Pages

martedì, agosto 18, 2020

Gocce d'inchiostro: La biblioteca di Parigi - Janet Skeslien Charles

I romanzi che hanno come tema centrale l’amore per i libri, esaltano la letteratura come unica risorsa di sostentamento, sono quella fonte inesauribile di piacere da cui spesso attingo pur di mettere a posto qualcosa dentro di me. Mi infilo comodamente in mezzo a carcasse di anime inquiete, forti e indomabili, combattenti di una cruciale e irruenta guerra che non lascia alcuna via di fuga. Io li definisco piccoli tesori, queste scoperte, e le mia coscienza si bea quando si imbatte in letture di questo tipo. Se ho avuto un eccesso di letteratura, parole messe di traverso e poi abbandonate lungo la corrente di un fiume, non ha propriamente importanza; ciò che conta è che in un certo senso hanno aperto uno squarcio sull’anima. Con il romanzo di Janet Skeslien Charles, pur quanto i suoi buoni propositi erano piuttosto ovvi, non ho riscontrato quella particolare magia che, quasi come priva di volontà, non mi ha accolta con un certo calore, un certo affetto. Mi è sembrato un romanzo troppo freddo, quasi cinico, per concretizzare l’idea di amore, memorie, reminescenze che comparvero sulla scena, in attimi di vita qualunque, non invitandomi ad entrare piuttosto a restarne in disparte. Ho bussato alla porta della American Library confidando in un lauto benvenuto. In parte così è stato. E nonostante il suo è stato un risvolto inaspettato e poco confortante, è stato comunque interessante starci al suo interno. Si tratta comunque di un romanzo che esalta la letteratura, e non solo per gli innumerevoli romanzi che sciorina così bene. Ma anche per quelle poche immagini che mi hanno irretito al punto di non sconfortarmi, perché in parte delusa di non essermi sentita vicina.



Titolo: La biblioteca di Parigi
Autore: Janet Skeslien Charles
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 17, 90 €
N° di pagine: 400
Trama: Parigi, 1940. I libri sono la luce. Odile non riesce a distogliere lo sguardo dalle parole che campeggiano sulla facciata della biblioteca e che racchiudono tutto quello in cui crede. Finalmente ha realizzato il suo sogno. Finalmente ha trovato lavoro in uno dei luoghi più antichi e prestigiosi del mondo. In quelle sale hanno camminato Edith Wharton ed Ernest Hemingway. Vi è custodita la letteratura mondiale. Quel motto, però, le suscita anche preoccupazione. Perché una nuova guerra è scoppiata. Perché l’invasione nazista non è più un timore, ma una certezza. Odile sa che nei momenti difficili i templi della cultura sono i primi a essere in pericolo: è lì che i nemici credono che si annidi la ribellione, la disobbedienza, la resistenza. Nei libri ci sono parole e concetti proibiti. E devono essere distrutti. Odelie non può permettere che questo accada. Deve salvare quelle pagine, in modo che possano nutrire la mente di chi verrà dopo di lei, come già hanno fatto con la sua. E non solo. La biblioteca è il primo luogo in cui gli ebrei della città provano a nascondersi: cacciati dalle loro case, tra i libri si sentono al sicuro, e Odelie vuole difenderli a ogni costo. Anche se questo significa macchiarsi di una colpa che le stritola il cuore. Una colpa che solo lei conosce. Un segreto che, dopo molto tempo, consegna nelle mani della giovane Lily perché possa capire il peso delle sue scelte e non dimentichi mai il potere dei libri; luce nelle tenebre, spiraglio di speranza nelle avversità.


La recensione:

Si parla di libri … del contatto intrinseco che sorge, spontaneamente, fra uomo e metaletteratura, tuffandoci in un epoca che non è più la nostra. Indietro, indietro nel tempo, fino a uno degli scontri più cruciali e accesi della Storia. Un periodo in gran parte rievocato da testi, trasposizioni cinematografiche, remak, e so bene anche che i ricordi a volte sono bugiardi. Bisogna studiare a fondo pur di rievocare fedelmente la realtà. Tuttavia credo di sbagliarmi nel dire questo, quando parlo del romanzo d’esordio di Janet Skeslien Chalers, perché il romanzo conserva intatta quelle atmosfere di quegli anni, al punto di riprovare le sensazioni che molta gente dovette provare in quel momento, e non penso che queste sensazioni possano mentire. Qualunque cosa l’autrice avesse voluto estrapolare dalle soglie del tempo, l’istinto mi dice che ha dato poco peso al senso << romantico >> delle vicende. La sua genesi avvenne molto cautamente, e quando cominciò a scrivere non potè più fermarsi fin quando qualcosa dentro di lei non andò al suo posto. La biblioteca di Parigi, si distingue da altri romanzi del genere, per una buona e fedele introspezione dei personaggi, descrizione di luoghi in cui mi è sembrato di poterci camminare, mentre invece sedevo concentrata sulla mia poltrona preferita, e quando la matassa degli eventi cominciò a districarsi dinanzi ai miei occhi il romanzo aveva già una personalità ben definita. Non voglio dire che questo sia stato l’elemento che mi ha indotta a non assegnargli un voto più alto, ma dovuto semplicemente dal fatto che i libri – i veri e propri protagonisti – non hanno una sua anima. Non so perché, è difficile da spiegare, ma non si va mai al di là del semplice fatto che la letteratura sia la salvezza, ciò che avrebbe mutato gli eventi. Proiettato, tale amore, in drammi di svariato genere: quelli interiori, i più tormentosi, e  quei repentini cambiamenti che costellano la vita di tutti. Non solo quella di Odelie, ma di ogni singolo personaggio.
Ho un ricordo particolarmente vivido. Riguarda un momento imprecisato della mia vita, quando accettai di pagare a una somma esorbitante una storia. Non dimenticherò mai la prima volta che avvertì sulla pelle il brivido dell’eccitazione provocata dalla lettura di un romanzo che, all’epoca, aveva fatto parlare parecchio di sé. La mia fervida curiosità, il mio interesse nei riguardi della letteratura cresce giorno dopo giorno mediante la possibilità di rifugiarmi in mondi ancora inesplorati. La biblioteca di Parigi doveva fungere allo scopo. Doveva essere quel tipo di storia, giunta al momento giusto, e di cui avevo fortemente bisogno. Purtroppo non è stato così, sebbene la sua è una storia che stampata su un’innocua pagina bianca vivrà certamente più a lungo di chi la legge.
Il pomeriggio in cui accadde il fatto in questione, mi trovavo in una situazione di precaria incertezza. In un periodo non molto dissimile da questo, con pile e pile di romanzi ancora non letti che aspettano solo il momento propizio per cui io possa impossessarmene, il romanzo della Charles mi apparì come quella perfetta distrazione che avrebbe dovuto regalarmi piacevolissime ore in sua compagnia.
La malinconia che rievoca il tema del ricordo, la formazione culturale che avrebbe dovuto arricchire quella fascia limitrofa di popolo francese, protagonisti che vedono i libri come appigli di sopravvivenza fisico anziché morale, una passione sterile che cresce man mano, avrebbero potuto avere una loro << voce >>. E l’ozio e il tedio, che generalmente scaturiscono da certi tipi di letture, presto o tardi mi avrebbero stancato per la sua improduttività. Quel grumo di diffidenza che aveva albergato, sin dal principio, nel mio animo, arrivò al punto che la lettura de La biblioteca di Parigi rappresentò una condanna. Scrivo << condanna >> perché, dopotutto, stavo soddisfacendo una mia curiosità letteraria, e l’idea di concedergli un occhio di riguardo disgraziatamente fu il prezzo che dovetti pagare.
D’altra parte non voglio esagerare. Anche se alla fine fra me e i personaggi della Charles non ci sia stato un vero e proprio contatto, io e la sua storia ci rivelammo un po’ distanti, il più vivo ricordo che ho della sua lettura è l’intensità delle parole. Sono stata invasa da un flusso incontenibile di parole nel quale il mio cuore ha inevitabilmente emesso un battito, non essendo completamente assuefatta, ma confuso in un unico spiazzo di grigiore, polvere e scrittura, come se appartenenti alla stessa magia. I libri come intimi amici, le letture come ponti d’esplorazione, le condizioni inadatte per sopravvivere e che si sovrapponevano agli stili di vita mondana e semplice, convergettero in un unico scenario in cui la distanza si accorciò, debolmente, ma mi indusse a muovere i primi passi in uno squarcio di storia di cui non ne sapevo assolutamente l’esistenza. Questa American Library era per me del tutto sconosciuta, e grazie alla sua autrice e a questo romanzo ho imparato il segreto della sopravvivenza. Interpretato svariate frasi di sostentamento. Non credo sia stato facile arricchire il proprio bagaglio culturale con le innumerevoli ricerche prodotte dalla sua autrice. La Charles però ricorda come i libri sono mondi inesplorati che legano uno svariato gruppo di persone, in posti in cui la notte si confonde col giorno ma non così scuro da non poter vedere tutto ciò che ci circonda.
Sono stata contagiata dal tono drammatico, malinconico, quasi nostalgico nel momento d’iniziazione alla vita drammatica e infelice propiziata da Odelie, e tutto mi è sembrato però estremamente freddo, impregnato di quella assurda tragicità tipica dei romanzi di guerra con la quale la fugacità di un misero atto di redenzione investiva inevitabilmente anche l’atto più insignificante. Pagine bianche che mettono a nudo ogni personaggio, gente che non ha volto né nome da nessuna parte. Fantasmi intrappolati in epoche e luoghi in cui essere nessuno è più onorevole che essere qualcuno. Parigi, protagonista indiscussa del romanzo, diviene qui non solo rappresentazione scenica del romanzo ma anche sfondo di una sfilza di soggetti e situazioni simboliche. Una successione di tappe del cammino di svariate figure, che appaiono misteriose e imperscrutabili e che vagano lungo la riva dell’insoddisfazione, cercando la possibilità di riscattarsi e redimere la propria anima.
Un romanzo di transizione per chi ama i libri e la letteratura, che rappresenta l’oggetto d’attrazione per una serie infinita di personaggi nonché terreno ideale per l’indagine accurata del rapporto fra l’esistenza e la sua rappresentazione fra letteratura e vita. Un vaso di Pandora contenente verità fondamentali che pochi individui sono in grado di comprendere, e che io non ho accolto con quel calore che confidavo di provare. Poiché nel rispolverare questo frammento di storia non mi sono sentita unanime ai suoi personaggi. Sebbene la sua architettura letteraria sia perfetta, una prosa musicale che disgraziatamente non si è accordata alle note del mio cuore.
Valutazione d’inchiostro: 3

6 commenti:

  1. Bellissima recensione! Spero di leggerlo <3

    RispondiElimina
  2. Ciao! Io adoro tantissimo i libri per parlano di libri 🥰
    La tua recensione è molto bella e mi hai invogliata a leggerlo! Inizio a segnarlo in Wishlist! :)

    RispondiElimina