Quasi due anni fa, in un periodo non molto
dissimile da questo, quando delle mie conoscenze nèmirovskiane erano povere di
contenuti, dissi addio a tutte quelle letture frivole, inalterate,
insoddisfacenti che non avrebbero fatto nient’altro che alloggiare da un posto
ad un altro. Sono pochi gli autori a cui voglio bene e ancor più bene a coloro
il cui passato fu reciso da situazioni o eventi che hanno sconvolto del tutto
il loro universo personale. Il mio desiderio, in questi casi, è sempre stato
quello di scovare qualcuno che parlasse alla mia anima. Murakami, Zafon, Paul
Auster, Philip Roth sono solo alcuni di quegli autori che hanno bussato
timidamente alla mia porta, ed io non ho potuto fare a meno di farli entrare. E
questo credo sia questione di predisposizioni d’animo: c’è chi un autore parla
intimamente al tuo cuore, e chi invece sfoga i propri interessi, le proprie
attitudini in diverso modo.
Irène Nèmirovsky però fu quella che prese
possesso di ogni parte, ogni fibra del mio animo, luminose e più grandi man
mano si avvicinò inesorabilmente, in stanze adiacenti del mio cuore, che nel
corso del tempo ha acquistato una certa forza. Adesso che ripongo queste poche
righe, sembra quasi inutile pubblicare l’ennesimo post letterario a tema
nèmirovskiano, eppure ho visto aggirarsi l’autrice silenziosamente con l’arcana
sensazione di essere entrata in un mondo nel quale era necessario quasi
chiedere << permesso >> per potervi entrare.
Ed ecco l’ennesimo straordinario equilibrio,
momenti di soddisfazioni interiori, che il periodo storico in cui visse l’autrice
avrebbe potuto essere più veritiero. A volte mi viene il dubbio nel credere se
non sia nata nell’epoca sbagliata, che gli anni o i momenti che mi hanno vista
impelagata in situazioni rischiose forse fin troppo in fretta che hanno scongiurato
momenti di pura evasione.
L’eterna lotta del Bene e del Male, l’attaccatto
furibondo della libertà di gruppi ebrei, sono gli elementi principali nel quale
vertono i suoi romanzi. E nel bel mezzo di questo caos cosmico, un apocalisse
che annienta ogni cosa, persino le nostre fragili membra, le dolci parole dell’autrice
evocarono un mondo sospeso, sorpreso, annientato dal dramma e dalla miseria,
rispettoso e doveroso ma tenuti a vivere come il personaggio di una tragedia.
Fu l’esperienza a rendere e considerare l’autrice
come la più prosaica musa che, nel periodo della sua vita, sollevò un polverone
di domande, senza scartarne una, risvegliando la potenza di uno scontro bellico
che ha sbaraccato ogni cosa. E alla fine non resterà più niente. Nonostante perdersi
in lei, fra le sue pagine, in vicende dettagliatamente riportate, l’amore, la
separazione, la rinuncia, il dtamma derivano da esperienze vissute in prima
persona della stessa autrice, che hanno fatto il giro del mondo.
E l’unico modo per esserne completamente
soddisfatti è tornare in posti in cui vi ho risieduto per ben tre volte le cui
storie si attengono esattamente allo stesso schema originario. La sua ombra, la
sua coscienza, tanto quanto lo slancio, il fervore, l’amore dell’autrice per la
scrittura e la letteratura che radicati fortemente nel passato intensificarono
ogni momento della sua vita. Specchio dei suoi desideri, nonché diario di bordo
di spettacoli orribili, ripugnanti che nonostante il tono drammatico mi hanno
ammaliata, incantata nelle sue tenaglie.
Ciao Gresi, questa autrice ti ha proprio conquistata! Io di suo ho letto solo "Il ballo", però ho visto il film tratto da "Suite francese" e mi era piaciuto :-)
RispondiEliminaEh sì... Ma proprio tanto 🤭🤭🤭
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