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sabato, dicembre 01, 2018

Gocce d'inchiostro: Il libro dei Baltimore - Joel Dicker

Due anni fa avevo lasciato Aurora nel pieno del mese di ottobre; adesso che ritorno, il mese di novembre è oramai definitivamente andato, sul punto di dimenticarlo quasi del tutto.
Dicembre mi scatena quasi sempre forti emozioni; ricordi nascosti nella soffitta impolverata della mia anima, riducono me e le mie aspettative uno scricciolo su ciò che mi piacerebbe ci fosse ma che non sempre accade. Rende le mie letture più profonde, più significative. L'orologio del tempo tictacca dentro di me, ricordanomi come presto inizierà il conto alla rovescia dei giorni, dei minuti che mi sepereranno da un nuovo anno, la ricorrenza del giorno in cui inizierà nuovamente ogni cosa e forse questa volta con qualche cambiamento.
Il clima in questo periodo dell'anno conciliò con il desiderio di leggere il secondo volume di un autore che due anni fa amai particolarmente. Sto parlando di Joel Dicker e del suo straordinario Il libro dei Baltimore che, spedendomi da una parte all'altra, da un posto a un altro, fra presente e passato, in cui ogni cosa si è dilatata sul palmo delle mie mani, tanto avvincente e scrupolose sono state le vicende.

Titolo: Il libro dei Baltimore
Autore: Joel Dicker
Casa editrice: La nave di Teseo
Prezzo: 14, 90 €
N° di pagine: 592
Trama: I Goldman di Montclair, New Jersey, sono una famiglia della classe media e abitano in un piccolo appartamento. I Goldman di Baltimore, invece, sono una famiglia ricca e vivono in una bellissima casa nel quartiere residenziale di Oak Park. A loro, alla loro prosperità, alla loro felicità, Marcus ha guardato con ammirazione sin da piccolo, quando lui e i suoi cugini, Hillel e Woody, amavano di uno stesso e intenso amore Alexandra. Otto anni dopo una misteriosa tragedia, Marcus decide di raccontare la storia della sua famiglia: torna con la memoria alla vita e al destino dei Goldman di Baltimore, alle vacanze in Florida e negli Hamptons, ai gloriosi anni di scuola. Ma c'è qualcosa, nella sua ricostruzione, che gli sfugge. Vede scorrere gli anni, scolorire la patina scintillante dei Baltimore, incrinarsi l'amicizia che sembrava eterna con Woody, Hillel e Alexandra. Fino al giorno della Tragedia. E da quel giorno Marcus è ossessionato da una domanda: cosa è veramente accaduto ai Goldman di Baltimore? Qual è il loro inconfessabile segreto?

La recensione:

Grazie a un semplice sentore di profumo, ero tornato nell'intimità dei ricordi, e, per un istante, avevo rivissuto la felicità di averli frequentati.

Il mese in cui avrei voluto scrivere questa recensione prevedeva novembre, con cieli perennementi grigi e opprimenti che ci sprofonda tutti in un cupo crepuscolo perenne. Tornando ad Aurora trovai Marcus che vagava come un anima in pena raccogliendo qua e là sprazzi di vite, memorie lontane, storie di personaggi conosciuti e sconosciuti e distribuite in una manciata di fogli, in un plico di avventure il cui titolo reca quello di una famiglia piuttosto longeva: i Baltimore. Tutto pur di tenere a bada il grigiore di una vita sempre uguale a se stessa, appostato in ogni angolo, persino nei posti più impensabili, nelle pieghe del suo animo, nelle crepe del suo cuore.
Marcus non fece domande sui motivi che mi indussero a leggere di lui e della sua intricata storia; né mi ragguagliò sull'andamento del mio processo di lettura che, nonostante la brevità della mia visita, era notevolmente cresciuto. Le pieghe di una storia che due anni fa avvolsero me, la mia anima semplice e romantica, spiccarono con notorietà come se fossero sature, le vicende che intersecano la vita di un semplice scrittore di anime e il suo destino nel mondo sembravano in questo secondo romanzo ristrette, tanto le vicende, la svolta che Dicker evidenzia in questo secondo volume fu decisiva. La sottile linea di confine che era sospesa come invisibili particelle ne I libro dei Baltimore si era ridotta; strisciava lungo ogni nervo del mio corpo, stemperando i toni malinconici, quasi tragici di un evento che scombussolò gli animi di chiunque. E, malgrado l'intensità della cosa in se, la storia di questo secondo volume non perde quella forza, quell'energia che avevo riscontrato nel volume precedente e che resero ai miei occhi il suo autore una certezza nel panorama della narrativa contemporanea. Quando lo accolsi nuovamente nel mio cantuccio personale, non feci in tempo a sedermi e a tirare fuori il mio immancabile blocnotes, che subito fui trascinata in un vortice di situazioni, eventi che riprendono la storia dello scrittore Marcus da dove si era conclusa, come se fosse sul punto di traboccare e Dicker non riuscisse a trattenerla un istante in più.
Tutto ciò penso abbia avuto a che fare con la magia che cela la parola scritta, nonostante talvolta interpretarla è un'impresa davvero ardua. Le parole si consumano, si ingolfano, arrivano in ritardo e non servono più a esprimere quello che si vuole esprimere. Meccanismi di precisione, incastri e composizioni perfette, che tuttavia hanno un loro ritmo. E' qualcosa di estremamente affascinante, armonioso, e il motivo per cui ho amato questi primi due volumi di Joel Dicker penso derivino proprio da questo. Medicina che ha avuto un certo effetto su di me, andando contro la ragione, contro ogni buon senso, non aggressivo ma veritiero.
Quando giunsi fra Marcus e i suoi demoni, le parole che nel primo volume avevano agito così bene stimolarono forza vitale e diedero un certo equilibrio, una certa saggezza, a una massa instabile di pelle e ossa che lentamente ha cominciato a vagare lungo la riva dell'assurdo. Tutti gli indizi, tutti gli effetti furono devastanti, pericolosi. Rivelazioni sconcertanti avevano sconvolto l'universo personale di Marcus e il mio, e pur sperando che il mio soggiorno potesse prolungarsi per più di qualche giorno i dubbi sull'alone di mistero che circondavano l'anima di questo secondo romanzo non svanirono se non quando giunsi all'ultima pagina.
Non penso sia dovuto dalla frenesia dell'atto in se, piuttosto dalla potenza di parole che riannodate con sagacia e pazienza, gocce d'inchiostro indelebile che si sono persi nella confusione della vita, da una città a un'altra, affogarono il mio cuore trasmettendomi un forte senso di benessere. L'arte segreta della scrittura penso cela anche questo tipo di bellezza; se chiudo gli occhi e inverto il corso della mia esistenza constato come di bellezza in realtà ce ne sia molto poco. Un uomo brutalmente assassinato, un matrimonio che si avvia lungo la strada della distruzione, un amore impossibile ma romantico, uno scrittore in balia del "blocco dello scrittore", tutti elementi che rattristano, quasi demoralizzano non potendo più contemplare questa vivida bellezza di cui parlavo. Piuttosto imporsi di ascoltare ogni singola voce, in ogni singola pagina, attorcigliatami addosso e rendendomi prigioniera.
Quella de Il libro dei Baltimore è una tipologia di romanzo di cui io sto volontariamente alla larga: i romanzi gialli purtroppo non sono quel tipo di letture in cui mi piace perdermi, vivere o respirare. I libri di Dicker, tuttavia, sono romanzi così travolgenti, appassionanti e bellissimi che, dapprima, conducono lungo la corrente di un fiume di parole estrapolate a caso, per poi prenderti alla sprovvista e indurti a provare uno strano desiderio. Tornare indietro; riannodare il filo conduttore di queste vicende, e rivivere nuovamente le bizzarre situazioni in cui Markus fu impelagato.
Tanto cameratismo, tanta solidarietà e conforto, urla rabbiose di ribellarsi al mondo e a coloro che si credono amici. Tanti sogni infranti, speranze, illusioni, che mi piombarono addosso, nell'esaltazione dell'anima e delle cose.
Il secondo volume di una saga che continua a far parlare di se, che mi ha travolta sin dal primo momento in cui decisi di imbarcarmi in questa storia. Una storia che ha segnato la mia anima mediante un tema che per chi ama leggere e scrivere è estremamente necessario.

Solo i sogni più grandi sopravvivono. Gli altri sono cancellati dalla pioggia e spazzati via dal vento.

Valutazione d'inchiostro: 4

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