Non
ci sarebbe nulla da dire, nulla da utilizzare per realizzare una presentazione
di senso compiuto. Eppure, presentarsi a un autore di così grande fama proprio
come Buzzati è un'impresa. Si avverte uno strano smarrimento, si prova quasi soggezione.
Il suo nome, la sua carriera stilistica, tutto quello cui un tempo si servì per
gridare a gran voce ciò che teneva saldamente ancorato, pian piano stanno
diventando << miei >>. Non riesco ancora a riconoscermi completamente
in questo pezzo d'identità. Ebbene, mi ci sento intrappolata. Un amore, Il deserto dei tartari, erano divenuti parte della mia vita che avevo
vissuto, la vita di cui ho scritto chilometriche ed entusiastiche recensioni, ma
si tratta anche di pezzi di vita che mi hanno fatto deprimere, rattristire, ma anche
gioire e sorridere. E adesso, sedermi dinanzi alla scrivania, lasciandomi tutto
alle spalle per parlarvi del suo autore e della sua produzione artistica è un
vero sollievo.
Dino
Buzzati è sempre stata quella figura letteraria il cui genere si intrinseca in
diverse direzioni. La fiaba si sposa con l'angoscia, la paura con la morte, la
magia e il mistero con la ricerca dell'assoluto e la trascendenza, per poi
sfociare in una disperata attesa di agognare un riscatto da un'esistenza
mediocre. Protagonista indiscusso, il destino, onnipotente e imperscrutabile,
spesso beffardo, che è diverso da tutto ciò che credevamo di aver letto o pensavamo
di conoscere.
Mezzo
di trasporto, parole che, messe di traverso, in una corrente di un fiume, incastrate
e composte perfettamente, prendono alla sprovvista e inducono a nutrire strani
desideri. Qualcosa privo di senso e distorto che poi, quasi senza rendercene
conto, acquisisce una certa importanza. Smania di libertà, ribellione, gusto rabbioso
di umiliarsi e buttarsi via, tanto amore, tanti sogni infranti, speranze,
illusioni che piombano addosso, ho scoperto la bellezza di tutti questi
sentimenti vivendoli in prima persona. In trame lente, estremamente calde, incarnate
in personaggi ambiziosi o sfrontati, nella degradazione degli animi e delle
cose, fra suoni, voci, luci equivoci, nella frenetica desolazione del secolo.
Quando
si decide di leggere Buzzati non si può fare a meno di provare quel che si prova
quando si è completamente assuefatti da tante cose: un disperato bisogno di amare,
un patimento totale e compatto, una confusione dei sensi. Spaventosa precipitazione
in cui è davvero impossibile scorgere persino ciò che ci circonda, come sensazioni
strane e particolari, dovuti da una specie di appetito e inquietudine,
provenienti chissà dove.
Sequela
di esperienze di vita: questo il tema di cui si usufruì Buzzati, che segnarono
la sua vita di giovane e ambizioso giornalista, con dentro un adorato e
impossibile sogno. L'anima risplende degli antichi incanti e di un sollievo
indescrivibile che si spande in tutto il corpo, in cui la voce dello stesso
Buzzati si conserva ancora intatta. Mediante disinteressati gesti di bellezza,
come un innocente uccellino lontano da ogni bruttura, prosperando nella
monotonia, nel sentimento, negli stati d'animo. Ma innaffiati di lacrime, parole,
promesse, scene di vita che fanno pensare che da qualche parte c'è un piccolo
spazio nel mondo in cui c'è un paradiso per gli esseri umani. Non più
sottoposti alle leggi della società, liberi da ogni cosa. Forse persino dinSapevo
che quando sarebbe sopraggiunto luglio, l'ottavo giorno del mese, questa sarebbe
stata l'occasione per parlarvi di un autore italiano le cui opere pian piano
desidero trarne ricchezza.
Non
ci sarebbe nulla da dire, nulla da utilizzare per realizzare una presentazione
di senso compiuto. Eppure, presentarsi a un autore di così grande fama proprio
come Buzzati è un'impresa. Si avverte uno strano smarrimento, si prova quasi soggezione.
Il suo nome, la sua carriera stilistica, tutto quello cui un tempo si servì per
gridare a gran voce ciò che teneva saldamente ancorato, pian piano stanno
diventando << miei >>. Non riesco ancora a riconoscermi completamente
in questo pezzo d'identità. Ebbene, mi ci sento intrappolata. Un amore, Il deserto dei tartari, erano divenuti parte della mia vita che avevo
vissuto, la vita di cui ho scritto chilometriche ed entusiastiche recensioni, ma
si tratta anche di pezzi di vita che mi hanno fatto deprimere, rattristire, ma anche
gioire e sorridere. E adesso, sedermi dinanzi alla scrivania, lasciandomi tutto
alle spalle per parlarvi del suo autore e della sua produzione artistica è un
vero sollievo.
Dino
Buzzati è sempre stata quella figura letteraria il cui genere si intrinseca in
diverse direzioni. La fiaba si sposa con l'angoscia, la paura con la morte, la
magia e il mistero con la ricerca dell'assoluto e la trascendenza, per poi
sfociare in una disperata attesa di agognare un riscatto da un'esistenza
mediocre. Protagonista indiscusso, il destino, onnipotente e imperscrutabile,
spesso beffardo, che è diverso da tutto ciò che credevamo di aver letto o pensavamo
di conoscere.
Mezzo
di trasporto, parole che, messe di traverso, in una corrente di un fiume, incastrate
e composte perfettamente, prendono alla sprovvista e inducono a nutrire strani
desideri. Qualcosa privo di senso e distorto che poi, quasi senza rendercene
conto, acquisisce una certa importanza. Smania di libertà, ribellione, gusto rabbioso
di umiliarsi e buttarsi via, tanto amore, tanti sogni infranti, speranze,
illusioni che piombano addosso, ho scoperto la bellezza di tutti questi
sentimenti vivendoli in prima persona. In trame lente, estremamente calde, incarnate
in personaggi ambiziosi o sfrontati, nella degradazione degli animi e delle
cose, fra suoni, voci, luci equivoci, nella frenetica desolazione del secolo.
Quando
si decide di leggere Buzzati non si può fare a meno di provare quel che si prova
quando si è completamente assuefatti da tante cose: un disperato bisogno di amare,
un patimento totale e compatto, una confusione dei sensi. Spaventosa precipitazione
in cui è davvero impossibile scorgere persino ciò che ci circonda, come sensazioni
strane e particolari, dovuti da una specie di appetito e inquietudine,
provenienti chissà dove.
Sequela
di esperienze di vita: questo il tema di cui si usufruì Buzzati, che segnarono
la sua vita di giovane e ambizioso giornalista, con dentro un adorato e
impossibile sogno. L'anima risplende degli antichi incanti e di un sollievo
indescrivibile che si spande in tutto il corpo, in cui la voce dello stesso
Buzzati si conserva ancora intatta. Mediante disinteressati gesti di bellezza,
come un innocente uccellino lontano da ogni bruttura, prosperando nella
monotonia, nel sentimento, negli stati d'animo. Ma innaffiati di lacrime, parole,
promesse, scene di vita che fanno pensare che da qualche parte c'è un piccolo
spazio nel mondo in cui c'è un paradiso per gli esseri umani. Non più
sottoposti alle leggi della società, liberi da ogni cosa. Forse persino dinanzi alla
morte.
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