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venerdì, luglio 05, 2019

Gocce d'inchiostro: I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia - Thomas Mann

Non riesco ancora a credere che un romanzo come questo avesse languido sul mio scaffale per così tanto tempo. Eppure non mi sono mai mostrata entusiasta ne tanto intenzionata di immischiarmi in questa storia, fin quando la stretta solida e grezza dell'autore non strinse la mia. Volgendo il mio sguardo sul davanzale di una finestra cui non avevo riservato alcuna curiosità, compresi di non avere scelta; dovevo di nuovo dare voce a chi non ce l'aveva. O perlomeno che io non avevo ancora udito. E riconobbi che questo sarebbe stato il miglior momento per immergersi in uno scenario in cui non si assisterà nient'altro che alla decadenza di una famiglia. Dove la scienza e l'allegria sono due facce di una stessa medaglia, e che la si vive come se perennemente immersi in una baraonda solida e inespugnabile.
Titolo: I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia
Autore: Thomas Mann
Casa editrice: Newton e Compton
Prezzo: 4,90 €
N°di pagine: 692
Trama: Il primo grande romanzo di Thomas Mann racconta la storia di una famiglia tedesca dell'Ottocento che dopo anni di prosperità è esposta a una tragica decadenza: le basi di un patrimonio e di una potenza che sembravano incrollabili sono sgretolate da una forza ostinata e segreta.
La recensione:

C'è uno stato di depressione in cui tutto ciò che in condizioni normali ci incita e provoca una sana reazione di dispetto, ci getta in un afflizione opaca, cupa e silenziosa. 

Malgrado tutto non posso dire di essermi imbarcata in questa storia con l'animo particolarmente pessimistico. Lo feci semmai sprofondando nelle immense pene che furono causate a questa famiglia, apparentemente normale e semplice, che non potevano contare nemmeno dell'appoggio dei parenti, degli amici in questa importante avventura. Thomas Mann, ne sono certa, ha descritto una fetta della sua vita, la sua famiglia, le sue folli scorribande nell'alta società, confermando così la mia ferma convinzione in base alla quale i Buddhenbrook erano buoni soltanto a lamentarsi, perché da una materia proficua come quella di possedere una dovizia di particolari, banchetti colmi di cibo, finanze economiche discretamente stabili, era impossibile che loro ne ritrassero giovimento. Thomas, a questo proposito, è la dimostrazione vivente che si può godere del fallimento come della felicità. Durante il periodo trascorso in loro compagnia, ho constatato con un certo fascino come l'autore avesse realizzato una storia meravigliosa, in cui nulla appare come sembra, bisogna avere una certa cura per i dettagli, per le piccole cose, malgrado la condizione stabile che loro vivevano e avrebbero potuto vivere, rimasti aggrappati all'unica cosa che aveva dato un 'senso' alla loro esistenza. Vagando come spettri rabbiosi per i terreni finanziari, con un bagaglio di studi e poca esperienza, mentre la caduta dell'albero maestro andò definitivamente a schiantarsi in mezzo a loro. Da qui, la decadenza a cui fa riferimento il titolo che compete fra ogni membro di questa famiglia, e grava nei loro cuori come un fardello troppo pesante.
Sono abituata a vedere nei romanzi classici sempre il lato più sgradevole del mondo che quando ne Gli anni della leggerezza sentì parlare dei Buddenbrook proposi alla mia anima semplice e romantica di andare a stare da loro, per qualche tempo, non potendo evitare di dimostrare una diffidenza immediata, poiché si trattava di una storia apparentemente normale, accogliente ma ricca di segreti che non sempre si sono accordati al mio cuore, conferendo uno straordinario godimento che non sempre è facile da inghiottire. La decadenza perennemente citata, infatti, è quella forma di disagio che immobilizza, destabilizza, ci fa comprendere che è di stampo esclusivamente psicologico poiché accade sono nella testa di questi personaggi perché perdono quella linfa vitale che li contraddistingue. La letteratura a questo proposito ci spinge a comprendere appieno la vita e il suo misterioso significato, e di ciò che l'individuo possiede e che non riesce a godersi.
Per questo motivo sono grata alla Howard per avermi offerto la possibilità di conoscere i Buddhenbrook, una tregua da una battaglia letteraria di crescita interiore, di vita e passione, che mi sentì quasi in dovere di avvicinarmi. Malgrado tutto, il rattrapito appetito cognitivo nei riguardi di questa lettura fu l'esperienza suggestionabile e bellissima che desideravo leggere da un bel pó e che presto scoprì come quel mondo provvisto di maldicenze, drammi interiori verso i quali la ipnotica oratoria dell'autore mi aprì le porte. Mi sono così abbandonata ai piaceri, se così si può dire, della narrazione dettagliatamente scrupolosa e tangibile del romanzo, all'esplorazione della crescita interiore nelle quali gli stessi Buddenbrook si erano avventurati, come la letteratura e l'arte, e godersi ogni secondo della mia esistenza affacciandomi ad un mondo splendidamente descritto.
Sebbene le vicende che si sono snodate non hanno propriamente lasciato un seducente sentore di fresco, quello di Mann è un romanzo che rievoca la libertà sopita dalla stoltezza, dalle inutili convenzioni sociali, che ha trovato compenso nella caratterizzazione di ogni membro, specialmente in Thomas e Tony, nello splendore di ideali letterari dove la natura stessa è arcaica, come la rude architettura di un palazzo. L'inspiegabile sofferenza, il netto distacco che avvolgono le loro membra stanche sfociava spesso in situazioni bizzarre. Gli uomini che non vorrebbero fare niente, attendere che qualcosa o qualcuno prendi il loro posto, in i Buddhenbrook divengono il fulcro fondamentale sennonché la genesi di questa vicenda. Una fievole luce che ha un'importanza tutta sua. La brama intensa di andare oltre le apparenze, la letteratura come qualcosa che si congiunge con il senso di passività. Thomas, Tony, Gerda, Hanno divengono anime dannate di colpe di cui tuttavia non se ne conosce la natura, poiché incapaci di riconoscere quella parte malata della loro coscienza. 
Vite che trascinano nella penosa contemplazione della coscienza umana, dei sentimenti, opera bellissima che arricchisce il nostro bagaglio culturale su cui predominano un'infinità di slanci emotivi, che tracciano un segno del loro passaggio, e lì delicatamente si sono posate.

Quando si ha molta paura, allora come per ironia va quasi bene; ma quando non ci si aspetta nulla di male, arriva la sfortuna. 

Valutazione d’inchiostro: 4

6 commenti: