Pages

domenica, marzo 26, 2017

Gocce d'inchiostro: Il labirinto degli spiriti - Carlos Ruif Zafon

Titolo: Il labirinto degli spiriti
Autore: Carlos Ruiz Zafon
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 23 €
N° di pagine: 815
Trama: Barcellona, fine anni '50. Daniel Sempere non è più il ragazzino che abbiamo conosciuto tra i cunicoli del Cimitero dei Libri Dimenticati, alla scoperta del volume che gli avrebbe cambiato la vita. Il mistero della morte di sua madre Isabella ha aperto una voragine nella sua anima, un abisso dal quale la moglie Bea e il fedele amico Fermìn stanno cercando di salvarlo.
Proprio quando Daniel crede di essere arrivato a un passo dalla soluzione dell'enigma, un complotto ancora più oscuro e misterioso di quello che avrebbe potuto immaginare si estende fino a lui dalle viscere del Regime.
E' in quel momento che fa la sua comparsa Alicia Gris, un'anima emersa dalle ombre della guerra, per condurre Daniel al cuore delle tenebre e aiutarlo a svelare la storia segreta della sua famiglia, anche se il prezzo da pagare sarà altissimo.
La recensione:

Una storia non ha principio né fine, soltanto parte d'ingresso. Una storia è un laboratorio infinito di parole, immagini ed energie riunite per svelarci la verità invisibile su noi stessi. Una storia è, in definitiva, una conversazione fra chi la racconta e chi l'ascolta …

