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martedì, novembre 29, 2022

Gocce d'inchiostro: Il mistero di Paradise Road - Pietro De Angelis

Le letture inaspettate, quelle che ti colgono alla sprovvista col loro clamore, non mi entusiasmano mai di primo achito come solitamente accade con l’approccio di opere che conosco e desidero leggere da tempo. Ma abbastanza validi, per inserirsi nella lunga TBR del mese e il mio entusiasmo nell’abbracciare tutto questo, tra cui gli immancabili classici e qualche acquisto compulsivo. Di questo romanzo non sapevo assolutamente niente, tanto meno la sua esistenza e l’unico modo per conoscerlo era leggerlo: inutile cincischiare in quinsquiglie varie. Era ora di cogliere l’occasione al volo! Molti lettori, prima di me, hanno valicato i cieli celesti di questo luogo, che in effetti di celestiale possiede ben poco, ma con una trama che strizzava l’occhio ai romanzi del mio amato Dickens non potevo assolutamente esimermi. Il risultato non è stato così esilarante come credevo. In parte ha frantumato quella barriera di forte interesse che avevo riservato a queste pagine, ma, il suo risiedere fra le sue pagine tutto sommato è stato << comodo >>. Poiché fautore di un qualcosa che disgraziatamente nessuno eguaglierà mai, quello cioè di valicare l’intento dickensiano, è un romanzo gotico italiano che mi ha affascinata per la visione personalissima che l’autore riversa per la poesia, e, di questo fantomatico mistero, solo l’ombra. Rinchiuso in una zona remota della nostra coscienza, e forse anche di Londra, metafora di un regime totalitario in cui l’uomo non è essenzialmente libero poiché incompreso e non considerato. Non così fascinoso come sembra, giallo che ha una visione claudicante e attiva di una società che c’è stata.


Titolo: Il mistero di Paradise Rohal
Autore: Pietro De Angelis
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 15€
N° di pagine: 316
Trama: Il 15 gennaio del 1875 a Paradise Road, una via di linde casette a schiera alla periferia di Londra, morirono nella stessa notte dodici persone. Né Scotland Yard né la scienza riuscirono mai ad appurare la causa di quei decessi. Soltanto alcuni decenni dopo viene alla luce il documento che svela finalmente la verità su quel caso, di cui fu protagonista Lionel Morpher, impiegato esemplare all’Ufficio Brevetti, la cui moglie Alphonsine fu “vittima” di una passione totalizzante per la poesia. In una Londra nebbiosa e carica di mistero, Lionel si imbarcherà in un’impresa per salvare la moglie dalla sua “follia”, entrando in un nuovo mondo, ricco di incredibili scoperte scientifiche che annunciano l’arrivo della modernità. Un romanzo avvincente e appassionante, un omaggio originalissimo alla letteratura del mistero e alle atmosfere vittoriane di autori come Wilkie Collins e R.L. Stevenson.

La recensione:

 

La fiducia in sé è la radice di ogni sviluppo normale nell’individuo, e nella vita collettiva costituiscono il vero fondamento del vigore e della potenza nazionale.

