Per qualche ragione o magari nessuna ragione
che fosse comprensibile nel raggio di quasi quattrocento pagine con le quali ho
letteralmente perso il senso del tempo, non conoscevo assolutamente questo scrittore
che quando il suo romanzo giunse sulla mensola di una libreria già strapiena,
rimasi perplessa, affascinata, stupita che la sua storia racchiudesse un tesoro
di così inestimabile bellezza. Non leggevo un romanzo che mi prendesse così
tanto da un sacco di tempo! Uno strano modo per dire, che bordata della mia
immancabile agenda e aggirandomi fra le vecchie mura di un convento
maleodorante e fosco, fui subito immersa in una realtà in cui ci si crogiola
beatamente alla mercè di parole che rafforzano lo spirito, consolatrici e allo
stesso tempo predicatori in cui la presenza di una coscienza impura, non
contaminata, la ricompensa data dalla gloria eterna in cui l’assurdo cozza col
reale dubitando di qualunque forma di concretezza. Non quindi un romanzo che ti
induce a indugiare sui tuoi passi, ma un primo approccio entusiasmante, appassionante
che mi ha indotta a divorare le pagine come se animate di volontà propria.
Titolo: Il monaco
Autore: Matthew G Lewis
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 12 €
N° di pagine: 496
Trama: Ambrosio, monaco dell’ordine dei
Cappuccini di Madrid, è conosciuto in città per la sua saggezza e la condotta
virtuosa. Fino al giorno in cui scopre che il discepolo con cui ha un profondo
legame è in realtà una fanciulla. Matilda. Caduto in tentazioni sempre più
profonde, Ambrosio ricorrerà alla magia e al demonio nel tentativo di celare i
propri crimini all’Inquisizione.
La recensione:
Questo racconto, perché un racconto lungo
si tratta, da qualunque parte lo si guardi o si giudichi, fu come essere colpiti
da una freccia infuocata. Fu scritto sul finire del 700, quando l’autore non
aveva nemmeno vent’anni, e si compone di episodi che indussero l’autore a
doverne snellire i contenuti perché giudicati << scabrosi >>, impuri,
non conformi al secolo. Un uomo di nome Armando era il centro da cui si dipanavano
le vicende di una splendida immersione nel romanzo gotico, dantesco e mitologico,
che, arrivata ad un incrocio, mi impedì di guardarmi indietro, scegliere se voltarmi
per fare ritorno alla mia insulsa e inutile vita, o seguire di pari passo le vicende
di un uomo che in un momento imprecisato della sua vita cadde nel peccato. Caduto
in tentazione, dato per morto e posseduto da qualche entità maligna, abbandonato
da tutto e tutti, alla fine ci si intestardisce a voler restare in sua
compagnia per carpirne i segreti di questo suo strambo comportamento. Alla fine,
quando ci si riprende, si acquistano le fondamentali nozioni della realtà
circostante, si barcolla e poi si raggiunge la meta con un sorriso stampato
sulle labbra. Perché, quando decisi di imbarcarmi fra le pagine, è stato più
forte di me tenere a freno la curiosità e non proseguire questo folle bellissimo
viaggio. Condotta in un luogo in cui vi ho fatto inevitabilmente perdere le mie
tracce, un monastero la cui figura snella e silenziosa incuteva timore,
personaggi violenti ma focosi e passionali, vidi che i miei sforzi di leggere
qualcosa che non avevo programmato generò stupore.
Non conoscevo affatto questa storia, che
invece di prendere una strada tutta sua mi indusse a sperare che ciò che vissi
fra le sue pagine accadesse nuovamente con qualche altro romanzo, ripartenze
che prometto sempre di poter riscontrare con tanti altri autori, altri
bellissimi romanzi, altrimenti cosa ci troverei di bello nel leggere? E mentre
questo monaco mi venne incontro vidi che la sua sarebbe stata qualcosa che all’epoca
fu tacciata di oscenità e maldicenze, in cui la sincera devozione verso
qualcosa o qualcuno era insinuato nei meandri di una città in cui la
superstizione, il culto religioso, il marchio malefico avrebbe regnato sovrano.
E in tutto ciò ci fu il problema di una giovane e innocente fanciulla che necessitava
di essere aiutata. E mentre noi restiamo sedotti dal voler aiutarlo in questa
deplorevole missione, non ci si perde nel ridondante di alcuni eventi, alcuni
assetti del romanzo che io avrei snellito, saltando fuori dal nulla come fiati
di vapore dispersi nell’atmosfera., un manipolo di donne bellissime, astute ma
lussuriose ritratte come ninfee dal potere ammaliante, seducente, nonostante l’apparente
umiltà, sostenute dalle violenze delle passioni, dal peso della monotonia,
della sofferenza, dell’insoddisfazione, furono quegli ostacoli che portano il
marchio della malignità, della falsità a contraffare qualunque assetto maligno perché
non vi è alcuna speranza di salvezza. In un mondo che tende a darti la mano con
fede, castità, purezza che non vuole esplicare niente di particolare, se non quanto
l’individuo è fallace e debole.
