Non ho mai nascosto il mio amore per un’autrice
del calibro come Anais Nin, né ho mai provato disgusto o diniego per la vasta gamma
di temi che sono affrontati. Talvolta non esattamente accoglienti, talvolta
irruenti, quasi volgari, ma nell’insieme tengono su un forte meccanismo di
attrazione, ammirazione che oramai coltivo da più di cinque anni. La Nin ha un’anima
forte, contrastata, seducente ma in cui si cela un chè di oscuro, per niente
puro o innocente, ma solo un tratto di quella che fu la verve della sua prosa.
Ed è stato così anche nell’approcciarmi a questa corrispondenza fitta, unanime attestazioni di realtà in cui si vive e condivide il sogno del suo splendido amore fra lei e il suo amato Henry Miller. Queste conversazioni infatti non tengono in serbo alcunchè di relativamente importante ma simboleggiano quella scintilla di vita che albergò nella stessa Nin, da cui si rifugiò per sfuggire alle ingiustizie del tempo, ignorando ciò che effettivamente fu. Artista, essere umano, personalità o autoritratto che nell’insieme rese felice gli altri, mi rese felice imbarcarmi in questo ennesimo splendido viaggio, mediante parole che sono state colte dalla corrente del tempo, generano tristezza, suscitano emozioni contrastanti.
Fu così, che con grande emozione, dopo qualche mese che languiva sullo scaffale della mia libreria, che ho accolto questa ennesima bellissima opera con una vana forma di inquietudine nel cuore, come sempre dinanzi a un mistero di cui non si conosce la provenienza, che poi a posteriori si riconosce come si tratti di una confessione sussurrata dalla soglia morale delle loro conoscenze. Queste due anime, dallo spirito affine, finirono per contagiarmi così tanto che mi fecero perdere il senso del tempo. Ogni cosa è assolutamente buona, una stupenda sinfonia così eccitante di vita, in cui domina la sensazione di dover andare da qualche parte, raggiungere una certa chiarezza, una cognizione che è stata pulita e ripulita senza alcun residuo. Tanta musica, tanto lirismo, tanto denaro, tante concezioni sulla distinzione fra sessi, miscelato mediante un forte senso di catarsi in cui la paura della morte è qualcosa che ci indirizza a percorrere quella giusta strada.
Ed è stato così anche nell’approcciarmi a questa corrispondenza fitta, unanime attestazioni di realtà in cui si vive e condivide il sogno del suo splendido amore fra lei e il suo amato Henry Miller. Queste conversazioni infatti non tengono in serbo alcunchè di relativamente importante ma simboleggiano quella scintilla di vita che albergò nella stessa Nin, da cui si rifugiò per sfuggire alle ingiustizie del tempo, ignorando ciò che effettivamente fu. Artista, essere umano, personalità o autoritratto che nell’insieme rese felice gli altri, mi rese felice imbarcarmi in questo ennesimo splendido viaggio, mediante parole che sono state colte dalla corrente del tempo, generano tristezza, suscitano emozioni contrastanti.
Fu così, che con grande emozione, dopo qualche mese che languiva sullo scaffale della mia libreria, che ho accolto questa ennesima bellissima opera con una vana forma di inquietudine nel cuore, come sempre dinanzi a un mistero di cui non si conosce la provenienza, che poi a posteriori si riconosce come si tratti di una confessione sussurrata dalla soglia morale delle loro conoscenze. Queste due anime, dallo spirito affine, finirono per contagiarmi così tanto che mi fecero perdere il senso del tempo. Ogni cosa è assolutamente buona, una stupenda sinfonia così eccitante di vita, in cui domina la sensazione di dover andare da qualche parte, raggiungere una certa chiarezza, una cognizione che è stata pulita e ripulita senza alcun residuo. Tanta musica, tanto lirismo, tanto denaro, tante concezioni sulla distinzione fra sessi, miscelato mediante un forte senso di catarsi in cui la paura della morte è qualcosa che ci indirizza a percorrere quella giusta strada.
