Pages

giovedì, luglio 11, 2019

Gocce d'inchiostro: Il figlio del tempo - Deborah Darkness

La prosa della Harkness è senza alcun dubbio una delle più potenti e importanti che si può calorosamente annoverare nella lista di quegli autori che occupano un posto speciale nel mio cuore. A giudicare dalla pubblicazione di questo nuovo romanzo e del poco polverone che ha sollevato, doveva trattarsi di un tassello non completamente utile nel comporre e riempire l’universo avviato con Diana e Matthew. Nonostante questo, nel mio Kobo la lettura de Il figlio del tempo fu immancabile, e, come una creatura antica, che osanna continuamente il sacro e il profano, si mosse con grazia nel mio cerchio persino con una certa delicatezza sessuale. Lanciando dunque bagliori iridescenti, quasi folgoranti, non ho potuto provare un certo gusto per riuscire a reperire qualcosa che mi impedisse di amare questa storia, che fortunatamente per me non è accaduto, stringendo le mie viscere in una stretta solida e ferrea.
La Harkness ha compiuto l’ennesima magia; ha sradicato la magia dal passato, ancora una volta, ha atteso in silenzio che qualcuno la notasse, e una volta estrapolata una storia come questa dal nulla ha svelato il suo asso nella manica in attesa che la sua modulata voce risuonasse nella mia testa a lungo.

Titolo: Il figlio del tempo
Autore: Debora Harkness
Casa editrice: Piemme
Prezzo: 19, 90 €
N° di pagine: 528
Trama: Si può, per amore, rinnegare la propria natura? Restare giovani per sempre, sfuggire alla tirannia del tempo; essere un vampiro vuol dire anche questo, e quando Matthew de Clermont fa la sua bizzarra e inquietante proposta al giovane Marcus – diventare, come lui, un non – morto – sta facendo molto più che salvargli la vita sul campo di battaglia. Gli sta offrendo l’opportunità di sconfiggere il tempo. È la fine del Settecento, e Matthew incontra il giovane chirurgo. Marcus in piena Rivoluzione americana. Da quell’incontro provvidenziale comincia il suo viaggio nella storia e ne l’eternità, sotto lo sguardo amorevole di Matthew e Diana, sua moglie e strega immortale, che lo considerano un figlio: è stato Matthew, in fondo, ad averlo fatto “rinascere”. Ma diventare un vampiro vuol dire lasciarsi indietro una parte di sé, e liberarsi dalla moralità significa rinunciare a ciò che, in fondo, ci rende umani. Due secoli dopo, a Parigi, sarà questo il tormento di Phoebe: umana, innamorata perdutamente di Marcus, dovrà decidere se accettare la meravigliosa e dolorosa transizione, e diventare vampira per seguire il suo cuore. Perché l’eternità è il dono più straordinario, ma anche più difficile, che si possa ricevere.


La recensione:

Le regole ti insegnano a obbedire ciecamente, ma non sono una vera protezione del mondo, perché arriva sempre il giorno in cui ti ci scontri e le infrangi, e in quel momento non ci sarà più nulla a proteggerti e a impedirti di sprofondare nel baratro.

Le parole della Harkness risuonano ancora nella mia testa, come un incantesimo che lasciò i presenti immersi in un silenzio rapito. A me bastò dare una rapida occhiata intorno per verificare che l'emozionante storia raccontata nei volumi precedenti, indubbiamente in chiave storica, forse col proposito di addolcire o arricchire un frammento di secolo con la durezza e gli atteggiamenti di certe orribilanti e pericolose creature della notte, risvegliando nei presenti e nella sottoscritta un certo interesse per la Storia e le battaglie a cui avrei assistito. La Harkness ha inoltre ridestato una certa simpatia per il malinconico ma romantico Shakespeare e perfino per quel genere di romanzi che ancora non ho letto, ma in questo caso non sapevo se l’autrice volesse umanizzarlo a tal punto da renderla una coincidenza fortuita. In ogni caso, Il figlio del tempo ha una cadenza tutta sua. Ha un aspetto romantico, come una profonda emozione apparsa sul viso, che denota un tocco spiccatamente femminile, facendo si che questo nuovo volume mostrasse un nuovo aspetto, sebbene gli avvenimenti e gli episodi che si rincorrono fra un capitolo e un altro ci permettono di rievocare e rivedere il passato. Io stessa non ho potuto fare a meno di lasciarmi andare al magnetismo di qualcosa che non ha ancora una sua collocazione precisa ma con un silenzio che tartassa le orecchie. La devastazione di una Parigi lontanissima o la minuziosa e dettagliata ricerca di dettagli storici che l’autrice mescola mediante elementi che oscillano continuamente fra vecchio e nuovo, l’antico e il moderno, ciò che mi colpì realmente fu la determinazione di Marcus, ma anche Matthew, Diana o Phoebe a combattere per tenere in vita valori radicati che si pensava fossero estinti. La Harkness a questo proposito ha confezionato un manipolo di creature fameliche ma avvenenti con scarti dei romanzi precedenti e ha ridato speranza a queste povere ‘vittime’, per non parlare del fatto che sono sopravvissuti alla loro stessa morte. Chissà da dove avrà estrapolato una trama così!
In un accozzaglia di eventi, feci il mio ingresso nel lussuoso interno della dimora di Diana e Matthew. La loro casa, che mi ha ospitato per qualche giorno qualche tempo fa, è foderata di sangue, macchie e impurità che nemmeno il tempo potrà scalfire, ma attrezzato con potenti creature il cui destino, le loro sorti, erano legati ad un unico filo, conferendo alla narrazione qualcosa di luminoso ma tremulo in un paesaggio oscuro e perennemente ombroso. Diana e Matthew occupano una posizione particolare nel mondo ideato dalla Harkness, tra generazioni e stirpe di vampiri, e un paio di bellimbusti mezzo sangue imberbi e ingenui, mandati da poco in una nuova realtà che presto sarebbe diventata la loro con l’intenzione di acquisire una maggiore prospettiva sulla vita. Mentre ogni cosa acquistava una sua forma, l’autrice abbellì questo disegno con particolari dettagli, ai quali ho risposto con un certo fascino.
Deborah Harkness ha usato la sua immaginazione per perpetuare il ricordo e l’importanza dei vampiri mediante un dettagliato esame storico/letterario. Questa frase risuona ancora nella mia testa mentre osservo chiudersi una finestra che ha avuto tutta l’aria e essere vaporosa e luminosa, e che ha disegnato dei contorni così netti e precisi che hanno abbacinato un frammento di storia.
Non tutti gli autori che si apprestano a scrivere fantasy riescono a sfruttare al meglio certe potenzialità, non riferendomi a come utilizzano la figura del vampiro, bensì al contorno in cui esso è collocato, ma con la Harkness questo non è opportuno sottolinearlo o fargli notare alcun errore, e ancor meno mi sembra opportuno farlo adesso. Il figlio del tempo a questo riguardo respira ritmicamente senza avere bisogno di alcuna spinta per acquisire una certa importanza, recuperando quello slancio un pó selvaggio e ribelle dei primi volumi, al cui epilogo avevo assistito con una certa rassegnata malinconia di chi sa fin troppo bene che sebbene quella dell’eternità è una prospettiva piuttosto allettante certe passioni letterarie non durano per sempre, semplicemente perpetuano nella mente di chi legge. Ma a quanto pare non era scritto da nessuna parte che i vampiri della Harkness non potessero tornare, grazie a qualche soffio d’aria inatteso, e scoperte che lasciano un sorriso di gratitudine un pó idiota che da molto tempo non vedevo sul mio volto. E tutto ciò si è visto al desiderio di un vecchio amico di data, Marcus, di diventare immortale. Una svolta decisiva che ha fatto brillare gli occhi e che non è stato possibile dimenticare o scacciare, perché ha funto da ponte che ha collegato questa scena con l’ultima apparizione di Diana e della sua famiglia.
Il figlio del tempo è quella tela di mezzo che rievoca un altro luogo, un altro tempo, in cui si ha la continua impressione di vivere nel passato, leggere non un romanzo per giovani lettori bensì un trattato storico. Un piccolo tassello che compone l’universo harknessiano in cui vi ho viaggiato per qualche giorno, riversando in quel contenitore imperfetto che è la scrittura l’importanza di non poter rinnegare la nostra natura, sebbene disumana e orribilante, ma accettarla esattamente così com’è. 
Esattamente come la trilogia de Il libro della vita e della morte, questo libro è stato raccontato mediante più voci, ma il vero movente da cui si dipartiranno le vicende sarà la studiosa Diana, amante della storia e della letteratura, amica affezionata che pose su di me il suo caldo sguardo. Uno sguardo acceso, che infuse calore e conforto, e dipinse il mondo creato dall’autrice con una tonalità inebriante, sensuale e confortante. Restare ammaliati dai segreti e dai riti alchemico, alla concezione del Tempo come sovrano supremo a cui ci si aggrappa per migliorarsi e migliorare, nonostante cambiare le sorti del passato è impossibile ma non per il futuro, sono alcuni degli elementi da cui dipartono le vicende di questo nuovo romanzo, rappresentandolo con una tonalità più dolce, meno ingrigita, più intrigante a cui mi sono avvicinata silenziosamente ignara di ciò che avrei visto. 
La decisione del cocciuto Marcus sarà irremovibile. Matthew non potrà non esaudire il volere di questo suo figlio del tempo. Sentimenti forti come l’amore, la vendetta, il possesso, la gelosia, il rimpianto, che restano sempre intatti, sono un sentiero spianato che subito sarà attraversato. 
Ho accolto questa nuova straordinaria storia vivendo nell’immaginazione tante vite, tentando di porre rimedio alla limitezza della mia esistenza, trovando nei romanzi un margine di libertà in cui spesso vi trovo rifugio. Così come la trilogia che la rese famosa, Deborah Harkness tesse una storia che ha dell’intensità, della dolcezza, nell’affascinante e affannosa ricerca di scovare la propria naturaaartificiosa e trovare la pace. Dotato di una forza devastante con la quale è stato costruito niente di memorabile, ma che fa scivolare impunemente nei cuori degli algidi protagonisti. Inebriandoci della loro essenza, del loro aspetto, dei loro modi gentili in cui il Tempo è una costante. Un tentativo di cucire due lembi rossi che strisciano verso l’alto, come una lama incandescente e infuocata che recide un segno nella sabbia del tempo. 

Bisogna scegliere la vita – la propria, non quella di un altro – ancora e ancora, giorno dopo giorno, anteporla al sonno, alla pace, alla sofferenza, alla morte. Alla fine è la nostra irrefrenabile spinta a vivere che ci definisce: senza quella, non siamo altro che un incubo, un fantasma, l’ombra degli umani che siamo stati.

Valutazione d’inchiostro: 4+

4 commenti:

  1. Serie che ispira, anche se sperimenterò la serie TV per comodità, per vedere se fa per me. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece ho deciso di leggere i romanzi, e poi guarderò la serie TV, ☺️ ho il buon presentimento potrebbe piacermi ☺️☺️

      Elimina
  2. Autrice che ancora non conosco, anche se Il libro della vita e della morte l'ho comprato da parecchio. Prima o poi ce la farò. Questo mi incuriosisce proprio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche a me incuriosiva, e infatti non ho proprio potuto tere a meno di leggerlo subito ☺️

      Elimina