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giovedì, luglio 25, 2019

Gocce d'inchiostro: Chiedi alla polvere - John Fante

Si possono leggere un mucchio di romanzi e restarne indifferenti. Si possono considerare buone strategie, culturali o finestre dell’anima, perfino intime, che stregano a tal punto che la loro chiamata è così forte da inebetirti. Spesso mi rendo conto che ho bisogno di leggere un certo tipo di storie, di qualcuno in grado di scrivere ed estrapolare dal nulla qualcosa di apparentemente semplice ma potente la cui concretezza, la cui indole, richiamasse alla mente antichi poemi, racconti cavallereschi o storielle avvincenti e asciutte. Piccole perle che riflettono o addirittura aumentano lo sforzo letterario di trasmettere la lettura, i libri, al di là di ogni cosa, al di là di ogni pregiudizio, fino ad arrivare a quella inarrestabile eruzione creativa destinata a trasformare ogni cosa.
In buona sostanza, ciò che propongo oggi è la recensione della mia ultima lettura che è l’emblema nonché il proposito di rispolverare i sogni giovanili dello stesso Fante, i suoi desideri, le sue ambizioni, portando a termine un tentativo massimale che comporta le innumerevoli difficoltà che un uomo deve affrontare per diventare scrittore. Da qui, l’idea di realizzare un capolavoro come Chiedi alla polvere, che mi ha lasciato pienamente soddisfatta, affascinata, con lo stomaco completamente attorcigliato, l’anima ridotta in minuscoli pezzettini.

Titolo: Chiedi alla polvere
Autore: John Fante
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 13€
N° di pagine: 234
Trama: La saga dello scrittore Arturo Bandini, alterego dell’autore, giunge in questo romanzo al suo snodo decisivo. L’ironia sarcastica e irriverente, la comicità di Arturo Bandini si uniscono alla sua natura di sognatore sbandato, che ne fa il prototipo di tutti i sognatori sbandati che hanno popolato la letteratura dopo di lui. Al centro della vicenda è il percorso di Bandini verso la realizzazione delle sue ambizioni artistiche e la sua educazione sentimentale dopo l’incontro con la bella e strana Camilla Lopez.


 La recensione:

Non eravamo vivi, noi ci limitavamo a sfiorare la vita senza mai afferrarla. E poi saremmo morti, tutti sarebbero morti.

Tutti sappiamo che la vera letteratura ha svariati aspetti. Estetici, morali, prosaici, linguistici. Ma perché questi aspetti iniziano ad esistere, perché questo volume, un libro in generale faccia parte della realtà nella quale noi ci troviamo, deve avere un’altra cosa: un anima. Oltre ad estendersi nello spazio, nella mente di chi lo legge, deve perdurare nel tempo. Un romanzo lo consideriamo tale non solo perché costituito di carta bianca, vergata da una scrittura fitta o arzigolata, ma anche perché occupa un posto, uno spazio; questo fattore impedisce al romanzo di volatizzarsi davanti ai nostri occhi. Dunque, quando si legge è come se stessimo vivendo in un universo tetradimensionale. E allora, se al concetto di romanzo mischiamo un pizzico di magia, è questa la vera forma per attraversare un mondo e un altro? Sorvolare una dimensione e un’altra? Di fatto, i romanzi che compongono le mie tre librerie lo dimostrano. Io, lettrice, ogniqualvolta mi immergo in un romanzo, leggo una storia, avanzo nel tempo, anche se spesso in maniera poco lineare, camminando inesorabile verso un destino che qualcuno ha già scritto. Ciò che mi chiedo, mentre ripongo queste poche righe, è se John Fante abbia in un certo senso accelerato il suo viaggio psicologico, o perfino tornare indietro ed avanzare, verso quella ragione che denomina felicità, speranza e che in fondo altro non è che il filo dipanato dalla sua stessa matassa. Il tempo che egli visse è avvolto in una dimensione spaziale; Chiedi alla polvere ci permette di muoverci liberamente ma con forti stati d’animo. Ma cosa fare per non esserne completamente ammaliati?
Quando mi imbattei in questo romanzo mi parve un modo piuttosto ingegnoso di parlare di letteratura e vita. Mi sembrava la perfetta ma disomogenea miscela che incorre fra individuo e la realtà circostante, ma non mi aspettavo di restarne così affascinata. Chiedi alla polvere infatti è stato per me una folgorazione. Ora comprendo i motivi per cui la gente discute spesso questa forma di letteratura, sedotti dall’argomento, ipotizzando come sarebbe stato il mondo di domani se gli eventi del passato si fossero abbattuti su di noi in maniera meno efficace per rendere amena l’idea d vivere un’esistenza vana e inutile. Si tratta naturalmente di discussioni sterili, senza senso, dal momento che Chiedi alla polvere fu pubblicato nel 1928 e che, quasi cento anni dopo, non si può più arrivare a nessuna conclusione chiarificatrice. Tranne nei circoli letterari, o nella mente di qualche lettore amante della cultura e dei libri in generale, come la sottoscritta, nel quale si sta svolgendo un dibattito ancora più accalorato del divenire, dell’ascesa di un sognatore, una mezza calzetta, che sorse dalla miseria, dalla povertà, e che per comprendere il mondo e se stesso si affannó a trovare la pace. Fra l’odore della polvere, le ceneri, intestardendosi a condurre una vita che non lo soddisfa più e che lotterà sino alla morte pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Quello che non si può negare è che Chiedi alla polvere ha acceso una scintilla, ha avviato una fiamma che sono certa continuerà ad ardere ancora per un pó, poiché ha svegliato in me la voglia di conoscere John Fante, di andare al di là di un corpo fragile e perituro come il suo. Pochi penso resterebbero indifferenti all’autore, al tipo di vita che egli condusse, alla genesi da cui derivano i suoi romanzi. L’uomo che ha destato il fascino in molti, perché di uomini solitari e infelici se ne legge a bizzeffe ma che il mondo circostante venisse a contatto con la letteratura, al punto di renderla intrinseca alla natura umana, è qualcosa di irriconoscibile, meraviglioso, magico, addirittura originale. Tutto questo, in fondo, sembra possedere un che di particolare, ma altro non è che un memoriale in cui il pittoresco, l’umorismo, il bizzarro, il bello si congiungono a continui cambiamenti di tono, spesso ballerini e svolazzanti, che rasentano l’assurdo e il tragico. E continua così ad essere persino nel momento in cui il protagonista, Baldini, conoscerà il linguaggio contorto dell’amore, destabilizzante e inappagante, che annuncerà in pompa magna una visione alquanto pessimistica della vita in generale. John Fante ha potuto trasformare in realtà i suoi sogni più reconditi, ma non ha considerato quanto caro sia il prezzo da pagare se non si aveva mai ritenuto possibile vivere senza alcun abbandono. Senza alcuna difficoltà. Descritto in maniera alquanto raffinata, esaminando l’uomo ‘moderno’ che si muove in un sentiero arzigolato, increscioso, zeppo di ostacoli, in ogni forma o prospettiva.
Ho letto un mucchio di romanzi che evidenziano una certa importanza per la vita in cui la letteratura trova posto davanti alla fragilità delle cose trovando però un posto tutto loro, viaggiando fra un posto a un altro senza ottenere alcuna via di scampo. Così come Chiedi alla polvereIl giovane Holden aveva addosso l’odore della guerra del passato, le tribolazioni della vita, a cui ho preso parte con uno spirito meno entusiastico con cui ho affrontato questo romanzo, una pietra che ho portato sulle spalle e che non ha svolto un ruolo così cruciale nei miei riguardi.
John Fante tuttavia mi ha fatta sentire come una barca presa in un vortice. Mi risulta ancora incredibile che abbia vissuto un viaggio nel tempo in cui l’alterego dell’autore è una figura che fu condannato a vedere unicamente l’epoca nella quale nacque, quel terreno delimitato dalla vita del suo cuore e dalla resistenza del suo corpo, che mediante la scrittura ha vissuto molte altre vite, altri momenti, profanando il sentiero delle convenzioni, arrivando là dove potevano arrivare solo i sogni o l’immaginazione. E per la prima volta dopo tanto tempo, anche io ho potuto riconoscere tutto questo nel momento in cui la curiosità si mosse, qualcosa nel mondo esistente si fosse rifugiato risvegliando completamente il mio interesse. Non a caso Fante e questo suo splendido romanzo mi hanno emozionato come non credevo per un infinità di motivazioni: in primis, la sua importanza simbolica. Il potere che ha esso e che incorre fra sogno e realtà, fra pazzia e razionalità.
Lottare per mettere ordine nel tumulto delle emozioni non è cosa semplice. Non esiste possibilità di riparare ciò che si è frantumato. Non esiste possibilità di recidere un legame che si è solidificato in pochissimo tempo. Esistono però diverse opportunità per sfruttare il mio amore per la lettura arricchendo il mio bagaglio culturale con le opere complete di John Fante. È quello che più desidero. Leggere trattati realistici che descrivono la vita con poesia, intimità, introspezione, ferite dell’animo ancora aperte in cui inevitabilmente ci si sente partecipi.
Valutazione d’inchiostro: 5

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