Questa idea di abbracciare, una volta ogni tanto, questa sfida, ha secondo me un chè di affascinante. Credo sia un buon incentivo, uno stimolo a leggere di più, smaltire quell’invalicabile muro della pila della vergogna, acculturarsi e soprattutto restare in vita…conta tutto questo? Perché quando mi chiedono di cosa sia fatta, come riesca a leggere così tanto, rispondo trattasi di semplice organizzazione. Le letture effettuate, alla fine, hanno una loro forma, un loro respiro, e senza di essi io non sarei qui, questo post non esisterebbe.
Ebbene, anche questa volta, sette libri brevi ma inestimabili. Sette specchi in cui ho potuto riflettermi, vedermi a fondo, scoprire qualcosa in più, e soprattutto fatto dimenticare inutili pensieri o preoccupazioni che, generalmente sorgono, dopo uno stato di pura quiete estiva. E via così, continuando a briglia sciolta, fedeli e diligenti amici la cui presenza, nel bene o nel male, è stata fondamentale.
Titolo: Perchè dormiamo. Poteri e segreti del sonno per una vita sana e felice.
Autore: Matthew Walker
Casa editrice: Espress Edition
Prezzo: 14 €
N° di pagine: 400
Trama: Per molto tempo, il sonno è stato uno degli aspetti più importanti e meno compresi della nostra vita, del nostro benessere e della longevità, ma negli ultimi vent'anni un'esplosione di scoperte scientifiche ha iniziato a gettare nuova luce sull'argomento. Matthew Walker, neuroscienziato, uno dei massimi esperti sull'argomento, direttore del Center for Human Sleep Science dell'Università della California a Berkeley, ci spiega in questo libro avvincente, accessibile ma di assoluto rigore scientifico che il sonno è d'importanza vitale: dormire migliora la nostra capacità d'imparare e prendere decisioni, ricalibra le emozioni, rimette in sesto il sistema immunitario e regola l'appetito. "Perché dormiamo" è una rivoluzionaria esplorazione del sonno, che ci spiega come possiamo sfruttarne gli straordinari poteri per cambiare in meglio le nostre vite. Un libro che trasformerà il vostro modo di vedere il sonno e i sogni e di apprezzarne il valore.
La recensione:
Quando ero adolescente ero una campionessa di dormite. Amavo dormire sino a tardi, ricaricarmi al punto da acquisire un così numero di energie che, nel momento in cui avrei dovuto farne atto, mi avrebbero fatta sentire invincibile. Una piccola Ercole, intrappolata nel corpo di una sedicenne.
Negli anni, il tempo, le esperienze in un modo o nell’altro aiutano a classificare e classificarci in relazione della nostra identità. Contribuiscono alla crescita personale e più di ogni cosa, in assoluto, ti aiutano ad osservare il mondo con altri occhi. All’età di trent’un anni, come credo sia logico, ho abbracciato uno stile di vita, un modo di vivere e vedere le cose in maniera completamente diversa a quella che custodivo gelosamente anni e anni fa, e battuta strenuamente per le mie idee, i miei obiettivi, ho seguito da vicino i miei progressi di crescita, in un momento cruciale per il mio equilibrio interiore, in un momento di transizione e di possibile confusione, perché la differenza di sentirmi un’estranea e sentirmi me stessa, in relazione col prossimo, mi aiutò a crescere, comprendere ogni cosa.
Una mattina di metà luglio mi trovai ad assistere all’interessante intervento di un professore di scienze americano, che riportando alcuni interventi ed osservazioni relativi al sonno fece di Perché dormiamo un saggio davvero interessantissimo e … illuminante!
L’idea di dormire almeno otto ore a notte, mi parve così interessante, efficace, davvero riflessivo da interpretare nella sfera sociale e individuale, che cambiò non solo il mio modo di dormire ma anche l’approccio che ho col mondo esterno. Perché non bisognerebbe ignorare quei suggerimenti, che, come api impazzite, gironzolano nella mia testa, e perdere tempo dietro a inutili quisquilie e banalità varie. Bisogna invece trarre insegnamento, riflessione, perché dormire è una delle più belle << attività >> individuali. Senza, l’individuo non potrebbe esistere, vivere, non potrebbe mettersi in moto ed abbracciare la vita esattamente per com’è: dolce e amara. Bella e triste. Affinché il nostro circo circadiano non rallenti, le nostre attività cerebrali non rallentino, il nostro benessere spirituale e fisico aumenti e migliori il nostro benessere.
