Da che io ricordi, il romanzo di cui vi parlerò
quest'oggi è quel genere di lettura che ti dà come la sensazione di essere
circondata da barriere solidissime. Sono sempre cresciuta in mezzo ai libri, un
giorno il romanzo di Dostoevskij si installò in un piccolo
appartamento del mio cuore, e, viaggiando a bordo di un treno sferragliante e
polveroso, ho accolto nuovamente questa storia con modestia e incanto. Come
succede tante altre volte, risultando vagamente lugubre e drammatica e
conservando quell'aura solenne del XIX secolo che mi protesse dalle illusioni
del presente.
Titolo: Delitto e castigo
Autore: Fedor Dostoevskij
Casa editrice: Clssici Newton Compton
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 550
Trama: Delitto e castigo è il primo dei grandi romanzi
che resero celebre Dostoevskij e forse il più popolare. Lo svolgimento dei
fatti è incentrato quasi tutto a Pietroburgo, nel corso di un'afosa estate. La
vicenda ruota intorno a un giovane studente, Raskol'nikov, che per ragioni
economiche è costretto ad abbandonare l'università. Animato da un forte
risentimento, ma anche da considerazioni politiche di palingenesi sociale, il
giovane progetta e realizza di uccidere una vecchia usuraia. Rubarle i soldi,
nella sua idea, dovrebbe renderlo in grado di fare del bene agli altri. Tra questi
anche la sorella dello studente, costretta ad accettare un odioso matrimonio
allo scopo di aiutare il fratello, e assicurare una vecchiaia dignitosa alla
loro madre. Dopo essersi ammalato di "febbre cerebrale" ed essere
stato costretto a letto per giorni, Raskol'nikov viene sopraffatto da una cupa
angoscia, frutto di rimorsi, pentimenti, tormenti intellettuali e soprattutto
dalla tremenda condizione di solitudine in cui l'aveva gettato il segreto del
delitto. Dopo una serie di colpi di scena, tra cui la falsa confessione del
delitto da parte di un operaio, Raskol'nikov verrà condannato alla deportazione
in Siberia. Sarà Son'ja, una giovane ragazza che si prostituiva per sfamare i
fratellini, a smussarne la durezza ideologica e infine a redimerlo.
La
recensione:
-
Se davvero l'uomo, ognuno in generale, cioè tutto il genere umano non fosse una
canaglia, allora vorrebbe dire che tutto il resto sono pregiudizi, solo e
unicamente paure inculcate.
Capitano
degli "incontri" con romanzi che non ci sono del tutto sconosciuti di
cui cominciamo a interessarci al primo sguardo, come all'improvviso, prima di
pronunciare parola. Un'impressione esattamente di questo genere produsse su di
me questo piccolo ma grande avventore di Delitto e castigo che mi tenne compagnia per qualche
giorno, e che sembrava il romanzo perfetto nel momento giusto. In seguito,
avrei ricordato più volte questo momento e ne avrei scritto persino una
recensione. Sbirciavo incessantemente la copertina, accarezzavo il dorso, mi
inondavo del profumo di carta stampata e inchiostro appena rovesciato,
nonostante mi trovavo in camera mia e di una visita da parte dello stimato
Dostoevskij non me l'aspettavo proprio. Mentre avanzavo con curiosità e un
certo interesse, accettai la sua accoglienza senza guardarmi alle spalle, ed
altresì con una evidente sfumatura di sovrano ammaliamento, come un ragazzino
che aspetta che il suo amato Babbo Natale compari in carne e ossa. Delitto e
castigo era quel romanzo di cui avevo bisogno; ammaliante, stupefacente,
interessante, con una diabolica inclinazione al pentimento e al moralismo,
l'abbondanza di certe figure di passaggio ammassati in vie e viuzze
pietroburghesi, che costellavano il panorama di soggetti tali che stupiscono
per il loro aspetto e la loro presenza. Ma dall'anima oscura, strana, quasi
bizzarra; il suo animo era come se brillasse addirittura di una sorta di aura
magnetica - probabilmente, anche altri lettori prima di me avranno perso il
senno e l'intelligenza - e nel contempo vi balenava una sorta di follia. Solo lettori
pazzi, avventurieri e un po' folli, che si beano di certe storie, desiderano
evidentemente imbattersi in letture di questo tipo.
Ed
io ne sono un palese esempio. Nella realtà esiste quella cosa che noi esseri
umani chiamiamo "imparare". E certi saperi sono racchiusi in pagine e
pagine di romanzi, documenti, archivi o file vari da cui ci si approccia e alla
fine ci si lascia invaghire da ogni cosa. Da ciò che vede e crede di vedere.
Questo
breve e insensato discorso per dire che di Dostoevskij e dei suoi strambi
personaggi me ne sono appropriata in un modo che non credevo possibile, in cui
più volte mi sono posta delle domande sulla realtà circostante e sulla
condizione dell'uomo come essere animale, creatura penitente che sembra domandarsi:
<< Chi sono? Perché esisto? >>. Interrogandosi sulla natura
infruttuosa del suo essere, da sempre angosciato dall'incertezza della
risposta.
Uno
stato febbrile accompagnato da delirio e semiconoscenza aveva colpito me e Raskol'nikov che, in un momento piuttosto turbolento
della sua vita, divenne un anima in pena che si mosse agile lungo le strade
pietroburghesi, additato da milioni di passanti dai volti pallidi, malati e
verdognoli, lampioni a gas che gli luccicavano addosso. Monomiaco, pieno di
possesso, insicuro e malinconico, si guarda attorno, e vede il mondo facendo
alcune "ponderazioni". Ogni cosa è fuori da lui. Il mondo è un
universo indistinto, lontano a sé, come qualcosa a cui è stato costretto a
separare. Infinitamente più grande di lui, più malvagio, così fiero, violato,
vulnerabile come una piccola onda che intimorita dalla vastità dell'oceano,
sogna soltanto di essere un'onda più grossa, più maestosa per non essere
schiacciato dalle altre onde. E in questa percezione di due entità indistinte -
l'uomo come essere insoddisfatto, violento, brutale, e l'uomo come anima
penitente e violata di una realtà circostante a cui deve ancora fare i conti -
è radicata la perpetua insoddisfazione del protagonista, che si rispecchia
perfettamente in quella dell'individuo del secolo. La tristezza, la solitudine,
la bramosia di possedere una libertà interiore che non esiste, da qualunque
sortilegio, da qualunque incantesimo.
Il mondo creato da Dostoevskij è stato realizzato in maniera così
intelligente, perfetta, unanime che sembra quasi impossibile si tratti di un
romanzo. Ma, alla fine, non c'è in noi tutti un po' di Raskol'nikov? E non è da questa condizione che cerchiamo di capire, redimere la nostra anima da colpe che magari non sono nemmeno nostre?
Una
storia che altri non è che la storia di un deterioramento graduale da un mondo
a un altro, dalla presa di coscienza di una nuova realtà del tutto sconosciuta,
radicata nel profondo di noi stessi che come foglie secche si libra e si rigira
nell'aria e scende sprofondando al suolo.
Valutazione
d'inchiostro: 4
Ho letto questo libro taaanto tempo fa e ne conservo un ricordo vago perchè il modo in cui è incentrato era lento e non adatto alle mie corde. Tuttavia è una bella storia
RispondiEliminaSi, concordo col fatto che la narrazione sia un pó lenta. È un romanzo infatti a mio avviso che non è facile da leggere. Ma tutto sommato mi è piaciuto assi, e sono contenta di aver compiuto questa lettura ☺
Eliminanon l'ho mai letto, ma devo recuperare!
RispondiEliminaTe lo consiglio, Valentina! ☺☺
EliminaCiao! Adoro il tuo modo di recensire, quasi poetico...con le tue parole mi hai decisamente incuriosita e spero presto di leggere quest'opera! :)
RispondiEliminaCiao, Francesca! Grazie mille e benvenuta a bordo ;)
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