 
La trama era sostanzialmente parecchio interessante. Un uomo nobile, facoltoso dunque e acculturato, una sera, nel tragitto per raggiungere casa sua, si imbatte nel cadavere di ben tre persone che in un certo senso sconvolgeranno la sua vita, eufemismo per non scrivere che la modificheranno a tal punto che tartasseranno le sue nottate quieti con prepotenza e impetuosità. Adesso che ho concluso il romanzo da qualche tempo e che il fascino che avevo riservato a queste pagine è disgraziatamente evaporato, torno alla mia vecchia vita con una consapevolezza maggiore di prima – nei limiti del possibile, certo. Sono tornata alla vita di tutti i giorni, volgendo le spalle a questa Londra fumosa e ombrosa che strizza l’occhio ai romanzi di Dickens o di Wilkie Collins e Stevenson di cui però conferisce ben poco ma che mi aiutarono ad orientarmi fra le pagine di una storia attiva ma claudicante di una società che c’è stata. Quasi un delirio letterario a cui mi sono accostata con una certa diffidenza e che fa fronte a diversi classici che ho amato e che ne richiama solo il pallido ricordo e …. Nient’altro! Un’infornata di omicidi, indagini, segreti celati dal tempo e poi riesumati, la situazione era questa e per certi versi accettabile. Sotto altri divenuta un po' soffocante, insopportabile perché sciorinati nell’eccesso, un polpettone di tante cose perché dopo un po' non ci si sente più << comodi>> ma che chiudono bruscamente la storia di un uomo che si districa fra affanni e paure varie. Cadendo nella miseria, nella dissolutezza, quasi un superuomo che si domanda di ciò che lo circonda e lo costituisce. Ero rimasta affascinata, sedotta da questa visione: mi piace scorgere romanzi che mostrano personaggi forti, contorti e vivaci che, qualche pagina dopo, riservano una sorpresa dopo l’altra. Un po’ come la me di adesso, così distaccata e imprevedibile, delle volte, che non si lascia più annientare da niente e nessuno, e che gli anni le hanno insegnato ad abbattere ogni dolore che silenziosamente l’annientava.
In un weekend quieto e produttivo, questo romanzo fu quella diapositiva che si palesò nel mio cammino letterario cambiando ogniqualvolta colore, diapositive. Mentre il tempo scorreva col suo irregolare tic tac, Londra svettava come una sentinella algida ma bellissima in cui vi ho potuto risiedere per qualche giorno, ma i cui elementi stagni appiattirono e rallentarono il ritmo, stonando con l’aura tetra e misteriosa del romanzo.
E quindi, mentre osservavo imperturbabile sbrigliarsi la matassa di questo racconto - come una sequenza di immagini proiettate da una lanterna magica -, anche la mia immaginazione rimase coinvolta, o meglio catturata. Ecco la distesa infinita di lampioni in una città notturna; ecco la figura di un uomo che avanza precipitarsi. L’ho visto insinuarsi furtivo dentro case addormentate, o sgusciare via a passi rapidi, sempre più rapidi, in un crescendo che disgraziatamente non valica il possibile attraverso i più vasti labirinti di una città illuminata a stento, travolgendo chiunque. Striata da innumerevoli e mutabili riflessi, sede principale di questa storia, sobborgo di una città da incubo.
Adesso che è tutto finito, e sono nuovamente sprofondata nella mia poltrona preferita, mentre osservo l'anima di questa storia nella quale non c'è la minima traccia di paura, ho avuto come la sensazione che quello che avevo visto accadere si trattasse solamente di una parvenza. Un'impressione che non si sposa completamente all'idea di romanzo horror, ne esattamente ciò che cercavo. Leggere consiste anche nel fare esperienza di un vasto bagaglio di conoscenze. Anche se a questa sensazione di mancata soddisfazione, che mi avvolse sin da quando iniziai a leggere. Una realtà che improvvisamente perde tutta la sua veridicità e la sua drammaticità e nella quale non ho potuto reintegrarmi.
Una storia riesumata dalla risacca lenta e disomogenea del tempo, che spinge a trovare qualcosa. Verso l'infinito. Che cosa sarebbe successo, mi chiedevo, se il muro invalicabile di segreti, che avvolgono le vecchie mura di Paradise Road come un cappotto un po' troppo ingombrante, fosse crollato? Sarebbe venuta giù una verità sconvolgente e inaccettabile? Sotto certi aspetti, si, ma  niente di così sconvolgente e memorabile.
Figure evanescenti, ma bizzarre hanno accompagnato la mia avanzata lenta. Ma nel complesso sono state solo figure di contorno che, col finire del capitolo, sono svanite come invisibili volute di fumo. Si sono mosse furtivamente in mezzo ad entità estranee e malvagie, dove gli oggetti si muovevano nell'ombra, strisciando come rettili e insetti.
Un surreale dramma in cui perversa la malinconia. L'insoddisfazione. La solitudine. Una prova letteraria dinanzi alle soglie morali del tempo, zeppo di immagini impressionistiche e suggestive, semplice, raffinata che sembra non avere un inizio ne una fine. Mi sono rincantucciata buona buona dentro le sue viscere mentre qualcuno cospirava alle mie spalle e, solo quando tutto finì, sorrisi per la sua piacevole compagnia. Per il tempo trascorso in sua compagnia.

Valutazione d’inchiostro: 3

2 commenti: