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venerdì, aprile 14, 2023

Quattro gocce in quattro giorni: romanzi vissuti in poco tempo

La mia vita, delle volte, sembra somigli a un libro, una storia che comincia a pagina 1 e va avanti finchè l’eroe o l’eroina non muore a pagina 250 o 300, ma ora che il futuro immaginato stava cambiando, stava cambiando anche la sua interpretazione del tempo. Il tempo, mi rendo conto, non è per molti un grande alleato. Va sempre avanti, mai indietro, e siccome nei libri le storie si possono anche tornare indietro, la metafora del libro può anche stare in piedi. Ho accolto la lettura di questi romanzi checchè io non ne sapevo nemmeno l’esistenza. Di Dickens di cui ho già letto alcuni suoi romanzi, e altri autori, di cui sicuramente leggerò presto altro, non conoscevo affatto. 

Dunque, al limite, la vita mi aveva regalato queste belle sorprese. Molto simile alla struttura di altri romanzi classici che conosco, all'esperienze quotidiane che si vivono sulla pelle, giorno dopo giorno, ma ho comunque proceduto su una strada che, imperterrita, mi ha donato sensazioni, ho riscontrato forti emozioni, che non si aspettava che letture apparentemente semplici potessero essere piccole perle. Graziose ma preziose.

Titolo: Le campane. Storia fantastica di campane annuncianti la fine di un anno e il principio dell'altro
Autore: Charles Dickens
Casa editrice: Elliot
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 112
Trama: Toby Veck, detto "Trotty", è un tuttofare vessato da uomini ricchi. Sua figlia sta per sposarsi, ma il matrimonio lo preoccupa non poco. Schiacciato da mille angosce, nella notte di fine anno sente un richiamo di campane provenire dalla chiesa di cui è umile custode. Arrivato alla chiesa, Trotty trova la porta aperta e, una volta salito fino al campanile, si ritrova a vivere un'esperienza unica, tra sogno e veglia. Racconto di spettri e di visioni, nel più puro stile vittoriano inglese, la novella è divisa in quattro capitoli chiamati "quarti" a ricordare le ore scandite dai campanili e fa parte dei celebri "Christmas Books" di Charles Dickens, narrazioni tra il reale e il fantastico pervase dallo spirito del Natale. «Il mio scopo principale fu di risvegliare pensieri di amore e di perdono» scrisse l'autore presentando questi libri che ancora, come i migliori classici, sanno parlare al lettore contemporaneo.

 La recensione:

            Com’è duro invecchiare, morire e pensare che avremmo potuto consolarci e aiutarci l’un l’altro; com’è duro continuare per tutta la vita a volerci bene e a tormentarci separati l’uno dall’altro e a vederci l’un l’altro lavorare, mutare d’aspetto. Farci vecchi e grigi!

Il tempo sembrava muoversi in due direzioni perché ogni passo che ho compiuto è stato predominante, porta dietro di se un ricordo del passato, e anche se di questa storia non ne sapevo nemmeno l’esistenza ho accumulato una serie infinita di ricordi per sapere che il mondo intorno a me veniva plasmato di continuo dal mio mondo interiore, così come ogni altro lettore è plasmato con i ricordi della sua esistenza del mondo, e come tante altre lettrici anche io mi sono sentita collegata dallo spazio circoscritto di queste pagine che ho occupato e hanno occupato le protagoniste, gigantesche, dorate campane, la cui storia di cui furono protagoniste fu molto simile a quella del Canto di Natale, con la differenza che la si vive in modo diverso.
Cos’aveva di diverso tutto questo? E in che modo ha destato la mia attenzione? Innanzitutto, lo Scrooge che conosciamo qui è soppiantato dalla figura di un padre, che, assieme alla figlia, vivono di stenti, allegoria della stessa povertà, lontani dalle buone e generose azioni di uomini ricchi, un uomo completamente diverso dal tirchio Scrooge che vivono confidando nella prosperità dell’umanità, con la sua complessa e tormentata vita interiore concepiti forse come desiderio di crearsi un destino eroico, da cui in un modo o nella‘altro avremmo tratto insegnamento.
La solitudine, l’amore non ricambiato, la mancata compassione per queste povere vittime, lascia un segno indelebile sul cuore, nella profondità del nulla. Nel pellegrinaggio della sua vita si sono riversate in quel contenitore che è la sua anima, corrodendolo e annientandolo senza che questi se ne accorgesse. Avvolto da un manto di comprensione ma cinismo che ha le più svariate forme. Eppure, nel cammino impervio della sua vita, esaminerà a fondo ogni cosa, riconoscendo la natura del cuore umano, la bontà, un piccolo miracolo per il semplice fatto di aver dovuto capire quanto sia impensabile smettere di amare qualcuno. Alla ricerca di una via che porti alla redenzione e liberi dal pesante fardello della vita in grado di scaldare il suo freddo cuore in qualche notte, in maniera impercettibile e continua, che riempia il nostro animo.
La comprensione nasce dall'umiltà non dall'orgoglio di sapere. E per Toby Veck, custode di segreti nonché riparo alla paura stessa, il bisogno di comprensione sarà così grande che non gli importerà più cosa significhi esattamente o quanto dovrà pagarlo in seguito. Beneficio per la sua anima circondata da ombre evanescenti, scrutando se stesso, tutto quello che lo circonda, con la sua coscienza e tre simpatici fantasmi che hanno il potere di impartire lezioni. Lezioni di vita. Motoseghe elettriche nei cervelli di chiunque.
La percezione dell'io, abbozzato e incerto, che ritrae un immagine sfocata del noi stessi, e che getta una particolare luce sulla verità che coincide con lo stesso Toby. Collegando il ricordo del tempo a un momento particolare della sua vita, costruendo un'impressionante galleria di fantocci animati, magistralmente disegnati in pochissimi ma salienti tratti.
Una storia indimenticabile e perfetta che, nella sua brevità, riesce a trasmetterci un certo dolore. Un contenitore di verità fondamentali che pochi individui sono in grado di comprendere. Una ricostruzione attenta che funge da monito verso coloro che continuano a costruire delle solide barriere attorno a se stessi.

Valutazione d’inchiostro: 4


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Titolo: Una sirena a Parigi
Autore: Mathias Malzieu
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 192
Trama: Una pioggia ininterrotta si abbatte su Parigi. È giugno del 2016 e la Senna è in piena; un'atmosfera apocalittica e surreale avvolge la città. I dispersi sono sempre più numerosi e il fiume trascina oggetti di ogni tipo. D'un tratto, un canto ammaliante e misterioso attira l'attenzione di Gaspard Snow che, incredulo, sotto un ponte scopre il corpo ferito e quasi esanime di una sirena. Decide di portarla a casa per prendersene cura e guarirla, ma ben presto tutto si rivela più complicato di quanto non sembri. La creatura gli spiega che chiunque ascolti la sua voce si innamora di lei perdutamente fino a morire, e nemmeno chi come Gaspard si crede immune all'amore può sfuggirle. Inoltre, come può un essere marino vivere a lungo lontano dall'oceano? Gaspard non si dà per vinto e trova nell'ingegno, nell'estro e nel potere dell'immaginazione gli strumenti per affrontare questa mirabile avventura e difendere un altro grande sogno: salvare il Flowerburger, il suo locale a bordo di un'imbarcazione, un regno di musica, arte e libera espressione.

La recensione:

 

Fuggire, sfuggire, consacrassi al passato e al proprio sogno fino a trasformarlo in realtà. Astuzia, artificio. Un invito più a vedere che a guardare. Distruzione della serietà, ardore poetico.

