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domenica, novembre 25, 2018

Gocce d'inchiostro: Hotel silence - Audur Ava Olafsdottir

Il mondo forse non rimpiangerà la "morte" di quest'uomo. Uomo, in un certo senso, è una parolona. Se lo dovessi definire penso lo definirei uno spiritello a cui la vita e i dispiaceri in generale l'hanno ridotto in uno scricciolo. Un relitto che naviga sulla via dell'assurdo e di cui il fantasma del passato scorre lentamente dinanzi ai nostri occhi come un paesaggio desolato. E come un paesaggio desolato, l'autrice ci parla di questa storia con una certa delicatezza, quasi una carezza per l'anima, in cui i colori hanno scolorito il cielo, esattamente come un corpo che da tanto tempo non vede il sole.

Titolo: Hotel silence
Autore: Audur Ava Olafsdottir
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 188
Trama: Jònas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. Tutti i suoi punti di riferimento sono svaniti all'improvviso e Jònas non sa più chi è. Nemmeno il ritrovamento dei suoi diari di gioventù, pieni di appunti su formazioni nuvolose, corpi celesti e corpi di ragazze, lo aiuta; quel giovane che era oggi gli appare come un estraneo, tutta la sua esistenza una menzogna. Comincia a pensare al suicidio, studianto attentamente tutti i possibili sistemi e tutte le variabili, da uomo pratico qual è. Non vuole però che sia sua figlia a trovare il suo corpo, e decid di andare a morire all'estero. La scelta ricade su un paese appena uscito da una terribile guerra civile e ancora disseminato di edifici distrutti e mine antiuomo. Jònas prende una stanza nel remoto Hotel Silence, dove sbarca con un solo cambio di vestiti e la sua irrinunciabile cassetta degli attrezzi. Ma l'incontro con le persone del posto e le loro ferite, in particolare con i due giovanissimi gestori dell'albergo, un fratello e una sorella sopravvissuti alla distruzione, e con il silenzioso bambino di lei, fa slittare il suo progetto giorno dopo giorno ….

La recensione:


Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.

L'autrice di questo piccolo ma bellissimo romanzo non mi spiegò che ingenuamente mi sarei imbattuta in una storia in cui il protagonista non è consapevole di essere quasi morto, perché sarebbe stato inutile attizzare il mio interesse col desiderio insopprimibile di sapere come e perché Jònas si fosse trovato in questa situazione. In una stanza di hotel, mi sono irrimediabilmente trovata senza che nemmeno me ne accorgessi. Perché Jònas aveva scelto proprio una stanza d'albergo per morire? Penso a tutti quegli affetti che avrebbe perduto, alla sua piccola che stravede per lui. Cosa potevo fare io per fargli cambiare idea? Mi sarei persa per ore e ore nei corridoi fatiscenti ma desolati della sua anima romantica ma solitaria, a dolermi per tragedie che in un certo senso non mi appartengono, così lontane nel tempo e verificatesi quando io di Jònas non ne conoscevo nemmeno l'esistenza. Fu così che incurante delle pene che inconsapevolmente questo piccolo grande uomo stava affligendo al mio animo, mi presi di coraggio e decisi di aiutarlo. Trovare una strada quando non era consapevole di averne una.
Seduta sulla mia poltrona preferita e sforzandomi di seguire di pari passo i pensieri tormentati e disordinati di quest'uomo, sono stata trascinata fuori dalla mia bolla personale per controllare ogni sua mossa, così perso e smarrito nei suoi ricordi, intrappolato in un limbo di cui ancora non vedeva la luce. Io in tutto questo non lo fermai. Quello che invece mi imposi di fare fu aiutare Jònas, comprendere quelle ansie, paure che tartassavano le sue nottati miti, affinchè potesse raggiungere la pace, ritrovare la ragione e vivere.
Che fare, quindi? Con la voce carezzevole dell'autrice, con la sua onnipresente vicinanza, con ogni cosa, persino con sprazzi di poesia e canzoni dell'anima che dilaniano lo spirito di chiunque, un pomeriggio in compagnia con Jònas ha fruttato una specie di soddisfazione. Della Olafsdottir non avevo mai letto nulla, sebbene la conoscessi per sentito dire e per il suo straordinario Rosa candida. Nessuno mi aveva spinto a leggere qualcosa di suo, al di fuori di qualche recensione entusiastica, e sapevo che quando sarebbe arrivato il momento perfetto avrei potuto scoprirne anch'io la sua meravigliosa essenza. Le sue abitudini letterarie. E' stato dunque d'obbligo esordire questo mio nuovo progetto letterario con la lettura di Hotel silence. L'idea di leggerlo il prima possibile girava e rigirava nel mio subconscio irrefrenabilmente, e ogni volta che decidevo di leggerlo sembrava il momento meno adatto. Un uomo comune aveva bussato alla mia porta, desideroso di allontanarsi da questo mondo senza una vera e propria ragione. Non vedendo nessun vantaggio nel suo riferimento verso la morte, intervenendo immancabilmente fin quando mi sarebbe stato possibile.
Queste riflessioni che quest'oggi io ho deciso di compiere a voce alta, si fecero più pressanti e complicate quando Jònas divenne più di una semplice figura di carta e inchiostro. Perché, se Jònas si era presentato dinanzi a me, si era rivolto a me, in mezzo a una sfilza di lettori di ogni sesso, razza o etnia, chi mi avrebbe dato la certezza che lui alla fine si sarebbe salvato? Se sono stata chiamata in causa, evidentemente il mio interesse era cresciuto così tanto da divenire quasi  morboso. Di Jònas sapevo poco e niente. La sua vita si srotola sul palmo di una mano, amici o conoscenze si contavano sulla punta delle dita, e adesso? Cosa lo aveva indotto a togliersi la vita? Per non dire che la vita stessa gli aveva riservato tanti e irrimediabili dispiaceri. Non avevo nulla da perdere e tuffarmi fra le pagine della sua storia, che peraltro sembrava particolare già solo dalla copertina, mi è sembrato l'opportunità più adatta per confidarmi con questo povero uomo. E sebbene non sapevo molto di lui immaginavo che non sarebbe stato semplice.
Pur conservando il mio piccolo cuore in un guazzabuglio di fogli, vergati da una scrittura semplice ma delicata, ho accolto la storia di Hotel silence con una certa spensieratezza. Non sapevo di preciso cosa dovevo aspettarmi, e non potendo rimandarne oltre il momento in cui mi sarei immersa fra le sue pagine mi persi fra le meraviglie di questo testo conquistando la pace. Perché il messaggio che nascondono le sue pagine arriva dritto dritto nell'anima di chi legge, in cui interpretarlo non è stato semplice ma nemmeno incomprensibile come credevo. Ho colto la vera essenza delle sue pagine, ed ho amato viverci. Divenire un tutt'uno con qualunque marionetta di questa straordinaria confessione dell'anima.
Hotel silence è un viaggio infinito, splendido e di straordinaria intensità narrativa in cui ogni cosa sembra non avere una sua ragione. Metafora di paure, sogni e desideri repressi che agitano la coscienza umana e che, alla fine, consolidano in una splendida rassegnazione.
Jònas, il protagonista, alla fine, comprende come la bellezza della vita si cela anche nei piccoli momenti quotidiani, in qualcosa che non si può sentire ma percepire. E il bello della sua lettura sta proprio qui, nel suo sentirsi sbagliato agli occhi degli altri, ma non per i misteri inspiegabili del cuore umano che riflettono una certa luce, un certo calore.

Ogni sofferenza è unica e differente, e dunque non la si può confrontare. Invece la felicità è simile.

Valutazione d'inchiostro: 4

4 commenti:

  1. Ciao Gresi, non conosco il romanzo che hai recensito ma mi piace molto il messaggio che vuole trasmettere :-)
    Buona domenica!

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    Risposte
    1. Sì, Ariel, il messaggio che trasmette è davvero molto bello ☺☺ te lo consiglio, se dovesse incuriosirti ☺☺
      Buona domenica ☺☺

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