All'autrice nonché creatrice di questo blog, di questo piccolo angolo di Paradiso mancato, sarebbe piaciuto vivere nel mondo che ci parla Zafon, un mondo rinchiuso in un sortilegio di ricordi che minacciano di svanire nella nebbia del tempo, nel quale esiste una specie di morale artistica che proibisce di sfruttare le idee altrui a proprio vantaggio, e nel quale i malvagi che hanno avuto l'ardire di farlo alla fine hanno visto prosciugato di colpo il loro ipotetico talento, condannandoli a guadagnarsi da vivere all'ingrata maniera degli uomini comuni. Ma sfortunatamente il mondo in cui abito non è così. Nel mondo in cui abito tutto è permesso, o almeno così mi piace pensare, e non credo di sbagliarmi, poiché dopo qualche anno dalla pubblicazione de Il prigioniero del cielo un uomo comune che ebbe il coraggio di scrivere per se stesso, portando con se segreti che non gli appartengono, scrisse il suo seguito senza che amici, parenti, editori, fan sospettassero della cosa, e addirittura credendo che l'ultimo capitolo de Il Cimitero dei Libri Dimenticati avrebbe tardato a vedere la luce.
Questo è stato il motivo scatenante per cui in questo grigio pomeriggio di marzo, per una manciata di giorni, ho immaginato lo scrittore che firmava le sue opere come Carlos Ruif Zafon assorto per le strade di Barcellona, metropoli grande e orgogliosa che da sempre desta il mio fascino. Attraversava vicoli tortuosi, si inerpicasse giù per qualche collina, finché il suo spirito si congiungesse al mio. La storia che si porta dentro, se tutto fosse andato bene, avrebbe avuto la degna conclusione che da tempo speravo, perché il disegno creato da Zafon era un'alleanza di sforzo e illusione che in questo 2017 avrebbe decretato definitivamente il suo posto nel mondo. Un capolavoro le cui virtù sarebbero irrimediabilmente macchiate se qualcuno ne ideasse una quinta parte.
A dire il vero, Il labirinto degli spiriti mi è sembrato, come del resto tutti i suoi romanzi precedenti, un'opera meravigliosamente indimenticabile che ha macchiato la mia anima irrimediabilmente e irrecuperabilmente, in una traversata solitaria di parole labirintiche in cui battersi per la parola scritta è una concezione idealista a cui si aggrappano i personaggi zafoniani, pur di scoprire chi e cosa sono veramente, recuperando la memoria e lo spirito di marionette di carta e inchiostro che perpetuano nella memoria. La letteratura, linfa vitale di questa serie nonché amante crudele che si dimentica facilmente, possiede un'importanza molto superiore, e lo fa imitando il verismo col quale scrittori russi o inglesi avevano impregnato i loro romanzi. Un oscura favola in cui Zafon ha avuto la pretesa di lanciare un messaggio devastante riguardante lo smisurato potere che celano i romanzi, in un caos fantasmagorico di un giro di vite che sono state rubate, fra anime dannate e peccaminose il cui spirito è simile a quello di tanti altri.
La lettura di questo ultimo volume è stata l'occasione perfetta per sedermi di fronte all'autore e dirgli cosa pensavo davvero del suo romanzo. Non potevo perdere altro tempo davanti alla sua mole vertiginosa. L'ora del nostro appuntamento era giunta, e così mi sono estraniata dal mondo per una manciata di giorni. Completamente persa e avvinta alle pagine di una storia che da molti anni mi appartiene, mi sono inoltrata in questo labirinto di parole provando la sensazione di percorrere le viscere di una creatura leggendaria, un levitano di parole perfettamente consapevole della mia presenza e di ogni passo che facevo.
Avvolta in una bruma appiccicosa, mi sono lasciata trascinare da Alicia, Fermìn, Daniel, Valls, attraverso i corridoi bui della loro anima. Nel mio stato, non ero del tutto cosciente di quello che stava succedendo. Il mondo aveva acquistato una struttura irreale, le cose che un tempo avevano perso il loro significato adesso lo avevano riacquistato, tutto era allo stesso tempo famigliare e riconoscibile. Ebbi la fugace impressione di attraversare la celebre volta de Il Cimitero dei Libri Dimenticati, stipata di romanzi e volumi di opere di autori dimenticati o sepolti dal passato, e solo dopo le prime cinquanta pagine mi sorpresi nel ritrovarmi in quel mondo oscuro di cui avrei fatto perdere volontariamente le mie tracce vicina a un gruppo di anime spezzate, tessere rotte che si portano dentro sin dall'infanzia e che non si riesce a comporre, in un mondo di tenebre, rancore, invidia, meschinità e odio. Lanciata in aria come una palla da baseball, lasciandomi sospesa in una caduta infinita mentre l'eco di parole che ho gelosamente custodito liquefecero il mondo. Ritrovandomi a seguirli nella ricerca fruttuosa di una verità che il mondo ha preso possesso, con passo barcollante, fino a giungere all'ultima agognata pagina dalla quale mi sarei congedata momentaneamente. Almeno per qualche tempo. Con un gesto cerimonioso, sotto la protezione di un tramonto lattiginoso che mi ha vista impegnata a sciogliere i fili di una matassa con la quale sono stati imbastiti il principio e la fine di questa bellissima storia. La visione meravigliosa di un sogno, racchiuso fra le imponenti mura di una cattedrale sommersa popolata da un bottino rubato nel tempo.
Accarezzare, carpire o scrutare l'anima di questa storia è stato un balsamo contro gli effetti collaterali della realtà. Il labirinto degli spiriti, così come qualche anno fa L'ombra del vento e i suoi seguiti, mi ha inondato di un ubriacante felicità, di un accesso di entusiasmo che è nato dalla certezza che niente di ciò che è in mio possesso può farmi raggiungere vette d'inspiegabile felicità più di leggere o interpretare l'anima di un romanzo oscuro come questo, per quanto scrivere è un'attività per nulla semplice, rischiosa e impegnativa.
Fissando il quarto e ultimo volume della quadrilogia zafoniana, collocarlo sulla mensola in compagnia dei suoi fratelli d'inchiostro, posandovi sopra la mano e accarezzandovi il dorso, con lo stesso sorriso affettuoso che un genitore riserverebbe a un figlio diligente e studioso, penso a quanto l'atto del leggere sia un'arte che ha sempre ossessionatomi in quanto si esplorano mondi di ineguagliabile bellezza dal fondo del pozzo buio della nostra coscienza, un dialogo immaginario fra lettore e autore le cui anime entrano a contatto. Da quando ho conosciuto Daniel Sempere quel poco di esperienza che ho acquisito mi ha insegnato che quello che si riesce a vedere è talvolta solo un pallido riflesso di ciò che ci circonda, per cui ci sono certi fatti o eventi che sono uno specchio dell'anima di chi li ha creati. La letteratura riesce a dare voce a chi non ha mai avuto voce, e i romanzi vengono concepiti come artifici ordinati la cui funzione è quella di produrre pezzi di vita, irreali o ritoccati. In questo caso, Il labirinto degli spiriti è stata quell'ennesima lettura in cui ho decantato le bellezze dall'inizio alla fine, equilibrando la mia anima, fissandosi nella mia mente con forza e impetuosità. Condotta in una specie di tunnel oscuro, misterioso, ottenebrante, all'interno del quale mi è stato possibile viaggiare, meravigliosa descrizione di un luogo meravigliosamente riconoscibile, magico, ripristino di sogni e speranze oramai perduti.
Come tanti altri romanzi, quella di Zafon è stata quel genere di storia pericolosa, che devasta da dentro mentre la leggi, che inietta nel sangue il veleno di una libertà feroce e delirante, il senso di redenzione tanto agognato quanto sperato, in un epoca in cui la miseria va a rimorchio con la ricchezza. Un romanzo che è sempre stato lì ad aspettarmi, a chiamarmi con eccessivo entusiasmo, e con il quale ho potuto volgere le spalle ai miei amici d'inchiostro preferiti scovandoli lentamente e attentamente nel profondo, come piccoli ingranaggi di un orologio le cui lancette fanno a pezzi il tempo.
Da gallerie spettrali di corpi inerti, marciapiedi ricoperti di polvere e sangue, il mio mondo aveva acquisito una sua abituale consistenza. A mezzanotte inoltrata avevo finito di respirare lì. Avevo potuto raggiungere vette d'estimabile piacere in vani ed inutili pause della mia esistenza, riposi che avrebbero potuto dilaniare la mia inesorabile passeggiata verso l'insoddisfazione morale. Accomiatarmi definitivamente, ma con la promessa di un arrivederci, rivelando sentimenti contradditori, in cui è prevalsa la malinconia, mi ha sorpresa combattuta sotto diversi fronti: da un lato scoprirmi felice nel constatare che quella del mio adorato Zafon non si tratti di un addio definitivo, dal momento che rileggerò le avventure dei suoi figli di carta quando mi pare e piace; dall'altra, con l'anima frantumata in minuscoli pezzettini se penso che dopo non ci sarà più niente. Anche se questo non significa che il mio amore nei suoi riguardi svanirà. Anzi sarà sempre presente, focoso, come solo poche storie riescono a mantenersi in vita e perpetuare nella memoria di chi li ha lette.
Per Fermìn, Daniel, Alcia, David, Isabella, Julian, questa storia è appena iniziata. Persino per me che, apparentemente soddisfatta da un brusco arrivederci, mi appresto a mettere il punto a questa recensione. Col ricordo imprescindibile delle loro risate, battute irrilevanti e un po' volgari, lezioni di vita e letteratura, in quanto protagonista di una storia che è oramai divenuta massima di vita per molti lettori. Perlomeno, così mi piace pensare.

