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sabato, settembre 19, 2020

Gocce d'inchiostro: Anima - Wajdi Mouawad

Una casa bianca a due piani rivestita di assi di legno, sulla cresta di una ripida sterrata a cinque chilometri del nord America. Sul pavimento di una cucina in ordine e gigantesca, il corpo completamente dissanguato di una giovane donna. È la moglie di Wahhc, banalissimo cittadino americano, dalla vita ordinaria e monotona … o forse no? Appena oltre il prologo di questo terrificante quadro che si espande al di là delle stesse pagine, Anima fu quel romanzo che non solo costeggiò lo spirito di chi lo legge, ma abominevole noir di un orribile omicidio con macchie di spiritualità ed etica cristiana è un opera straordinariamente scomoda cui tuttavia ho soggiornato comodamente. È davvero impossibile comprendere appieno la natura di certe azioni. L’essere umano è un essere senziente che, nella maggior parte delle volte, lotta per salvaguardare la specie affinché con le sue azioni possa difendersi dal prossimo. Quest’opera però dimostra come, malgrado ci si affanni a dirigersi verso ragioni sconosciute, ottenere la libertà, redimersi da qualunque peccato, siamo condannati a finire quasi sempre in luoghi in cui si è passati milioni di volte, perdendoci nella contemplazione di un mondo popolato da forme strane e spettrali. Quale importanza ha la vita, dinanzi a tutto questo, è un quesito cui ancora non ho risposta. Il nostro senso di rivalsa, placato dalla fede che poniamo in Dio, ci aiuta ad indirizzarci lungo la giusta strada … ma cosa fare se, in mezzo a odori ostili, percezioni, luci, suoni, fingiamo di essere morti sperando di fuggire dal castigo,attenuando la sordità del cuore, sebbene l’istinto ci costringa a scappare? Wajdi Mouawad si interroga su ciò, e ritrae in Anima quel forte bisogno di conoscenza che dovrebbe aiutarci a comprendere cosa, chi e perché siamo. Relegati in uno spazio angusto dove non vi è posto per la felicità, trascinati dalla corrente del ricordo che genera nient’altro che ostilità e rancore.

Titolo: Anima
Autore: Wajdi Mouawad
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 18, 50 €
N° di pagine: 505
Trama: Una donna assassinata in una casa vuota, distesa in una pozza di sangue nel buio del salotto. Unico testimone, il gatto. È questa la scena agghiacciante che Wahhch Debch si trova davanti una sera, tornando dal lavoro. Quella casa è la sua, quella donna è sua moglie. Accecato dal dolore, assetato di vendetta ma soprattutto in cerca di risposte, l’uomo parte alla caccia dei killer. Nel disperato tentativo di trovare una spiegazione al male, sprofonda nelle viscere di un mondo a sé stante, che vive appena sotto la pelle del mondo civile, abbandonato a mafie e traffici di ogni sorta, governato da leggi proprie. È un’esplorazione della natura umana nei suoi lati più oscuri, quella compiuta da Wahhch, un viaggio che lo porterà dalle gelide riserve indigene del Quebec, dove le più orribili bassezze si mescolano alla bellezza della cosmologia indiana, fino al Libano, dov’è sepolto il suo tragico segreto, un episodio brutale dell’infanzia che gli ha cambiato per sempre la vita.


La recensione:


Il mondo rimane uguale a se stesso finchè gli umani stanno in piedi. È una legge naturale, inscritta nei miei geni.

Non ci si abitua, dinanzi alla morte. La defunta moglie del protagonista di questo romanzo, una giovane trent’enne, unita in matrimonio da qualche tempo, abitanti di una grande ma sofisticata casa disposta su una strada statale, ha lasciato dietro di sé un vuoto incolmabile, un dolore così intenso e acuto che nessuno, nemmeno Wahhch Debch potrà spiegarsi. È stato troppo repentino, troppo devastante, parecchio spaventoso tornare a casa, dopo una giornata lavorativa frenetica e intensa, e trovare riversa sul pavimento, immersa in una pozza di sangue, la moglie incinta di poco più di due mesi, pugnalata al ventre. Sanguinante, puzzolente, deformata, non riuscendo a porre lo sguardo per più di qualche minuto per concepire il fatto, comprendere l’assetto, raccapezzarsi su ciò che è appena stato compiuto. Wahhch Debch lentamente sconterà una pena il cui fardello si trascinerà per il resto dei suoi giorni. Dopo la sorpresa angosciante della moglie morta era rimasto sconcertato, devastato da qualcosa di assolutamente inspiegabile, indefinibile, che sulla scia di forme di incomprensibile follia frantumano l’anima in minuscoli pezzettini. Si, l’anima. Quella forma evanescente, invisibile al tatto e all’occhio che abita in ognuno di noi, e che si rivela lucente e non a seconda di ciò che ci mette in relazione col prossimo. Qualunque assetto positivo o negativo che occupano uno spazio particolare.
La prima volta che mi approcciai a questo romanzo non credevo che, una volta giunta qui, potessi sopportare che un uomo come Wahhch Debch convivesse con un simile dolore, ma sua moglie, la sua dolce metà, era stata uccisa e decidere di abbandonare tutto e tutti sarebbe stata la soluzione migliore. Il suo infatti sarà un lungo e indefinibile pellegrinaggio nella psiche, ma anche nell’assetto etico e sociale in relazioni fra gli esseri umani che puzza di crudeltà, sangue copioso, ricordi che lacerano la mente e che non riescono a portare via le impurità, con sangue continuamente riverso che è assetto passionale di un folle che ripudia la moralità, la dedizione di certi dogmi spirituali e individuali. Perseguita il povero Wahhch Debch trasformandolo in un cadavere quasi privo di vita che vaga lungo la riva dell’assurdo, in un luogo al di là di ogni speranza di salvezza, a poco a poco ostinato a a sbarazzarsi di qualunque cosa rotta, di qualunque forma malvagia, da qualunque riscatto dalla sporcizia e dal disordine, che lo hanno scoperto nel modo più crudele potesse mai vedersi, che quello che all’inizio sembrava una semplice vendetta personale è in realtà uno squallore onnipresente e inalterabile che logora da dentro nel suo lento abbandono, di cui lo stesso Wahhch sopporterà con ostinazione, diligenza, imparando a coprire quei difetti che avevano macchiato la sua anima, giungendo pian piano ad apprezzarsi così com’è. Il silenzio, il gelo, la freddezza, l’inconsistenza che attanagliano i sensi, attutiscono i suoni, sono abissi insondabili che non hanno una loro specifica collocazione ma dai quali si intravedono sprazzi stretti e melmosi di anima, il braccio argenteo che separa la perdita dalla felicità sgretolarsi l’uno con l’altra.
Anima si pone come quello spettacolo cruento, violento e distruttivo attraverso il quale si pone una certa differenza fra essere umano libero da azioni impure e l’essere umano macchiato da gesti o azioni irrimediabili proiettato su un paesaggio spoglio, maledetto, scevro dalla paura e dal terrore, all’ombra delle gerarchie sociali e delle umiliazioni razziali. Una tranquillità distorta dell’animo che permise al mio essere di comprendere l’anima effettiva di questa opera, il suo voluto isolamento, il suo ostinato e perpetuo avvicendarsi in situazioni che tornano allo stato selvaggio, primitivo, straziano specialmente nel momento in cui si accarezza l’idea che bisogna comprendere la vita al di là delle sue apparenze intessuta con i fili di una seta nata dalla propria carne in cui la bestia che riposa silenziosamente altro non è che lui stesso. Descritto mediante gli occhi di svariati animali, penitente, smarrito, forma finita in uno spazio infinito in cui il cielo è stato capovolto e lo spazio azzurro del cielo è nero.
In una disomogenea forma di conoscenza, ammaliamento e potere, Anima mi ha conquistata completamente perché quella descritta dall’autore non è un semplice episodio di omicidio e il suo irrimediabile atto di vendicarsi, bensì quel salvataggio interiore che possa pulirci da ogni forma maligna poiché in balia di tormenti e angosce proiettato nel carosello dell’anima. Non un romanzo adatto a tutti, ma il ritratto di un combattimento incessante che mi ha tenuta stretta in una morsa, con il suo fragoroso frastuono, divenuto parte di me. Convivendo con animali di svariato tipo, persone più malvagie di quanto mi sarei aspettata, sorprese inaspettate che mi hanno però vista pronta ad abbracciare una realtà cruenta e indivisibile. In un momento particolare della vita di Wahhch, violento, burrascoso, che è un pozzo oscuro in un mare di atrocità e debolezze. Proiettato in un mondo attrezzato e completo di relazioni coatte, inimicizie sancite provato da spacconi, codardi, uomini superbi e poco cordiali in cui lo scandagliare dell’anima è l’unico aspetto per comprendere a fondo il mondo circostante. I medesimi meccanismi saranno però quasi sconosciuti per lo stesso autore, che nonostante faccia di Anima una riflessione che lacera lo spirito di chiunque non riesce a comprendere a fondo questo cosmo prostrato da maldicenze e cattiverie. Perpetue sensazioni di paura che sono il contrappeso di forme e sostentamento alla deriva, alla nullità più assoluta.
Uscire da un mondo apocalittico, recriminoso come questo, è stato davvero difficilissimo. Una volta entrata, è stato davvero arduo tornare alla vita di tutti i giorni. Sebbene quella di Anima è una tematica piuttosto peccaminosa, moderna, incurabile, in una struttura a specchio è la testimonianza diretta delle problematiche che attanagliano l’individuo in relazione con altri individui. Il tutto in un capolavoro assolutamente indimenticabile, nonché frammento etico e biblico in cui ognuno di noi può rispecchiarsi, in cui l’individuo è quella massa informe, compatta, solidificato in un unico recipiente. A suo << agio >> nel farsi sopraffare dagli istinti, con l’idea di possedere tutto e tutti facendolo sentire più grande di quel che è. Poiché l’uomo è dominato e dominatore. Può fare quel che vuole, ma tenere poi conto delle conseguenze. Qualunque esse siano. Combattendo affinchè esse svaniscano, sebbene gli svariati tentativi di trincerarsi dietro solide barriere che avrebbero abbattuto la forza devastante del peccato.

Credevamo di essere salvi, ma ci sbagliamo sulla logica, sul modello da seguire, sull’equazione.

Valutazione d’inchiostro: 5

4 commenti: