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sabato, maggio 29, 2021

Gocce d'inchiostro: Raggi di luna - Edith Wharton

Non ci sono varie occasioni di leggere trattati sociali, politici così conformi alla realtà e ovviamente un quadro psicologico attinente al secolo come quelle che comprendono sicure il mio palpitante viaggio nell’ignoto. A forza di leggere classici, ho maturato e – giorno dopo giorno cresce sempre di più- un amore incommensurabile per i classici, che respirano alla mia stessa frequenza, riempiono il viso e l’anima. Se questo tipo di lettura mi piace, mi rende felice, che la serenità è quasi sempre pronta a bussare alla mia porta, validi motivi ci saranno, che non avrei trovato posto in nessun altro luogo se non in questo. Evviva i libri!
Non ci sono dunque motivazioni, scusanti del perché questo mese abbia letto svariati classici e ovviamente la mia aura divenne sempre più lucente man mano mi inoltravo in luoghi in cui avrei fatto perdere completamente le mie tracce. Recentemente ad attrarre la mia attenzione, fu nuovamente Edith Warthon, che avendo scoperto che le sue opere accarezzano la mia anima con estrema cura, mi portò in giro per presentarmi ad una coppia. Non mi ci volle molto per farmi raccontare alcune delle loro esperienze, strettamente legate al matrimonio e ai loro sentimenti. Qualcuno che suggerisce un certo disequilibrio, altro che esprime assetti negativi come se stessimo assistendo di persona. E dunque una situazione normale che ha sortito in me un certo fascino, finalmente navigato in un luogo che mi ha rimembrato i coniugi de Belli e dannati, fino alla fine, viaggiando nella corrente di un fiume a volte lucido a volte iridescente.


Titolo: Raggi di luna
Autore: Edith Warthon
Casa editrice: Bollati
Prezzo: 16, 50 €
N° di pagine: 286
Trama: Sposi per un anno. Questo è il patto che  Nick e Susy Lansing hanno stipulato: rimanere uniti nella buona sorte fino a quando il denaro dei regali di nozze e l’ospitalità degli amici consentirà loro di continuare la luna di miele. Poi, se una migliore occasione si presenterà a uno di loro, l’altro acconsentirà a lasciarlo libero. Lo scenario dei primi mesi di questa anomala unione è idilliaco: una romantica villa sulle sponde del lago di Como, un palazzo patrizio a Venezia, passeggiate nelle calli ombrose, chiari di luna, amici spensierati sempre pronti ad assecondare i due novelli sposi. Eppure, fin dall’inizio, la macchina perfetta del matrimonio concordato si inceppa, incalzata da un elemento imprevisto: l’amore. Capriccioso, incoerente, poco incline a compromessi e a sfumature, l’amore si insinua nella mente ordinata e onesta di Nick, che ha idealizzato la moglie al punto di non poterle perdonare nessuno sbaglio, nessuna leggerezza, e in quella di Susy, incapace di rinunciare ai suoi sogni di grandezza se non per il marito, ma così spaventata da questa scoperta da non riuscire a dirglielo, anche quando sarebbe l’unico modo per trattenerlo. E allora, di nuovo soli, “liberi”, come amavano dire prima di sposarsi, Nick e Susy cercano ognuno la propria occasione lontano dall’altro, lui sul panfilo di ricchi amici, lei nientemeno che con un lord. Ma l’amore che paradossalmente li ha separati, si è talmente insinuato nel loro cuore da ricongiungerli.


La recensione:

 

Il grande amore è saggio, forte, potente, come il genio, come ogni altra forma dominante di facoltà umana. Conosce se stesso, ciò che vuole e come raggiungere i propri fini.

 

Le storie che si dipanano fra le pagine dei romanzi di Edith Warthon hanno tutti in comune il semplice fatto che sollevano critiche, forme di ribellioni artistico e sociale differenziando il prossimo per virtù e concezioni filosofiche. Nonostante non sia nata nell’epoca che descrive l’autrice, non disnego mai l’occasione di fiondarmici fra le sue pagine pronta a sbarcare per una nuova lettura. E dalla mia camera, dal santuario magico in cui sono intrappolate storie d’infinita bellezza, vedo annidate una sequela di occasioni che non esulano niente di speciale o particolare ma avrebbero dovuto portarmi semplicemente per una ragione. Comprendere i paradigmi che intercorrono fra vecchio e nuovo, passato e presente.
Ho letto Raggi di luna sdriata sul mio morbido letto. E una volta sbarcata nei suoi meandri, questa volta in Italia, rimasi colpita dalla bellezza di paesaggi che hanno un chè di trasognante, trascendentale in cui si aspira ad ottenere qualcosa di talmente intenso da alleviare qualunque cosa, persino ricordi vaghi e fugaci. Come tanti altri visitatori non ho potuto fare a meno di perdermi fra le pagine, il luogo in cui avrei potuto scorgere anche un pezzo di me stessa, nella natura che si riconquista le pietre messe dall’uomo, avvertendo anche la minima parvenza di supriorità.
Tutto questo, nei romanzi, e non solo in quelli della Warthon, da sempre mi affascina particolarmente. Ci sono alcuni posti nel mondo che mi rendono orgogliosa, felice di quello che sono. Uno di questi interpretare il mondo, dietro la sofisticata e intellettuale bellezza di temi, riflessioni profonde che hanno un chè di semplice, archetipo, naturale senza dover passare per la testa. Ogni opera è una pietra messa di traverso il cui compito del lettore è interpretarne il linguaggio, ed in questa intrinseca una bellezza di cui uno finisce per portarsi dietro.
Non occorre scrivere che Raggi di luna non esula da tutto questo, ma che ogni particolare ha un suo significato, che ogni frase, parola, gesto, ogni pinnacolo sono tasselli nell’immenso mosaico che dovrebbe figurare e raffigurare vari mondi, comrpeso quello interno. Non occorre essere storici per comprenderne le ragioni. Basta lasciarsi andare per sentire la brezza effervescente di tutto questo. Ciò di cui parla l’autrice è la << rovina >> di una fetta di società che si avventura in sentieri di straordinaria bellezza, a cui sembra davvero impossibile sottrarsi, scacciare l’inquietudine dell’animo affinchè non offuschino il loro animo. Hanno ravvivato quell’ardente fiamma che divampa nel loro animo, ma così irraggiungibili la cui visione sembra più commovente, più tragica e misteriosa di quel che mi ero immaginata. L’autrice mi ha insegnato ad osservare come questo romanzo possiede ben poco di tragico, piuttosto un certo disincanto e una certa leggerezza, ma reso melodrammatico dall’inespugnabile finale che celebra virtù domestiche e mature. Niente di sconvolgente o indimenticabile, ma sublime per ricchezza di contenuti e precisione. Una fase di vita facilmente riscontrabile al presente, così attinente alla realtà come un pugno allo stomaco o la febbre nel corpo. Un unità autosufficiente di bellezza e manierismo il cui brivido della lettura sta nel non sapere mai se l’amore potrà prevalere su tutto, se si sia trattato di questione di possibilità, scelte, l’effetto devastante e destabilizzante che avrebbe dovuto calibrare svariati sforzi in diversi modi.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti: