Talvolta
certe frasi, certe parole ti inducono a restarne annichiliti, che pur quanto ci
si intestardisca a divincolarsi fra le loro strette maglie, con voce rabbiosa
incastrano nella loro presa. Quelle trascritte in queste pagine sono state
parole ricche di sentimento, potentissime,, altisonanti, romantiche, in cui il
lirismo coincide con la gioia dell’amore che mitiga la sofferenza, ma immerso
in una certa immobilità che scalda il cuore ma che poi si dissolve nel nulla.
Ma la bellezza di ciò che trascendono queste pagine di diario, non sono certamente
stupidaggini, seppur raccontate con una certa malinconia ma che, sposate con la
mia anima semplice, illustrano la vastità di quei sentimenti che risiedono
negli alloggi del cuore umano. Riflessivo, profondo, estremamente romantico ci
pone dinanzi a svariate interpretazioni individuali: l’uomo è un essere senziente ma finito che si
dibatte e batte per diventare << uomo >>, non indugiando sul
passato ma voltandogli le spalle vivendo invece il presente. E proiettato in
una sorta di immobilità, in un cosmo più grande di quel che si pensa, di cui
non siamo altro che resti di materiali e derivati vari, è un bellissimo
squarcio di ciò che ha costellato la vita dell’autore che effettivamente non
possiedono niente di originale ma che valicano i limiti entro cui sono
imprigionate le forze attive e speculative dell’uomo, quando ogni attività
soddisfa ogni cosa con rassegnazione.
Autore: Johann Wolfgang Goethe
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 8, 50 €
N°di pagine: 152
Trama: La trama è semplice eppure di un agghiacciante realismo: Werther è innamorato di Lotte, di cui sa fin dall’inizio che non è libera, perché legata ad Albert. << Stia attento a non innamorarsene >>, sarà il consiglio di una cugina a Werther. Ma la tragedia è già innescata.
La recensione:
La pace dell’anima, e la
compiacenza di se stessi sono cose ottime. È un vero peccato, mio caro amico,
che questo gioiello sia tanto fragile quanto è bello e prezioso.
A volte è inevitabile che io mi lasci influenzare dal tono malinconico che generalmente prevedono certe giornate lavorative, che generalmente coincidono con quello del mio animo, che pur quanto combatti per non lasciarmi influenzare alla fine l’unico rimedio è quello di non pensarci. Vivere la vita non pensadoci, non dimenticando. Distrandomi affinchè ogni cosa svanisca. Ma un’incontro di menti eccelse, di frasi e sillogismi vari, un’intesa fra corpi, una mancanza di inibizioni così proromenti da lasciarti tramortita che covano forme perse di talento, smarrite nel dolore, il cui forte senso di tranquillità a cui aspira il protagonista cozza con la natura inquieta di chi parla, oppresso dai meccanismi insidiosi della società. Il rifiuto del compromesso, la coerenza con se stessi, il vedere la sconfitta non tanto nella morte ma nell’annientamento della società in cui è evidente la disuguaglianza fra generi, rappresentano un’intera generazione che si oppose con ingenuità alla società circostante. In I dolori del Giovane Werther ci si ritrova avvulsi in questa forma d’arte non potendo rompere e inframmentare il legame che si instaura inevitabilmente fra lettore e autore, l’unica cosa che tiene in vita l’anima del romanzo e il suo essere permeato da una travolgente ondata di romanticismo che azzera qualqunque forma di malinconia, senso di inadeguatezza, che sembrano voler trasmettere nient’altro che svariati significati, in particolare cosa significa stare nel mondo. L’inizio della vita e il relazionarsi col prossimo in cui ci si ritrova a vagare in una landa desolata col desiderio insopprimibile di scovare un canto di culla, facilmente riscontrabile nella straordinaria sensazione in cui la poesia si riversa nelle tradizioni. L’anima è pervasa da un’indicibile e forte senso di serenità. La natura aiuta a infervorare tali sentimenti ma soprattutto di non brancolare nell’angoscia da cui non si vede nient’altro che esseri minerali che divorano ogni cosa. Pur di non riconoscere la tristezza bisognerebbe bearsi della natura, pur di accogliere l’amore bisognerebbe entrare col mondo circostante attraverso l’osservazione di ciò che ci circonda, non diffamando niente e nessuno ma ponendoci tutti sullo stesso piano.
I dolori del giovane Werther è avvulso in un aura che sfugge a qualunque definizione precisa di amore, ma il cui eco o voce è stato a dir poco inconfondibile, così diverso da tutto ciò che ho letto sino a ora. Un misto di eleganza e tran tran sentimentale, in cui la quotidianità è contaminata dalla bellezza dei sogni, dell’arte, della scrittura, il tutto vergato da una scrittura controllata, di forte impatto, nel quale si convive con le tendenze anarchiche della società circostante, nel quale vi sono accesi rancori, ma nel romanzo proiettato in un atmosfera pacifica. Un diario: una sequela di confessioni, segreti che parlano al cuore con pazienza e parsimonia, si sistemarono in un angolo del mio cuore per poi permeandolo completamente, illustrando la virtù di questo povero uomo meditando sulle tempeste emotive che il povero Wolf subì in prima persona, specialmente quando si riflette sul significato intrinseco di relazionarsi col mondo, se avrebbe mai trovato il coraggio di resistere a qualcosa più grande di lui. Un opera che nella sua brevità, insegna molte cose ma getta ombre complesse e incrociate su svariati aspetti, che disgraziatamente alla fine verteranno in una disgrazia, il cui ricordo tuttavia continua a restare, a permanere, a parlare di tutto e niente, il cui brivido di piacere che mi ha attraversato sin dal primo momento in cui mi sono approcciata alla sua lettura non svanirà nell’atmosfera.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
Interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te ❤️
EliminaCiao Gresi, quando andavo a scuola avevo letto "Le ultime lettere di Jacopo Ortis", che prende spunto da questo romanzo, ma non era scattata la scintilla, perciò non ho mai sentito il desiderio di leggere il libro di Goethe, anche se magari col tempo cambierò idea ;-)
RispondiEliminaLo spero anche io ❤️☺️
EliminaOi Gresi, obrigado pela dica.
RispondiElimina🤗🤗
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