Pages

lunedì, dicembre 13, 2021

Gocce d'inchiostro: Sasenka e L'amore ai tempi della neve - Simon Montefiore

Mi piacciono molto le storie che trasudano taciti misteri, che regnano in voluminosi o sottili volumi in pelle o dalla copertina rigida. Alcuni li considerano noiosi, con i loro continui andirivieni e la rigida presenza di un autore che se ne infischia delle buone maniere. Eppure, il fruscio leggero delle loro pagine, il loro profumo inebriante, tutto ciò ha da sempre sortito una sorta di fascino in me: qui riesco a riconoscermi nella mia pienezza, proveniente da una galassia ove vi regna la malinconia e l'insoddisfazione, in cui ci si ritrova in poche righe.
Non so di preciso da dove iniziare, ma se mi trovo qui è perché evidentemente c'è qualcosa che ronza nella mia testa. Avevo già letto di questa forte e coraggiosa donna, eppure mi trovo nuovamente qui, a parlare di lei e tutto ciò che ne conseguì, a qualche giorno di distanza dal Santo Natale. E mentre avanzo impettita fra le strade ghiacciate di una Mosca assediata dal regime stanliano, vi svelo i sentimenti che mi si agitarono dentro e ciò che mi venne in mente quando guardavo negli occhi la giovane Sasenka.
Penso che ogni romanzo necessiti di una rilettura, e dopo Sasenka sentì l’esigenza di proseguire imperterrita questo bellissimo percorso. In poche parole, divorai il secondo volume – che ingenuamente credevo fosse un continuo e non un volume a se – come compito che mi ero prefissata ad inizio anno. La fonte di tutta la saggezza che in un certo senso questo 2021 mi ha donato. Valendo non solo per questi due romanzi ma anche per tutti gli altri romanzi letti, che hanno mantenuto il loro spirito, la loro originalità, non facendosi sopraffare da alcunchè.

Titolo: Sasenka
Autore: Simon Montefiore
Casa editrice: Tea
Prezzo: 9, 80 €
N° di pagine: 623
Trama: San Pietroburgo, Inverno 1916. La rivoluzione è alle porte. Davanti all'istituto Smol'nyj per nobili fanciulle una governante inglese aspetta una ragazza, che però è attesa anche dalla polizia segreta dello zar; Sasenka Zejtlin ha solo sedici anni, un padre ricchissimo, una madre devota di Rasputin, e uno zio bolscevico che la converte alla causa rivoluzionaria. 1936. Sposata con un compagno che ha fatto carriera, madre di due figli e direttrice di un mensile, Sasenka conduce una vita agiata all'interno dell'èlite vicina a Stalin. Sopravvive alle purghe, ma alla vigilia della guerra commette un imperdonabile errore: per la prima volta in vita sua s'innamora veramente, con conseguenze impensabili per lei e per la sua famiglia.
1994. Più di mezzo secolo è trascorso, di Sasenka Zejtlin e dei suoi famigliari, dei colleghi e dei conoscenti, dello stesso Paese in cui hanno vissuto e si sono perse le tracce .. finché, Katinka, una giovane storica, viene incaricata di compiere una misteriosa ricerca. Destreggiandosi nei meandri degli archivi di partito, da poco aperti, Katinka mette insieme i pezzi di un puzzle drammatico che viene da un passato lontano e dimenticato, ma che riaffiora coinvolgendola ben più di quanto non avesse mai potuto immaginare…

La recensione:

La produzione bolscevica della giovane Sasenka nacque dalla realizzazione di fatti realmente accaduti negli anni quaranta, a tal punto che sul finire degli anni '90 un giovane e ambizioso studioso aveva nutrito una certa curiosità che aveva raggiunto livelli inimmaginabili. Sasenka, gli ebrei, i bolscevichi, Stanlin erano ovunque, adempievano alle più diverse funzioni sia fantasiosamente sia realisticamente, dove si muovevano a schiere, anime contrite e dannate che entrarono nella lotteria della vita. La loro presenza fra chi non visse la loro epoca, pertanto, divenne oggetto di studio. Naturale e imprescindibile tant'è che l'autore di questo splendido romanzo, in una sua recente intervista, li ritenne semplicemente docili marionette fatte di carne e ossa, che solo a distanza di molto tempo smisero di parlargli, favorendo in questo modo una splendida revisione letteraria, condensata in meno di settecento pagine, acquistando allegramente così l'attenzione di chi legge, convinti che questa nuova lettura avrebbe sortito innumerevoli effetti. Ad esempio, uno dei numerosi effetti primordiali che andò di pari passo con l'integrazione della mia anima sognatrice e romantica fra le sue pagine fu senza alcun dubbio la trasformazione di una ragazzina matura, coraggiosa e forte in una donna bolscevica dai forti principi e dalle solide convenzioni. Sempre più determinata, estromessa dal Partito russo e instancabile sostenitrice di cause non del tutto perse, in un mondo che aveva imparato a funzionare senza l'aiuto di nessuno.
Stando così le cose, accecata dal fascino e dall'ammirazione che avevo nutrito nei riguardi di questa donna, non è poi molto strano o innaturale che fra le sue pagine io non abbia scovato una parvenza pasternakiana. Le creature realizzate da Montefiore avevano preso vita propria di nascosto. E certi tentativi di rivolta, malgrado la loro innaturale frequenza, non mi sorpresero più di tanto che, fra le pagine de Il dottor Zivago, avevo assistito a questo e a molto altro. E non risulta quindi una coincidenza che Sasenka sopravvenne dopo qualche settimana sopraggiunse il dottore, perché questa storia non avrebbe potuto emettere un battito se non imbevuta da certi particolari.
Tutto questo infatti potei constatarlo quando tornai in me con una certa riluttanza. Non mi trovavo più nella meravigliosa Russia che l'autore aveva dipinto così bene, che mi aveva dato l'impressione possedesse qualcosa di trascendentale. Ma, sotto la trama bianca e fredda di questa storia camminai fra gruppi di anime dannate, il cui animo è stato macchiato da qualcosa di oscuro e ignoto.
Fra la bellezza di scenari noti o mai visti, ho magnificamente accolto il romanzo di Montefiore nel mio cantuccio personale. Non c'erano più inutili ansie o preoccupazioni: solo una ragazza che correva infreddolita all'interno di una limousine. Su uno scenario meraviglioso, freddo, quasi ostico, che batteva sul terreno tutta affannata a richiamare la mia attenzione. L'anima si era accordata al frenetico e appassionato ritmo di questo sogno russo, che fa cenno a quello di altri romanzi, facendomi cadere inebetita in uno stagno di parole e gioie infinite.
Per il fascino, misto a una buona dose di ammirazione e ammaliamento, per tutto il tempo trascorso qui, per il tono per nulla semplice e soave del canto e per la melodia così intensa e accecante che aveva sprigionato così bene la sua lettura, e per una scarsa tempistica, ho provato una dolce confusione, come un delirio beato, dolorosamente esaltante. L'essenziale era quello che mi stava attorno. Il mondo esterno mi stringeva da ogni parte, così tangibile, impenetrabile, incontestabile come una foresta. E se di questa vicenda ne ero rimasta completamente ammaliata era proprio perché in questo bellissimo disegno mi ero smarrita e ritrovata improvvisamente unanime, con i personaggi. Un disegno che ha scandito attimi di vita trascorsi in loro compagnia: la morte di Arianne; l'innamoramento precoce di Sasenka; i tumulti spregevoli del cuore giovane e ancora acerbo della graziosa Lara.
In queste pagine ho voluto fuggire nell'apparente silenzio della natura, nel muto carcere di un lungo tenace lavoro, nell'ineffabilità di un sonno profondo, in una vera musica o in un tacito contatto di sentimenti e amore, col cuore ammutolito dalla sua pienezza.
Mi è sembrato di assistere alla magnificenza di una fiaba, un sogno scintillante che, in un giorno qualunque, cominciò a cadere il suono, regolare e martellato, di una voce che in poco tempo era divenuta famigliare, già sentito qualche giorno fa. Una bella voce, penetrante e suadente.

Valutazione d'inchiostro: 5

🌺🌺🌺🌺🌺

Titolo: L’amore ai tempi della neve
Autore: Simon Montefiore
Casa editrice: Corbaccio
Prezzo: 16, 60 €
N° di pagine: 433
Trama: Mosca 1945; mentre Stalin si appresta a festeggiare la vittoria sui nazisti insieme ai suoi più stretti collaboratori, poco distante risuonano due spari. Un ragazzo e una ragazza vengono trovati morti su un ponte: non sono persone qualsiasi, bensì appartengono a due delle famiglie più influenti e più vicine a Stalin e frequentano entrambi il collegio più esclusivo dove studia tutta la nuova èlite politica e intellettuale dell’Unione Sovietica. Si tratta di un omicidio? Di un doppio suicidio? Di una cospirazione contro lo Stato? Le indagini si svolgono sotto il diretto controllo di Stalin, che fa interrogare i compagni di scuola costringendoli a testimoniare contro i loro amici, i loro fratelli e i loro stessi genitori, in una terribile caccia alle streghe che porta alla luce amori illeciti e segreti famigliari e in cui il più piccolo sbaglio può significare una condanna a morte.