 

Non si sa mai cosa può riservarci il Destino. Non si sa mai cosa può regalarci la Vita. L’esperienza mi ha aiutato a maturare la consapevolezza che, nonostante siamo noi gli artefici del nostro Destino, se esso si mette in mezzo, può modificare completamente i nostri piani.
Mathias Malzieu era un autore che non avrei mai ospitato in questo salotto letterario, mi dicevo, sino a qualche mese fa. I suoi libri, impregnati di uno stile architettonico che stona e sfrega con quello classico di cui sono abituata, erano un << repellente >> per la mia anima, costruita accuratamente mediante una corazza di elementi in cui la modernità del secolo cozza con gli idiomi del passato.
Questo romanzo però giunse in un momento imprecisato della mia vita, cogliendomi completamente impreparata, mediante l’ennesima sfida indetta su Facebook che, quando seppi della nuova scelta proposta, sapevo che sarebbe trattasi dell’ennesima delusione letteraria. Non che mi piacesse giudicare un romanzo dalla sua copertina – anche se la sua copertina non è affatto brutta! -, ma il suo stile, il modo per cui sono state narrate le prime dieci pagine furono il segno di quanto le mie supposizioni fossero veritiere. La mia anima fu piuttosto combattuta, la storia pullulava qualcosa di già visto che prese sul serio le umili gesta di un uomo come tanti, Gerald, che sapeva  che quello di consacrare i suoi sogni, realizzarli in questo mondo, fosse la più grande fesseria mai detta. Quanto invito a guardarsi dentro e scoprirsi con gli occhi degli altri, che poteva equivalere una certa crescita personale e avere la possibilità di raddrizzare il mondo passando dalla semplice stiva in cui sono rinchiusi i suoi desideri a viverli in prima persona.
Qualcosa insomma che appare con una parvenza di solennità, quasi una ninna nanna magnetica che ci è stata sussurrata con dolcezza che tuttavia sortisce una certa insoddisfazione, una certa amarezza che sedimenta nel cuore come un male incurabile. Si passa dunque da una narrazione apparentemente semplice e romantica a un groviglio di sentimenti che non hanno mai piena maturazione, sfiorano la magia del romanticismo, di un bacio rubato nel cuore della notte, con disgraziatamente una certa banalità, una certa inutilità nel rendere i sogni il motore, la forza prorompente di ogni cosa quando di sogni, di magia, se ne tocca la consistenza ma non se ne assapora la sua sostanza. Collegando quel ponte invisibile fra mondo di qua e quello di là, specchio di azioni individuali che risucchiano poi nell’inevitabile, nella fatalità, nell’ineluttabilità del destino.
Il problema, se così lo si vuol definire, è sembra di essere immersi in un sogno da cui sembra impossibile svegliarsi e la magia di cui sono amalgamate queste pagine ammantano le nostre fragili membra con estrema cura, ma scivolano in un secondo momento in forme di genio intellettivo in cui l’immaginazione non è solo una bolla di sapone decorativa, quanto un’identità, anima dello stesso romanzo. E quindi << condannato >> a restare intrappolato in questa condizione di futilità e finzione.
Spesso mi capita di sentire gente che si arrabbia, a volte si dispera o tormenta senza posa il proprio spirito, quando non ricordano il nome di una persona o il luogo esatto per un avvenimento e prendono questo come un segno del decadere, della sbadataggine, un segno che riveli come nell'ingranaggio della mente ci sia qualcosa che non va. Anch'io, che ho trent’anni e non ho mai mostrato segni di sbadataggine, talvolta, mi accadono analoghe situazioni. Ma, a pensarci bene, è un meccanismo del tutto normale: nel palcoscenico artificiale della vita estrapoliamo ricordi, nozioni come piccoli dettagli stanziati nel nulla, mettendo da parte ciò che è irrilevante, quando poi io, per una ragione e per un’altra, vado a frugare nei suoi recessi.
Dopo tanto tempo, una lettura come quella del romanzo di Malzieu aveva lasciato poco: la possibilità di modificare passato, presente e futuro, e la speranza di poter amare ed essere amati. Ecco Una sirena a Parigi un uomo solo che si crogiola nel dolore senza aspettare alcun aiuto divino.
Come dispensatore di sogni e speranze ristabilite, allontanandomi dalla vita, dalla routine, attingendo ad emozioni che aspettano sotto l'ombra di essere chiamate ed evocate, prima che il fuoco della vita se le prenda e le ammutolisca, questo romanzo avrebbe dovuto sortire questo effetto. Non completamente, ma perlomeno in buona parte in quanto proiezione egoistica del desiderio di due anime, che hanno poi lo scopo di riunirsi, che disgraziatamente non giunge a maturazione. Un punto nero tra la parola "solitudine", una dolcezza velata di tristezza e sconforto che va a cercare sentimenti nascosti nel più intimo dell'essere ma disgraziatamente non li trova. La storia di un uomo come tanti, che nuota contro un fondale nero come un lungo serico filo bianco che ha cominciato a srotolarsi una mattina di qualche anno fa, quando per divertirsi il palazzo oscuro della coscienza lo proiettò in una realtà parallela cui, inconsapevolmente, rimase intrappolato. In un mondo che ha la bellezza dei sogni, le cui immagini hanno la lucentezza di un’opera d'arte, da cui fuggì grazie all’incontro di una bellissima sirena. In uno stato di alienazione privo di alcun ragionamento sensato, che disgraziatamente impedisce di galleggiare impunemente in uno strano stato di ebbrezza quanto insoddisfazione, scivolato addosso come se niente fosse non abbracciandolo nella sua quotidianità; rivelandosi, come una storia che non ha una sua storia… ma nemmeno una sua anima!

Valutazione d’inchiostro: 3

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Titolo: D’inverno. Il potere del riposo e del ritiro nei momenti difficili
Autore: Katherine May
Casa editrice: Tea
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 240
Trama: Circostanze impreviste come una malattia improvvisa, un lutto, una separazione o la perdita del lavoro possono far deragliare una vita. Periodi di scompiglio possono essere fonte di scompensi e paure. Può darsi che ci si trovi già in bilico sul ciglio del burrone, ma per Katherine May l'inverno comincia davvero quando il marito si ammala, il figlio smette di frequentare la scuola e i suoi stessi problemi di salute la portano a lasciare un lavoro troppo impegnativo. In una commovente narrazione personale, Katherine May racconta non solo come ha affrontato questo periodo doloroso, ma anche come ha imparato ad abbracciare le inattese opportunità che l'inverno le ha offerto. La luce può emergere da molte fonti: le celebrazioni di un solstizio e il letargo dei ghiri, la lettura di C.S. Lewis e Sylvia Plath, nuotare in acque ghiacciate e navigare nei mari artici. Piccoli spiragli di leggerezza in cui Katherine May trova la forza per accettare la tristezza, il nutrimento di un profondo riposo, la gioia della bellezza silenziosa della stagione fredda e l'incoraggiamento a comprendere la vita come ciclica, non lineare.

La recensione:

 

Nella trama del nostro quotidiano, nella fibra del mondo, ci sono delle crepe: a volte queste crepe si aprono, noi ci cadiamo dentro e finiamo altrove.

 

Sono sempre stata una persona gentile, brava, rispettosa delle regole e delle leggi, del prossimo e di chi mi circonda, una persona normale che vive e conduce un’esistenza normale. Delle volte capita che la mia vita, generalmente tranquilla ed equilibrata, sia sconvolta da strani eventi. Checchè lo si voglia, a determinare il nostro destino delle volte non siamo noi ma la realtà circostante, le persone che scandagliano momenti di apparente normalità, surclassando le nostre giornate al punto da lasciarci travolgere emotivamente e fisicamente.
Da quant’è ho abbracciato la lettura dei saggi come una specie di quieta deferenza, un po' sgomenta di aver già conosciuto questo mondo, ho accettato l’invito di leggere fedelmente queste opere non giudicando quanto capendo. I saggi in un certo senso svolgono questo compito: scivolano nei recessi della nostra memoria e, inaspettatamente, la nostra anima coincide con quella della sua autrice o del suo autore. Questo saggio, il cui titolo è un chiaro riferimento alla possibilità di sapersi ritrovare quando sembra non sia così, sostandosi mediante il conforto e le speranze dei nostri cari o, ancor di più, mediante noi stessi, bisbigliò dai recessi più oscuri del nostro animo.
Interessante ma non fondamentale ad arricchire il nostro bagaglio culturale, quanto modo d’espressione di cui la neve di cui si vede e si sente è l’avvento di una nuova consapevolezza e i rimasugli di qualcosa di caotico e frenetico che proviene da un luogo remoto della realtà. Sembra quasi la sua autrice abbia voluto spropositamene vestirsi d’inverno, calarsi nel ruolo di colei che – come tante altre persone – in un momento particolare della sua vita, si vide risucchiata da ogni cosa. Il nero aveva inghiottito tutti i colori, e la forza che celiamo dovrebbe spiccare nel momento in cui li affrontiamo.
Una lettura carina ma non necessaria, che forse avrei potuto anche evitare di leggere. Non quanto per il suo essere brutto. No, questo no. Quanto per la poca sostanza, le poche schermaglie di vita che avrebbe dovuto impartire non come insegnamento ma come riconoscimento di un nuovo IO. Più forte, più coraggioso, più ambizioso ma in un certo senso alimentato da forti sentimenti. Parlare però con la sua autrice ha sortito effetti che non credevo: ha relegato infausti pensieri in una zona remota del mio cervello. E non uscendo proprio allo scoperto, piuttosto ascoltando ciò che avrebbe dovuto dirmi, e che ha poi fatto, con coraggio e sicurezza nel riporre irreversibili squarci di anima al prossimo, mettere a nudo se stessi, conferendo quelle giuste e adatte nozioni per cui è stato così importante imboccare una strada, quella della rinascita spirituale, e il rapporto intrinseco che si è instaurato. E quello che ci fa presente l’autrice è che ognuno di noi va alla ricerca di una melodia, di una parte del nostro spirito in cui l’anima può sentirsi beata e che, come il mito di Orfeo, rappresenta in un certo senso il nucleo di questa collaborazione che ne evidenziano i motivi. E, in particolare, cercare qualcosa che è sempre difficile ottenere: la libertà. Abbattere qualunque barriera, valicare qualunque muro affinché si possa rimediare sulle mancanze del passato. La vita delle volte sprigiona una melodia che conferisce bellezza, conforto, parsimonia, finché ogni cosa vada al suo posto.
Allegoria della stessa vita, del paesaggio ritratto in copertina o, addirittura, del titolo posto, nonché riflessione sull’anima, sull’emozione, sulla creatività colmo di una certa determinazione, che tuttavia cozza con l’aura drammatica e malinconica che trapelano dalle sue pagine.

Valutazione d’inchiostro: 3

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Titolo: Pensieri
Autore: Marco Aurelio
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 10, 50 €
N° di pagine: 294
Trama: Perenne attualità dei contenuti e immediatezza della forma espressiva hanno garantito nei secoli fama costante ai Pensieri di Marco Aurelio. Si tratta di momenti di riflessione e di introspezione, ora profondi ora comuni e quotidiani, in cui l'imperatore esamina – in un quadro di riferimento etico e filosofico di impostazione stoico-cinica – il passato, la propria condotta, la corrispondenza delle azioni da lui compiute con i princìpi che le ispiravano. Gli slanci verso l'infinito, le angosce esistenziali, i bisogni metafisici alimentati o incrinati dalle consapevolezze terrene, l'ansia di liberazione spirituale, il desiderio di interiorità come "rifugio" nella temperie della vita sono segni eloquenti di un intimo colloquio dell'anima con se stessa.

La recensione:


Scava dentro di te, dentro è la fonte del Bene, può sempre zampillare, se sempre scavi dentro di te.

