La rubrica Due chiacchiere con l'autore non vedeva gli albori da oltre due anni. L’ultima intervista risale a quella che io e un’altra autrice emergente, Ilaria Vecchietti, ebbimo sul finire della lettura del suo ennesimo figlio di carta. Il problema è che, da quant’è che il blog è in vita, le interviste agli autori emergenti hanno scarseggiato sempre più. Con gli anni, le mie letture non hanno più valicato la soglia del possibile, stabilendo un certo limite su ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, come un primo passo per scrutare a fondo la mia anima: comprendere chi è la lettrice che riposa in me. Mi sono categoricamente rifiutata di deporre le armi e voltare le spalle a quella povera cerchia di autori sconosciuti che avrebbero bussato alla mia porta, nonostante di occasioni non ce ne siano state da lungo tempo, ma la vita continua a tendermi imboscate e sorprese repentine cui non so quale atteggiamento porre. Con Antonio Scotto Di Carlo, tuttavia, avevo già famigliarizzato in passato, e con l’occasione di leggere il suo romanzo la tentazione di intervistarlo fu davvero forte e impossibile da soddisfare. E fu così, che dopo tantissimo tempo, quella strana, indefinibile accozzaglia di storie di tutti i colori, che in comune hanno il sogno di scrivere, come rimborso personale della propria anima, quello riguardante il tempo sfruttato nello scrivere, ho voluto restare in sua compagnia per qualche altro giorno. Il destino ha voluto così, e il mio compito era quello di portare a buon fine l’intervento dell’autore, affinché fosse soddisfatto. Ed in un certo senso lo sono anche io, che accolgo con soddisfazione e gratitudine quella cerchia di autori che spendono qualche minuto del loro tempo a soggiornare in questo salotto virtuale.
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1) Ciao, Antonio! Bentornato su Sogni d'inchiostro! E' davvero un piacere riaverti qui …Prima di
dare il via all'intervista, dicci, chi è Antonio nella vita di tutti i giorni?
Ciao, Gresi. Piacere mio di averti ritrovata J Dunque, chi è Antonio nella
vita di tutti i giorni… È un tizio mite che non si prende troppo sul serio.
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2)Da dove nascono i tuoi romanzi, e cosa ti ha spinto a
scrivere Cannibali moderni?
È stato il rispetto per il lettore a generare il bisogno di inventare la tecnica narrativa con cui l’ho scritto. Nei romanzi, soprattutto nei thriller, l’autore spesso bara per evitare che il lettore comprenda il mistero prima della fine. “Barare” vuol dire: far parlare/agire un personaggio in maniera incongruente, tralasciare dettagli-chiave, ignorare l’ovvio qualora l’ovvio incanalasse la storia su binari indesiderati e, nei casi peggiori, mentire al lettore. Siccome il mio protagonista lo sa se è innocente o colpevole, sarei dovuto ricorrere anch’io a uno di quei mezzucci per lasciare il lettore nel dubbio. Allora ho preferito farmi da parte come narratore, così avrei evitato di scrivere dei pensieri del protagonista. L’ho lasciato semplicemente parlare, in modo che il lettore possa decidere da solo se “l’ha fatto” o “non l’ha fatto”. In questo modo nessuno potrà accusarmi di aver barato. Al massimo, si potrà accusare qualche personaggio di aver mentito. Ma a loro questo è concesso.
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3) Una volta intessuta la trama, qual è il passo successivo nella creazione della storia e dei personaggi?A volte procedo scrivendo alla buona un capitolo dopo l’altro: in
questo modo riesco ad avere una visione più globale della storia e ho la
possibilità di aggiungere particolari prima della fase di editing. Quando
invece la storia mi è ben chiara, scrivo un capitolo e lo correggo e ricorreggo finché non lo
ritengo buono, prima di passare al successivo. Con Cannibali ho seguito il
primo metodo.
4) Hai
trovato delle difficoltà nell'evolvere la personalità dei protagonisti? O,
scrivendo, avveniva in maniera del tutto naturale?
In questo caso, trattandosi
solo di dialoghi, è venuto tutto naturale. Una volta stabiliti gli obiettivi di
ciascun personaggio, li ho fatti parlare/agire in maniera che potessero
raggiungerli. Poi sta al lettore, se vuole, capire chi mente e quando mente. In
questo senso lo definisco “thriller psicologico”. Ma non ha niente a che vedere
con spargimenti di sangue o cose horror.
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5) Nel romanzo, i gesti dei più potenti nascondono sempre un secondo fine. Questo mi ha colpita durante la lettura. Nel mondo di oggi, chi sono i potenti, e come lo diventano? Quale arma utilizzano? Nel tuo racconto il dono/arma è quello di anticipare il futuro mediante astuzia, cogliere ciò che sarebbe arrivato e anticipare le mosse. Vale anche oggi?In questo romanzo, chi più e
chi meno, sono tutti affamati di soldi (eccetto un personaggio). Una fame
intensa che detta i loro comportamenti; quella stessa fame che al giorno d’oggi
è stata esasperata dal benessere e dal consumismo. Ecco perché l’ho intitolato
CANNIBALI MODERNI.
6)Per la stesura di Cannibali
moderni quanto tempo ci è voluto? È stato un lavoro particolarmente difficile?
Ci ho messo sei mesi. Come
autore indipendente, tutti i miei libri li concepisco, scrivo, edito, correggo,
pubblico e promuovo. E questo l’ho pure tradotto in inglese grazie all’aiuto di
una scrittrice madrelingua (altri sei mesi). Quindi il lavoro non è stato
difficile. È stato pesante. E lungo.
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7) Hai scritto romanzi
ambientati in Italia. Se oggi decidessi di ambientarne uno in Giappone, quale
luogo e quale epoca sceglieresti?
Dovrei fare prima uno studio
approfondito, perché so troppo poco di quel Paese. Ne ho ambientato qualcuno
negli Stati Uniti e un altro a Vienna nel 1800, come ben sai, e ho passato mesi
a informarmi su luoghi e costumi.
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8) Cosa fai prima di scrivere?
Dormo (nel senso che scrivo
quando mi sveglio).
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9) C’è qualche romanzo che recentemente hai letto che ti ha particolarmente colpito?
Non di recente. L’ultimo che mi
ha entusiasmato è stato Furore
10) Quali sono state le sfide
che hai dovuto affrontare durante la stesura del romanzo?
Beh, la sfida è stata quella di
creare una tecnica narrativa che non si è mai vista prima. L’ho chiamata
Ghostoryteller, un termine da me coniato che allude al “narratore fantasma”.
Che cos’è un fantasma? Uno spirito che c’è ma non si vede. La sfida è stata
quella di fare in modo che il narratore non si veda (perché in realtà c’è,
avendo io scritto la storia…). Che poi questa tecnica funzioni o meno, lo
diranno i lettori.
11) Cosa significa per te scrivere?
Fino a qualche anno fa, tanto.
Adesso, molto meno.
12) Quando scrivi ti senti
coinvolto o riesci ad essere più oggettivo e dunque distaccato da quello che
traspare dalle pagine?
Quando parlo di un personaggio,
sono distaccato. Gli faccio dire e fare cose anche se non mi piacciono se è ciò
che richiede la storia
13) Nei tuoi romanzi affronti
tematiche piuttosto importanti. E' difficile per te scrivere tutto questo?
Sì, perché quando si toccano
certi tasti, ognuno ha le proprie convinzioni. Quindi so in partenza che una
parte di chi legge mi disapproverà.
14) Cosa non dovrebbe mancare
in una storia affinchè resti impressa nella mente di chi legge?
Il finale non lieto. Se una
storia non finisce bene (che comunque è diverso dal “finire male”, perché oltre
al bianco e al nero esiste il grigio) lascia una specie di seme nella mente e
nell’anima del lettore. Però non è una regola fissa perché ci sono storie per
cui il lieto fine è indispensabile (tipo il film La Vita è Meravigliosa – lì un
finale grigio o nero avrebbe stonato peggio di un rapper nella Traviata)
15) I tuoi romanzi sono scritti
in prima persona. Perché questa scelta? Pensi avrebbero medesimo spessore se
raccontate da più punti di vista, mediante un narratore "esterno"?
In realtà ne ho scritti in
prima persona e in terza persona. Con Cannibali ho sperimentato il “senza
persona”.
16) Quali sono i tuoi romanzi
preferiti, o meglio, quali opere hanno influenzato la genesi dei tuoi romanzi?
Prima fra tutti, l’opera di
Proust: Alla Ricerca del Tempo Perduto. Poi, in misura minore, Amleto, Delitto
e Castigo, Il Conte di Montecristo e, appunto, Furore.
17) Quanto tempo dedichi alla
scrittura nell'arco di una giornata?
Dipende dai periodi. A volte
anche 10 ore. Altre anche 10 minuti.
18) Cosa hai imparato dai
protagonisti dei tuoi romanzi?
Ho imparato la differenza tra
fiction e realtà. Se tiri un sasso in una finestra, nella fiction tutto può
succedere. Se lo tiri nella realtà, il vetro si rompe. Sempre.
19) Il tuo ambiente lavorativo…
Con un libro come questo, e gli altri scritti, se cerco di raffigurarmi
l’ambiente in cui lavori, vedo una scrivania con un computer ronzante su un
tavolo in legno, e della musica classica gracchiare da un giradischi. Descrivi
il tuo ambiente lavorativo relativo alla creazione dei tuoi libri.
Ci sei andata vicino, con
l’unica differenza che uso YouTube invece del giradischi. Poi, siccome correggo
i miei scritti da me, li stampo su carta e da sedia girevole e tastiera passo a
poltrona e penna. Infine torno al PC per apportare sul file le modifiche fatte
a mano. Breve aneddoto. Quando iniziai Il dio sordo non avevo ancora il
computer. Lo scrissi a penna, su una tavola di truciolato che poggiavo su uno
di quei sostegni a X per tastiere musicali. Quando tre anni dopo finii, lo
battei a macchina integrandolo con centinaia di nuove pagine. Quando due anni
dopo finii, comprai il computer e lo scrissi su un file, integrandolo con altre
centinaia di pagine nuove.
20) Ad
un lettore o una lettrice che non ha ancora letto nessuno dei tuoi romanzi,
quale consiglio gli daresti per farlo?
Date un’occhiata alla mia pagina Amazon perché troverete un libro del vostro genere preferito. Infatti ho scritto: un romanzo storico (Il dio sordo), un romanzo contemporaneo (2 Mogli, 2 Mariti e 1 Lampadario), un romantic suspense (Cuori Sotto Tiro), un commedia (2 Geni, Pirandello e la Legge), un thriller (Proiettili dal Passato), una romantic comedy (Sognando di Lei), un ghostoryteller book (Cannibali Moderni…), un saggio satirico sulla politica (Pagliacciopoli), 5 parabole su vari argomenti (del Coglione, sul senso della vita – del Banchiere, sulla crisi bancaria del 2008 – Per Legittima Difesa – dello Scriddore, sull’editoria – del Ciccione, su inquinamento e Covid) e ho tradotto un romance contemporaneo (Cuore Nella Nebbia). In pratica mi manca solo il Fantasy (l’idea c’è, ma devo lavorarci)
Boa noite. Parabéns pela maravilhosa entrevista. Ficou muito legal.
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