi. È una pazzia, me ne rendo conto, io che non mollo mai la presa. Io che cammino a testa alta, dinanzi a qualunque difficoltà, che progetta di arrivare lontano. Forse quello che sto scrivendo è incomprensibile per molti, ma è una delle tante formule segrete che subito mi aprono gli occhi. Mi mettono alla prova, ipotesi tanto semplici quanto puerili. Troppo presto per trarne conclusioni, troppo tardi per sospendere alcun giudizio.
La scogliera fu quel genere di lettura in cui la mia mente vagò da una cosa a un’altra, approdando infine alla consapevolezza che trattasi di un esperimento di ossa e pelle anziché sangue e pulsazioni. Abbracciando attitudini artistiche come coltivazione dell’anima, sorretto da forme pregiudiziali che sconvolgono nel loro lento fragore.






Titolo: La scogliera
Autore: Edith Warthon
Casa editrice: La Tartaruga
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 316
Trama: Anna Leath ha alle spalle un matrimonio arido e una rigida educazione. Dal suo mondo sono esclusi l'insolito e il passionale fino a quando rivede George Darrow, che aveva amato in gioventù. È Sophy Viner, che unisce passionalità e candore, a frapporsi all'amore tra i due. Capace di vivere la sua sensualità senza accettare le convenzioni della società in cui vive, Sophy è per Darrow sollecitante e per Anna realtà sconosciuta che spinge la sua parte repressa in superficie, roccia sommersa sulla quale sia Darrow che Anna s'incagliano. La scogliera non è infatti un'immagine visiva nel romanzo, ma metafora della passione che con la sua complessità fa barriera tra i personaggi ostacolandone il percorso. Vivere significa sperimentare il desiderio e la sua impossibilità.

La recensione:

