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martedì, maggio 26, 2020

Gocce d'inchiostro: Cime tempestose - Emily Bronte

E’ davvero strano inaugurare la fine di questo quinto mese dell’anno con la lettura di un romanzo che ho voluto compiere tre mesi fa, quando di pantemie o quarantene non se ne vedeva nemmeno l’ombra. L’unico periodo adatto però in cui una nuova edizione del romanzo della Bronte approdò in edicola in una veste ed un’edizione curata e ben tradotta, che ho accettato volentieri e senza pensarci, sapendo che di Cime tempestose gli scaffali delle mie librerie contenevano già qualche vecchia edizione. Questa nuova ristampa, ad un prezzo a dir poco modico, aveva già saputo di essere il soggetto di spericolate e frenetiche corse all’edicola più vicina, eppure ogni qualvolta è davvero bellissimo stringerne al petto una copia. Dai colori sgargianti e svariati, intessuti di storie ben note, con un corredo di autori intrappolati prevalentemente alla fine del XIX secolo.
Cime tempestose è la seconda pubblicazione di questa carrellata, il ritratto di anime inquiete dai  cuori algidi e scostanti il cui amore sfocerà in qualcosa di atroce, in un vaneggiamento dei sensi nel quale la pietà, la compassione saranno quegli unici moti perpetui che una lettrice romantica come me ha dovuto sorbirsi. Ebbene, sono stata così felice, così << orgogliosa >> di aver compiuto nuovamente questo passo, nonostante il mio – mi rendo conto – possa apparire come un’intento a dir poco folle, insensato, attraverso il quale ho potuto scandagliare non solo l’anima di Heatchcliff e Catherine ma anche la mia, non potendo fare a meno di tornare col pensiero agli anni in cui mi cibai di questa storia d’amore e d’odio, fra i banchi di scuola, e di ricordare come io ero completamente invaghita da queste pagine che fortunatamente negli anni non sono state sostituite da niente e nessuno, l’incarnazione letteraria di un amore guasto e nocivo imperfetto e mortale soggetto a pene perenni rinchiusi in solai oscuri.
Titolo: Cime tempestose
Autore: Emily Brontë
Editore: Feltrinelli
N° di pagine: 428
Prezzo: € 9, 50
Trama: “Per Heathcliff e Catherine la gioia più grande è fuggire nella brughiera e restarci tutto il giorno. Sono spiriti liberi, selvaggi, ribelli. A loro non importa delle convenzioni sociali, di cosa pensano gli altri nel vedere insieme lui, semplice stalliere, e lei, ragazza di buona famiglia. Si piacciono, si amano. Almeno fino a quando non entra in scena Edgar: bello, ricco e raffinato. È così che il cuore di Catherine si spacca: da un lato la passione divorante per Heathcliff, sua anima gemella; dall'altro l'attrazione per Edgar e le lusinghe di una vita aristocratica. Una storia senza tempo, il racconto di un amore tormentato e di un legame fortissimo, indistruttibile, così potente da sconfiggere la morte.” 




La recensione:

<< I miei più grandi dolori in questo mondo sono stati i dolori di Heatchcliff; io li ho scrutati, e sentiti tutti, uno per uno, sin dal principio: nella mia vita il più gran pensiero è lui... >>


Se non avessi amato così intensamente un romanzo ruvido, quasi rozzo, come Cime tempestose, non credo che rileggere il capolavoro di Emily Bronte mi avesse sorpresa impelagata in una faccenda in cui il romanticismo non è inteso nel puro senso del termine. Allo stesso tempo, non accettare questo tipo di sentimento ritratto però così bene e confrontato a pensieri inviolabili e drammatici voleva dire non guadagnarne la fiducia dei protagonisti, anche se dalle parti di Wuthering Heighs era difficile trovare anche la minima parvenza di tranquillità, ed io sapevo già come sarebbero andate le cose. Adesso che ho ventisette anni, ho potuto tornare a Wuthering Heighs a fare visita ai padroni di questa villa sontuosa che stanzia come una sentinella, e non avrei guadagnato niente di straordinario a parte rinchiudermi in un posto che genera sconforto, inquietudine, conferisce un forte senso di solitudine, negatività, cattiveria che un lettore impaziente o pretenzioso avrebbe volto le spalle definitivamente a quel posto e non tornarci mai più. Per me, il solo pensiero di rimetterci piede mi bastò per rivivere, cogliere la bellezza di quei ricordi che quasi dieci anni fa avevo colto nella bellezza di un tumulto trascinante, discordante, angosciante, che mi ha permesso di amarlo in ogni forma o sfaccettatura. Io stessa, che stramazzavo a tentoni per terra, io stessa a subire soprusi, umiliazioni, io stessa a versare calde lacrime per qualcuno che non mi avrebbe meritato, no, non era la storia d’amore per eccellenza, ma è stata quella storia perfetta per me.
Comprendo perfettamente i motivi per cui un romanzo come questo abbia diviso i lettori di ogni dove. Non solo perché per molti è stato impossibile comprendere per quale motivo uno avesse voglia di avventurarsi su un terreno incerto come quello dell’odio, che sembra una follia delirante, l’ineluttabile discesa nel pietoso, nel disgusto, nel fallimento e nella delusione, ma anche perché, essendo stato scritto in un epoca parecchio lontana alla nostra, è stato consacrato e tuttora ricordato come quel pilastro della letteratura vittoriana che volente o nolente ricorderemo per sempre. Chi ce l’avrebbe fatta con le proprie forze, la propria pazienza, avrebbe scansato le innumerevoli occasioni in cui un sentimento come questo doveva sfociare in qualcosa di meno dannoso e gravoso, umiliandosi e perdendo fiducia in se stessa struggendosi per un uomo così rozzo, villano e restio alla sensibilità o alla comprensione. Non credo però che l’amore fra due giovani amanti sia perfetto, e non credo ci sia niente di male ad amare qualcosa di così imperfetto che disgraziatamente non sarà mai perfetto, ma la cui anima – così lucente e scintillante come avverse stelle – sarebbe rimasta, si sarebbe mantenuta là dove le nostre anime riposeranno eternamente. Nel bene o nel male, in monologhi o dialoghi che vertono quasi sempre nell’egoismo, nella proclamazione del loro impetuoso amore.
Mi sono sforzata, anche questa volta, a comprendere cosa passasse nella testa di Heatchcliff e Catherine, scavando a fondo e portando alla luce le poche cose che ricordavo di quando ero adolescente. Esperienza mai fu più bella, ancora una volta. La bellissima villa di Wuthering Heighs svettava dinanzi ai miei occhi come quella sentinella solitaria, isolata dalla razza umana per la zotica ospitalità dei suoi padroni. Così tetri e taciturni, con quel generale cipiglio ostentato del loro atteggiamento quotidiano. Rivederla contornata da una facciata ingrigita, nel quale infuria quasi sempre il maltempo e regna di continuo una ventilazione corroborante, quasi implorando mercè al sole, riaprì dentro di me ferite che credevo aver rimarginato per sempre. Wuthering Heighs conferiva un aspetto così raccapricciante e isolato che, sulle prime, pensai si trattasse di un vecchio maniero abbandonato in cui ero capitata accidentalmente.
Era da parecchio tempo che non ci tornavo, così mi fermai ad osservarla da lontano, consapevole oramai di quello che si nasconde dietro quelle mura. Una sferzata d’aria fredda inclinava alcuni abeti su un lato della casa, e, come il signor Lockwood, mi sentivo inquieta e dubbiosa. Vecchia. Con la spada di Democle che pendeva costantemente sopra la mia testa, l’inquietudine che ha macchiato il mio animo allo stesso modo di ciò che provai ben dieci anni fa, fra le vecchie mura della mia stanza, su una vecchia e comoda poltrona, dove avevo sentito per la prima volta una voce sconosciuta che, dopo qualche pagina, era divenuta famigliare alle mie orecchie.
Cime tempestose è stata quella litania sofisticata, turbolenta e magnetica che mi ha ammaliata intensamente. Ha lacerato il mio cuore ancora giovane, nonostante tutto attorno si sia celato un mondo di tenebre e ombre. Scriverne la recensione, infatti, non è stato per niente semplice, in quanto descrivere la rappresentazione perfetta di un grande e appassionato amore che sembra richiamare la semplicità e l’autenticità delle tragedie antiche, descriverne la meravigliosa e al contempo tragica essenza, sarebbe a dir poco riduttivo. Vorrebbe dire andare al di là della trama complessa che ci dipana la storia, o elevarsi sul reale ed infrangere le solide barriere che caratterizzano la prosa semplice e scorrevole di quest’autrice.
Cime tempestose è un romanzo particolare in cui il lettore, durante il corso della sua lettura, rimane affascinato dalla bellezza e dai misteri di questa incolta brughiera, ma destinato a non saperne cogliere del tutto l'intima, tragica, essenza, in cui i confini fra la vita e la morte sono sfumati come la nebbia che tutto avvolge. Un avventura amorosa di due anime dannate, contrite, legate da un amore indissolubile - fino a quando esaleranno il loro ultimo respiro, per poter così finalmente farli fuggire nell'unico luogo dove né il cielo né l'inferno potranno mai trovarli - che precipita irrimediabilmente, scena dopo scena, in una catena di catastrofi.

Se tutto il resto morisse, tranne lui, continuerei a esistere, e se tutto il resto rimanesse, e lui fosse annientato, l’universo mi sarebbe estraneo. Non ne farei più parte.


Valutazione d’inchiostro: 5

4 commenti:

  1. Ciao Gresi, avevo tentato di leggere questo romanzo tantissimi anni fa, ma poi lo avevo abbandonato... in seguito avevo visto una serie tv che non mi era dispiaciuta, magari prima o poi gli darò un'altra possibilità ;-)

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    1. Comprendo i motivi che ti hanno indotta ad abbandonarlo. Non è propriamente un romanzo amabile. Ma io non posso che esortarti a riprovarci ☺️☺️☺️

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  2. Io ho amato questo romanzo che mi è rimasto nel cuore. La tua intensa recensione mette in evidenza i punti forti del romanzo e sottolinea come l'amore non è mai perfetto :)

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    1. Grazie mille ☺️☺️ è una lettura che ho infatti desiderato leggere ardentemente ❤️❤️

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