Valutazione d’inchiostro: 4 e mezzo
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Titolo: Diventa chi sei
Autore: Emilie Wapnick
Casa editrice: MGMT
Prezzo: 15, 50 €
N° di pagine: 232
Trama: Questo libro si rivolge a tutti coloro che, avendo molteplici passioni ed interessi, si occupano contemporaneamente di differenti progetti. Emilie Wapnick, artista e coach, diventata famosa in tutto il mondo per il suo discorso al TED Talk, capovolge i classici consigli per avere successo nel mondo del lavoro. Invece di suggerire la specializzazione in un'unica disciplina o la scelta di una nicchia, fornisce un programma pratico per creare una vita soddisfacente attorno a tutte le proprie passioni.
La recensione:
I romanzi di crescita personale trasmettono quasi sempre delle strane sensazioni. Li leggo perché mi arricchiscono, personalmente parlando, arricchiscono la mia vita, e, soprattutto mi piace spendere del tempo in loro compagnia, in qualche posto lontano dell’America o dell’altra parte del mondo: una passeggiata nel giardino dell’apprendimento da cui sicuramente ne sarei uscita diversamente. In altre circostanze, non credo avrei abbracciato i romanzi di crescita personale come forma di sostentamento del mio spirito, ma li avrei ignorati impunemente, come elementi fastidiosi di cui avrei dovuto sbarazzarmi il prima possibile.
L’anno scorso The miracle morning mi diede l’opportunità di guardarmi dentro e comprendere cosa effettivamente desiderassi: la lettrice di qualche anno fa avrebbe sorriso nel pensare che, anche durante i momenti di riposo e relax, alzarsi presto avrebbe equivalso ad essere sempre felici e produttivi. Leggere mi aveva aperto un mondo che non ho poi voluto volgere le spalle e da quant’è è entrato l’anno, alternato recensioni di romanzi classici o fantasy a letture più impegnative o cerebrali. La mia vita era molto simile a quella di uno scienziato che, divorato dalla sete di curiosità nei confronti del mondo, si cibava di parole, suoni o immagini non avvicinandosi ai loro autori quanto al messaggio che si nascondeva nelle loro pagine. E poiché di certe letture credo ne abbiamo bisogno ripetutamente, nel tempo mi sono avvicinata sempre più a questo mondo esplorandolo in ogni forma o sfaccettatura.
Diventa chi sei non si discosta poi così tanto dall’idea intrinseca che l’autrice attribuisce al IO, e alle sue relazioni nel mondo esterno. Alla sua identità e al mondo in cui essa prevale, nel momento in cui si entra in relazione con fattori esterni che, se in un primo momento potrebbero rovesciare il nostro equilibrio, in un secondo percuotono il nostro spirito. Danno una sferzata di vita, di luminosità, abbracciando così la vita in maniera differente. In questo caso, scovare la propria identità nel mondo del lavoro seguendo una strada che non sia ostacolata da niente e nessuno, scovando un nostro modo di perseguirla, non lasciandoci sedurre da alcun fattore esterni. E conciliare lavoro con divertimento affinché il nostro spirito possa essere grato, libero di essere ciò che siamo, senza essere intaccato da alcuna forma o entità esterna. L’assetto predominante e comune, alla fine, converge in un unico luogo: la felicità. Quanto si è soddisfatti o contenti di ciò che si è o si vuol diventare e se le procedure prese in atto ci soddisfano o ci annoiano. E, ancora, come conciliare al lavoro il divertimento, sbilanciando il tempo, gestendo le nostre ore libere, affinché si possano incastrare tante cose che ci completano o realizzano maggiormente.
Propensa ad essere asservita a questo cambiamento di cui ci parlano questi saggisti, ho accolto così questa ennesima opera di crescita personale oltrepassando la soglia del visto e scostando il velo dell’impossibile. Scacciando ogni negatività, ogni remora iniziale, quanto fare di certi elementi degli insegnamenti di vita che, se messi in pratica, potrebbero migliorare la nostra vita.
Valutazione d’inchiostro: 4
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La recensione:
<< Scrivere non c’entra niente col fare soldi, diventare famoso, crearsi occasioni galanti, agganciare una scopata o stringere amicizie. Alla fine è sopratutto un modo per arricchire la vita di coloro che leggeranno i tuoi lavori e arricchiscono al contempo la propria. Scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene. Darsi felicità, va bene? >>
L'arte della scrittura è una delle nobili arti che il tempo ha scolpito nell’anima dell’autore. Lo sa bene Stephen King, autore prolifico, gigante della letteratura e, ai più, il Re della letteratura orrorifica. La scrittura fu da sempre quel luogo, quella cantina immaginaria dell’anima da cui è possibile rinascere, forse inconsapevolmente rinato nel 1997 quando King era giovanissimo, e che rivelano come i suoi primi intenti narrativi fossero frutto di possessione. In un certo senso, Misery, La metà oscura, Shining, It furono frutto di un vero e proprio deliquio letterario, o di una dipendenza da alcol o da droghe? Sicuramente sono piccole perle di narrativa odierna che annebbiano i sensi, costringono chiunque ad essere intrappolati in un pozzo oscuro da cui si attinge il suo genio innovativo, creativo, e di cui la scrittura a questo proposito è un ottimo surrogato. Riconoscere se stessi in pezzi, in luoghi in cui ci si scopre ossessionati dalla supremazia altrui, ci si auto psicanalizza, quasi un invito a guardarci dentro. a riconoscere cosa è giusto e cosa no, osservando il mondo con gli occhi dell’innocenza o della crudeltà.
Valutazione d'inchiostro: 4
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Titolo: Il canto di Mr Dickens
Autore: Samantha Silva
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 19 , 90€
N° di pagine: 288
Trama: Gloriosa Devonshire Terrace, casa splendida, con il suo ampio giardino, i vasti scaloni, le grandi promesse di felicità e i suoi costi, altrettanto importanti! Cosí pensa Charles Dickens nell’inverno del 1843 mentre, seduto alla sua scrivania, compone l’ultima puntata di Martin Chuzzlewit. Manca solo un mese a Natale, ma Mr Dickens non è molto in animo di preparare festeggiamenti. Al piano di sotto sua moglie Catherine è in travaglio: un nuovo bambino sta arrivando, pronto ad abitare la lussuosa dimora di famiglia, ma che ben presto, ahimè, sarà solo l’ennesima bocca da sfamare. Tutti vogliono qualcosa da lui: soldi, regali, un autografo, qualche riga di dedica o, nel caso della sua famiglia, una festa di Natale piú grande di quanto si sia mai vista. E Martin Chuzzlewit non sta vendendo bene come tutti speravano. Nemmeno un quindicesimo di Oliver Twist, precisano i suoi editori. Che, per di piú, lo ricattano: se non consegnerà al piú presto un nuovo libro d’occasione, e sarà meglio che sia un libro adatto alle feste di Natale, dovrà restituire l’anticipo già versato. Cosí, gli incubi di una povertà che Dickens ha già ben conosciuto ricominciano a tormentarlo. Ma quello che doveva essere solo un breve libriccino si rivela impresa ben piú ardua, specie perché Dickens sembra afflitto da un caso particolarmente ostinato di blocco dello scrittore. In cerca di idee, vaga per le strade mutevoli di Londra, finché una notte non conosce la misteriosa Eleanor Lovejoy. Avvolta in una mantella viola, Eleanor gli appare come un fantasma gentile o forse una musa, capace di ricondurre da lui l’ispirazione persa. Al suo fianco Charles intraprenderà un viaggio alla scoperta di sé stesso e il libro che ne scaturirà, Canto di Natale, cambierà la storia della letteratura per sempre.Con Il canto di Mr Dickens, Samantha Silva riporta in vita l’intero universo dickensiano, regalandoci una favola di Natale ambientata per le strade di una Londra fumosa e gelida, ma anche luminosa e piena di fascino, come un grande circo galleggiante pieno di prodigi e misteri. Una lettera d’amore a Charles Dickens e alla sua opera; un romanzo allegro e commovente al tempo stesso, infuso di intelligenza e calore.
La recensione:
La buona letteratura, i romanzi che trasudano storie in cui è possibile riconoscersi e riconoscere mi aiutano a comprendere meglio la vita. Il mondo circostante. Quanto all’amore che nutro nei riguardi della letteratura stessa posso tranquillamente spendere del tempo; sarò ripetitiva, ma la linfa vitale della mia intera esistenza è racchiusa in quelle che per molti sono semplici risme di carta, come direbbe qualcuno che conosco. Ma ignorano la poesia, il lirismo, la magia che celano certe << risme >>, i cui protagonisti sono creature piene di fascino, ammirazione, fascino misto a una buona dose di ammaliamento, romanticismo, se mi concedete l’espressione. Io vivo solo per ciò che i poeti sanno scrivere, descrivere, far vibrare le corde del mio cuore con semplici parole, che messe di traverso, lungo la corrente di un fiume, mettono in gioco le mie qualità e le mie preferenze letterarie.
Questo forse inutile pippone per dire, che ho letto questo romanzo esclusivamente affascinata dalla figura di Charles Dickens e che, parlando con serietà della magia di cui mi riferivo prima, quasi un meccanismo automatico che è sprigionato dai suoi scritti, incline ad alimentare l’amore che ripongo giorno dopo giorno nei suoi riguardi, in evidente contrasto con quelle dottrine moderne essenzialmente banali.
Certa di ciò che scrivo e penso, ho così letto Il canto di Mr Dickens consapevole di poter appropriarsi il diritto di congiungere la mia anima con quella dell’autrice nel rievocare la figura imperfetta di un uomo straordinario che mediante i suoi scritti fece della scrittura un vantaggio non disprezzabile per chi invece era in procinto di disprezzare la verve; nel periodo in cui Canto di Natale doveva farsi strada nei cuori e nelle menti dei suoi più accaniti lettori, non potendo porre però l’osservanza di certe pratiche religiose come condizione della sua scelta.
Perciò leggere mi ha concesso l’opportunità di non essere aliena da tutto ciò quanto orgogliosa di amare e aver seguito di pari passo il concepimento di un opera come questa, tipicamente sentimentale, rigorosamente moralista ma pregna di …. magia. Anche se i requisiti non conducono al capolavoro quanto ad una bellissima dichiarazione all’autore e ai suoi scritti.
Poiché non leggo molte biografie e, solitamente, mi tengo lontana, per constatare la grandezza e l’originalità di questa opera riposai cautamente durante la lettura de Il canto di Mr Dickens e venni spinta in una zona lontana ma affascinante che mi costrinse a restare ammaliata. Fa sempre un pó freddo sotto queste tettoie, in questi luoghi così anonimi e lontani, un freddo che attanaglia le ossa, anche se qualche sprazzo di sole fiammeggiavano sulla mia strada, scaldava quelli degli animi di lettori che preferivano ascoltare e osservare tutto ciò che accadeva attorno. In una circostanza del genere, con l'attenzione rivolta esclusivamente alle sue pagine, ho accolto così questa splendida opera con tranquillità, serietà. Di cosa parlava nello specifico era abbastanza chiaro!
Perché Il canto di Mr Dickens non vuol essere una critica o un componimento letterario a ciò che già è stato detto su un grande uomo quale Charles Dickens, bensì qual'è il significato intrinseco della letteratura per l'autore. Come essa sia divenuta massima di vita, beneficio per l'anima di un uomo comune appassionato di letteratura e scrittura, e che fece di essa una dichiarazione d'amore a qualcosa che è e continua ad essere estremamente potente, dilaniante, minacciosa, reale. Tutto certamente deriva da letture frenetiche e appassionate, da un grandissimo studio e ricerca sul campo, dal magnetismo che esso esercitó per l'autrice nel corso degli anni, le incertezze, i pensieri, le lunghe riflessioni, le traumatiche irregolarità che caratterizzano le vicende umane.
Samantha Silva concepisce questo suo amore per l’autore ponendosi delle domande su cosa differenzia la letteratura inglese dalle altre letterature e quale ruolo essa svolge, e lo evidenzia in questo piccolo libriccino rivelando come tutto ciò, apparentemente inabbracciabile, mediante una particolare magia lo diviene.. Il potere, l'amore, la vita quotidiana sono tutti elementi che si sono imposti nel corso dei secoli e che autori come Wilkie Collins, William Thackeray utilizzarono affinché guardassero dentro di noi: a vedere come ci si cerca di farsi strada in mezzo ad anime dannate che vagano lungo la riva dell'assurdo, le implicazioni che ciò comportano o una visione più dettagliata della società circostante. Apostrofi, meccanismi mediante i quali si muove ogni cosa, spingono di nascosto tutti gli astanti verso l'inverosimile, l'inaspettato.
È stato davvero impossibile non accogliere questa lettura, questa fantastica, vivace, stimolante e divertente declinante forma d'amore per la letteratura inglese e per Dickens. Come una formale distinzione. Che idea! Il lettore moderno brama nel poter leggere qualcosa di diverso, nuovo. E Il canto di Mr Dickens ne è stato un chiaro esempio. Una lettura ideale che è già di per sé innocua, ma indispensabile per la sua bellezza, il suo stare silenziosamente nel mondo.
Valutazione d’inchiostro: 4 +
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Titolo: Non ci sono solo le arance
Autore: Jeanette Winterson
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 180
Trama: Adottata da una famiglia religiosissima della provincia inglese - dove «i pagani sono dappertutto, specialmente alla porta accanto» - la piccola Jeanette impara tutto sulle sacre scritture ma niente sul resto del mondo. Inventiva e ingenua la ragazza sconcerta le insegnanti ricamando minacciosi versetti biblici e preparandosi con impegno a un futuro da missionaria. Ma invece della vocazione le giunge l'amore, nella forma imprevista di una coetanea, cosa che, nella comunità, fa subito sospettare un intervento diabolico. Ma per Jeanette la scoperta del desiderio è una verità emozionante e naturale.
La recensione:
Parole che restano sempre in superficie. Parole per ogni occasione. E le parole funzionano. Assolvono il compito loro assegnato. Confortano e irreggimentano.
Nel weekend passeggio più a lungo, nei viali dell’incognita e del mistero. Sfido con forza e coraggio qualunque avversità, finché non avviene l’incontro fatale. L’incontro/ scontro con forze sconosciute che, in un modo o nell’altro, travolgono il mio universo personale. Alcuni romanzi che leggo e che vedete in questo salotto virtuale letterario, sono strettamente legate al mio essere una lettrice curiosa e che ama mettersi in gioco. Mi ritrovo sui miei passi, odo parole impulsive, fatte di frammenti estatici, che, in un modo o nell’altro, frantumano quella bolla di certezza e concretezza. Ho notato questo romanzo nel momento in cui il Fato frantumò ogni possibile certezza del mio cuore, mentre cammino in strade conosciute e confortevoli. In luoghi in cui la mia anima galleggia, ed è possibile sentirmi ridere - sommessamente - conquistandosi il volere di quell’autore o quell'autrice di cui non avrei prestato attenzione. Osservando la vivacità dietro ogni gesto, simile a quella che in generale riservo alla vita.
L’effetto di cui facevo cenno all’inizio, quasi un inutile e forse insensato prologo della mia vita, è respiro e vita della mia anima. Confido molto nella volontà del Caso, mi avviluppa nella sua morsa come una fotosfera, mi illumina facendomi dimenticare ogni avversità, ogni malessere, tenendo lontani gli spettri oscuri che tentano ostinatamente e insistentemente di turbarmi: il dubbio, il timore, il malumore, l’affanno, la vergogna. Sapevo che ogni cosa era scritta, sapevo che ogni cosa necessita di un certo tempo e che, come luci rapaci, fuori dal cerchio di luce, alla fine, illuminano il mio viso, si poggiano sulle mie fragili membra quasi come una coperta fin troppo pesante. Disponendo di poteri magici per tenerli là, in affamata sottomissione. L’oblio dello spirito coesisteva con la memoria della mente. Camminando nella luce, sapendo che quelle sagome che stanno sullo sfondo stanno sempre in agguato; possono retrocedere o avvicinarsi, un po 'l'una un po ' l'altra cosa, ogni giorno.
Questo romanzo mi ha costretta sprofondata nella mia poltrona preferita, in un weekend estremamente uggioso e piovoso, poiché il mondo che esisteva esclusivamente nella mia testa mi aveva fagocitato. Letteralmente. Levandosi improvvisamente da una sferzata di luce, che all'inizio era piuttosto debole, poi divenuta abbagliante per il mio essere ammirata, piena della logica nel constatare tutto questo. Sicuramente alla base c’era un motivo, che tuttavia durante questo processo di lettura ha contato troppo poco: la comprensione. Jeanette desiderava solo essere compresa, capita, e persino confortata, da una famiglia che non l’ha mai compresa, quanto affondando le sue radici nel peccato affinchè ogni cosa potesse essere estirpata. Lei, che come un mollusco non ha mai avuto una vita sociale, si riproduce con discrezione, trovando il suo equilibrio fra Cielo e Terra e il suo bisogno di essere amata. Nonostante non abbia lottato con fervore e forza, ma abbia lottato innumerevoli volte, così tante da dolerle il cuore, in chiesa, nel silenzio delle sue riflessioni, e ora come sembra strano dover confrontarsi col mondo esterno e sentirsi sola. Perchè Dio, così tanto amato e citato, le ha riservato un Destino così crudele?
Raramente leggo romanzi di getto. E le poche volte che lo faccio preferisco rifugiarmi in storie che mi riportano nella Londra vittoriana del mio amato Dickens o ai giorni nostri. Questi sporadici momenti, simboleggiano una parte della mia anima sognatrice e masochista. Una parte del mio essere che conferma come, la lettura veloce e impulsiva, non sempre si rivela appropriata ai miei gusti personali. Tuttavia, con Non ci sono solo le arance è accaduto diversamente. Merito innegabile dell’inconsueta e suggestiva copertina e di un titolo, che dice poco e niente, ma conferisce un’idea. Un satellite artificiale che attraversa silenzioso il buio del cosmo, perduto nello spazio.
Con le mani quasi sempre ficcate in tasca, i capelli studiatamente in disordine e un paio di occhiali dalla montatura nera di plastica, Jasmine, con il suo esser speciale, è penetrata sino in fondo ad ogni cosa ed ha interpretato il linguaggio contorto dell'amore. Perché, alla fine il bello dell'amore è proprio questo: il fatto di potersi innamorare di chiunque. Lei, che si sente sola, a disagio, mossa da intenti esclusivamente spirituali, moralisti e che vaga con la mente in zone ancora del tutto inesplorate e sconosciute. Un futuro certo e necessario senza la quale nulla avrebbe alcun senso.
Vera ma incomprensibile, Jeanette - in veste di carta e inchiostro appare come una sorta di alter ego della stessa autrice. Tracciando un'invisibile linea di confine fra sé e il prossimo. Stabilendo una precisa distanza e studiando, quasi sempre, l'atteggiamento dell'altro. Estranea dalla realtà che li circonda, desiderosa di rifugiarsi fra le pagine candide di un libro qualsiasi o farsi cullare dalle soavi note di qualche musicista jazz.
Non ci sono sole le arance è una storia che sottrae tempo agli amici e al divertimento; che toglie il sonno, il senso del tempo, la lucidità, e che in un certo senso, non appartiene a questo mondo. Per creare una vera storia è necessario un battesimo magico, che riesca a mettere in contatto questo mondo con quello dell'altro. E, tutto sommato, la Winterson, ci riesce.
Un omaggio al passato che, privo di grazia, appare sorprendentemente vicina. Una grossolana sensazione di disagio che come una sfera di pietra, corrode la pelle dall' impetuoso scorrere del tempo, con la luce che distorce i suoni, dissolve i significati e semina i dubbi. Un contenitore di verità fondamentale che pochi individui sono in grado di comprendere in cui i destini, che si inseguono ma non si congiungono mai, come solitari aggregati di metallo nelle vuote tenebre del cosmo, si incontreranno per caso, ma poi si scambiano per sempre.
Costantemente punteggiato da riferimenti biblici che ne accentuano il tono serio, quasi profetico e digressioni che hanno la parvenza di parabole religiose che richiamano il passato o qualche famosa opera, il romanzo intreccia alla perfezione periodi semplici e scorrevoli che danno la voce alla << piccola >> Jeanette e che, mediante gli occhi del mondo, parla di se stessa e, soprattutto, del suo essere speciale. Incompresa e insoddisfatta della società, nonostante sia la sua anima a raccontare, cuore pulsante della storia. Una comune ragazza impulsiva, disordinata e generosa, con il mito di William Blake e della lettura.
Valutazione d’inchiostro: 3 e mezzo
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La recensione:
Il contenuto dei miei post ruota sempre attorno ad un unico scopo: la letteratura. Resto calma e fredda, una piccola donna intrappolata in una prigione che indica una certa forza, un certo autocontrollo che negli anni è divenuto sempre più stabile. Sul mio volto aleggia ancora un’espressione entusiasta, quell’espressione che mi contraddistingue quando leggo. La gioia incontenibile di vivere tante storie, sentirle come mie e il cui sguardo è sempre in armonia con le parole, quelle dettate dal cuore, che tuttavia narrano, parlano di altri mondi, al di là di ciò che scrivo e penso, checchè esso possa essere discordante o contrastante.
Ebbene anche questa lettura divenne parte delle ultime letture lette nel 2023 e che, una volta entrata nel mio cerchio, lì è rimasta. Ha preso il posto, è divenuta importante, ingoiando ogni bruttura, ogni dispiacere, con noncuranza e impassibilità.
Di questo romanzo, tuttavia, ne ignoravo completamente l’esistenza. Un piccolo alberello infuocato strizzava l’occhio a qualcosa di poco sofisticato, all’aria natalizia non respirabile con ammaliamento e stupore quanto riluttanza, diniego, asprezza, non chiedendo niente che trasudano dalle convenzionalità quanto qualcosa che stagnava, quasi come un forte sentore di mancata libertà, un desiderio insopprimibile di comprensione, amore, unione. Una lettura che certamente chi ama il Natale resta intaccata dal suo spirito poiché influenzata da qualcosa che non racchiude niente di magico quanto inospitale ma comprensibile. Niente che tuttavia mi inducesse a rinnegarlo come gran parte dei lettori che lo hanno bocciato quanto influenzata dai lievi palpiti di un emozione, impulsi da cui dipende una certa felicità domestica. Era probabile, che la sua autrice fece di questo romanzo un manifesto ad una forma inespugnabile di realtà che valica ogni sistema morale e intellettuale, elevando gli istinti involontari, inconsci della natura umana, ma, tutto sommato, quanto di vero c’è in tutto ciò. Perché La malizia del vischio altri non è che la feroce, anche se parecchio velata, critica di una società corrotta, denigrata e denigrante in cui nessuno si può permettere di giudicarla, non accoglierla come un pensiero irriverente, quanto influenzare superficialmente chi legge mediante le vicissitudini di protagonisti un pò antipatici ma comprensibili. Tale consapevolezza confermata dall’esperienza personale dell’autrice, estesa a un ceto borghese tipico della vita borghese, la comunità rurale, impartendo non idiomi che vogliono inculcare chissà cosa quanto insegnandoci quanto poca fosse l’intrinseca differenza tra uomini e donne in un determinato stato sociale.
Mi venne la tentazione di accettare l'offerta propinataci dalla casa editrice Fazi, per l'iniziativa solidarietà digitale, e conoscere un autrice che non conoscevo affatto, da allora non trascorse nemmeno una settimana che decisi di leggere La malizia del vischio. Non avrei avuto alcuna remora o indugio, che prontamente sorgono quando mi imbatto nella scoperta di un nuovo autore, ma i tentativi di nutrire sentimenti di ostilità o contrarietà furono del tutto vani perché dopo aver letto il primo capitolo non riuscì più a smettere. E poco alla volta, la versione critica ma sensibile dell'autrice di idea mancata di paradiso suonò come un poema inglese infilato in un allusione velata di colori, suoni, profumi, nella luce delicata e scintillante di un manto di neve e nebbia che lentamente si infransero nei nostri cuori, che sebbene non aulico né così solenne ad aspirare a qualcosa di trascendentale, mi soddisfó come credevo. Ogni parola contenuta in ogni dialogo o verso di glorie poco liriche, produssero una certa ammirazione per tutte quelle povere e fragili donne che combatterono per la realizzazione dei loro sogni o speranze, senza sosta, rischiando e mettendo in gioco qualunque cosa. Sebbene l'atto di volgere le spalle a qualcosa di certo per qualcosa di incerto genera sconforto, smarrimento, paura. Non certamente la vita a cui aspirava la protagonista di questa storia, che fece di questa improvvisa << affermazione del suo IO >> quella baia di mancato sogni che aveva attratto un numero ristretto di persone, nobildonne di età e provenienza diverse, entrando a farvi parte alleandosi ed adattandosi estremamente bene. Erano compagne di avventure, ignare dell'obiettivo che presto o tardi avrebbe perseguito, ma piccoli tasselli di un puzzle che ferocemente ricco si mossero su un mondo che non conferisce vita. Non perlomeno nel vero senso del termine.
Qualcosa di estremamente veritiero ma poco deliticato, che stride con il messaggio impartito, che avrebbe potuto essere incantevole dall'inizio alla fine, ma divenuto avventura che in futuro vivrò nuovamente. Forse in ogni periodo natalizio. Per il momento, lettura d'approccio che ritengo estremamente valida. La tranquillità a cui aspirano i suoi personaggi era sfociata in un lungo flusso di coscienza che produsse quasi ripensamenti, rancori, ma poi accese liti avevano frantumato ogni perplessità e all'improvviso il brivido della follia, dell'avventura non aveva più cessato di esistere. Da allora, per motivi sconosciuti, crollerà quella corazza di fragilità e paura con la quale l’anziana matriarca era rifuggiata per tutto questo tempo, e i piccoli gesti compiuti produrranno effetti desiderati e non. Consapevole di essere molto più di quel che credeva, non una forma bensì una massa di carne e ossa dotata di un anima. E la sua coscienza, che si scontrerà contro oscuri echi, evidenzierà una parte di lei ha da sempre avvertito la mancanza di un riconoscimento, la sensazione di toccare terra anche quando avrebbe dovuto toccare il cielo. Ma il sapore in bocca era sempre amaro come un frutto acerbo, perciò era giunto il momento di ascoltare il suo cuore. Niente di così scandaloso che io non avrei fatto, follie che solitamente compio pur di essere felice, ma che, cento anni fa, compresi, non erano concesse. Se non ami ciò che la vita ti ha propinato fino adesso, smontarla è rimontarla a seconda della tua volontà è un gesto di crescita, di consapevolezza, un modo per ribellarsi a ciò che ci soffoca, e la Farrell credo per esperienza del tutto personale evidenzia questo concetto combinando al senso del dovere, alla credenza in Dio e alla parsimonia, la forza individuale che sonnecchia dentro ognuno di noi. Certamente audace e incredibilmente sconveniente, ma imbevuta di uno spirito malinconico ma ottimistico come una combinazione rara che sposa impulsi contraddittori di faide che non avrebbero avuto mai fine.
La villa ritratta era molto simile a quella di Mansfield park, luogo d'unione ma anche di scoperta attraverso il quale saranno scovati ambizioni, qualità. Moderno e tendenzialmente sofisticato, pilastro dal quale si diramano svariate tematiche e che, come la sceneggiatura di un copione, è quel cantuccio idilliaco dal quale è possibile attingere sogni, speranze perdute. Qui ha pervaso un forte odore di mancata magia, di tempo sospeso, oggetti smarriti e poi ritrovati, che denotano un certo desiderio di poter lasciare un pezzo di sé stessi, un segno del nostro passaggio su un mondo che forse non sa nemmeno della nostra esistenza.
Valutazione d’inchiostro: 4
Belle recensioni; bell'iniziativa, questa rubrica; grazie
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