Quando ci si innamora - come si innamorò Chris
Kraus -, chiedere i motivi per cui ci si è illusi dal sollievo di un
momento, per dubbia che ne fosse la motivazione, sarebbe stato chiedere troppo.
Nel mio Kobo vi sono assemblati un centinaio
di ebook, una novantina sicuramente, che conducono in svariati luoghi, in nuove
forme di vita, che si presentano perlopiù come << guide >> da
centellinare o assaporare lentamente. I love Dick fu esattamente quel prezzo
che ho pagato nell’aver procrastinato la lettura a data da destinarsi, a
muovermi impunemente nei meandri più oscuri dell’Io, spiegandoci per tutto il
resto i motivi per cui l’autrice concepì questa storia. In preda a una specie
di euforia, senza far nulla per tenerla a freno, riponendo mediante parole
dalle quali si evince una certa solitudine di fondo, speranze, desideri che
sebbene hanno sforato il mito dell’accettabile o proponobile rendono più attivo
chi lo osserva.
Il potere che hanno irradiato queste pagine,
in un accozzaglia di parole esilaranti, sagaci, deliranti e sofisticate, si
solidificò in un mondo che resta completamente intatto, immobile come un
dispositivo strano e perverso utile a conoscere qualcuno che è letteralmente
immerso nel mistero. Scritto ai bordi di svariati autori, sebbene dalla cadenza
e il linguaggio personalissimo, in quanto la scrittura è stato l’unico elemento
che ha conferito istinti irrefrenabili, interpretando diversamente,
assecondando qualunque impulso o sensazione.
Titolo: I love Dick
Autore: Chris Kraus
Casa editrice: Neri Pozza
Prezzo: 17 €
N° di pagine: 300
Trama: Filmmaker sperimentale di trentanove
anni, Chris è sposata con Sylvère, docente universitario di cinquantasei anni. Appassionata
d’arte di cattiva qualità, che secondo lei rende molto più attivo chi la
osserva, Chris, diversamente da Sylvère, non si esprime in un linguaggio
teorico. È abituata perciò ad attenersi ad un perfetto silenzio quando Sylvère
si avventura nei suoi discorsi sulla teoria critica postmoderna. Non facendo
più sesso, i due però non evitano affatto di parlare. Praticano anzi una
rigorosa << decostruzione >> a modo loro. In altre parole, si
raccontano tutto. Dopo ave trascorso l’intero anno sabbatico di Sylvère in un
cottage sperduto tra le montagne a un’ora e mezza da Los Angeles, una sera i
due cenano in un sushibar di Pasedana con Dick, critico culturale inglese e
buon conoscente di Sylvère. Durante la cena, mentre i due uomini discettano
sulle ultime tendenze del postmoderno, Chris si accorge che Dick cerca di
continuo il suo sguardo, e non può fare a meno di sentirsi eccitata da quell’inaspettata
attenzione.
La
recensione:
Non
siamo degli estranei che decidono quanto di questo spaccato di vita a tratti
imbarazzanti e a tratti cinematografico osservaranno prima di spostare lo
sguardo su un’altra finestra.
La prima volta che sono entrata nelle viscere
di questa storia e la sua autrice mi ha spedito nelle maglie segrete di un
amore possessivo, sofisticato, in un tipo di esperienza in cui ognuno di noi
può riconoscersi, ho imparato come talvolta si scoprono cose in cui l’atto
dello scrivere è l’unico modo per mantenere un certo contatto, fuggendo dalla
libertà. La luna del mio cuore ha così potuto splendere, comunicazioni più
abietti hanno svelato una parte nascosta dell’Io.
Chris Kraus mi ha indirizzato alla lettura di
questo bel progetto facendomi letteralmente annaspare senza alcun motivo nei
dinieghi di una vita che ci innalza ad una certa integrità erotica. Un disvelamento
dell’anima che è frutto di perversioni, incontri / scontri in cui l’amore non è
inteso come quella forma di salvezza e a cui tutti aspirano bensì qualcosa che
coinvolgono nella sua interezza. Interpretando così con un certo criticismo,
una melanconia che spiazza in qualunque momento.
Interpretare queste sue esperienze mi ha
fatto quasi rimpiangere il momento in cui l’autrice aveva bussato alla mia
porta ed io gli volsi le spalle. Dovevo ascoltare ciò che aveva da dirmi, perché
ciò che ha riportato in queste pagine non è nient’altro che un fascio di
pensieri, un accozzaglia di idee, spunti, ritorsioni sessuali che non nego
quanto sia stato difficile collocare – se si sia trattato di un memoraire, un
saggio o un semplice testo esegeta – dalle mille sfumature, dai mille colori
che evidenziano ciò che è terribilmente oscuro, lì dove avrebbe potuto esserci
luce o luminosità. Questa è una vera e propria ritorsione dell’anima. Quella che
ci riserva la Kraus è spontanea e biografica. Questo in breve il succo di
questa storia. Un semplice incontro, un’attrazione sessuale mai consumata, l’individuo
ritratto come animale desideroso di certe necessità ma anche di tante tante
attenzioni. Di dolcezza, di solitudine, di tendenze forti e necessarie che
riscontrandole in queste pagine mi hanno letteralmente trascinato in svariate
alture, nel filo spinato di una narrazione colta, sofisticata, seducente,
ammaliante, che ha smussato e tagliato. Mi ha tirata giù come un drink bevuto
tutto in una volta, dall’inizio alla fine: ero pronta a scommettere che la sua
autrice sarebbe stata in grado di trascinarmi fino a scoprire una parte del mio
animo a cui non ho dato tanto peso, e che io ho accettato come scommessa perché
desiderosa di scoprire qualcos’altro … Questa è una di quelle forme in cui l’anima
si ritrae completamente in se stessa. Si ritorce contro, e scruta ogni cosa
meticolosamente, attentamente, tagliando quell’invisibile linea del possibile e
mettendola in discussione … questa è una trancia, una dolcezza. L’unica parte
meccanica di tutto il processo è l’atto di riporre nero su i bianco i
sentimenti, l’emozioni che si agitano dentro. Una pressa e uno stampo, la
macchina dal meccanismo artificioso ma originale che districa ogni nodo di un
intera matassa.