La visione di un uomo che si dimena come
un ossesso, sghignazza, sogghigna disteso in un letto come un orribile pena di
morte per chi è stato castigato volontariamente dal Dio del male.
E si pensa nell’immediato a ciò che
può essere capitato a quest’uomo, quando il Diavolo l’accolse nel suo grembo
repentinamente in un giorno qualunque, che un po’ per curiosità, un po’ per
castigare i suoi << fedeli >> si avvicinò al mondo terreno finendo
nella trappola che fra le pagine di questo romanzo conduce all’isteria.
Quanti lettori, a volte senza
saperlo, rischiano viaggiando da un luogo ad un altro, valicando confini
inesplorabili, rischiando persino la loro stessa vita. Certo che ognuno di noi
ha diritto a leggere ciò che gli pare e piace, ma di Il monaco c’è
da dire che si tratta di quella giustizia sommaria che mi sembra ingiusto
imporre a un lettore ingenuo e imberbe. Le possessioni, i riti satanici, la
presenza del Diavolo, alcove di paure e timori vari, sono oggi una delle forme
più archetipe del mondo; è un mondo a se stante che è tenuto mediante i fili
invisibili di individui che affrontano il Male di petto, stabilendo ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato di cui l’autore attinge come se pescando da un
arcipelago di sopravvissuti. Ogni dato o informazione è un naufrago che
galleggia nel grande mare del dimenticatoio dell’andata perduta e mai
ritrovata. In un alternarsi fra gesti folli e insensati e il contesto storico e
politico, in un itinerario letterario le cui parti convergono in vicende che
ricostruiscono una storia rimasta per secoli imprigionata fra le soglie del tempo.
Armando e la presenza del Diavolo sono forme di vita attraverso cui l’autore si
premura a costruire un pezzo di storia, che per il popolo fu una lotta
incessante ma vana in cui prevale lo spirito dell’intero romanzo e il desiderio
insopprimibile di porre ogni cosa alla luce. Nonostante le maldicenze, nonostante
sia macchiato di impurità.
La possessione diviene un male
assoluto impossibile da estirpare, il Diavolo alberga per destare potere,
smuovere gli animi di chi possiede un’anima pura, pronta ad accettarsi ad ogni
stimolo esterno, avvolti nel dolore e nel sacrificio. Il suo destino è
disgraziatamente appeso a un filo, ma nel 1700 gli esorcismi erano ancora
sconosciuti.
L’impossibilità di non poter
combattere, la ricerca vana alla felicità, alla redenzione, sono alcuni degli
elementi che hanno fatto breccia nel mio cuore e schiarito le idee su qualcosa
che, nonostante i miei insegnanti me ne avessero fatto cenno fra le mura
scolastiche, nel romanzo di Lewis sono circondati da una luce più accecante e
oscura. Ridotto a uno stato particolarmente discutibile, pronto ad accogliere
nel suo grembo qualunque forza, elemento, sacrificio che il Maligno lo sottrae
e che detiene nel palmo delle sue mani.
Una serie di allegorie alle regole o
alle convenzioni sociali attraverso cui molti non vedono una via d’uscita.
Surreale, crudele in cui conta esplicare la verità, qualunque forma di vita che
conferisca un fondamento, e che grazie alla presenza di Dio, l’estatico che cozza
con la letteratura mitologica e classica, è necessario comprendere quale
direzione prendere, quale strada percorrere affinchè l’anima non si senta più
fuori posto, poiché precursore di menzogne e falsità insinuate nella bella
Matilde. Discernere osservando ciò che sta sul fondo affinchè è possibile
scorgere la distinzione fra Bene e Male, non è qualcosa che scaccia
definitivamente il Maligno ma apre la mente a nuovi idiomi e nuove tipologie.
Complesso perché composto come un
poema religioso, filosofico e moralista, pone particolari distinzioni fra
intelligenza e mediocrità, in cui le anime di questi poveri flagellanti non
riescono ad opporsi ad alcunchè. Figurarsi al Diavolo! Un piccolo grande tesoro
di immaginazione letteraria che spicca il volo verso un orizzonte
irraggiungibile, covo di paure e di forme di inquietudini varie. Accresciuto
dalla densità di uno stile a tratti semplice a tratti prolisso, a cui ci si
appassiona con un certo coinvolgimento emotivo.
Valutazione d’inchiostro:
4 e mezzo
Molto interessante, ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te :)
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