 

L’argomento che trattano certe letture destano in me un certo fascino e l’annosa disputa di mettere in chiaro ciò che dice la mia anima e quella del suo autore dona, alla fine, quasi sempre, l’impressione di leggere qualcosa di moderno, assolutamente attuale e che sposa esattamente o si adempie al nostro spirito.
Colloqui con me stesso conservano l’innocenza dell’autore, di quei tempi in cui il desiderio di mettere in coesione il mondo di qua con quello di là prevalse sopra ogni cosa, e l’Uomo – essere finito in uno spazio infinito –inevitabilmente spazzerà ogni sentimento di superbia. Se l’eternità del ricordo avrebbe cozzato col bisogno di darsi pensiero, riflettendo cioè su ciò che è giusto e ciò che non lo è, il pensiero che nasce, che è formulato è vero, specie se sussurrato con quelle giuste parole, l’anima sarebbe disposta ad accettare il tutto come necessario, ovvio, come se proveniente da un principio di inizio e fine,
Questo bel pugno nello stomaco, perché così l’ho considerata questa lunga riflessione, questo lungo saggio, fa parte di un paesaggio ancora un po' spoglio ma soleggiato della mia anima e l’uomo che vi ospitai sinceramente non credevo potesse mai farvi parte – era un gigantesco pezzo da Novanta che i posteri o i più acculturati ricorderanno così bene, che ha raso al suolo qualunque perplessità ad approcciarmi a una nuova lettura per fare posto a ciò che gli sussurrò il cuore al mio. E viceversa. Perché questa lettura altro non è stata che uno scambio reciproco di anime, interazioni personali che contengono assetti della vita dell’imperatore in cui ho però visto anche la mia, una condotta nobile a risorse sufficientemente utili per automigliorarsi, mettendo così in chiaro la ricerca del Se, la propria identità, la coscienza che si dibatte nel bel mezzo del nulla.
Il pensiero ruota sul disinteresse per la futilità, la diffidenza per le chiacchiere, l’accettare la franchezza della parola << famigliarità >> con la filosofia, l’arte delle parole, la mitezza, l’irrimediabile perseveranza nelle decisioni prese con moderazione, la disponibilità a dare ascolto a quanti vogliono contribuire al Bene comune, reso così cangiante, instabile agli ordini dei sensi altrui, continuamente soggetto ad essere ingannati da false impressioni, la stessa anima esaltata dal sangue e dalla fama.
Era una questione che sinceramente mi stava a cuore: quanto è possibile raggiungere la felicità, demone così tanto temuto quanto combattuto in cui si anela al mutamento, al cambiamento? La letteratura è tutta la mia vita, la scrittura una parte fondamentale del mio essere, e combinare al piacere di queste arti innumerevoli interrogativi che scandagliano l’anima, giungono nella cittadella della nostra coscienza affinché con calma e stoicismo si abbraccia alcune tematiche relative l’uomo, il suo rapporto con Dio, l’adeguarsi al mondo circostante, pur quanto il suo desiderio di fuggire dalla materialità della vita è il sentire l’ineluttabilità  e il non senso di certe azioni che non cambieranno l’irrazionalità che travaglia il mondo.
Questa bella biografia, in poche ma essenziali pagine, parla di vita, di letteratura, dell’arte, di tutto questo e il suo autore, facendo di questi concetti elementi essenziali che spiccarono in un momento particolare della sua vita, naturalmente fece ammenda e… mutò. Cambiò il suo modo di vivere, vedere il mondo circostante, a tal punto di paragonare le opere degli Dei a quelle della sorte che non sono provviste di un ordine naturale o intrecciate alla provvidenza. Da qui influisce e fluisce ogni cosa e l’ineluttabile è ciò che proviene dal cosmo, hanno un chè di sereno e profondo del cuore grato degli Dei. Ed ecco che la filosofia serba indenne ogni offesa, qualunque demone interiore incapace di dare o  agire su qualcosa, con falsità e ipocrisia in grado di assegnare dalla sorte come provenienti da dove è venuto.
L’esser padroni di se stessi, compiere i propri doveri, analizzando minuziosamente ogni ricordo che induce a osservare attentamente la realtà e la sua comprensione, illuminando gran parte delle azioni necessarie affinchè si è più tranquilli e imperturbabili.

Valutazione d’inchiostro: 4

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