Se non avessi accettato la proposta di
accaparrarmi di questo libro, romanzo il cui genere non popola più come una
volta gli scaffali delle mie strapiene librerie, ma il cui fascino non subì alcun
effetto negativo nonostante i lunghi anni trascorsi, vivere la storia di Elena
e che la sua autrice si porta dentro sarebbe stato impossibile. Impensabile. Inconcepibile.
Allo stesso tempo, non accettare di leggerla avrebbe equivalso a guadagnarmi la
possibilità di spaziare fra i generi, non leggere sempre e solo classici che
appesantiscono il tono, accrescono una certa moralità alla mia anima semplice
ma fin troppo costruttiva, ma una volta entrata a far parte di questa storia
uscirne è stato davvero difficilissimo, ed io francamente non me lo aspettavo. Magari,
adesso che ogni cosa è volta al termine, potrei tornare a Stoneheaven, piccola
cittadina dell’America a far finta che di Elena e della sua storia non sapessi
assolutamente niente, ma non avrei guadagnato niente se non l’idea che questo
libro non era stato ancora vissuto. Tra l’altro questo romanzo è il primo di
una dulogia e non appena avrò il secondo volume lo leggerò nell’immediato, il
solo pensiero di sapere come si concluderanno le vicende mi contorce le
viscere. Perché non sono i personaggi della Armstrong ad essere stati
condannati, ma chi ha osato avventurarsi fra le pagine di una storia straordinaria,
avvincente e irrimediabilmente romantica come questa, che, come unica soluzione
all’assenza del secondo, non posso che consigliarvi caldamente.
Titolo: Bitten. La notte dei lupi
Autore: Kelley Armstrong
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 463
Trama: Toronto, ai nostri tempi. Elena Michaels è una giornalista di successo, ha un ragazzo normale che la vorrebbe sposare, ama correre di notte, correre veloce come il vento. Non sono certo le strade buie o i tipi loschi a farle paura perché dalla sua ha qualcosa di straordinario. È l'unica donna licantropo al mondo. Ha abbandonato il suo clan d'appartenenza e i comfort della villa, loro quartier generale, per una vita ordinaria. Indietro non si è lasciata solo un Branco ma anche Clay, colui che l'ha tradita trasformandola in un licantropo. Sarà l'amore per l'unico uomo che davvero le abbia toccato il cuore e il forte sentimento di appartenenza ai licantropi che la ricondurranno indietro, quando il Branco avrà bisogno di lei. È giunto per Elena il momento di scegliere tra l'amore per Clay e quello per il ragazzo della porta accanto, tra la sua nuova vita, tessuta su una tela labile e pregna di bugie, e la sua natura che, come la luna chiama le maree, la sta chiamando a sé.
Autore: Kelley Armstrong
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 463
Trama: Toronto, ai nostri tempi. Elena Michaels è una giornalista di successo, ha un ragazzo normale che la vorrebbe sposare, ama correre di notte, correre veloce come il vento. Non sono certo le strade buie o i tipi loschi a farle paura perché dalla sua ha qualcosa di straordinario. È l'unica donna licantropo al mondo. Ha abbandonato il suo clan d'appartenenza e i comfort della villa, loro quartier generale, per una vita ordinaria. Indietro non si è lasciata solo un Branco ma anche Clay, colui che l'ha tradita trasformandola in un licantropo. Sarà l'amore per l'unico uomo che davvero le abbia toccato il cuore e il forte sentimento di appartenenza ai licantropi che la ricondurranno indietro, quando il Branco avrà bisogno di lei. È giunto per Elena il momento di scegliere tra l'amore per Clay e quello per il ragazzo della porta accanto, tra la sua nuova vita, tessuta su una tela labile e pregna di bugie, e la sua natura che, come la luna chiama le maree, la sta chiamando a sé.
La recensione:
Comprendo solo adesso, nel mentre ripongo
queste poche righe, di come io sia rimasta affascinata, per non dire stregata,
da questa lettura, le cui sensazioni si agitano furiosamente nel mio animo. Non
solo questo, ma mi è davvero impossibile spiegare il perché, dato che si tratta
dell’ennesimo young adult che parla di lupi, sulle prime diffidente ad
avventurarmi su un terreno incerto come questo, che sembra quasi sempre una
follia delirante, l’ineluttabile discesa all’insoddisfazione, all’inappagamento,
nel fallimento e nella delusione, ma anche perché adesso non sono più la
ragazza che ero quando avevo sedici anni, quando bevevo questi romanzi come thè
caldo, che una volta entrata a far parte dei salotti classici e vittoriani,
esposta a qualunque tempesta emotiva e ai vantaggi che garantiscono i classici,
scansavo le occasioni di ricevere opportunità di leggere questo tipo di romanzi
per progredire culturalmente, ampliare la mia mente nel non essere selettiva e
procedere esclusivamente lungo un'unica strada, ma usare il mio tempo per
arricchirmi. Si perché sebbene in questo caso si parli di un romanzo
fantastico, Bitten a modo suo mi ha arricchito l’anima. Non mi vergogno
a scriverlo, tanto meno a pensarlo, e la verità è che non bisognerebbe nutrire
pregiudizi che accrescerebbero il nostro astio all’approccio di quel
determinato libro, perché anche con romanzi di << bassa categoria
>> sempre in basso si resta ma invitarci a riflettere, aprire gli occhi su
qualcosa che ingenuamente credevamo di conoscere. E quando scrivo che questa
lettura mi ha arricchito, in questo monologo dell’anima della protagonista Elena,
mi sono sforzata di comprenderla, scavando a fondo e cercando di portare alla luce
poche cose che sapevo della sua infanzia, gli anni difficili, il suo rapporto
conflittuale con i suoi genitori … quando erano in vita, così amara, crudele di
cui la rabbia, l’indignazione si fondono in un’unica massa incandescente. Mai
del tutto a galla, ma onnipresente e poi la spinta a << diventare
>> una ragazza normale come tante altre, esorcizzando il dolore e le
paure, conferendo l’idea di una condizione a cui non bisogna nient’altro che
lasciarsi andare, condannandola vivere in due mondi opposti: quello della
normalità e quello in cui si può essere sé stessi senza avere paura di niente e
nessuno.
L’amore avrebbe funto da scialuppa di salvataggio, frutto di sogni e racconti che non lo fa sembrare un semplice romanzo quanto una bellissima esperienza reale. Poiché scavando nella psicologia dei personaggi, le cui anime sono macchiate di accuse, amarezze, astrazioni, si muovono in una gerarchia di azioni molto rigide che non lasciano spazio alle comprensioni, con i suoi arrovellamenti imbottiti di nozioni filosofiche, esistenzialiste in cui ci si pone dinanzi alla supremazia del Fato, come quella legge del più forte che predomina sul più debole. La scoperta del proprio io e la costruzione del Destino, così irrimediabilmente dannoso e perso.
Bitten è una lettura che mi ha piacevolmente colpito. Perfino la mia coscienza, che solitamente non vuole saperne di incappare in forme di letteratura che alla fine si rivelano nient’altro che una perdita di tempo, non ci pensò due volte a credere come si trattasse in realtà di uno spiraglio di salvezza, uno sprazzo di luce in un banco di nuvoloni grigi e ingombranti, riconoscendo come abbracciare questo tipo di letture talvolta sia un’ottima scelta e che la storia di Elena e Clay è quel tipo di storia che se fossi stata un’adolescente sarebbe stata il posto migliore per stanziare per una manciata di giorni in confronto alle gelida mura di un Castello fuori città in cui mi piace rifugiarmi assiduamente. Magari una bella sferzata di semplicità e leggerezza, ogni tanto, non guasta, dato che quella destinata in queste pagine è stata adottata dall’autrice con il semplice intento di raccontare una storia d’amore e di lupi, con una vasta gamma di sacrifici, che in questo periodo di vita sono intensificati da situazioni famigliari, sesso e segreti vari, e che in un certo senso hanno conferito un chè di drammatico alle sue pagine. Ma ciò che ha avuto più importanza per me, durante il corso della sua lettura, è che il romanzo avesse egregiamente svolto il suo compito: distrarmi. Nonostante di distrazione Bitten ne conferisce parecchio, ma genera anche una sorta di magnetismo che alla fine ti induce a sorvolare su alcuni aspetti negativi del romanzo ed apprezzare ampiamente quelli positivi, andando ad congiungersi in un guazzabuglio di sorprese e confusione degli eventi narrati, per la natura incresciosa e sovrannaturale che prenderanno le cose.
La Armstrong ha reso questo fantasy diverso dagli altri non solo per la questione relativa all’aspetto fantasy, compatibile a quello di altri romanzi, che poggiano su aspetti relativamente semplici ma che se ci si pensa più di qualche minuto non hanno un vero e proprio fondamento logico. I lupi dell’autrice conducono un’esistenza diversa a dispetto degli altri licantropi, mutano forma a seconda dei giorni, rischiando la loro stessa vita. La natura da questo punto di vista ha supplicato più volte gesti di comprensione, di possibilità, che non possa esserci niente di peggiore che restare intrappolati in una ragion di vivere che non lascia alcuna via di fuga. Pian piano si accetta questo destino, trasformandoci in esseri malinconici, maturi sognatori che oramai non desiderano nient’altro che trascorrere l’età adulta chiusi in una stanza a rammaricarsi di quanto la vita sia stata disgraziata e crudele, perdendosi così le gioie turbolente e l’allegro cameratismo vissuto da molti ragazzi della loro età, non risparmiando i conflitti e gli odi che possano trasformare uno stato emotivo normale in una lotta infernale e implacabile che sfocia nel rancore e a vita.
L’amore avrebbe funto da scialuppa di salvataggio, frutto di sogni e racconti che non lo fa sembrare un semplice romanzo quanto una bellissima esperienza reale. Poiché scavando nella psicologia dei personaggi, le cui anime sono macchiate di accuse, amarezze, astrazioni, si muovono in una gerarchia di azioni molto rigide che non lasciano spazio alle comprensioni, con i suoi arrovellamenti imbottiti di nozioni filosofiche, esistenzialiste in cui ci si pone dinanzi alla supremazia del Fato, come quella legge del più forte che predomina sul più debole. La scoperta del proprio io e la costruzione del Destino, così irrimediabilmente dannoso e perso.
Bitten è una lettura che mi ha piacevolmente colpito. Perfino la mia coscienza, che solitamente non vuole saperne di incappare in forme di letteratura che alla fine si rivelano nient’altro che una perdita di tempo, non ci pensò due volte a credere come si trattasse in realtà di uno spiraglio di salvezza, uno sprazzo di luce in un banco di nuvoloni grigi e ingombranti, riconoscendo come abbracciare questo tipo di letture talvolta sia un’ottima scelta e che la storia di Elena e Clay è quel tipo di storia che se fossi stata un’adolescente sarebbe stata il posto migliore per stanziare per una manciata di giorni in confronto alle gelida mura di un Castello fuori città in cui mi piace rifugiarmi assiduamente. Magari una bella sferzata di semplicità e leggerezza, ogni tanto, non guasta, dato che quella destinata in queste pagine è stata adottata dall’autrice con il semplice intento di raccontare una storia d’amore e di lupi, con una vasta gamma di sacrifici, che in questo periodo di vita sono intensificati da situazioni famigliari, sesso e segreti vari, e che in un certo senso hanno conferito un chè di drammatico alle sue pagine. Ma ciò che ha avuto più importanza per me, durante il corso della sua lettura, è che il romanzo avesse egregiamente svolto il suo compito: distrarmi. Nonostante di distrazione Bitten ne conferisce parecchio, ma genera anche una sorta di magnetismo che alla fine ti induce a sorvolare su alcuni aspetti negativi del romanzo ed apprezzare ampiamente quelli positivi, andando ad congiungersi in un guazzabuglio di sorprese e confusione degli eventi narrati, per la natura incresciosa e sovrannaturale che prenderanno le cose.
La Armstrong ha reso questo fantasy diverso dagli altri non solo per la questione relativa all’aspetto fantasy, compatibile a quello di altri romanzi, che poggiano su aspetti relativamente semplici ma che se ci si pensa più di qualche minuto non hanno un vero e proprio fondamento logico. I lupi dell’autrice conducono un’esistenza diversa a dispetto degli altri licantropi, mutano forma a seconda dei giorni, rischiando la loro stessa vita. La natura da questo punto di vista ha supplicato più volte gesti di comprensione, di possibilità, che non possa esserci niente di peggiore che restare intrappolati in una ragion di vivere che non lascia alcuna via di fuga. Pian piano si accetta questo destino, trasformandoci in esseri malinconici, maturi sognatori che oramai non desiderano nient’altro che trascorrere l’età adulta chiusi in una stanza a rammaricarsi di quanto la vita sia stata disgraziata e crudele, perdendosi così le gioie turbolente e l’allegro cameratismo vissuto da molti ragazzi della loro età, non risparmiando i conflitti e gli odi che possano trasformare uno stato emotivo normale in una lotta infernale e implacabile che sfocia nel rancore e a vita.
Valutazione d’inchiostro: 5
Ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te 🤗
EliminaThanks for your review:) I'll waiting for your visite...
RispondiElimina:))
EliminaScrivi sempre delle recensioni meravigliose, non conoscevo il libro e quindi grazie per averne parlato ❤️
RispondiEliminaGrazie mille :))
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