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martedì, aprile 06, 2021

Gocce d'inchiostro: I dolori del giovane Werther - Johann Wolfgang Goethe

Talvolta certe frasi, certe parole ti inducono a restarne annichiliti, che pur quanto ci si intestardisca a divincolarsi fra le loro strette maglie, con voce rabbiosa incastrano nella loro presa. Quelle trascritte in queste pagine sono state parole ricche di sentimento, potentissime,, altisonanti, romantiche, in cui il lirismo coincide con la gioia dell’amore che mitiga la sofferenza, ma immerso in una certa immobilità che scalda il cuore ma che poi si dissolve nel nulla. Ma la bellezza di ciò che trascendono queste pagine di diario, non sono certamente stupidaggini, seppur raccontate con una certa malinconia ma che, sposate con la mia anima semplice, illustrano la vastità di quei sentimenti che risiedono negli alloggi del cuore umano. Riflessivo, profondo, estremamente romantico ci pone dinanzi a svariate interpretazioni individuali:  l’uomo è un essere senziente ma finito che si dibatte e batte per diventare << uomo >>, non indugiando sul passato ma voltandogli le spalle vivendo invece il presente. E proiettato in una sorta di immobilità, in un cosmo più grande di quel che si pensa, di cui non siamo altro che resti di materiali e derivati vari, è un bellissimo squarcio di ciò che ha costellato la vita dell’autore che effettivamente non possiedono niente di originale ma che valicano i limiti entro cui sono imprigionate le forze attive e speculative dell’uomo, quando ogni attività soddisfa ogni cosa con rassegnazione.

Titolo: I dolori del giovane Werther
Autore: Johann Wolfgang Goethe
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N°di pagine: 152
Trama: La trama è semplice eppure di un agghiacciante realismo: Werther è innamorato di Lotte, di cui sa fin dall’inizio che non è libera, perché legata ad Albert. << Stia attento a non innamorarsene >>, sarà il consiglio di una cugina a Werther. Ma la tragedia è già innescata.


La recensione:

 

La pace dell’anima, e la compiacenza di se stessi sono cose ottime. È un vero peccato, mio caro amico, che questo gioiello sia tanto fragile quanto è bello e prezioso.

 

Johann Wolfgang Goethe. Illustre poeta nonché promulgore del movimento dello Sturm und Drag, tedesco, amato dalla mia amata George Eliot, non fu solo il fautore di questa corrente ma ebbe anche la tendenza a ridurre lo Sturm und Drang al pre romanticismo, configurando così una forte opposizione tra questo movimento e il razionalismo illuminista. Dedicandosi a quest’attività sovversiva aveva offeso le autorità sociali e politiche del secolo al punto da rischiare la sua carriera, e così questo romanzo è uno squarcio di ciò che la sua anima desiderò ardentemente: lasciare questa solida cella in cui era rinchiuso, non ottenendo praticamente nulla se non un profondo e insano stato di estasi, preso dall’emozione pittorica attraverso cui si osserva il mondo circostante con bellezza e armonia. L’autore si assunse l’onere di mantenere le sue posizioni visive e sociali, compito che assolse raggiungendo il cuore di chi legge in una posizione di spicco da quello del mondo circostante, e una volta arrivato ai vertici la smania di allontanarsi, di fare nuove scoperte, percorrere il mondo affinchè certi segreti insulsi limitano il cammino, conducono lungo una strada  segnata dall’abitudine. È stato così che quest’opera entrò nelle stanze oscurate del mio animo, sbarcando nei primi giorni del mese di aprile, arrivando a possedere il mio cuore ritrovandomi ad ascoltare gli incauti sussulti di un cuore estremamente dolce ma sofferente.
A volte è inevitabile che io mi lasci influenzare dal tono malinconico che generalmente prevedono certe giornate lavorative, che generalmente coincidono con quello del mio animo, che pur quanto combatti per non lasciarmi influenzare alla fine l’unico rimedio è quello di non pensarci. Vivere la vita non pensadoci, non dimenticando. Distrandomi affinchè ogni cosa svanisca. Ma un’incontro di menti eccelse, di frasi e sillogismi vari, un’intesa fra corpi, una mancanza di inibizioni così proromenti da lasciarti tramortita che covano forme perse di talento, smarrite nel dolore, il cui forte senso di tranquillità a cui aspira il protagonista cozza con la natura inquieta di chi parla, oppresso dai meccanismi insidiosi della società. Il rifiuto del compromesso, la coerenza con se stessi, il vedere la sconfitta non tanto nella morte ma nell’annientamento della società in cui è evidente la disuguaglianza fra generi, rappresentano un’intera generazione che si oppose con ingenuità alla società circostante. In I dolori del Giovane Werther ci si ritrova avvulsi in questa forma d’arte non potendo rompere e inframmentare il legame che si instaura inevitabilmente fra lettore e autore, l’unica cosa che tiene in vita l’anima del romanzo e il suo essere permeato da una travolgente ondata di romanticismo che azzera qualqunque forma di malinconia, senso di inadeguatezza, che sembrano voler trasmettere nient’altro che svariati significati, in particolare cosa significa stare nel mondo. L’inizio della vita e il relazionarsi col prossimo in cui ci si ritrova a vagare in una landa desolata col desiderio insopprimibile di scovare un canto di culla, facilmente riscontrabile nella straordinaria sensazione in cui la poesia si riversa nelle tradizioni. L’anima è pervasa da un’indicibile e forte senso di serenità. La natura aiuta a infervorare tali sentimenti ma soprattutto di non brancolare nell’angoscia da cui non si vede nient’altro che esseri minerali che divorano ogni cosa. Pur di non riconoscere la tristezza bisognerebbe bearsi della natura, pur di accogliere l’amore bisognerebbe entrare col mondo circostante attraverso l’osservazione di ciò che ci circonda, non diffamando niente e nessuno ma ponendoci tutti sullo stesso piano.
I dolori del giovane Werther è avvulso in un aura che sfugge a qualunque definizione precisa di amore, ma il cui eco o voce è stato a dir poco inconfondibile, così diverso da tutto ciò che ho letto sino a ora. Un misto di eleganza e tran tran sentimentale, in cui la quotidianità è contaminata dalla bellezza dei sogni, dell’arte, della scrittura, il tutto vergato da una scrittura controllata, di forte impatto, nel quale si convive con le tendenze anarchiche della società circostante, nel quale vi sono accesi rancori, ma nel romanzo proiettato in un atmosfera pacifica. Un diario: una sequela di confessioni, segreti che parlano al cuore con pazienza e parsimonia, si sistemarono in un angolo del mio cuore per poi permeandolo completamente, illustrando la virtù di questo povero uomo meditando sulle tempeste emotive che il povero Wolf subì in prima persona, specialmente quando si riflette sul significato intrinseco di relazionarsi col mondo, se avrebbe mai trovato il coraggio di resistere a qualcosa più grande di lui. Un opera che nella sua brevità, insegna molte cose ma getta ombre complesse e incrociate su svariati aspetti, che disgraziatamente alla fine verteranno in una disgrazia, il cui ricordo tuttavia continua a restare, a permanere, a parlare di tutto e niente, il cui brivido di piacere che mi ha attraversato sin dal primo momento in cui mi sono approcciata alla sua lettura non svanirà nell’atmosfera.

Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo

6 commenti:

  1. Interessante, ottima recensione, grazie

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  2. Ciao Gresi, quando andavo a scuola avevo letto "Le ultime lettere di Jacopo Ortis", che prende spunto da questo romanzo, ma non era scattata la scintilla, perciò non ho mai sentito il desiderio di leggere il libro di Goethe, anche se magari col tempo cambierò idea ;-)

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