Il 6 gennaio del 1945, una ragazzina di soli quindici anni fu
deportata ad Auschwitz, morì di tifo e, secondo alcune testimonianze, provata dall’essere
stata separata dai famigliari. Qualche settimana dopo l’avvento del mese di
aprile, a svariati giorni di distanza dall’inizio della quarantena, decisi di
fare della storia di Anne il mio personale cantuccio mentre il mondo restava
rinchiuso in una solida cella. Sembrava non esista alcuna via d’uscita, alcuna
parvenza di libertà, le stragi di questo virus sono divenute un movimento
auspicabile per i diritti civili dei cittadini fuori dalle mura domestiche. E poiché
tale << movimento >> ci ha reso tutti solidali con gli altri,
perlomeno la maggior parte, di letture che accarezzano tale argomento ve ne
sono così tante che non ho più alcuna perplessità ad oltrepassarli.
Il mondo
oramai mi appare come una forma sfogata, che tuttavia presto o tardi acquisterà
nuovamente lucentezza.
La storia che la dolce Anna si portò dentro, scritta
innocentemente mediante il cosiddetto processo di “scrittura a getto “, mi fece
scoprire un terreno che non avevo mai calpestato, assediato dal regime nazista.
Era lo stesso che la mia amata Nèmirovskj ha ritratto così bene in Suite
francese, la medesima supremazia di una minaccia che disgraziatamente non avrà
fine e che per caso fece della scrittura il miglior surrogato
per vivere. Ovvero l’unica scialuppa di salvataggio a cui aggrapparsi affinchè
potesse essere compresa, capita, e non più invisibile come credeva di essere. Un
frammento di storia riesumato dalle sabbie del tempo, questo piccolissimo
libriccino è la brillante testimonianza che estrapolano i ricordi di una
ragazzina qualunque, ma, nel tempo, divenuta icona di forza e speranza. Anne è
la ragazzina in cui tutti noi possiamo riconoscersi, qualunque età o momento
storico stiamo vivendo, che conferisce un’idea perfetta ed emozioni altalenanti
di chi sopravvisse all’ascesa hitleriana, non solo perché le sue pagine
trasudano tutto il dolore, i sacrifici, le sofferenze provate ma perché anelito
ad una rinascita. Una forma di comprensione distorta, che disgraziatamente Anna
mai conobbe.
Titolo: Diario
Autore: Anne Frank
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 432
Trama: Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno del 1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all’immagine della scuola, dei compagni e di amori più o meno ideali, si sostituisce la storia della lunga clandestinità. Obbedendo a una sicura vocazione di scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sé e dell’esperienza degli altri clandestini.
Autore: Anne Frank
Casa editrice: Einaudi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 432
Trama: Quando Anne inizia il suo diario, nel giugno del 1942, ha appena compiuto tredici anni. Poche pagine, e all’immagine della scuola, dei compagni e di amori più o meno ideali, si sostituisce la storia della lunga clandestinità. Obbedendo a una sicura vocazione di scrittrice, Anne ha voluto e saputo lasciare testimonianza di sé e dell’esperienza degli altri clandestini.
La recensione:
Se mi metto a pensare a come
viviamo qui dentro arrivo quasi sempre alla conclusione che, rispetto agli
altri ebrei che si nascondo, qui viviamo in paradiso, ma che poi, quando le
cose torneranno normali, di sicuro mi meraviglierò di quanto noi, che avevamo
una casa così a modo, siamo potuti cadere così in basso.
L’argomento che tiene banco in questo breve ma intenso romanzo fu
la prigionia di una ragazzina, matura e consapevole per la sua età, e il suo
sentirsi incompresa, reclusa fra le pareti di un piccolo scantinato, assieme
alla sua famiglia e a qualche amico, nel cui animo imperversavano sogni e
possibilità. La scrittura a getto che racchiude e comprendono le pagine de il Diario, o, per meglio dire, L’attico, come lo definì suo padre Otto
Frank, coincise un momento estremamente importante e imprescindibile di un
frammento di storia che altri non fu che un gigantesco cataclisma mondiale che
rase al suolo centinaia di edifici e sbattuto fuori di casa migliaia di persone
per fare posto a quello che venne definito un nuovo regime culturale. Tra
montagne di terra, mattoni, bettole disserrate, buchi nel terreno, e il rumore
costante di bombardamenti che avevano assordato gli abitanti, la piccola Anne
Frank riuscì a salvarsi in uno sloan di ebrei che per qualche tempo gli diede
calma e conforto. Due eufemismi, per non dire che la paura aveva preso il
sopravvento contro il suo equilibrio letterario, aveva rovesciato il suo piccolo
mondo imperfetto, arrogante e talvolta presuntuoso contro ragione e sentimento,
che nel bel mezzo di tutto questo aveva recluso alcune faide del cuore. In particolar
modo, mediante l’immaginazione che la condusse in un rifugio segreto nel quale
potè nascondersi, insistendo nel combattere tutto ciò che ebbe più importanza,
meritando qualcosa di più grande e migliore. Più grande, si, perché la piccola
Anne non ebbe l’affetto o il conforto che più desiderava, sebbene il suo fu un
temperamento amabile, cordiale, vivace ed esuberante che gli diede quella
giusta forza per giudicare ciò che era giusto e ciò che invece non lo era, perché
la vita sino a quel momento era stata crudele ed egoista, e anche se non conservatrice
di un potere che l’avrebbe potuto rendere diversa, la scrittura fu quell’altro
modo per accettare qualcosa di peggiore o inaccettabile. La dolce Anne si
arrenderà alle sorti del Fato, assecondando le richieste del suo piccolo cuore,
facendo della scrittura di un semplice diario un conforto per la sua anima
semplice ma appassionata. Una resa che non prevedette la sconfitta della stessa
Anne a non combattere, bensì ad osservare il mondo mediante una lente di
ingrandimento che non risparmiò niente e nessuno. E il risultato è stato
assolutamente straordinario, come prevedevo, sebbene nelle prime pagine si
avanza a fatica nel comprendere e identificare la vera e propria essenza della
sua protagonista.
La domanda che vorticò nei miei pensieri, durante il periodo di
lettura fu la seguente: come ha potuto una ragazzina avere così tanto talento? Ebbene,
credo che la risposta possa trovarsi nelle sue emozioni. Anne scrisse ciò
che le passava per la testa, ma anche ciò che provò, come dovette sentirsi in
un epoca in cui ogni cosa sembrava destinata ad autodistruzione e crudeltà.
Sottilissima allusione all’eruzione empirica di una ragazzina e le
sue conoscenze, per Anne Frank la scrittura fu tutta la vita. E di vita, infatti,
queste pagine possiede in quanto parla di letteratura, di sogni infranti o mai
raggiunti, di decisioni prese stupidamente ma sconcertanti che sono un monito
per coloro che non riescono a prendere sul serio la bellezza della vita. Un
giorno sembra un’idiozia, un altro… un assetto repentino per il futuro di tutti
noi.
La forza di questa ragazzina, così efficace e prepotente, avanzò
nei cuori di chi la conobbe, e nel mio, attraverso conturbamenti morali e pensieri
intrisi di dramma che gettano una certa inquietudine fra masse di carni
instabili e maldestre, entità create altrove, nel momento in cui un viaggiatore
decide di partire, a bordo di una nave la cui meta è ancora sconosciuta.
Fra crisi adolescenziali, rivelazioni sulla sua identità
femminile, distruzioni, esplosioni di odio o rammarico, brutali incomprensioni,
quello di Anne Frank è una delle più vivide testimonianze dello sloam nel
periodo nazista. Vergato da pennelate di colori accesi, con un montaggio di
scene attraverso il quale ci fece conoscere il suo personale punto di vista, ci
inoltrò in una serie di fotogrammi brevi e repentini, sequenze d’immagini
nitide e colorate, che legano i suoi interessi individuali con quelli privati. Vecchie
ruggini che io ignoravo completamente. Coraggiosa ebrea deportata ad Auschwitz,
giovane combattente che promulgò importanti temi come la libertà, il distacco
dalle masse e lo spirito comunitario.
Il suo bisogno di essere compresa attirò la mia attenzione proprio
perché sollecita, e la sua operosità procedette con lo scandirsi dell’orologio
della vita: pagine macchiate di polvere, sangue, pianti, con protagonisti anime
vagabonde che assistono allo spettacolo ripugnante della guerra. Così triste da
non poter provare compassione o tenerezza, lettura logorante ed estremamente
coinvolgente la cui melodia mi ha permesso di assistere alla << nascita
>> di questa piccola grande donna, che lentamente avanzò verso l’oscuro
baratro del nulla, e da lì non tornò mai più indietro.
Valutazione d’inchiostro: 4
Letto in quinta elementare. Per forza di cose, mi ha segnato molto.
RispondiEliminaAnche a me ☺️☺️
EliminaE' un libro che segna, lascia come una cicatrice nel petto e fa sempre bene parlarne. Hai ragione
RispondiEliminaCerte letture non si dimenticano ☺️☺️☺️
EliminaÈ il primo post di recensioni letterarie che leggo dall'inizio alla fine, perché è un libro che mi è rimasto impresso e perchè la tua review è scritta davvero bene. Complimenti!
RispondiEliminaGrazie mille ☺️☺️
EliminaGresi, questo diario è stato uno di quei libri che ti entrano dentro e ti fanno capire quanto sei fortunata. E oltre a questo mi hanno trasmesso la forza di questa ragazzina che continuava a sorridere nonostante ciò che capitasse intorno a lei..
RispondiEliminaEsattamente, e questo è stato uno di quei motivi per cui credo questa lettura sia imprescindibile ☺️☺️
EliminaReading a book of tragedy like in the book reviewed by you, teaches us all to always be grateful for our current situation.
RispondiEliminaLiving healthy, well-off and able to do many of our favorite things is happiness.
Greetings from Indonesia
Exactly. Without that there would be no wealth ☺️
Eliminafrom review it look good, thanks for sharing!
RispondiEliminaNew post on My Blog | Instagram | Bloglovin
Thank you ☺️
EliminaLeggere questo libro in questo periodo ha ancora più significato, bellissima recensione
RispondiEliminaGrazie ☺️💋
Elimina