Quello che può
condensare il mio poco entusiasmo in poche semplici parole, a mio avviso, penso si possa riassumere in
una maniera. Senza orpelli, senza fronzolli. La bellezza di queste pagine, se
così si può definire uno dei pochi pregi di questa lettura, è senza dubbio l'amore
dell'autrice per la letteratura e la scrittura … ma nient'altro! Il resto è un
quasi monologo sul senso della solitudine, sull'importanza di essere giovani e
non sapere cosa si vuole effettivamente dalla vita, centellinati su ogni
singolo gesto o movimento che compirà la protagonista. Una bella scrittura pulita,
ma niente di più. E il romanzo della Batuman a questo proposito non lo
considero qualcosa di malvagio, ma nemmeno quel racconto che io speravo di
leggere, che mi ha poco convinta.
Titolo: L'idiota
Autore: Elif Batuman
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 21 €
N° di pagine: 432
Trama: Selin ha diciotto anni e grandi aspettative, ma non è una
diciottenne come tutti, o almeno così crede. Lei è la ragazza prodigio che ha
letto sempre un libro più degli altri, e pensa di aver già fatto ogni esperienza
possibile attraverso le pagine dei romanzi che ama. Ma al primo anno di
università scoprirà che purtroppo le persone non sono personaggi e forse le
certezze dei libri non sono poi così certe. Scoprirà che l'amore è di essere
un'idiota, come tutti. Nel 1995, mentre il mondo impara a usare le email e a
comunicare via internet, Selin è una matricola a Harvard. Per lei comunicare,
con o senza internet, è sempre stato un problema. Il suo rapporto con il mondo
passa soltanto attraverso i romanzi: e così tutto della vita universitaria le pare
assurdo. Il cavo Ethernet della connessione di dipertimento serve per impiccarsi?
Se si compra tequila per la festa, come mai anche il sale? E perché nessuno si
rende conto di desiderare solo ciò che non può avere? Quando però incontra Ivan
tutto cambia. E per la prima volta capisce quanto è bizzarro e doloroso il
desiderio e quanto è difficile ottenere ciò che si vuole davvero.
La recensione:
Una
patina ruvida di insoddisfazione graffia il mio corpo. Il corpo sa essere
talvolta sottile come un velo. Dopo aver trascorso tre lunghi e intensissimi
giorni a leggere il caso editoriale dell'anno, avevo il timore che L'idiota non fosse stato apprezzato da
me come si deve.
Perché
scrivo questo? Mi è sembrato di avvertire una certa malinconia. Non proprio
concerne alla tipica tristezza shakesperiana, bensì qualcosa che è stato
piuttosto vicino. Si. Una certa drammaticità che nel corso della lettura ha
sedimentato nel mio animo.
Per
me è facile capire la solitudine. C'è stato un tempo in cui io e la solitudine
eravamo fidate compagne di viaggio, amiche che non si separavano per nulla al
mondo. Una situazione questa in cui nemmeno i miei figli d'inchiostro, i miei
amati libri, potevano trarmene beneficio. Datemi un pomeriggio freddo ma mite,
una coperta morbida e accogliente, una tazza fumante e un buon libro e questo è
il mio angolo di paradiso. O, quantomeno, quello che mi piace definire luogo di
pace. Ristoro, serenità e spensieratezza in cui il mondo aquisisce una sua
importanza; i colori si fanno più evidenti e marcati. I libri, così come la
scrittura, hanno sempre funto come espeditente per combattere gli assalti
esterni. Ecco forse da cosa deriva questo mio strambo interesse per il romanzo
della Batuman, le sconosciute motivazioni per cui mi hanno indotta a lasciarvi
un segno del mio passaggio, o, nel finale, l'emissione di un tacito lamento!
Com'è assurda talvolta la vita! Com'è stato strano il mio incontro con Erin
Batuman e la sua figlia d'inchiostro, Seline. Spuntata dal nulla un banalissimo
giorno di metà novembre, senza un ma né un perché, cornice di una melodia che
non ha effettivamente una sua collocazione, seppur il romanzo si premura a
tenerci ancorate a quelle note che rivelano una parte fragile e precaria della
sua anima.
L'idiota aveva emesso
il suo richiamo nel momento che seguì il mio attimo d'attesa nel decidere come
intervellare una lettura da un'altra, se non fosse meglio dileguarsi - fino a
quando ero ancora in tempo - o restare, scoprire se una lunga attesa come
questa avrebbe portato buoni risultati. E così che ho conosciuto Seline.
All'esordio diciottenne, all'epilogo diciannovenne, con la sensazione che il
fragile legame che prima o poi si sarebbe instaurato si sarebbe rafforzato man
mano procedevo con la lettura, unendo così la mia voce a quella baritonale
dell'autrice come un frammento che sarebbe svanito per sempre. Disseminato nel
vento come le ultime foglie di un albero invernale.
Ostinata
e curiosa ogni volta che mi imbattevo in qualcosa che non mi entusiasmava, la
voce di Seline rispuntava dal nulla quando meno me l'aspettavo. Si fa una certa
fatica a restare concentrati; me ne sono accorta mentre proseguivo spedita e
coglievo nozioni che avrei dovuto già cogliere. Come un canto indistinto e
privo di significato, con ansie e
preoccupazioni smorzate da una realtà illusoria, in un momento di quiete
spirituale, L'idiota si levò al di
sopra dei miei pensieri. Non producendo quel meraviglioso suono che avevo
creduto, bensì un mero gocciolio di una pozzanghera umana che lentamente era
scesa e scivolata nelle grondaie coriacee di chiunque. Se così dovessi
paragonare o descrivere il romanzo della Batuman, ecco la mia spiegazione.
Avevo
visto quanto fosse la sua copertina. Vedevo solo un sasso posto su uno sfondo
rosato, nient'altro. Ma poi ne colsi una traccia della sua esistenza. Dietro a
questo masso si nascondeva una vita, le vicissitudini di una ragazza dal sapore
insipido, privo di vivacità e musicalità. Non una ragazza che in poche pagine
era divenuta "umana", bensì la voce di uno spettro dalle tonalità
discordanti, atonali.
Lentamente
e senza alcuna interruzione, ho seguito le vicende di Seline costeggiando fra
le aiuole di un college facoltoso, brancolando su un terreno non propriamente
sconosciuto dove secondo me poteva esserci più attrazione, vicino a una ragazza
priva di determinazione il cui temperamento spesso stonava con il mio. E
abbandonando ogni tentativo di capirla - perlomeno completamente - mi sono
affidata unicamente ai suoi occhi, seguendo le vicende che si sbriglieranno in
questo romanzo come un filo d'Arianna attraverso il labirinto che non
riconoscevo più. A intervalli regolari, una sferzata di luce infervorava
chiunque lasciandoci in attesa di un qualcosa, e poi ritrovandomi nello stesso
luogo da cui ero stata trascinata. Avevo compiuto qualche passo in più, o me lo
ero solo immaginata?
L'idiota è un romanzo
in cui il silenzio, la solitudine, la compassione, il dramma, sono categorici.
Inzuppato di note che hanno una loro collocazione fissa, ma che si sono spente
nel momento in cui Seline comincerà a parlare. Anziché socializzare, Seline
parla…. nient'altro! In cui appare quasi assurdo aver inseguito una felicità
vana, illusoria, inconsistente quasi come l'intera storia, e fare il possibile
pur di non convincermi che quanto avevo letto era solo il pallido riflesso di
ciò che avrebbe potuto esserci. Poi i pensieri avevano preso vita, e a quel
punto non potevo più tirarmi indietro: Seline mi aveva scelto.
Quella
della Batuman è quel genere di storia che sortisce un chè di ammaliante, quasi
ipnotico, sin dalle prime pagine. Tuttavia è una storia scialba, priva di fondamento
logico che, dopo una settantina di pagine, non mi aveva contagiata del tutto
rendendomi quasi insofferente. La speranza che fra le sue pagine ci fosse un
chè di profondo, tangibile, evaporò al sole nel momento in cui le parole che
fuoriuscirono dalla bocca di Seline cozzarono nel mio petto, soffocarono la mia
gola. Impedendomi di assaporare ogni cosa con una certa rivelanza, apprezzando
tuttavia il coraggio dell'autrice di averci parlato di se stessa.
L'idiota è una storia
stanziata in mezzo al nulla avvolta in una cortina di solitudine e
insoddisfazione, in cui nemmeno l'amore che Seline incorre è vero, non riesce
ad avvolgerci nel suo abbraccio caldo. Elegante artificio sconosciuto del
disordine grazioso e indistinto della natura di una donna comune, una lettura
particolare che non consiglio spassionatamente ma nemmeno indirizzo verso altri
fronti. Se si esclude la piattezza di alcune situazioni e la mancata gradevolezza,
si può accogliere L'idiota come se si
aspetta giungere qualcosa che tuttavia non ha una sua forma. La si accoglie tra
le proprie braccia e, quando se ne riterrà opportuno, lasciarla al suo destino.
Valutazione
d'inchiostro: 3
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