Titolo: Storia di una passione. Lettere 1932 - 1953
Autore: Anaïs Nin e Henry Miller
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 544
Trama: Un dialogo tra due scrittori che mette a nudo, oltre ogni pudore, un rapporto sentimentale che si rivela ben più carnale e terreno di quanto ci si potesse immaginare. L’incontro tra Anais Nin e Henry Miller non è un semplice incontro culturale, basato solo su affinità intellettuali: << Storia di una passione >> racconta dichiarazioni d’amore, ricatti, gelosie e tenerezze nel resoconto di un’appassionante amicizia che rimase intatta per tutta la vita tra due scrittori profondamente innamorati della parola.
Autore: Anaïs Nin e Henry Miller
Casa editrice: Bompiani
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 544
Trama: Un dialogo tra due scrittori che mette a nudo, oltre ogni pudore, un rapporto sentimentale che si rivela ben più carnale e terreno di quanto ci si potesse immaginare. L’incontro tra Anais Nin e Henry Miller non è un semplice incontro culturale, basato solo su affinità intellettuali: << Storia di una passione >> racconta dichiarazioni d’amore, ricatti, gelosie e tenerezze nel resoconto di un’appassionante amicizia che rimase intatta per tutta la vita tra due scrittori profondamente innamorati della parola.
La recensione:
Noi non possiamo distaccarci dalla natura, per
quanti sforzi facciamo. Non possiamo negare spazio, volume, distanza,
dimensione. Ma, una volta che li abbiamo accettati come precondizioni, non per questo dobbiamo divenirne schiavi.
Che cos’è effettivamente la realtà? Non qualcosa che sta fuori – ma qualcosa
dentro di noi.
Il destino di ognuno di noi è già scritto, ma il segreto è saperlo
leggerlo o interpretarlo prima che sia troppo tardi. Quello di Anais Nin e
Henry Miller fu l’approccio alla scrittura, elemento fondamentale e principale
che avrebbe portato a buon fine i due scrittori ad essere ricordati nella grande
opera della letteratura francese. Ma chi furono effettivamente Anais Nin e
Henry Miller?
Mi sono chiesta, nel mentre ho letto questa raccolta epistolare, ascoltando musica di pianoforte in sottofondo, e a leggere segreti, emozioni, ricordi estrapolati dalla risacca del tempo in cui inevitabilmente non ho potuto fare a meno di cadere nell’illusione di affondare lo sguardo in un diario intimo, in pari tempo in cui è stata elaborata una storia con infinita cura, affinchè mi è stato possibile comprendere ciò che i due autori hanno sempre desiderato. La guarigione avrebbe dovuto spingerci a comprendere chi siamo ma soprattutto a curarci. Fanatismo, meditazione, petulanza, nervosismo, esagerazione, irrazionalità divengono momenti in cui l’atto del perdono è una << causa >> della loro intensità. L’intensità di sentimenti che travolgono, ammaliano. Forse l’analisi semplifica e sdrammatizza la loro esistenza, o forse è la più sottile, la più insidiosa, mirabile maniera di rendere; drammi più terribili, più esasperanti. È una visione fortemente drammatica in cui si si scopre una Nin, la sua anima, dominata da qualsiasi cosa, qualunque scintilla di vita, così travolgente le cui forti correnti infuriano. Diveniamo così esseri umani feriti, delusi, forti, deboli in cui ogni cosa nella vita assume drammaticità, tragicità. La psicanalisi a questo proposito diviene un espediente per creare il caos. Si prende consapevolezza dei sentimenti che irretiscono, così grandi e profondi che destabilizzano, da cui scaturiscono un corollario di ferite aperte che ancora sanguinano. Nel combinare e interpretare l’arte, la Nin ha partorito stelle e gemme. Intestardita ad arroccare fermamente un diario, col timore di esporre il proprio Io al mondo intero, così incarnita, protetta, sensibile, che procura veleni e gemme, raggrumate e risplendenti in fantasmagorie della nevrosi. I suoi gesti involontariamente denotano un forte desiderio di cambiare gli uomini e le cose, un maturo atteggiamento speculativo che accetta la vita per quel che è. Lo scrittore come tale ha il compito di comporre un grande e unico individuo disposto a tutto pur di raggiungere il proprio scopo. In questo bellissimo paesaggio di esperienze, suoni, parole non sono ci si sente integrati, armoniosi l’uno con l’altro ma affinchè la vita possa darci una << spiegazione >> ad ogni cosa.
A sentire, avvertire la bellezza di questo amore irruento, selvaggio, travolgente, che mi ha letteralmente sconvolto interiormente, ho visto una giovane donna – all’epoca vent’ottenne – serbare un miscuglio di emozioni, sensazioni che a fatica tenne dentro e che riversò in quel contenitore imperfetto che è la scrittura. Queste lettere infatti hanno un tenore di vita vivace, irruento, esattamente come la vita della stessa autrice.
Poi, nel momento in cui posava la penna, prendeva possesso della realtà circostante per comprendere che sarebbe stato impossibile trascorrere anche un solo giorno senza poter scrivere. Era davvero insopportabile. Quella dell’autrice infatti fu una scrittura vemente, quasi disperata, mediante cui ebbe la capacità di accettarsi e accaparrarsi l’attenzione del lettore poiché mise a nudo i sentimenti. I suoi e quelli del suo amato. Amante della memoria viva, pulsante, palpitante, calorosa, da cui è possibile richiamare l’esperienza emozionale, la comprensione che si cristallizza al calore bianco. Affamata non soltanto di sesso ma anche di amore. Precipitata in un caos di follia, consapevole di aver commesso << delitti >> che faticò a tenere per se, rischiando il presente non voltandosi indietro a ciò che fa male.
Una cosa inconsapevolmente l’autrice l’ha fatta. Ha riempito il mio cuore di infinite doglie d’amore, di impulsi di mettere ogni cosa nero su bianco, come una debolezza, il timore nevrotico di perdere qualcosa. Ma rifugiarsi tra gli antri della scrittura equivale anche a rifugiarsi dentro il proprio guscio, sfuggendo al problema della scrittura al problema dell’arte, che è espressione della personalità, simbolo della lotta e una sfida ad ulteriori lotte in cui ogni cosa diviene così esasperatamente uguale, immersa in questa immobilità che stanca l’anima dal forte desiderio di fuggire da ogni cosa, dalla ricerca di un vero amore umano. Solo se disperati è possibile cogliere la verità, quella parola giusta che sembra quasi grummata, risplendente, fantastica per via della nevrosi.
Nel giro di qualche anno i gesti compiuti, le parole sussurrate, l’emozioni riversate sono state tante, perlopiù apparentemente distaccate poiché redatte da una donna apparentemente algida che fece fatica a ribellare i suoi sentimenti. Ma non nei riguardi di Harry, così trasparente e nitida, l’unico che potè risollevarla dalla natura romantica dei suoi umori, proiettò una pioggia di lance attraverso cui imprigionò, avviluppò ogni cosa nel suo intelletto. Grottesca e tropicale, tormentata e sola che interpretò il mondo nel momento in cui esso assunse svariate sfumature. Ho assistito a questa coloritura, a queste forme sgargianti, nella quiete, mentre il sole era splendente e smagliante, spruzzando di turchese il mio animo quasi il tutto fosse stato estrapolato da una superficie piatta, vittima di uno stato d’animo che non sa se destabilizzarti o ucciderti.
Dovunque questi due autori compariranno nel mio cerchio per ancora qualche tempo – della Nin ho già iniziato ad accumulare qualche sua opera, che ho già letto, mentre non ancora di Henry Miller. Un invito ad interpretare gli incauti sussulti di un cuore giovane, puro, ricco di amore e sentimento? Forse, il cui andamento severo, civile, austero, veemente, dal tocco leggero non manca di lirismo, sentimentalismo ma zeppo di crudeltà e di oscenità, con immagini schiette e nette dell’amore fisico. La distilleria di pennellate d’inchiostro che sono state prodotte furono il risultato di investimenti reali e veritieri che forse avevo inconsapevolmente bisogno, nonostante la logica e i progetti letterari. Come me! Precisa e meticolosa, sempre sul pezzo e mai impreparata. Ma quando è la stessa vita a sorprenderti, senza che tu nemmeno te ne accorgi, lo fa nel più intimo o subdolo modo, con una me già consapevole della natura irruenta dell’amore che torna ad osservare il mondo come quando era una ragazzina. Parole affamate, spasmodiche che mendicano, da cui sono scaturite scintille la cui luce ha perpetuato persino qualche giorno della sua intensa lettura.
Mi sono chiesta, nel mentre ho letto questa raccolta epistolare, ascoltando musica di pianoforte in sottofondo, e a leggere segreti, emozioni, ricordi estrapolati dalla risacca del tempo in cui inevitabilmente non ho potuto fare a meno di cadere nell’illusione di affondare lo sguardo in un diario intimo, in pari tempo in cui è stata elaborata una storia con infinita cura, affinchè mi è stato possibile comprendere ciò che i due autori hanno sempre desiderato. La guarigione avrebbe dovuto spingerci a comprendere chi siamo ma soprattutto a curarci. Fanatismo, meditazione, petulanza, nervosismo, esagerazione, irrazionalità divengono momenti in cui l’atto del perdono è una << causa >> della loro intensità. L’intensità di sentimenti che travolgono, ammaliano. Forse l’analisi semplifica e sdrammatizza la loro esistenza, o forse è la più sottile, la più insidiosa, mirabile maniera di rendere; drammi più terribili, più esasperanti. È una visione fortemente drammatica in cui si si scopre una Nin, la sua anima, dominata da qualsiasi cosa, qualunque scintilla di vita, così travolgente le cui forti correnti infuriano. Diveniamo così esseri umani feriti, delusi, forti, deboli in cui ogni cosa nella vita assume drammaticità, tragicità. La psicanalisi a questo proposito diviene un espediente per creare il caos. Si prende consapevolezza dei sentimenti che irretiscono, così grandi e profondi che destabilizzano, da cui scaturiscono un corollario di ferite aperte che ancora sanguinano. Nel combinare e interpretare l’arte, la Nin ha partorito stelle e gemme. Intestardita ad arroccare fermamente un diario, col timore di esporre il proprio Io al mondo intero, così incarnita, protetta, sensibile, che procura veleni e gemme, raggrumate e risplendenti in fantasmagorie della nevrosi. I suoi gesti involontariamente denotano un forte desiderio di cambiare gli uomini e le cose, un maturo atteggiamento speculativo che accetta la vita per quel che è. Lo scrittore come tale ha il compito di comporre un grande e unico individuo disposto a tutto pur di raggiungere il proprio scopo. In questo bellissimo paesaggio di esperienze, suoni, parole non sono ci si sente integrati, armoniosi l’uno con l’altro ma affinchè la vita possa darci una << spiegazione >> ad ogni cosa.
A sentire, avvertire la bellezza di questo amore irruento, selvaggio, travolgente, che mi ha letteralmente sconvolto interiormente, ho visto una giovane donna – all’epoca vent’ottenne – serbare un miscuglio di emozioni, sensazioni che a fatica tenne dentro e che riversò in quel contenitore imperfetto che è la scrittura. Queste lettere infatti hanno un tenore di vita vivace, irruento, esattamente come la vita della stessa autrice.
