Stephen King ha scritto e scrive tantissimi
libri! Da quant’è che nella mia strapiena libreria è approdato 22/11/69 è nato
qualcosa in me, una curiosità accesa e profonda, una stima esorbitante ed
esarcitata, che in momenti imprecisati della mia vita mi hanno indotta a immergermi
in storie che non mi appartengono. Mi riferisco, ad esempio, a Mucchio d’ossa, La
metà oscura, e ora a Misery che mi raccontò una storia che francamente non
avevo mai sentito parlare. Nemmeno sfiorato l’idea che il film potesse acquietare
la mia insaziabile curiosità e la sua celebrità, sulle chiacchiere di un Oscar
all’attrice che impersona l’infermiera Anne, che confermo la bravura dopo aver
visto anche io la trasposizione cinematografica. Il bravo e buon vecchio Stephen
King, lettore vorace ma soprattutto amante di parole che non moriranno mai,
nemmeno dopo aver messo la parola “fine” ad ogni suo romanzo scritto, fece di
Misery una proiezione di quel che fu una visione immaginifica in un viaggio in
aereo per Londra, in un periodo essenzialmente tossico e dipendente, che esalta
non solo la parola scritta ma anche la vita che sta in sospeso fuori da un
tempo che sembra allungarsi. Sospesi in un intervallo di silenzio che in un
certo senso incute terrore, così interminabile e intricata da indurci noi
stessi a cadere in questo mare di sangue e inchiostro. Paul infatti è quel
solitario uomo di coscienza – o forse no? – mosso da principi morali che senza
alcun fondamento teorico lo incastreranno in una rete fitta di paure, imbrogli,
messinscene che in un certo senso costruiscono una trama dentro una trama,
nonostante gli innumerevoli atti di resistenza. Prima o poi saremmo arrivati all’epilogo,
a prove di vita che inducono a riflettere, a dover imparare qualcosa di cui non
se ne conosce l’origine. Oscuro ma straordinariamente suggestivo.
La recensione:
Paul non avrebbe mai creduto che, una volta posto il punto finale a Misery, dovesse fare i conti con una realtà scabrosa e irritante che presto sarebbe diventata la sua. C’era stato un incidente che l’aveva portato a vagare come uno spettro nel bel mezzo del nulla, l’incontro/ scontro con una donna amante dei suoi romanzi e della sua prosa ma a relegarlo in una vecchia casa da cui avrebbe tratto qualunque perverso vantaggio. Cosa aveva fatto Paul per subire una simile punizione? Senza aver mai toccato nemmeno una mosca, quasi sempre rinchiuso fra le mura domestiche del suo studio, dinanzi a una vecchia macchina da scrivere il cui rumore incessante dei tasti rimbombava nel silenzio, senza più niente da scrivere ora che la sua Misery era morta. Però da quant’è che questa donna, Anne, l’aveva soccorso, qualunque parvenza di tranquillità era svanita. Lei, una vecchia infermeria dell’ospedale più vicino, non avrebbe dovuto aiutarlo?
Non credevo possibile che in meno di qualche mese a distanza della bellissima lettura di Mucchio d’ossa i miei spericolati viaggi con Stephen King, talvolta complicato, talvolta bizzarro e attraente di cui ho deciso di voler affiancarmi per ancora un po' di tempo, fosse una delle migliori attrazioni che i lettori amano ricordare. Uno dei migliori sforzi di realtà immaginifica in cui si mette a repentaglio qualunque cosa, non solo cose e persone, ma la stessa vita, lasciandoci alle spalle una voce che non è nostra, la mente e l’indole di un altro, quel qualcuno il cui nome compare come uno sfarfallio in un tunnel lungo e oscuro, in un continuo agitarsi di ombre dietro cocenti dolori, scivoloni di sangue nel bel mezzo del niente. È stato dunque in questo fantasmagorico set di colori, voci e suoni che mi sono completamente immersa in questa bella storia, in un mondo in cui non si respira poiché ossessivo, claustofobico, nevrotico, isterico, una giostra confusa di dolori, passioni, folgorata dalla freccia potente dell’amore come atto di non rinuncia. Del resto, uccidere pur di far restare in vita un personaggio di finzione è una concezione distorta d’amore ma non credevo che la mente umana potesse compiere e valicare simili barriere. Nulla di spaventoso e trascendentale, nulla che mi abbia disturbato o inorridito, quanto qualcosa che sembra avvenire esclusivamente nella mia testa, quell’inspiegabile sensazione di comprendere cosa è vero e cosa non lo è. È una forma di romanzo che in Misery assume una sua particolare forma, che di per se è già straordinaria e ammaliante. È il racconto di uno sfortunato scrittore che non credevo di leggere in questo momento della mia vita, una nuova apparizione nel programma delle mie letture che conferisce un sapore agro, aspro, più denso. Proiettati in un abisso profondo, che se continuavo ad avanzare assieme a Paul ci avrebbe condotti in un burrone, sempre più giù, per tutto il tempo che ci sarebbe voluto per toccare il fondo. Del resto, la sua stessa vita si era trasformata in un abisso del genere che un giorno lo costrinse a toccare il fondo, e forse in cui le sofferenze avrebbero avuto fine.
Un romanzo che è un incessante preghiera di salvezza, redenzione, comprensione in cui involontariamente si cade nel fondo, e lì si resta intrappolati. In un baratro lungo e oscuro da cui è impossibile scorgere la luce, vigilata dall’occhio attento della sadica Anne che veste i panni di donna travestita in Diavolo che tenta in ogni modo per avverare i suoi desideri, che in un certo modo riesce. La fede che aveva riposto alla sua amata eroina, brusca e perversa ragazza piena di idee strampalate, è un personaggio di cui è davvero impossibile dimenticarsi. Talmente vero da rispecchiarsi e confidare qualcosa di più di un semplice atto di comprensione. Così il nostro cerchio di vedute sarebbe più ampio. Non allegri ed entusiasti semplicemente leggendo un romanzo quanto incarnandolo personalmente.
Quella di Misery è la linfa vitale dell’essere scrittori o scrittrici a tempo pieno di cui le stesse parole nutrono e allo stesso tempo uccidono, come mai credevo potesse accadere. E a questa uccisione aggiungo anche un certo ammaliamento; l’amore per le storie, la parola scritta è assolutamente autentico. A volte mi è sembrato di nutrire sensazioni particolari, emozioni che so di non poter esprimere, impulsi che non posso controllare, impressioni che non posso scuotermi di dosso, sogni e pensieri contrari ai sogni e ai pensieri comuni per gli altri, nonché dialoghi con la mia anima semplice e appassionata che mi ha indotta a giudicare i pro e i contro, scoprendone le qualità, i difetti, incominciando a immergermi in pensieri che alla fine si sono rivelati profondi, in cui mi sono persa, esaurita, fino a non capirci più niente.
Valutazione d’inchiostro: 4
King non fa per me; ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te ☺️
EliminaIo adoro Stephen King e Misery è un thriller psicologico, un buon romanzo, che si legge velocemente e che ti tiene col fiato sospeso :)
RispondiEliminaGià. Mi è piaciuto molto, infatti ☺️☺️
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