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venerdì, gennaio 05, 2018

Gocce d'inchiostro: Delitto e castigo - Fedor Dostoevskij

Da che io ricordi, il romanzo di cui vi parlerò quest'oggi è quel genere di lettura che ti dà come la sensazione di essere circondata da barriere solidissime. Sono sempre cresciuta in mezzo ai libri, un giorno il romanzo di Dostoevskij si installò in un piccolo appartamento del mio cuore, e, viaggiando a bordo di un treno sferragliante e polveroso, ho accolto nuovamente questa storia con modestia e incanto. Come succede tante altre volte, risultando vagamente lugubre e drammatica e conservando quell'aura solenne del XIX secolo che mi protesse dalle illusioni del presente.
Titolo: Delitto e castigo
Autore: Fedor Dostoevskij
Casa editrice: Clssici Newton Compton
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 550
Trama: Delitto e castigo è il primo dei grandi romanzi che resero celebre Dostoevskij e forse il più popolare. Lo svolgimento dei fatti è incentrato quasi tutto a Pietroburgo, nel corso di un'afosa estate. La vicenda ruota intorno a un giovane studente, Raskol'nikov, che per ragioni economiche è costretto ad abbandonare l'università. Animato da un forte risentimento, ma anche da considerazioni politiche di palingenesi sociale, il giovane progetta e realizza di uccidere una vecchia usuraia. Rubarle i soldi, nella sua idea, dovrebbe renderlo in grado di fare del bene agli altri. Tra questi anche la sorella dello studente, costretta ad accettare un odioso matrimonio allo scopo di aiutare il fratello, e assicurare una vecchiaia dignitosa alla loro madre. Dopo essersi ammalato di "febbre cerebrale" ed essere stato costretto a letto per giorni, Raskol'nikov viene sopraffatto da una cupa angoscia, frutto di rimorsi, pentimenti, tormenti intellettuali e soprattutto dalla tremenda condizione di solitudine in cui l'aveva gettato il segreto del delitto. Dopo una serie di colpi di scena, tra cui la falsa confessione del delitto da parte di un operaio, Raskol'nikov verrà condannato alla deportazione in Siberia. Sarà Son'ja, una giovane ragazza che si prostituiva per sfamare i fratellini, a smussarne la durezza ideologica e infine a redimerlo.

La recensione:

- Se davvero l'uomo, ognuno in generale, cioè tutto il genere umano non fosse una canaglia, allora vorrebbe dire che tutto il resto sono pregiudizi, solo e unicamente paure inculcate.

Capitano degli "incontri" con romanzi che non ci sono del tutto sconosciuti di cui cominciamo a interessarci al primo sguardo, come all'improvviso, prima di pronunciare parola. Un'impressione esattamente di questo genere produsse su di me questo piccolo ma grande avventore di Delitto e castigo che mi tenne compagnia per qualche giorno, e che sembrava il romanzo perfetto nel momento giusto. In seguito, avrei ricordato più volte questo momento e ne avrei scritto persino una recensione. Sbirciavo incessantemente la copertina, accarezzavo il dorso, mi inondavo del profumo di carta stampata e inchiostro appena rovesciato, nonostante mi trovavo in camera mia e di una visita da parte dello stimato Dostoevskij non me l'aspettavo proprio. Mentre avanzavo con curiosità e un certo interesse, accettai la sua accoglienza senza guardarmi alle spalle, ed altresì con una evidente sfumatura di sovrano ammaliamento, come un ragazzino che aspetta che il suo amato Babbo Natale compari in carne e ossa. Delitto e castigo era quel romanzo di cui avevo bisogno; ammaliante, stupefacente, interessante, con una diabolica inclinazione al pentimento e al moralismo, l'abbondanza di certe figure di passaggio ammassati in vie e viuzze pietroburghesi, che costellavano il panorama di soggetti tali che stupiscono per il loro aspetto e la loro presenza. Ma dall'anima oscura, strana, quasi bizzarra; il suo animo era come se brillasse addirittura di una sorta di aura magnetica - probabilmente, anche altri lettori prima di me avranno perso il senno e l'intelligenza - e nel contempo vi balenava una sorta di follia. Solo lettori pazzi, avventurieri e un po' folli, che si beano di certe storie, desiderano evidentemente imbattersi in letture di questo tipo.
Ed io ne sono un palese esempio. Nella realtà esiste quella cosa che noi esseri umani chiamiamo "imparare". E certi saperi sono racchiusi in pagine e pagine di romanzi, documenti, archivi o file vari da cui ci si approccia e alla fine ci si lascia invaghire da ogni cosa. Da ciò che vede e crede di vedere.
Questo breve e insensato discorso per dire che di Dostoevskij e dei suoi strambi personaggi me ne sono appropriata in un modo che non credevo possibile, in cui più volte mi sono posta delle domande sulla realtà circostante e sulla condizione dell'uomo come essere animale, creatura penitente che sembra domandarsi: << Chi sono? Perché esisto? >>. Interrogandosi sulla natura infruttuosa del suo essere, da sempre angosciato dall'incertezza della risposta.
Uno stato febbrile accompagnato da delirio e semiconoscenza aveva colpito me e Raskol'nikov che, in un momento piuttosto turbolento della sua vita, divenne un anima in pena che si mosse agile lungo le strade pietroburghesi, additato da milioni di passanti dai volti pallidi, malati e verdognoli, lampioni a gas che gli luccicavano addosso. Monomiaco, pieno di possesso, insicuro e malinconico, si guarda attorno, e vede il mondo facendo alcune "ponderazioni". Ogni cosa è fuori da lui. Il mondo è un universo indistinto, lontano a sé, come qualcosa a cui è stato costretto a separare. Infinitamente più grande di lui, più malvagio, così fiero, violato, vulnerabile come una piccola onda che intimorita dalla vastità dell'oceano, sogna soltanto di essere un'onda più grossa, più maestosa per non essere schiacciato dalle altre onde. E in questa percezione di due entità indistinte - l'uomo come essere insoddisfatto, violento, brutale, e l'uomo come anima penitente e violata di una realtà circostante a cui deve ancora fare i conti - è radicata la perpetua insoddisfazione del protagonista, che si rispecchia perfettamente in quella dell'individuo del secolo. La tristezza, la solitudine, la bramosia di possedere una libertà interiore che non esiste, da qualunque sortilegio, da qualunque incantesimo.
Il mondo creato da Dostoevskij è stato realizzato in maniera così intelligente, perfetta, unanime che sembra quasi impossibile si tratti di un romanzo. Ma, alla fine, non c'è in noi tutti un po' di Raskol'nikov? E non è da questa condizione che cerchiamo di capire, redimere la nostra anima da colpe che magari non sono nemmeno nostre?
Una storia che altri non è che la storia di un deterioramento graduale da un mondo a un altro, dalla presa di coscienza di una nuova realtà del tutto sconosciuta, radicata nel profondo di noi stessi che come foglie secche si libra e si rigira nell'aria e scende sprofondando al suolo.
Valutazione d'inchiostro: 4

6 commenti:

  1. Ho letto questo libro taaanto tempo fa e ne conservo un ricordo vago perchè il modo in cui è incentrato era lento e non adatto alle mie corde. Tuttavia è una bella storia

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    1. Si, concordo col fatto che la narrazione sia un pó lenta. È un romanzo infatti a mio avviso che non è facile da leggere. Ma tutto sommato mi è piaciuto assi, e sono contenta di aver compiuto questa lettura ☺

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  2. Ciao! Adoro il tuo modo di recensire, quasi poetico...con le tue parole mi hai decisamente incuriosita e spero presto di leggere quest'opera! :)

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