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sabato, maggio 30, 2020

Gocce d'inchiostro: Le mezze verità - Elizabeth Jane Howard

Di tutte le opere di Elizabeth Jane Howard pubblicate in Italia dalla casa editrice Fazi, della sua celeberrima saga de I Cazalet devo ancora cibarmi. Quando il primo giro di perlustrazione in libreria, dopo il terribile periodo che lentamente ci stiamo lasciando alle spalle, mi vide ammaliata a trascorrere un fine settimana soleggiato e mite con figure di carta e inchiostro che popolano l’ultima fatica dell’autrice – perlomeno questa -, non riuscì a non resistere per accaparrarmene una copia. Nel giro di due giorni, andando a Londra e in qualche malfamato locale giornalistico, ho amato particolarmente scrutare ogni suo romanzo come se si trattasse di un opera architettonica splendida ma fuggente, dove del resto amo immergermi e viverci, con un guazzabuglio di cose da guardare e su cui riflettere. Viste quasi tutte per la << prima >> volta, come sussulti ripetuti e destabilizzanti della << prima volta >>, e stare in compagnia di un autrice straordinaria come la Howard è stata delle più memorabili vissute, nello spazio lussuoso e sontuoso di una villa, nei cuori di personaggi tristi imprigionati in un paesaggio bellissimo e luminoso che, quasi come un componimento lirico, drammatico e manieristico, spiccano per il loro essere perennemente attanagliati da episodi che producono dissidi, equivoci, confidenze intime.
Titolo: Le mezze verità
Autore: Elizabeth Jane Howard
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 338
N° di pagine: 18, 50 €
Trama: May Browne – Lacey ha da poco sposato in secondo nozze il Colonello Herbert; entrambi hanno figli dai precedenti matrimoni e vivono in una casa di singolare bruttezza nelle campagne del Surrey, fortemente voluta dall’uomo e acquistata con l’eredità di May. Aluce, la figlia di Herbert, si sta per sposare, più per fuggire dal padre che per amore. Il Colonello non piace nemmeno ai due figli di May, Oliver ed Elizabeth: lo considerano un borioso tiranno che si comporta in modo strano e opprime la madre. Oliver, un ventenne brillante e ironico, abita a Londra, non ha un lavoro stabile e vorrebbe tanto sposare una donna ricca che lo mantenga. Elizabeth, la sorella minore, che nutre un complesso di inferiorità nei suoi confronti, è una ragazza ingenua e sentimentale. Quando quest’ultima decide di trasferirsi a casa del fratello per cercare lavoro. May, rimasta sola nel Surrey con Herbet, inizia a pentirsi amaramente di averlo sposato. Intanto Elizabeth trova lavoro e anche l’amore, Oliver cerca la sua ereditiera mentre si fa mantenere dalla sorella, e Alice, incinta e infelice, vorrebbe scappare di nuovo.

La recensione:

Siamo così ansiosi di capire il comportamento degli altri che ci raccontiamo un sacco di storie, ci inventiamo un sacco di sfumature, ma non ci capiamo un bel niente.



Perché mi piacciono così tanto i romanzi di questa scrittrice? Non lo so. Forse perché esplicano qualcosa di nascosto ma veritiero, richiamano costantemente il passato, i personaggi fanno parte di una storia ma non nel mondo reale. Mi piacciono le storie che ammettono di essere storie realistiche, che sebbene in situazioni completamente inventate esplicano frammenti di verità, nient’altro che la verità. Chiari riferimenti alla vita di Elizabeth Jane Howard, immagino. Nonostante non ne sia certa, ogniqualvolta mi approccio alla lettura di un suo romanzo, che evidenziano una certa forza di volontà, una certa voglia di vivere ma anche di sguazzare nel fango, contornati da brevi sorrisi o splendide sorprese. Ma come non leggere Elizabeth Jane Howard?
All’ombra di Julius, Cambio di rotta, Il lungo sguardo e, successivamente, la saga de I Cazalet li ho amati tutti intensamente. Qualcuno un po’ meno dell’altro, ma divorati tutti con avidità e curiosità perché mi hanno infervorato tantissimo. Centellini di piacere.
Esatto. Ti donano quasi quattrocento pagine di vicende famigliari in cui è piuttosto semplice riconoscersi, le bevi in un unico sorso come un vagabondo assetato, nella tua testa dici di voler far parte anche tu di questa famiglia numerosa e incasinata. Cosa farne di tutto ciò? Assolutamente nulla. È tutto bellissimo, quasi opaco, con un forte desiderio di rivalsa, di paure che attanagliano fragili membra, di anime dannate ma inquiete stravolte dal caos universale. Sono prime ma anche ultime scelte. Perché ho desiderato viverci. Ho desiderato esserci. Ho desiderato farvi parte. Ovviamente, è solo questione di priorità e quando si tratta di romanzi howardiani non ci penso due volte ad inerpicarmi fra le sue splendide pagine.
Le mezze verità è l’ennesima straordinaria sorpresa, un sontuoso lavoro di raffinatezza, passione, ossessioni, il cui messaggio è nascosto nell’importanza che l’individuo attribuisce all’idea che non esistono regole, premi, o punizioni e che certe regole si manifestano solo nel momento in cui è necessario debbano manifestarsi. Una specie di trasmigrazione di anime. L’anima di queste figure in carta e inchiostro è la stessa della autrice. E lì resterà per sempre, racchiusa in piccole gemme di arte e ingegno, anche quando la sua anima si sarà già librata in cielo.
Paesaggi straordinari, squarci di pensieri di figure recise dal passato, da tormenti, ansie o paure che denotano una certa inquietudine, un certo dramma, da qualunque prospettiva lo si osserva, e tra le cose che ricorderò piacevolmente – come del resto con ogni suo romanzo – è l’ottusità di avanzare verso la felicità. I metodi, i segreti, l’esperienze come sentieri insidiosi da imboccare ce ne sarebbero, ma la mancanza di coraggio o un forte senso di autoconversazione, in assenza di un giusto approccio o di sfogi dell’anima, poterono sbattergli in faccia la verità in qualunque momento, senza dover dare soddisfazioni. Non che la Howard non volesse conferire ai suoi personaggi tutto ciò, ma il tempo ha dimostrato che quando un gran numero di esperienze che combinano guai e percussioni, l’intera prospettiva di una visione realtistica più ottimista cambia completamente.
In Le mezze verità è stato piuttosto evidente la mia contentezza nell’esserci, nel soggiornare fra le sue pagine nonostante immaginavo chi e cosa avrebbe popolato tutto ciò, ora che ho compreso i meccanismi letterari della sua autrice: frammenti di vita lontana, passata, disintegrati dal tempo ma riesumati dalla forza delle parole, delle passioni. Le stanze spoglie del suo animo si sono scontrate spesso con le mie, spesso cosparse di rugiada, e metà dei personaggi che camminano fra queste strade sono lucide ma egoiste, sciocche o sul punto di commettere errori irreparabili, o pronti a riprendersi ciò che hanno ingenuamente perduto. Le mezze verità è quel chilometro sgargiante e seducente di anime perse che ogni giorno incontrano/ scontrano uomini profondi, chiusi, incomprensibili, persone che esistono esclusivamente per me e per la sua autrice.
Un mondo sontuoso, quasi confortevole, ma disastroso da minacce le cui ombre incombono ancora sugli occhi dei più ingenui. Il romanzo però non evidenzia esclusivamente un pezzo di desolazione, le sue strade bianche e nere popolate da personaggi giovani che hanno svolazzato attorno alla mia anima come illusioni ottiche o spiriti onirici. Dove potevo scorrazzare liberamente in posti che anelano alla sopravvivenza, alla libertà individuale, queste storie divengono il mio ritrovo principale. Non era la trama, i paesaggi ritratti, ma la sostanza. A me interessa scoprire ciò che ha da dirci la sua anima, cosa sussurra alle nostre orecchie, l’unica per cui vale sempre la pena andare avanti.
In un periodo concerne a questo, questa lettura è stato quel contrappeso che mi ha concesso l’opportunità di osservare Elizabeth, Oliver, Alice, May nel mentre chiudevano gli occhi e sprofondavano in fondali apparentemente limpidi e invitanti, in macchie di ruggine che solcano porcellane spaccate, macchiate da episodi incomprensibili e sconcertanti, mentre dal davanzale di una finestra la luce entrava a circondarli, e sorridergli mentre mossero i primi passi sul mondo. Vivendo e stanziandosi nella mia orbita, andando a colpire dritto dritto al mio cuore con lo sguardo concentrato di chi vuole fare << carriera >> in società, e poi entrare in una stanza polverosa del mio animo e lì restarci alla velocità di un breve battito di ciglia.
Valutazione d’inchiostro: 4+

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