Noi mortali non arriviamo a conoscere il nostro vero destino; semplicemente ne veniamo investiti. Quando alziamo la testa e lo vediamo allontanarsi lungo la strada, è già tardi, e il resto del cammino dobbiamo percorrerlo sul ciglio di quella che i sognatori chiamano la maturità.

Impressionante sotto molti punti di vista, speziato con i profumi di tutti i volumi precedenti, Il labirinto degli spiriti è l'ennesima meravigliosa storia che decreta il mio incommensurabile amore nei riguardi di quest'autore. Un tentativo per scovare la verità, fuggendo da se stessi. Un opera che ho accolto nel mio cantuccio personale slegando diligentemente i fili di una matassa contorta e quasi inestricabile, che mi ha resa prigioniera di marionette macchiate da crimini e omicidi violenti, esemplari della razza umana che hanno già provato tutto quel che c'è da provare. Una lettura bellissima in cui inevitabilmente si provano gioie, dolori, in cui si vive in una realtà scabrosa che altri non è che lo specchio di coloro che lo formano inghiottendoci nel suo infinito abisso.

La verità non è mai perfetta e non quadra mai con tutte le aspettative. La verità pone sempre dubbi e domande. Solo la menzogna è credibile al cento per cento, perché non deve spiegare la realtà, ma semplicemente dirci quello che vogliamo sentirci dire.


Valutazione d'inchiostro: 5

6 commenti:

  1. Ciao Gresi! Io aspettavo con impazienza questo ultimo capitolo e quasi non ci speravo più. Ho iniziato a leggerlo poco dopo la sua uscita, ma mi sono subito resa conto di aver dimenticato molti particolari dei tre libri precedenti, letti molti anni fa ormai, e per me stava diventando sempre più difficile continuare. Quindi ho deciso di rileggere tutta la serie e poi riprendere Il labirinto degli spiriti.
    Comunque altro non posso dire che amo Zafon e le magiche atmosfere che riesce a creare, amo i suoi personaggi, Fermìn in particolare, amo Barcellona, amo le sue storie!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, Maria! Capisco benissimo questa tua sensazione: per qualche minuto anch'io ho come avuto una sorta di vuoto di memoria, ma, man mano che sono andata avanti, tutto è diventato più chiaro!
      Non adesso, ma in futuro rileggeró anch'io la saga. Anche a me mancano moltissimo Fermin, Daniele, Alicia, David, e tutti gli altri. E presto li riabbracceró calorosamente 😊📕

      Elimina
  2. Sai che io ho provato a leggere qualcosa di suo, ma il suo stile proprio non mi ha conquistata. Devo provare a dare un'altra possibilità all'autore e la tua recensione mi ha convinta ancora di più :*

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Roby! Sono certa che se gli darai una seconda possibilità lo vedrai con 'nuovi' occhi ;)

      Elimina
  3. Anche io ho letto l'ultimo libro di Zafon. E, anche questo, come gli altri mi ha conquistata. Succede, quando ci si immerge totalmente in una storia come questa, che va a chiudere un cerchio rimasto incompleto per cinque anni. Anche io come te, me la sono presa con calma, ma alla fine, ne è valsa la pena <3 <3 <3 Bellissima la tua recensione <3

    RispondiElimina