I miei amori letterari, le storie appassionanti e
avvincenti che ho letto e che amo leggere, mi prendono sempre alla sprovvista
non sapendo cosa aspettarmi o cosa tenere presente, con il cielo infuocato
dietro la silhouette nera degli alberi. Una melanconica canzone inglese,
trasmessa a tutto volume dalla soglia di scaffali stracolmi e ricchi,
indirizzati a me e me soltanto annunciano la presenza di tre sorelle, diverse
fra loro, che fecero della scrittura una scialuppa di salvataggio dinanzi a un
mare in tempesta. Annunciarono quello che poi sarebbe divenuto il sostentamento
dei miei giorni, il mio fabbisogno primordiale, che non smette di esserci e non
credo cesserà tanto facilmente. Donne non propriamente belle, ma incastrate in
quell’aura lucente e misteriosa che le contraddistinguono e che urlano e
parlano alla mia anima con estrema cura. Mi tirano per le braccia, con il
cuore, con il cervello, tentando di frantumare il mio spirito in minuscoli
frammenti ed uscirne guasta. Penso all’ultima esperienza con una delle sorelle
Bronte, lasciata qualche mese fa non troppo lontano da adesso, ma oramai
distante dai miei progetti di lettura. Bello il mondo ritratto, belli i
personaggi e le storie intessute, belle le trame intavolate a puntino, ma anche
con più sentimenti, meno leggi, meno regolamenti a un luogo prostato da
sofferenze o cause varie, dove queste tre lettrici di anime offrirono con
generosità e parsimonia un corredo di tematiche che in un modo o nell’altro ti
inducono a riflettere: a me, come lettrice e specialmente donna, ai loro amici,
ai loro abitanti, alle donne che perdono quasi la propria dignità, per poi
ricevere o confidare in quel piccolo riscatto. Chinque,
qualunque personaggio, checchè si tratti di un agricoltore o coltivatore,
vagano lungo il sentiero insidioso della vita con nient’altro che sentimenti
forti di insoddisfazione morale, un certo disagio a non poter modificare il
corso del tempo, sfiaccati e sfiniti, logorata da forze che ostacalano
qualunque forma di progresso o ripristino. Il tutto proiettato in un epoca così
remota, velata da un’oscurità tanto indefinita che ogni parvenza di consuetudine
e ogni confine di laicità sfugge a qualunque forma di comprensione. Creature
che sono morte nel momento in cui furono consapevoli che l’Inghilterra stesse
avviandosi verso il declino più totale, sebbene qualcosa di essenzialmente
balsamico avrebbe potuto favorire ogni cosa. Mettere su del materiale
per scrivere un ritratto della storia della letteratura inglese è un esempio
per comprendere il passato e alcune nozioni del mondo circostante, sbarcare nel
mondo bronteiano, coinvolta nel dramma di queste disgraziate vittime, finendo
vittime di Rivoluzioni violente e inaspettate. Le sorelle Bronte, nei loro
romanzi, ci impelagheranno in situazioni inavvicinabili e crudeli, che per gran
parte della loro vita hanno sonnecchiato in solitudine, fin quando qualcosa e
qualcuno le sollevarono dal suolo come un’alveare circondato in cui le forme
vaghe sprofondarono come nebbia leggera e vaporosa.
Il raggiungimento di
svariate forme di indulgenza, che nascondono una grande oscurità: una necessità
di cimentarsi in qualcosa, di correre dei rischi, trovarsi sul filo del rasoio. Cercare soddisfazioni morali osservando
certi doveri sociali, politici, individuali, mantengono intatto il carattere e
le consuetudini di nobildonne rispettabili, vagabondando nei cuori di uomini
comuni con la certezza che l’amore avrebbe misurato ogni sua resistenza. In
vicende che sono uno squarcio realistico e sociale, attorno a gruppi di
funamboli insoddisfatti e combattivi per la realizzazione di ideali che
avrebbero fatto della loro esistenza espedienti per corrodere il passato,
abbracciando la religione, la forza dei sentimenti in un epoca che poteva
essere afflitta, da un momento all’altro, dalla sofferenza. Emily, Charlotte, Anne furono quelle
figure iconiche che espugnarono nelle loro opere il
desiderio di essere integrati nel mondo degli altri, così orgogliose da
salvaguardare la sua integrità nell'essere prodotte come esseri finiti in un
mondo infinito cui è possibile scorgere la luce. Quelle autrici i cui romanzi furono una sorta
di propaganda sociale, politico, individuale, che senza di loro devo dire non
saprei cosa voglia dire << letteratura>>. Quando ci incontrammo non
sapevo nemmeno chi fossero, ero un adolescente che divorava un fantasy dietro
l’altro e che arrancava a testa alta nel mondo insidioso della letteratura con
curiosità e interesse. All’età di diciassette anni, però, conobbi una di queste
sorelle, Emily, e ciò proclamò il nostro
incontro: un incontro definitivo che negli anni mi ha visto recarmi in
bellissimi posti, in caldi e furiosi abbracci. Un certo lirismo, una bontà d’animo che è
tipica delle sorelle Bronte, e che ho avvertito sempre più intensamente mentre
leggevo. Un nuovo passo per verificare o assecondare i suoi ideali letterari,
sentimentali, controversi che solo il piacere sordido, indescrivibile che dona
la parola scritta stordisce, partecipa alla ricerca di una realizzazione
personale.