La recensione:

Una sera un autore di mezza età amante della storia, ma soprattutto della Russia stanliana, volle che leggessi di lui, dei suoi due figli di carta che svettavano sulla soglia di una libreria fin troppo capiente, invitandomi a varcare i cieli freddi e grigi di una San Pietroburgo che da sempre desta il mio fascino. Quella nel periodo zarista in cui il popolo è prostrato da lotte al potere, soprusi e maltrattamenti che conferiscono un aura alquanto inquietante, malinconica, drammatica e che non lascia spazio a niente. Forse a un rimasuglio, uno sprazzo di vita che seduce,  delizia sacrificando il vecchio moralismo della rivoluzione a scopi estremamente personali. Il mondo è soffocato da qualcosa di potente, incolto, retto dalla fredda macchina della Storia.
Non era vero, come sostenevano in molti, che ci fosse un Dio ad aver aizzato tutto questo. Dalle sue forti mani fosse scaturita una scintilla che ha manomesso ogni cosa. Col suo divino invito colpire l’umanità, creando violenza carnivora della razza umana. I russi erano arrivati alla stessa violenza senza la Bibbia, e per millenni questa di sopravvivere con raffinata tortura ogni individuo è parte della stessa cultura, delle religioni, di qualunque forma di credenza religiosa o politica che avrebbe giustificato ogni cosa.
L’argomento che trattano queste pagine è molto simile a quello che l’autore ritrae nel volume di Sasenka. Si parla di regime russo, stanliniano, di famiglie che alenano a vivere nel romanticismo se non nella morte come forma di forza e coraggio, nella realizzazione di piccoli agglomerati umani sorretto da un mondo di metallo da cui non se ne vede la luce. Niente di peggiore o imparagonabile al Capitalismo, che tuttavia rende vivi. Si perché il solo modo di combattere era una risposta alla sopravvivenza.
Io, come lettrice, non ho mai creduto a ciò che vedo. Sono sempre stata piuttosto diffidente, e prima di realizzare un’idea mi guardo attorno e vaglio qualunque possibilità. Approfondisco, leggo, cerco informazioni sul web, non lascio nulla al caso. Succede che quando un romanzo approda nel mio cerchio debba scoprire da dove proviene. Con questo secondo volume ero già avvantaggiata, e sradicata la via attorno a una landa deserta molto simile a quella che avevo già visto, ho accolto la lettura di questo secondo volume come l’inganno più crudele potesse essere stato riservato. Perché la speranza che si cova, la follia delle passioni, dell’emozioni non sono niente a confronto di una derivante felicità. La molla che fece scattare ogni cosa fu proprio questa. Poi, col passar del tempo, mi sono resa conto che, avvezza a respirare quest’aria così malsana, fredda, austera, solenne, estremamente tragica che sedimenta nel cuore di chi legge, cogliendo assetti del regime russo come forme di privazioni, vite antropomorfe, l’isolamento che si contrappone a una dimensione famigliare implicita, analoga a quella di altri romanzi, più ricca e proficua che trova maggiore sfogo in luoghi che esaltano il periodo storico. Privo di qualunque forma di consolazione, comprensione, amore affidata alla sfera privata e sociale di cui ci si sente intrappolati grazie a una certa dipendenza.
Il mondo perfettamente << razionale >> in cui noi uomini siamo allevati come animali per essere uccisi è un ottimo esempio delle barbarie della ragione. Ma anche il rischio è una forma di vita che, sordo in ogni argomento, è un prodotto naturale, un meccanismo attraverso cui ci si difende. Bisognerebbe che ognuno di noi avesse sentito certi reclami, certe grida, prima di aizzare guerre e rivolte varie. L’amore ai tempi della neve, così come Sasenka, in un certo senso espugna tutto ciò, evidenzia il terrore di quella violenza, il veleno di quella improvvisa paura dell’uomo sottomesso da qualcosa più forte di lui. È una questione che va al di là del semplice reclamo di una supremazia, ma è più una questione di ideologie. Un problema di morale che non tutti comprendono. Decidere di non aizzare violenza contro i più deboli.
Era stata imbandita una grande tavola che in un certo senso mi ha un po’ reso scontenta a dispetto del volume precedente ma che, con la sua ricchezza di temi e elementi, non ho potuto fermare quell’ondata devastante del suo essere innovativo e << vero >>. Inaugurandosi al centro di una strada che ha esordito repentinamente, di forte impatto, suggerendomi di andare a dare un’occhiata mettendomi in guardia contro i prodotti non sempre genuini o sperimentali del regime nazista. Allineato su una lunga fila di romanzi, perlopiù letti e vissuti, piccoli agglomerati di piacere in cui ognuno cela un pezzo della mia anima, L’amore ai tempi della neve è un bell’esempio di tutto quello che la Russia in tanti anni di storia è diventata: affarista, potente, maestosa, poco affidabile. Mirata alla cura di dettagli, nozioni che sciorinano la storia di anime che si sentono imprigionate, soffocate da una realtà che presto sarebbe diventata la loro. Zeppo di ingiustizie, oscenità in cui si alena a scovare un tipo di libertà, pragmatismo dal quale  avrebbe decretato tutto e niente. Condotta alle porte di un regime sovietico che si estende attorno a grandi agglomerati, in cui non ho potuto fare a meno di restare da parte a osservare, concentrata a reggere sul palmo delle mani quest’immaginaria palla del mondo che Montefiore aveva ritratto così bene.
Valutazione d’inchiostro: 4

2 commenti: