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lunedì, settembre 20, 2021

Gocce d'inchiostro: L’allestimento. Per Ecuba. Due atti unici - Elena Griseri e Francesco Scarrone

Una grande pace di morte regna fra queste pagine. La sua è la realizzazione di un progetto letterario fra un autore, uno sceneggiatore e un attrice, in cui camminarci in mezzo a un vasto numero di parole, suoni e colori mi indusse ad avvertirne fortemente la sua essenza. Ho letto questo piccolo poemetto in un pomeriggio di metà settembre, che piantò un seme in un terreno già ricco di prodotti letterari importanti e letterari e che sono stati messi in evidenzia in queste pagine affinchè allestisse una certa idea di trasversalità del fenomeno della guerra nella storia dell’essere umano. Per i due autori fu la stessa rappresentazione di inscenare la figura di Ecuba, con le medesime fattezze di quella della Dea greca e di cui lo stesso Shakespeare ne decantò le lodi nel suo Amleto.
E fu così che camminando di verso in verso, sono entrata in questa piccola rappresentazione, in questo piccolo squarcio di vita, ammessa alla presenza di questa donna senza dovendo mostrare le mie conoscenze, proiettato in un luogo nella sua museale accuratezza della vita, che resta come sospesa. Un filo di un ultimo sole era entrato dall’alto di una finestra facendomi vedere queste strane figure di dee dipinte sui muri, dai contorni dorati e splendidi, allineati sulla mia pelle come piccole creature la cui sola
presenza innesca un sentimento di tragedia. Poiché essa stessa  è il tentativo dell’uomo di sottrarsi al proprio destino.

Titolo: L’allestimento. Per Ecuba. Due atti unici
Autore: Elena Griseri e Francesco Scarrone
Casa editrice: Voglino
Prezzo: 8 €
N° di pagine: 96
Trama: Opera di metateatro, va oltre il semplice testo teatrale per affrontare il tema del non arrendersi mai, perché chi rinuncia a battersi finisce per accontentarsi di ciò che ha già; un invito ostinato a perseguire i propri sogni, a non abbandonare la mischia quando la battaglia si fa dura.


La recensione:

