Un inizio d’anno particolare e tumultuoso, qualche giorno dopo la
mia ultima visita nella dimora rustica di Jane Austen, Mansfield park svettava
dall’altura di una collina rurale e verdastra, attrazione seducente e magnetica
che in una manciata di giorni mi fece prendere parte ad operazioni amorose con
l’ordine di rispettare o rispondere agli incauti sussulti del cuore umano. Qualche
giorno fa, oltre a un numero spropositato di letture, pensieri sparsi,
svettavano le letture di Emma e L’abbazia di Northanger, giunte nel mio
cantuccio personale inaspettatamente, oramai pilastri imprescindibili per il
mio bagaglio culturale.
Qualche giorno prima della Santa Pasqua, sono partita per un
viaggio bello, emozionante ma non indimenticabile, a cui presi parte quando
della Austen compresi la sua relativa importanza per la mia anima semplice e
appassionata. Però, ad essere completamente onesta, questo non è il solo e
unico motivo per cui la amo, talvolta misteriosa talvolta persuasiva,
bensì perché il mio amore per la letteratura classica cresce giorno dopo giorno
sempre di più e con il quale amo perdermi fra le sue pagine, starla a sentire
mentre parla, e le mie attenzioni sono così profonde che talvolta mi domando se
la mia coscienza avesse imboccato una svolta definitiva quando presi la
decisione di completare la lettura delle sue opere.
Mansfield park non ha ricambiato completamente le medesime
sensazioni che Emma e L’abbazia di Northanger avevano sortito splendidamente. Come sempre, abbozza l’intento che chi ami la Austen possa perdersi
fra le sue pagine con la certezza di non restarne invaghito. Piuttosto
cogliendo quelli che non sono altro che messaggi, tematiche attualissime di un
opera prevalentemente classica ma moderna che dovrebbe fungere da monito per l’individuo
a comprendere se stesso e chi lo circonda.
Titolo: Mansfield park
Autore: Jane Austen
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 520
Trama: Sir Thomas Bertram è il proprietario della lussuosa tenuta
di Mansfield Park, dove vive con la moglie Maria e i quattro figli. Frances, la
sorella di Lady Bertram, versa invece di condizioni più difficili, tanto da
costringerla a chiedere aiuto proprio ai Bertram, che accettano di prendere con
loro Fanny, la secondogenita. Fanny ha nove anni quando arriva a Mansfield
Park, e fa una gran fatica ad abituarsi alla differenza di usi rispetto alla
famiglia di origine, anche se con il tempo i rapporti con i “nuovi” familiari
tendono a migliorare. Nascono legami d’affetto con i cugini, in particolare con
Edmund. Fino a che non compare nel mènage Henry Crawford. Persona assai
disinvolta, specie nei confronti delle signore, e soprattutto in assenza del
padrone di casa. Dati gli antefatti, la situazione non può far altro che
precipitare … e Fanny? Fanny non perde l’occasione di sentirsi in colpa: se
avesse accettato la proposta matrimoniale di Henry, tutto avrebbe avuto un
esito più ordinato e “normale”.
La recensione:
Mi domando spesso chi sono. Sono una bella e avvenente ragazzina, amante
delle arti o della letteratura, o una dama di corte ambiziosa e protettiva nei
riguardi della sua pupilla? Chi altri non ho ancora impersonato? L’unica
costante del mondo che ho abilmente costruito attorno alla figura solenne e
misteriosa di Jane Austen è che amo stare in sua compagnia. Quando ero
adolescente, la prima domanda che mi ponevo sempre era come la gente
intepretasse la sua prosa contorta ed evocativa. Cosa, romanzo dopo romanzo, ci
fosse di così ammaliante ed emozionante da rivelare certe definizioni del cuore
umano, - non i suoi meccanismi bensì le sue funzionalità, - e in effetti era vero,
non solo perché c’è come sedimentata della << magia >>, attorno
alla sua figura esile ma leggiadra, ma anche perché leggere i romanzi
austeniani è un’esperienza interiore ed intimistica che sembra restituirci
perfettamente il ritratto di ciò che la sua autrice fu. Come se la stessa autrice,
con lo schiocco delle dita di un ipnotizzatore, mi ordinasse di uscire dalla
trance e svegliarmi. Jane Austen, così come Thomas Hardy, Lev Tolstoj, Irene
Nèmirovskj ha questo potere su di me, e mentre passano le settimane, colmo quei
momenti di incertezza e perplessità mediante romanzi, prendendomi cura della
mia anima. Nella mia visione del mondo, i classici ritraggono un altro mondo,
un altro tempo e le numerose validità che essi svolgono sul presente, come
paralisi, danni cerebrali, in cui genio e arte si scontrano contro qualcosa di
potente da cui ne derivano gravi conseguenze. Piccoli prezzi da pagare con il
privilegio di essere vivi, sebbene ci si muove a fatica, in cui la letteratura
si rivelò l’unico espediente contro la morte.
In genere, nei romanzi austeniani ogni cosa è sottoposta ad una
sorta di crescita. Processo di maturazione non sempre chiaro, ma del quale io
interpreto sempre alacramente, perdendomi nelle svolte spirituali di personaggi
soli e incompresi o restii ad affacciarsi su un mondo che promette tanto.
Da quant’è che la Austen iniziò a parlare non fece altro che
raccontarmi storie bellissime, romantiche, introspettive ma drammatiche, che
poggiano su aspetti attuali nel quale ogni figura di carta subisce come una
sorta di processo catartico, affinchè possa avviarsi lungo la strada del
cambiamento. Per Fanny Bertram la vecchia dimora di Mansfield park è quel luogo
in cui potrà scovare le sue ambizioni, e solo grazie ai rumori del cuore ciò
sarà possibile.
Opera moderna sofisticata e bella, Mansfield park erse dall’altura
di una collina soleggiata e luminosa, in una zona remota dell’Inghilterra, alla
fine del 1800, nel quale finì per sedurmi, come del resto hanno fatto
recentemente altre sue bellissime alture. Questa volta, lettura attualissima che
fa i conti con tematiche piuttosto significative, quali il matrimonio, l’impero,
la schiavitù e il matrimonio, e le modalità con le quali saranno <<
abbracciati >> dalla stessa protagonista. Non qualcosa di artificioso,
come la sceneggiatura di un copione mediante il quale sarà possibile scorgere
qualunque cattiveria, qualunque malvagità, bensì contenitore di sogni o
speranze di una ragazza che non spicca per forza o temperamento piuttosto per
le salde intercezioni che incorrono fra l’età giovanile e quella adulta. Attraverso
svariate e negative esperienze la sua anima, intrappolata in una zona remota e
lontana milioni di chilometri da chiunque desiderò avvicinarsi, si liberà in
cielo fra le avverse stelle sortendo, in me, un certo fascino. Fanny non la
celebro come quell’eroina forte e combattiva ritratta invece in Emma, ma una
fragile ragazzina che ha suscitato sentimenti di tenerezza,
in quanto anima non ancora perfetta, spaesata, incerta, che si perde per poi
ritrovarsi con un bagaglio di affetti o emozioni. Metafora di libertà, di
evasione in cui un mondo sempre uguale a se stesso, convenzionale e fortemente
critico, che inevitabilmente induce ad alienarsi a qualunque forma o parvenza
di normalità.
Malgrado la poco entusiasta esperienza, l’approccio con questa
lettura mi ha predisposta alla curiosità, alla temerarietà, alla libertà, l’interesse
a un genere letterario che qualche anno fa ripudiavo impunemente, curiosa e
consapevole adesso a mettermi alla prova nel seguire i meccanismi di un
marchingegno concepito come la sceneggiatura di un teatro ma lontano allo
scoprire l’amore, l’amicizia, i valori radicati negli stretti legami che
intercorrono fra famiglie.
A Mansfield park, per la durata della sua lettura, ha pervaso un
forte odore di tempo trascurato, oggetti smarriti e poi ritrovati che denotano
un certo desiderio di poter lasciare un pezzo di sé stessi, un segno del nostro
passaggio su un mondo che forse non sa nemmeno della nostra esistenza. E, come
del resto la maggior parte delle opere austeniane, lascia come un vuoto
incolmabile. Specchio nel quale si riflette l’anima di chiunque, inzuppata da
fasti e tragici eventi, piccoli ma non inutili elementi che non si notano tanto
facilmente ma che arricchiscono un quadro apparentemente insignificante ma
bello.
Valutazione d’inchiostro: 3 e
mezzo
Mi sembra evidente che sta volta non ti é piaciuto.. grazie per la recensione
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️
EliminaCiao Gresi, questo è il libro che ho apprezzato meno della Austen
RispondiEliminaUn pochino, anche io ☺️☺️
RispondiEliminaQuesto romanzo è uno dei pochi che mi mancano della Austen, ma leggendo la tua recensione e i commenti precedenti diciamo che non sono particolarmente invogliata a dargli la priorità rispetto agli altri 😅
RispondiEliminaNon è una lettura malvagia, ma certamente che non racchiude la medesima magia che si respira fra le pagine di Emma o Orgoglio e pregiudizio ☺️☺️☺️
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