Giunsi fra le pagine
di questo romanzo che le mie certezze di recarmi fra le soglie di un luogo
tendenzialmente conosciuto da molti ma sconosciuto per me mi staccò
completamente dalla vita, dalla routine: con la velocità di un battito di
ciglia. Una donna piangeva disperata la scomparsa prematura della sua unica sorella, che aspirava ad una vita appagante e
tranquilla. Approfittando dell’amore reciproco che li legava, indirizzata in un
luogo da cui siamo entrambi stati sottratti brutalmente. Non avevo granchè da
confidare nei riguardi di queste pagine: se non per sentito dire, il romanzo
non mi era del tutto avvulso. Ma la copertina brillante, scintillante, mi
parlava di valori, disciplina, sussurrava cose che non mi sarei minimamente
sognata, offrendomi di anticiparmi il posto d’onore di giungere fra le sue
braccia molto prima del previsto. Questo non è un problema del romanzo in sé,
semplicemente del fatto che certe letture sono responsabili di ciò che detiene
il tuo cuore, anche di quelli meno imprevedibili.
Ed ecco che questo
romanzo fece parte di una linea di demarcazione che costeggiando una parte
specifica del mondo, srotola una generazione, una famiglia che a dispetto di
tanti altri lettori non ha generato nient’altro che moti di tenerezza. In un
continuo complotto di parole sussurrate nelle orecchie di qualcuno che giunsero
subito e così come arrivarono scomparirono.
Titolo:
I miei piccoli dispiaceri
Autore: Miriam Toews
Casa editrice: Marcos y Marcos
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 363
Trama: Elf è sempre stata la più bella. Ha stile, idee geniali, ti fa morir dal ridere, le capitali del mondo la ricoprono allegramente di dollari per farle suonare il pianoforte e gli uomini si innamorano perdutamente di lei. Yoli è la sorella squinternata. Ha messo al mondo figli con padri diversi, ha un amante avvocato, se si rompe la macchina fa sesso con il meccanico, ha il conto sempre in rosso e una carriera mancata. E cos’è adesso questa storia che Elf vuole morire? Proprio in questo momento, poi, a due settimane da un’importantissima tournèe. “Elfie, ma ti rendi conto di quanto mi mancheresti?” Quali sono le cose giuste da dire per salvare una vita? Yoli la prende in giro, la consola, la sgrida, aggredisce lo psichiatra dell’ospedale, cammina lungo il fiume tumultuoso del disgelo, non sa più che pesci pigliare. Cospira con la madre, con zia Tina, con il tenero marito scienziato di Elf, con Claudio, il suo agente italiano, e tra cene alcoliche, sms di figli ed ex mariti, sorrisi e ultime frontiere del pianto, lottano tutti per convincere Elf a restare. E in questo lungo duello di parole, carezze, umorismo nero che si celebra la grazie e l’energia che occorrono per accettare il dono fragile della vita.
Autore: Miriam Toews
Casa editrice: Marcos y Marcos
Prezzo: 18 €
N° di pagine: 363
Trama: Elf è sempre stata la più bella. Ha stile, idee geniali, ti fa morir dal ridere, le capitali del mondo la ricoprono allegramente di dollari per farle suonare il pianoforte e gli uomini si innamorano perdutamente di lei. Yoli è la sorella squinternata. Ha messo al mondo figli con padri diversi, ha un amante avvocato, se si rompe la macchina fa sesso con il meccanico, ha il conto sempre in rosso e una carriera mancata. E cos’è adesso questa storia che Elf vuole morire? Proprio in questo momento, poi, a due settimane da un’importantissima tournèe. “Elfie, ma ti rendi conto di quanto mi mancheresti?” Quali sono le cose giuste da dire per salvare una vita? Yoli la prende in giro, la consola, la sgrida, aggredisce lo psichiatra dell’ospedale, cammina lungo il fiume tumultuoso del disgelo, non sa più che pesci pigliare. Cospira con la madre, con zia Tina, con il tenero marito scienziato di Elf, con Claudio, il suo agente italiano, e tra cene alcoliche, sms di figli ed ex mariti, sorrisi e ultime frontiere del pianto, lottano tutti per convincere Elf a restare. E in questo lungo duello di parole, carezze, umorismo nero che si celebra la grazie e l’energia che occorrono per accettare il dono fragile della vita.
La recensione:
Non trovi buffo come venga dato conto di ogni secondo, ogni
minuto, ogni giorno, mese, anno, come sia possibile nominarli quando invece il
tempo, o la vita, sono così recalcitranti, così intangibili e sfuggenti?
Per una lettrice coriacea come me il problema nel leggere
romanzi intensi, quasi strappalacrime come questo è abbastante rivelante –
tutti vedono qualcosa che io francamente non vedo -, ma alla fine non ha
relativamente importanza perché ciò che più conta e scoprire cosa quel
determinato romanzo voglia trasmettermi. Nel caso de I miei piccoli dispiaceri
ha contato maggiormente il tempo in cui ci sono rimasta, e ciò che le sue
pagine mi hanno trasmesso così bene, affinchè si crei un legame fra me e la sua
autrice.
Dicendo di essere mennoiti e fuggendo da questa realtà ossessivo e agonizzante, mi avvicinai a questa lettura con una certa diffidenza. Ero ancora una delle poche a non aver vagliato i cieli celesti – o opulenti, quel che si voglia – che in un certo senso hanno dovuto salvare nel momento del bisogno, pronta a riprendere qualunque cosa avessi a portata per riacchiapparlo, legarlo e buttarlo in un mucchio a cui avrei riversato parole e frasi. Si, c’era anche questa questione da valutare perché, quando leggo questa tipologia di romanzi, non voglio piangere. Anche se volessi, non ci riuscirei. Non so cosa farci. Ma è importante credere che anche per me sia così, senza però dire che alla fine ciò si rivela un buco nell’acqua. Vuol dire che non mi lascio influenzare da niente e nessuno. Nemmeno dai romanzi strappalacrime, con varie religioni, teorie, e non solo in questo caso.
Questa tipologia d’amore, forma distorta di legame fra due sorelle, spesso ci induce a voler amare irrevocabilmente una persona in cui l’anima dell’uno è incastrato perfettamente dell’altro – in modo così cristallino, sincero, coerente, completo. Guardarsi dentro senza avere nulla in sospeso, raggiungere una meta affinchè ci si senta amati, compresi, proiettati in una società a cui si sono emancipati grazie alla cultura, all’intelligenza, nonché ancora di salvezza nel ripristinare sogni, ricordi che si credevano perduti dovrebbero essere un riparo dai vizi, i mali del mondo che possa abolire qualunque forma di creatività. Non basta essere cristiani. Non essere infondere il Bene, nonostante ci si sia staccati da quella sfera gravosa, tendenzialmente troppo pesante. Guardarsi dentro senza avere nulla in sospeso, ripensamenti o rimorsi, ma non è essenzialmente così! Un amore, se intenso, tende alla fine a rivelarsi indimenticabile. Quasi straordinario. Aver fatto parte di una storia in cui l’amore che esplicano queste pagine, quello fraterno, sia stato confinato in situazioni quotidiane in cui è possibile ritrovarsi mi ha concesso l’opportunità di far parte di qualcosa che si è rivelato essenzialmente tragico sin dal principio. La vicinanza come negazione alla solitudine e la vittoria a una brama elementare, dionisiaca, che ha mutato il mio animo durante il corso della sua lettura. Ho visto districarsi i nodi di una matassa ancora ingarbugliata, profonda e intima che è stato davvero impossibile non fare a meno di osservare. Rimasugli di pensieri connessi e disconnessi che tuttavia cozzano con la sua anima.
Leggere la storia di queste due ragazze, autobiografia della stessa autrice, mi ha permesso di comprendere quanto la vita sia essenziale nella sua essenza, e che quello dell’amore specialmente di sorellanza è un sentimento bellissimo che talvolta è un bisogno primordiale di appartenenza in cui l’uno non può vivere senza l’altra. Il tutto immerso in un chè di serioso ma sciorinato con dell’humor nero, reale contrapposizione che può sorgere fra l’amore spontaneo, appassionato ma non del tutto libero fra due sorelle.
Scrivere romanzi di questo tipo, e, in particolare, una recensione, non è stato per niente semplice. Le parole, al riguardo, servono ben poco. Perché, seppur talvolta possano essere potenti ed enfatiche, non riescono a guarire piccolo ferite che sono state inferte, al cuore della protagonista. Alla sua autrice che cova da anni un dolore insopprimibile e insopportabile come questo.
Dicendo di essere mennoiti e fuggendo da questa realtà ossessivo e agonizzante, mi avvicinai a questa lettura con una certa diffidenza. Ero ancora una delle poche a non aver vagliato i cieli celesti – o opulenti, quel che si voglia – che in un certo senso hanno dovuto salvare nel momento del bisogno, pronta a riprendere qualunque cosa avessi a portata per riacchiapparlo, legarlo e buttarlo in un mucchio a cui avrei riversato parole e frasi. Si, c’era anche questa questione da valutare perché, quando leggo questa tipologia di romanzi, non voglio piangere. Anche se volessi, non ci riuscirei. Non so cosa farci. Ma è importante credere che anche per me sia così, senza però dire che alla fine ciò si rivela un buco nell’acqua. Vuol dire che non mi lascio influenzare da niente e nessuno. Nemmeno dai romanzi strappalacrime, con varie religioni, teorie, e non solo in questo caso.
Questa tipologia d’amore, forma distorta di legame fra due sorelle, spesso ci induce a voler amare irrevocabilmente una persona in cui l’anima dell’uno è incastrato perfettamente dell’altro – in modo così cristallino, sincero, coerente, completo. Guardarsi dentro senza avere nulla in sospeso, raggiungere una meta affinchè ci si senta amati, compresi, proiettati in una società a cui si sono emancipati grazie alla cultura, all’intelligenza, nonché ancora di salvezza nel ripristinare sogni, ricordi che si credevano perduti dovrebbero essere un riparo dai vizi, i mali del mondo che possa abolire qualunque forma di creatività. Non basta essere cristiani. Non essere infondere il Bene, nonostante ci si sia staccati da quella sfera gravosa, tendenzialmente troppo pesante. Guardarsi dentro senza avere nulla in sospeso, ripensamenti o rimorsi, ma non è essenzialmente così! Un amore, se intenso, tende alla fine a rivelarsi indimenticabile. Quasi straordinario. Aver fatto parte di una storia in cui l’amore che esplicano queste pagine, quello fraterno, sia stato confinato in situazioni quotidiane in cui è possibile ritrovarsi mi ha concesso l’opportunità di far parte di qualcosa che si è rivelato essenzialmente tragico sin dal principio. La vicinanza come negazione alla solitudine e la vittoria a una brama elementare, dionisiaca, che ha mutato il mio animo durante il corso della sua lettura. Ho visto districarsi i nodi di una matassa ancora ingarbugliata, profonda e intima che è stato davvero impossibile non fare a meno di osservare. Rimasugli di pensieri connessi e disconnessi che tuttavia cozzano con la sua anima.
Leggere la storia di queste due ragazze, autobiografia della stessa autrice, mi ha permesso di comprendere quanto la vita sia essenziale nella sua essenza, e che quello dell’amore specialmente di sorellanza è un sentimento bellissimo che talvolta è un bisogno primordiale di appartenenza in cui l’uno non può vivere senza l’altra. Il tutto immerso in un chè di serioso ma sciorinato con dell’humor nero, reale contrapposizione che può sorgere fra l’amore spontaneo, appassionato ma non del tutto libero fra due sorelle.
Scrivere romanzi di questo tipo, e, in particolare, una recensione, non è stato per niente semplice. Le parole, al riguardo, servono ben poco. Perché, seppur talvolta possano essere potenti ed enfatiche, non riescono a guarire piccolo ferite che sono state inferte, al cuore della protagonista. Alla sua autrice che cova da anni un dolore insopprimibile e insopportabile come questo.
Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo
Ahí, mi spiace non ti sia piaciuto; grazie comunque per la recensione
RispondiEliminaA te ☺️
EliminaBoa tarde Gresi. Obrigado pela sua maravilhosa dica. Bom final de semana com muita paz e saúde.
RispondiElimina🤗🤗
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