Poi, nel momento in cui posava la penna, prendeva possesso della realtà circostante per comprendere che sarebbe stato impossibile trascorrere anche un solo giorno senza poter scrivere. Era davvero insopportabile. Quella dell’autrice infatti fu una scrittura vemente, quasi disperata, mediante cui ebbe la capacità di accettarsi e accaparrarsi l’attenzione del lettore poiché mise a nudo i sentimenti. I suoi e quelli del suo amato. Amante della memoria viva, pulsante, palpitante, calorosa, da cui è possibile richiamare l’esperienza emozionale, la comprensione che si cristallizza al calore bianco. Affamata non soltanto di sesso ma anche di amore. Precipitata in un caos di follia, consapevole di aver commesso << delitti >> che faticò a tenere per se, rischiando il presente non voltandosi indietro a ciò che fa male.
Una cosa inconsapevolmente l’autrice l’ha fatta. Ha riempito il mio cuore di infinite doglie d’amore, di impulsi di mettere ogni cosa nero su bianco, come una debolezza, il timore nevrotico di perdere qualcosa. Ma rifugiarsi tra gli antri della scrittura equivale anche a rifugiarsi dentro il proprio guscio, sfuggendo al problema della scrittura al problema dell’arte, che è espressione della personalità, simbolo della lotta e una sfida ad ulteriori lotte in cui ogni cosa diviene così esasperatamente uguale, immersa in questa immobilità che stanca l’anima dal forte desiderio di fuggire da ogni cosa, dalla ricerca di un vero amore umano. Solo se disperati è possibile cogliere la verità, quella parola giusta che sembra quasi grummata, risplendente, fantastica per via della nevrosi.
Nel giro di qualche anno i gesti compiuti, le parole sussurrate, l’emozioni riversate sono state tante, perlopiù apparentemente distaccate poiché redatte da una donna apparentemente algida che fece fatica a ribellare i suoi sentimenti. Ma non nei riguardi di Harry, così trasparente e nitida, l’unico che potè risollevarla dalla natura romantica dei suoi umori, proiettò una pioggia di lance attraverso cui imprigionò, avviluppò ogni cosa nel suo intelletto. Grottesca e tropicale, tormentata e sola che interpretò il mondo nel momento in cui esso assunse svariate sfumature. Ho assistito a questa coloritura, a queste forme sgargianti, nella quiete, mentre il sole era splendente e smagliante, spruzzando di turchese il mio animo quasi il tutto fosse stato estrapolato da una superficie piatta, vittima di uno stato d’animo che non sa se destabilizzarti o ucciderti.
Dovunque questi due autori compariranno nel mio cerchio per ancora qualche tempo – della Nin ho già iniziato ad accumulare qualche sua opera, che ho già letto, mentre non ancora di Henry Miller. Un invito ad interpretare gli incauti sussulti di un cuore giovane, puro, ricco di amore e sentimento? Forse, il cui andamento severo, civile, austero, veemente, dal tocco leggero non manca di lirismo, sentimentalismo ma zeppo di crudeltà e di oscenità, con immagini schiette e nette dell’amore fisico. La distilleria di pennellate d’inchiostro che sono state prodotte furono il risultato di investimenti reali e veritieri che forse avevo inconsapevolmente bisogno, nonostante la logica e i progetti letterari. Come me! Precisa e meticolosa, sempre sul pezzo e mai impreparata. Ma quando è la stessa vita a sorprenderti, senza che tu nemmeno te ne accorgi, lo fa nel più intimo o subdolo modo, con una me già consapevole della natura irruenta dell’amore che torna ad osservare il mondo come quando era una ragazzina. Parole affamate, spasmodiche che mendicano, da cui sono scaturite scintille la cui luce ha perpetuato persino qualche giorno della sua intensa lettura.
Le parole sono piene del mio sangue,
della mia passione per te, della mia fame di vita, sempre più vita, eterna
vita. Tu mi hai dato vita, tu sei la fiamma che arde dentro di me e io sono il
custode della fiamma. Anche io ho un sacro compito.
Valutazione d’inchiostro: 5
Ottima recensione, libro interessante, grazie
RispondiEliminaA te ☺️
Elimina