Secondo
me sarei dovuta nascere in un epoca parecchio antecedente a questa. A quel
tempo il mondo circostante, la società verteva su paradigmi ed enigmi in cui il
rapporto fra vivere e sopravvivenza è una linea così sottile,
chiamata diversità, che è di per se un problema per chi è intrappolato in forme ridotte e quasi invisibili. Chiunque ami la letteratura
classica, come la sottoscritta, non ci pensa due volte a bearsi di forme
sofisticate di arte e scrittura che possano ripulire lo spirito da
qualunque impurità. Le istruzioni, la religione, alcune forme politiche o
dottrine, seguite ancor oggi da detentori che hanno disgraziatamente prostrato
il nostro paese in due, dovevano entrare in un fiume finchè l’acqua non
arrivasse al punto di soffocarci, poi, lentamente, in gesti di vita quotidiana
che apparentemente sembrano insulsi attraverso cui è
possibile comprendere il mondo circostante. George Eliot, non fu solo una
grandissima scrittrice, ma anche una << rivoluzionaria >>. Un’esponente
di svariati partiti la cui isola di fondamentale ispirazione fu la scrittura. Il
mondo è zeppo di banalità che ci inducono ad indulgere su importanti discorsi,
moralismi. Lo spirito di cui è avvulso, così autentico da sembrare tattile, e
la forza di certe esigenze che possano piegare chi ignora il tutto alle sue
funzionalità. Ci si scopre a imboccare una strada diversa dagli altri, non solo
per cultura o intelligenza, ma grazie all’aiuto di Dio e della Fede si può
conservare intatta la visione interiore da cui proviene il tutto.
Autore: George Eliot
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: €12
N° di pagine: 830
Trama: Al centro della storia è proprio l’immaginaria cittadina inglese di Middlemarch, all’interno della quale si articolano i destini di quattro personaggi e di due matrimoni infelici, indagati da George Eliot nel loro più impercettibili interstizi attraverso lo strumento chirurgico di uno stile espressivo sempre acuminato.
La recensione:
Il genio mal sopporta i vincoli: da una parte deve avere le
possibilità di svilupparsi con la massima spontaneità dall’altra può rimanere
in attesa fiduciosa di quei messaggi provenienti dall’universo che lo chiamano
al compimento dell’opera cui è stato destinato, adottando quindi atteggiamenti
di apertura verso tutte le possibilità di un’esistenza superiore.
Middlemarch mi ha riservato un piccolo spazietto, un angolo di Paradiso in cui ho amato viverci ma un po’ appartato dagli altri, la più vicina alle mie predisposizioni spirituali. Un posto semplice, accogliente il cui vero obiettivo o messaggio sta nell’interpretazione concreta che si dà alla vita, vestita di principi morali e filosofici che esulano da qualunque forma semplicistica di solo intrattenimento, lontanissima da tutto ciò che ho visto sino a ora, in uno stato fangoso in cui cresce un piccolo cigno senza però poter spiccare il volo. Ed ecco che Dorothea si distanzia da ciò costruendo un mondo il cui passato possa prevalere sulla forza del presente, sulla verità, la vera ricchezza non sia valutata mediante l’esame fondato ed esplicito dell’osservazione ma che rivelano preluzzi che gravano sulle nostre spalle, spingendo così chi abbraccia questi concetti ad entrare nell’essere che li divora.
Non avendo alcuna esperienza, né alcuna attinenza a certi paradigmi anglicani, Middlemarch entrò direttamente nelle mie vesti come una gigantesca bevanda disintossicante. L’idea di non berla, all’inizio, mi parse la più congegnata – la lotta fra classi, i limiti del cattolicesimo sulle forze ardenti del mondo sono alcune di quelle forme che dovrebbero aiutarci a comprendere il mondo circostante. Inutile impelagarsi in una lotta da cui non avrò scampo. Eppure c’è stato qualcosa in queste pagine, che sebbene mi abbia indotta ad imparare a controllarmi, a estraniarmi completamente per integrarmi con Dorothy, Celia, James e tutti gli altri, insistere mi parve un modo per mettermi alla prova. L’uomo << primitivo >> digiuna di affetto, comprensione, intelligenza con lo spettacolo della sua volontà. Solo quando le predisposizioni dell’animo coincidono con quelle di chi narra, la sua lettura acquisì la sua veste moralistica di autopurificazione e autoflagellazione. Era come astenersi ai piaceri dei sensi.
Ugualmente conosciuto fin dall’antichità che è il valore in se dell’intero romanzo. Una prassi in cui si racconta la vita in se, ma dipinta in una tela raffinata ed esaudiente che è un frammento di veridicità, consapevolezza di una realtà politica, sociale in cui non bisogna lasciarsi contagiare.
Oggi certi preconcetti sembrano quasi delle banalità e l’arte di far sentire la propria voce fra tante altre voci, come lo scrivere un romanzo, produrre un film con fini esclusivamente spirituali, divenuti atti fisici, centrati sul corpo e intrapresi solo per comprendere chi e cosa siamo.
Di letture così ardue alla fine conservo sempre un bellissimo ricordo. Middlemarch è uno di questi, perché il mio temperamento cerca disperatamente di raggiungere gli obiettivi prefissati. Se rivelatasi un buco nell’acqua al primo tentativo, cambia ritmo e diventa più accessibile. Curiosa e intrigata nel perseverare nei miei obiettivi, di cui questo è il risultato.
Valutazione d’inchiostro: 5
Ciao Gresi, ho sentito parlare di questo romanzo, ma non l'ho mai letto, anche se dalla tua recensione sembra molto bello :-)
RispondiEliminaLo è 🤗❤️❤️
EliminaSempre sentito nominare a lezione di inglese: ora capisco perché!!
RispondiEliminaSpero allora lo leggerai ☺️☺️
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