Il mondo forse non rimpiangerà la "morte" di quest'uomo.
Uomo, in un certo senso, è una parolona. Se lo dovessi definire penso lo
definirei uno spiritello a cui la vita e i dispiaceri in generale l'hanno
ridotto in uno scricciolo. Un relitto che naviga sulla via dell'assurdo e di
cui il fantasma del passato scorre lentamente dinanzi ai nostri occhi come un paesaggio
desolato. E come un paesaggio desolato, l'autrice ci parla di questa storia con
una certa delicatezza, quasi una carezza per l'anima, in cui i colori hanno
scolorito il cielo, esattamente come un corpo che da tanto tempo non vede il
sole.
Titolo: Hotel silence
Autore: Audur Ava Olafsdottir
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 188
Trama: Jònas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare
le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la
sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua,
e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. Tutti i suoi punti di
riferimento sono svaniti all'improvviso e Jònas non sa più chi è. Nemmeno il
ritrovamento dei suoi diari di gioventù, pieni di appunti su formazioni
nuvolose, corpi celesti e corpi di ragazze, lo aiuta; quel giovane che era oggi
gli appare come un estraneo, tutta la sua esistenza una menzogna. Comincia a
pensare al suicidio, studianto attentamente tutti i possibili sistemi e tutte
le variabili, da uomo pratico qual è. Non vuole però che sia sua figlia a trovare
il suo corpo, e decid di andare a morire all'estero. La scelta ricade su un paese
appena uscito da una terribile guerra civile e ancora disseminato di edifici
distrutti e mine antiuomo. Jònas prende una stanza nel remoto Hotel Silence,
dove sbarca con un solo cambio di vestiti e la sua irrinunciabile cassetta
degli attrezzi. Ma l'incontro con le persone del posto e le loro ferite, in particolare
con i due giovanissimi gestori dell'albergo, un fratello e una sorella sopravvissuti
alla distruzione, e con il silenzioso bambino di lei, fa slittare il suo
progetto giorno dopo giorno ….
La recensione:
Quanto più ci
innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.
L'autrice
di questo piccolo ma bellissimo romanzo non mi spiegò che ingenuamente mi sarei
imbattuta in una storia in cui il protagonista non è consapevole di essere
quasi morto, perché sarebbe stato inutile attizzare il mio interesse col
desiderio insopprimibile di sapere come e perché Jònas si fosse trovato in
questa situazione. In una stanza di hotel, mi sono irrimediabilmente trovata
senza che nemmeno me ne accorgessi. Perché Jònas aveva scelto proprio una
stanza d'albergo per morire? Penso a tutti quegli affetti che avrebbe perduto,
alla sua piccola che stravede per lui. Cosa potevo fare io per fargli cambiare
idea? Mi sarei persa per ore e ore nei corridoi fatiscenti ma desolati della
sua anima romantica ma solitaria, a dolermi per tragedie che in un certo senso
non mi appartengono, così lontane nel tempo e verificatesi quando io di Jònas
non ne conoscevo nemmeno l'esistenza. Fu così che incurante delle pene che
inconsapevolmente questo piccolo grande uomo stava affligendo al mio animo, mi
presi di coraggio e decisi di aiutarlo. Trovare una strada quando non era
consapevole di averne una.
Seduta
sulla mia poltrona preferita e sforzandomi di seguire di pari passo i pensieri
tormentati e disordinati di quest'uomo, sono stata trascinata fuori dalla mia
bolla personale per controllare ogni sua mossa, così perso e smarrito nei suoi
ricordi, intrappolato in un limbo di cui ancora non vedeva la luce. Io in tutto
questo non lo fermai. Quello che invece mi imposi di fare fu aiutare Jònas,
comprendere quelle ansie, paure che tartassavano le sue nottati miti, affinchè
potesse raggiungere la pace, ritrovare la ragione e vivere.
Che
fare, quindi? Con la voce carezzevole dell'autrice, con la sua onnipresente
vicinanza, con ogni cosa, persino con sprazzi di poesia e canzoni dell'anima
che dilaniano lo spirito di chiunque, un pomeriggio in compagnia con Jònas ha
fruttato una specie di soddisfazione. Della Olafsdottir non avevo mai letto
nulla, sebbene la conoscessi per sentito dire e per il suo straordinario Rosa candida. Nessuno mi aveva spinto a
leggere qualcosa di suo, al di fuori di qualche recensione entusiastica, e
sapevo che quando sarebbe arrivato il momento perfetto avrei potuto scoprirne
anch'io la sua meravigliosa essenza. Le sue abitudini letterarie. E' stato
dunque d'obbligo esordire questo mio nuovo progetto letterario con la lettura
di Hotel silence. L'idea di leggerlo
il prima possibile girava e rigirava nel mio subconscio irrefrenabilmente, e
ogni volta che decidevo di leggerlo sembrava il momento meno adatto. Un uomo
comune aveva bussato alla mia porta, desideroso di allontanarsi da questo mondo
senza una vera e propria ragione. Non vedendo nessun vantaggio nel suo
riferimento verso la morte, intervenendo immancabilmente fin quando mi sarebbe
stato possibile.
Queste
riflessioni che quest'oggi io ho deciso di compiere a voce alta, si fecero più
pressanti e complicate quando Jònas divenne più di una semplice figura di carta
e inchiostro. Perché, se Jònas si era presentato dinanzi a me, si era rivolto a
me, in mezzo a una sfilza di lettori di ogni sesso, razza o etnia, chi mi
avrebbe dato la certezza che lui alla fine si sarebbe salvato? Se sono stata
chiamata in causa, evidentemente il mio interesse era cresciuto così tanto da
divenire quasi morboso. Di Jònas sapevo
poco e niente. La sua vita si srotola sul palmo di una mano, amici o conoscenze
si contavano sulla punta delle dita, e adesso? Cosa lo aveva indotto a
togliersi la vita? Per non dire che la vita stessa gli aveva riservato tanti e
irrimediabili dispiaceri. Non avevo nulla da perdere e tuffarmi fra le pagine
della sua storia, che peraltro sembrava particolare già solo dalla copertina,
mi è sembrato l'opportunità più adatta per confidarmi con questo povero uomo. E
sebbene non sapevo molto di lui immaginavo che non sarebbe stato semplice.
Pur
conservando il mio piccolo cuore in un guazzabuglio di fogli, vergati da una scrittura
semplice ma delicata, ho accolto la storia di Hotel silence con una certa spensieratezza. Non sapevo di preciso
cosa dovevo aspettarmi, e non potendo rimandarne oltre il momento in cui mi
sarei immersa fra le sue pagine mi persi fra le meraviglie di questo testo
conquistando la pace. Perché il messaggio che nascondono le sue pagine arriva
dritto dritto nell'anima di chi legge, in cui interpretarlo non è stato
semplice ma nemmeno incomprensibile come credevo. Ho colto la vera essenza
delle sue pagine, ed ho amato viverci. Divenire un tutt'uno con qualunque
marionetta di questa straordinaria confessione dell'anima.
Hotel silence è un viaggio
infinito, splendido e di straordinaria intensità narrativa in cui ogni cosa
sembra non avere una sua ragione. Metafora di paure, sogni e desideri repressi
che agitano la coscienza umana e che, alla fine, consolidano in una splendida
rassegnazione.
Jònas,
il protagonista, alla fine, comprende come la bellezza della vita si cela anche
nei piccoli momenti quotidiani, in qualcosa che non si può sentire ma
percepire. E il bello della sua lettura sta proprio qui, nel suo sentirsi
sbagliato agli occhi degli altri, ma non per i misteri inspiegabili del cuore
umano che riflettono una certa luce, un certo calore.
Ogni
sofferenza è unica e differente, e dunque non la si può confrontare. Invece la
felicità è simile.
Valutazione
d'inchiostro: 4
Ciao Gresi, non conosco il romanzo che hai recensito ma mi piace molto il messaggio che vuole trasmettere :-)
RispondiEliminaBuona domenica!
Sì, Ariel, il messaggio che trasmette è davvero molto bello ☺☺ te lo consiglio, se dovesse incuriosirti ☺☺
EliminaBuona domenica ☺☺
Seems good book, i will try to read.
RispondiEliminaMy Blog | Instagram | Bloglovin
I hope you can like it ☺☺
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