Ora che la mia mente è sgombra di pensieri, posso riportare queste poche righe, sostituendo una sequela di fogli e annotazioni sparse per l’occorrente di una recensione o di un qualcosa che ne abbia una minima parvenza. Sono qui, in camera mia, con accanto il ventilatore e un computer ronzante ma funzionante, che mastico mentalmente parole che dovrebbero fungere da espressioni dell’anima. La mia, quella dell’autrice, quella del romanzo, in cui inevitabilmente ci si ritrova intrappolati in un mondo affaccendato e indifferente, le cui vicende della protagonista hanno inzuppato la mia anima con estrema cura. Hanno infervorato il mio animo, ogniqualvolta mi approccio alla lettura di un nuovo classico. Ma spento presto. Questa volta perché la fatalità delle vicende ritratte, lo spaventoso squallore della misteriosa sorte che è stata tirata come i fili di una marionetta, è una tela per ricami di poeti e scrittori e la piccola superficie ricavata, separata e ben delimitata è tenuta con la sua reale sostanza. Ed è in questa tela che ho intravisto scorci di una società più libera e raffinata, che mantiene le forme tradizionali del secolo, pur avendo abbandonato i pregiudizi che la sorreggono, mentre il mondo che si credeva di conoscere aveva abbandonato forme che hanno mantenuto ogni pregiudizio. La vita permette di sperimentare, mettersi in gioco, ma anche di assumere una condotta in cui si portano a compimento, centralizzare, concretizzare o produrre risultati.
Fu così che trascorsi i primi giorni di luglio con un’autrice che quasi due anni fa mi affascinò moltissimo con il celebre L’età dell’innocenza. Col passare del tempo altri romanzi hanno costellato gli scaffali delle mie librerie, e non contenta di lasciarli relegati, nel corso di questi anni li ho letti lentamente e con un certo fervore. La scogliera era l’ultima lettura la cui anima era intrappolata fra le solide mura di una società particolarmente dittatrice, in cui non si perde tempo ad affondare i denti in ogni cosa. Ora che il secolo stava progredendo lentamente, ora che la visione della donna è più sprezzante perché la sua figura avrebbe coperto i costumi di una cultura e un’altra. Educate troppo protettivamente, al punto tale da renderle inadatte a tutti i successi contratti dalla vita, ambiziosa ad allontanare qualunque forma di sensibilità, priva di egoismo da non avere né asprezza né affettazione, quanto la freschezza di uno stato cerebrale del tutto elementare.
Combinare l’amore per la lettura con i classici: a questo ho sempre ambito, osservare il mondo da vicino come critica letteraria, lettrice consapevole e attenta più coscienziosa che crea però un modo di vedere il mondo da vicino come il realista più coscienzioso creando così il mondo che prima mi spaventava in un’ottica diversa, lievemente distorta, perché a leggere questa tipologia di libri non bisogna solo soffermarsi, studiarli, criticarli ma avere una certa predisposizione da cui avrei imparato ciò che già conosco con più attitudine e consapevolezza. E a leggere classici ciò mi ha concesso di soffermarmi solo su ciò che mi si parava dinanzi, sul modo << strano >> su cui era proiettato in un mondo lontanissimo dal mio anche se forse non così tanto, dal quale desidero più di tutto viverci in quanto conforme al mio animo. Ma viverci è davvero impossibile, ma non scriverci sopra: redigere piccoli accorgimenti da cui trapelano riflessioni che danno spazio non solo al mondo visibile degli esseri senzienti e degli oggetti inanimati ma anche delle vaste e misteriose forze inosservate che si celano dentro questi mondi. Disturbano e disorientano, ma soprattutto aiutano a riflettere, spezzano i cuori e sabota la mente e fa ballare la danza demenziale di figure animate da sentimenti contrastanti, forti quasi inviolabili nel vortice di un duetto fra autore e lettore. Si, i classici mi fanno questo effetto. E tutto sommato anche Edith Warthon mi ha fatto gola, con questa storia intricata di svolte drammatiche e sempre più drastiche nella vita di Anna, in un momento particolare della sua vita in cui ha parlato più forte del dovuto.
I primi sforzi da giovane donna dell’alta società: la storia di una donna austera e severa come tutte le altre che un mattino si << sveglia >> da un profondo stato di torpore e scopre di avere una faccia diversa. Un’anima completamente discontinua a quella dei suoi coetanei, della sua famiglia in una città che ha da sempre sortito un certo fascino e vende persino ogni rimasuglio della sua spiritualità pur di sopravvivere; la storia di una madre per i miei gusti antipatica, saccente ma furba e intelligente che scoverà il ricordo del passato mediante incontri e scontri che ne alimentano il suo desiderio di essere libera. Galleggiando in una piscina colma di ansie, paure, luoghi e anfratti bui e angusti la cui mente acuta si scontra con idiomi poco compatti.
Edith Warthon, così come ogni classico che si rispetti, mi insegnò a guardare la storia ritratta con più attenzione, a misurare il peso di ogni parola e sillaba che entrarono nella costruzione di un capoverso, ma per quanto semplice ed essenzialmente stantia fosse il tutto, conversero in una rinascita totale che sguscia in forme mostruose e artificiali. Niente di sconvolgente e mai visto, per quanto mi riguarda, ma questo sfoggio di coraggio, altezzosità talvolta, baldanza e superba mi sono sembrati un tantino ridicoli, ma ho tergiversato perché Anna scoverà quella giusta strada che, ancora più importante per ognuno di noi, per non dire preziosa e fondamentale che tuttavia trova posto in un angolino speciale del mio cuore, come del resto ogni romanzo che leggo, perché pur non essendo bellissimo è stato davvero bello e significativo. Sublime per ricchezza di contenuti e precisione. Costruisce una fase di vita facilmente riscontrabile al presente, così attinente alla realtà come un pugno allo stomaco o la febbre nel corpo.
Un’unità autosufficiente di respiro e pensiero, il cui brivido della lettura sta nel non sapere mai se Anne e i suoi sentimenti sapranno prevalere in mezzo a tutto questo caos. A volte si è trattato solamente di una questione di possibilità, di scelte, e l’effetto destabilizzante di ciò che avrebbe comportato avrebbe dovuto calibrare i suoi sforzi in maniera diversa, poiché la Warthon combina ad elementi di natura pittorica, reale ed individuale, impulsi opposti e inconciliabili che convergono in impulsi a controllare tali impulsi. È questo il punto di forza del romanzo. Anna sarà in grado di controllare i propri istinti? Per la sua famiglia, suo marito, i suoi amici ciò avrebbe comportato risultati soffocanti, incomprensibili che di per se ha prodotto caos e imprevedibilità. Ma nell’insieme accarezzano l’anima di chiunque, la mia e di chi si è approcciato a questa lettura, le cui parole che mi sono ronzate attorno hanno iniziato a prendere forma dopo le prime cinquanta pagine, esplodendo e unificandosi in riferimenti piuttosto espliciti sugli effetti che il capitalismo ebbe su figure di carta a cui è stata negata qualunque via di fuga.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti:

  1. Mi spiace sia andata cosi cosi; libro interessante, ma temo non faccia per me; grazie

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  2. L'età dell'innocenza è un libro che vorrei tanto leggere, non immaginavo che anche questo fosse della stessa autrice. Sono felicissima che nel complesso la lettura ti sia piaciuta e la metto in wishlist insieme a l'età dell'innocenza. Come sempre una bellissima recensione, amo il modo in cui scrivi è unico e inimitabile ❤️

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    1. Ti ringrazio tantissimo 🤗❤️ La Warthon mi piace ma ha uno stile complesso... Partire da L'età dell'innocenza non è un'idea malvagia, ma consiglio prima di leggere Estate ❤️🤗

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