Accidenti! Sembrerebbe un processo complicato
che un lettore colto e avido di storie troverebbe complicato per arricchirsi, perché
richiede tanta manodopera: un processo lungo ma volontario, in una sequela di
situazioni o avvenimenti che la Kraus ha coordinato perfettamente. Le storie
che trattano di sesso, che esso sia descritto in maniera del tutto opaca,
annebbiata, esitante, immerso in una luce intensa che circonda il tutto in un
alone invisibile ma reale, uno straripamento che sfianca, nella maggior parte
dei casi provocano moti di repulsione o diniego. I love Dick tuttavia esorcizza il male della vita dando sfogo nell’arte,
subissandola mediante scrittura, avvertendo il fascino del piacere, dell’atto
fisico, del corpo come oggetto estremamente superbo e pretenzioso, nel quale è
stato piuttosto evidente la passione della Kraus per questa figura misteriosa,
il cui fascino nascosto immagino sia stato l’elemento scatenante di ogni cosa. Aprirlo
e svelare tutta la sua essenza, intrisa in una patina appiccicosa di infelicità
e insoddisfazione, ha avuto lo stesso effetto scatenante che solitamente
sortiscono romanzi potenti e indimenticabili. I love Dick rientra esattamente in questa categoria, per la
tradizione, la stessa passione, il coraggio, le ambizioni violente e
sensazionali che mi hanno spinta a restare immersa in una bolla di soffocante
possessività, mancata libertà, minacce invisibili, nel quale ho scoperto come
la scrittura è dotata di una certa potenza, una certa forza per aver seguito e
<<perseguito >> un viaggio ambizioso, rocambolesco, scoprendosi in
ogni forma imperfetta o astrusa, capace di parlare con grande precisione,
intelligenza, parsimonia nonostante l’autrice stessa si definì una persona
infelice.
Questa, in soldoni, una storia femminista che
chiama a sé crucci, dilemmi, ossessioni, possessioni dell’anima che a mio
avviso richiede una certa abilità molto maggiore delle altre storie del canone…
Questa è quella che io banalmente ho definito come uno << schiaffo
>> per quelle donne che negli anni hanno combattuto per l’acquisizione di
diritti o libertà d’espressione. L’autrice, saldamente ancorata alle sue idee
impure e contorte, fu estremamente legata per resistere, sforzandosi di tirare
avanti nell’idea di non prendere in considerazione la donna come massa
instabile ma volontaria anziché di supporto. E I love Dick fu una sorta di sfogo incontrollabile che “cancella “
anni di lotta, ribellione, assalti sociali affinchè qualcosa potesse
funzionare, ma perde la testa nella forza devastante di questa bomba… Una bomba
però, che, a mio avviso, nonostante questa divagazione femminista, in pagine di
diario che di primo acchito sembrano un soliloquio fra l’autrice e la sua
coscienza, ha fatto breccia in me come se fosse mia. Ed è così che sono rimasta
e non andata, se solo avessi potuto scoprire qualcosa in più al riguardo:
questo terribile enigma, il pregare un Dio che non ci ascolta, vagare lungo la
riva dell’assurdo affinchè non ci si senta più soli.
I
love Dick ha il pollice
opponibile, il carattere distintivo di una forma di libertà che sta alla radice
umana. Si pone in grado di fabbricare teorie, supposizioni, che, in proporzione
all’idea di fare, si rivelano molto più grandi di quel che sembra. Complicato,
a tratti destabilizzante, ma che ha una volontà tutta sua, una struttura mobile
complessa ma sofisticata, che coincise nel momento in cui l’autrice si affacciò
dalla finestra del suo animo per esaminare e supportare certe credenze. Attuando
un lavoro modernissimo, originale, di grande qualità che ha richiesto una certa
conoscenza di alto livello, un’ abilità maggiore del normale. Cucito bene come
un guanto, a cui l’autrice si aggrappò alla sua espansività come un malato si
aggrappa a ogni sintomo di guarigione, per piccolo che sia, che si è inflitato,
inaspettatamente, fra le stanze lucenti della mia anima.
Ho
paura di parlare e desidero sprofondare in te, e poi le parole saltano fuori, a
modo loro.
Valutazione
d’inchiostro: 4
Non conosco ne l'autrice, ne il libro; ottima recensione, grazie
RispondiEliminaGrazie a te ☺️☺️
EliminaNon conosco questo libro, ma ha un argomento interessante... Buona settimana per te Gresi 😊
RispondiEliminaAltrettanto ❤️
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