Mi viene da pensare, che se talvolta non ci si butta nella mischia certe cose non le si legge o vivono mai. Sedermi nella mia poltrona preferita con il Kobo posto sulle gambe a mò di leggio e rivolgermi a due autori esordienti italiani che, al momento della loro proposta di lettura, mantennero la promessa nell’assolvere il compito di accompagnatori in una landa deserta e sconosciuta per la sottoscritta. Ci siamo. L’aria era immobile, qualche alito di vento che ogni tanto scuoteva le fronde degli alberi e davvero mi parve di tornare in un epoca che conobbi solo mediante i libri di storia. La presenza del mondo greco, la presenza costante di dee e divinità giocavano con il mio essere lettrice curiosa che vede anche al di là di quel che è a vista d’occhio, nel mentre in cui mi resi conto di come la suggestione sia facile a cercarla, e, come i posti, gli oggetti, le persone, i messaggi sparpagliati abbiano una loro vita nascosta che si rivela a chi la conosce.
Un gioco che mi piace attuare ogniqualvolta mi approccio ad un romanzo, checchè esso sia conosciuto o meno, in cui vesto i panni di qualcuno che vive nel passato anche mediante quei pochi attimi, in un altro tempo al quale tante volte ho l’impressione di appartenere più che al mio, e mentre ripongo queste poche righe penso che in un certo senso ciò è anche quello che ho provato nel leggere questa piccola operetta. Penso che sarebbe strano vedermi dall’esterno, muovermi in luoghi in cui prima non ne conoscevo nemmeno l’esistenza. Poi prendo conoscenza del mondo circostante, e la visione scompare. Grazie ai libri scopro sempre che la mia esistenza si prolunga.
Nel leggere questa operetta teatrale ripenso a quello che ho letto e mi rendo conto di come il limite fra realtà e fantasia, fra la normalità e ciò che gli altri possono chiamare follia, sia tenue, a volte quasi impercettibile. Il mio rapporto con le opere teatrali non è mai stato idilliaco, fin quando non mi imbattei in Amleto. E questa opere richiami vasti aspetti delle opere shakesperiane, in particolare quelle riguardanti un momento in cui Amleto chiama Ecuba a gran voce. Io mi reputo ancora molto ignorante, e mi premuro sempre ad essere sul pezzo. Approfondire ciò che leggo, affinchè ogni domanda riceva una sua risposta. Capace di stare di qua e di là, di << giocare >> con i libri come fossero persone cui mi appresto a conoscere, o di credere che i libri rispecchino la mia anima.
Quel che è innegabile è che io, la concetrazione del mio essere, accresce il volume del mio stato mentale, arricchiscono il mio bagaglio culturale, mi donano la vita, ne fanno molto più di quel che è un semplice oggetto, il libro, così insignificante per molti. Ma non è così che molti autori arrivano all’anima di chi legge? Non è questo il senso della famosa storia greca raccontata da questi due giovani autori? Un bagaglio di emozioni altalenanti aveva distorto la mia anima, ma ricordo con nitidezza quegli strani e forse per molti irrilevanti “dettagli” che a me hanno dato molto più di quel che credevo. Per esempio che dietro a una prosa asciutta, semplice si nascondono abili lettori di anime. Attori, sceneggiatori, cantautori che mediante versi si sono avvicinati alle cose, sottolineandole nel modo più accurato possibile.
Questi pensieri resuscitano in maniera incoerente soprattutto quando alla fine del romanzo non c'era più niente, il vuoto di una pagina bianca. Intenta a fissare la sua anima, racchiusa nei limiti del possibile, in un viaggio di cui resta poco ma tutto, in cui il tempo sembra scorrere con ordine. Va e viene in qua e in là come gli pare e piace.
Lontana centinaia di chilometri da tutto e da tutti, che sono al buio o inondata dal bagliore accecante di un mattino soleggiato, senza prospettive in qualunque direzioni guardi, durante la lettura de L’allestimento sono stata come folgorata dall’idea che l’anima degli autori fosse legata a un certo numero di cose, e nella mia testa ne compilo una lista scrupolosa. Ci sono anche le innumerevoli gioie o fugaci momenti di esaltazione che hanno confezionato così bene  e che inseriscono in una tragedia antica come questa una nota anacronistica ma più moderni. La consapevolezza o il pensiero che la vendetta non sia in grado di dare la pace a un anima ferita. Ma che genera esclusivamente dell’odio. La rappresentazione perfetta di una donna che si lascia contagiare e intaccare dal male. Anche ricordi di una donna che si butterà dentro ad una valle di fuoco, ha vissuto dentro feroci tempeste, vagato come uno spettro nella valle oscura del sentimento.
Così con l'aiuto di tutte queste cose insignificanti ( si fa per dire, naturalmente) poco per volta sono riuscita a tornare da questa parte. Come due piccole luci che avanzino parallele attraverso uno spazio buio, e a poco a poco vadano avvicinandosi impercettibilmente. A mano a mano che mi avvicinavo, senza che me ne accorgessi queste mie visite inaspettate nel cuore della fervida protagonista divenivano qualcosa di gradevole e necessario. Quando me ne resi conto, provai una sensazione ancora più strana. Non mi sembrava cioè di aver incontrato una persona nuova, qualcuno che possedesse poteri o capacità paranormali, ma quasi di aver ritrovato qualcuno la cui anima coincise con la mia.
Qualcosa di molto semplice, custodito come un gioiello con un tocco completamente personale. Accovacciandomi in questa sferzata di colori, come un brusco colpo di scure che ha fatto cadere a terra una pesante coltre nera, ho volato nel cielo di settembre, immaginando di essere diventata una scrittrice di anime. In un delicato meccanismo, in un accozzaglia di parole che come pietre messe di traverso nella corrente di un fiume, mi hanno permessa di arrivare dall'altra parte.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti: