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mercoledì, dicembre 15, 2021

Gocce d'inchiostro: Lo schiaccianoci - Ernst T A Hoffmann

Mi sono assuefatta della magia del Natale qualche settimana prima che fosse declamato sul mondo. Quest’anno, senza alcun sforzo ma come un processo volontario, l’impegno riservato al Natale è sorto spontaneo. Non che non sia stato così altri anni, ma senza una ragione questo 2021 mi ha sorpreso ad addobbare casa, le mie strapiene librerie prima del dovuto. Non c’è occasione migliore di questa nel cadere trappola delle casualità del destino, non dovevo fare assolutamente niente. Potevo concentrarmi e aspettare fosse il destino a chiamarmi e osservando ciò che mi circondava lasciando che i pensieri restassero tali, senza la necessità di tradurli in suoni, in parole, bastò che giungesse nel mio cerchio personale questo piccolo soldatino di legno. I primi giorni di dicembre, all’insegna di una settimana intensa che passò in un soffio, con i giorni tutti uguali scanditi da un preciso ritmo che, con la sua regolarità, non lasciò spazio all’ansia delle scelte. Tutto era previsto, organizzato. Perciò quando arrivò mi colse del tutto impreparata. Il rumore dei suoi passi leggiadri, la sua aura apparentemente minacciosa, orripilante che calò come un gigantesco sole, glorioso, dietro le montagne che d’improvviso calò nel buio e nel silenzio. Nello splendore di una città che si estende su un pascolo fertile e fiorito, questa storia ha scintillato nel mio cuore non tanto quanto per la figura dello stesso soldatino quanto della dolce malinconia che si deposita nel cuore di chi legge. Godendo dei fruscii e dei profumi che la brezza gelida della notte invernale mi regalò.


Titolo: Lo schiaccianoci
Autore: Ernst T A Hoffmann
Casa editrice: Bur Rizzoli
Prezzo: 15 €
N° di pagine: 135
Trama: Scritto nel 1816, ripreso da Dumas e trasformato in musica dal genio di Cajikovskij, “Lo Schiaccinoci” di Hoffmann da due secoli continua ad affascinare grandi e piccini. Fritz e Marie, come tutti i bambini, vivono con gioia i giorni del natale. Un amico di famiglia regala loro uno Schiaccianoci di legno: un oggetto all’apparenza innocuo, ma che darà via alle più incredibili avventure che i due fratelli abbiano mai vissuto. Durante la notte, in camera di Marie appare infatti lo spietato re dei topi, con sette teste e sette corone, alla guida di un esercito di roditori; Schiaccianoci prende vita e, divenuto generale dei soldatini, dei tamburini e dei pupazzi di marzapane, lo affronta. I due bambini vengono così trasportati in un mondo popolato da topi, fate, soldati principi e principesse, dove sogno e realtà si legano indissolubilmente.

 La recensione:

Mi abituai a respirare quest’aria natalizia molto prima di quel che credevo. Nel dodicesimo mese dell’anno, sin da quando ero bambina, mi è sempre piaciuto accogliere la nascita di Gesù con grande solennità. Nella mia famiglia, specialmente quando mia nonna era ancora in vita, lo spirito natalizio planava sui nostri cuori e li stanziava per molto più tempo di ciò che decretavano le settimane nel calendario.
È il momento in cui dovremmo essere << tutti più buoni >>. L’unica occasione per fare ammenda di ciò che quest’anno ci ha regalato, dispensato, non stare in panciolle e aspettare il miracolo ma esserlo tu stessa per chi ti circonda. Questo è quel magico momento in cui, a dispetto del periodaccio, di emergenze sanitarie, reclusioni forzate e quant’altro, mi piace protrarre questo tipo di magia in qualunque cosa. Nei libri, nei film, in qualunque progetto la mia coscienza mi pone dinanzi, generalmente riducibili su una poltrona messa in mezzo a un mucchio di libri.
Allo scoccare della mezzanotte sentì risuonare il rintocco di una campana. Tutte le luci si erano da poco spente e l’intera città piombata nel buio, nel silenzio e perlopiù nel sonno. Era l’ora in cui, distesa in una gigantesca massa di coperte e piumoni, godevo dei fruscii e dei profumi che la notte che decisi di immergermi in questa storia mi regalò. La presentazione di questo piccolo soldatino occupò gran parte dello spessore alquanto esile del romanzo. Fu un modo per conoscerlo e farmi un’idea chiara di chi era e soprattutto perché fosse così ricordato. C’erano però anche una bambina e una bellissima principessa, zii arcigni e severi, genitori iperprotettivi e ansiosi, che inconsapevolmente aspiravano all’accettazione. Al doversi destreggiare in un mondo irrimediabilmente osceno, scabroso, la diversità come forma di occultazione, rinnegamento attraverso cui non bisognerebbe disprezzare niente e nessuno il cui effetto fu piuttosto rimbalzante, quasi forma di ammenda per comprendere la realtà circostante.
Nulla che non avessi già visto, ma che genera una certa malinconia in quanto la sua lettura induce a riscoprire noi stessi, scovare la nostra identità. Non così semplice e infantile come sembra, ma molto più profondo in cui assetti virtuosi quali la fede, l’amore, i legami famigliari sono piccoli tasselli di una canzone ritmatica che ispessionano una strofa  il cui eco imperversa nel freddo gelido della notte.
Ed ecco che mi sono trovata qui, comodamente seduta sulla mia poltrona preferita, lontana anni luce da tutto e tutti, col desiderio insopprimibile di ritirarmi dalla vita come parte della tradizione natalizia affinchè potessi vivere altre storie, altri assetti di una tradizione ristagnante, rigenerante che ci impedisce di liberarci dall’eterna ruota del nascere e dal morire.
Questo piccolo romanzo lo spiega, non approfonditamente ma nei limiti del possibile, presentandosi come un piccolo gioiellino nel panorama dei classici imprescrindibili della letteratura per bambini e non: un soldatino il cui cuore di pietra sarà mutato grazie all’amore di una bellissima principessa, una famiglia che attende il giorno del Natale come da tutta una vita, rivolta verso noi stessi e alla scoperta di certi valori. Sempre gli stessi, ma mai banali e superficiali, ognuno con i suoi frutti i suoi diritti e doveri.
Come un valoroso guerriero tornato indenne da una cruente battaglia, Lo schiaccianoci è simbolicamente brulicante di vita, compresi i desideri, la liberazione definitiva di ciò che è giusto o sbagliato. Un rito perpetuo di vita e rinascita, come in ogni iniziazione, attraverso cui da una morte simbolica nasce la vita, dal vecchio nasce il nuovo. A suo modo anche la società ritratta in queste pagine, che si lasciò alle spalle l’epoca del Romanticismo vero di cui lo stesso autore fece una disamina, espugna una realtà concreta come un qualcosa di inconcepibile, assurdo, artificioso, mentre i sogni e le magie appaiono come aspetti assolutimente naturali e ovvi. Questa piccola opera a suo modo persegue questa meta istituzionalizzando questo passaggio perpetuando nei cuori di chi legge nel rimpianto di non essere stati quello che avremmo dovuto sempre essere: comprensivi, caritatevoli, vittime di un gioco perverso che dovrebbe indurci a smettere di sopraffare chiunque e qualunque cosa.

Valutazione d’inchiostro: 4

2 commenti: