In una manciata di pomeriggi, mi trovai a vagare
come un’anima sperduta e quasi priva di volontà, e incontrai un ragazzo, un
adolescente in una Londra moderna ma fragorosa, rumorosa, patria della magia e
dell’interesse che personalmente riservo a questo luogo che Harry Potter mi ha
da sempre inculcato col prototipo di magico. Nelle vicende di questo
adolescente, la Londra descritta è molto simile a quella di cui facevo prima cenno,
e dopo aver vagato per strade sperdute, giunsi nel lungomare sabbioso di una
spiaggia che, disgraziatamente, mi tenne lontana, distante molto più di quel
che credevo e mi chiesi se già questo effetto fosse già un gesto di
accoglienza. Danza sulla mia tomba emette il primo vagito sul mondo, e,
per quanto mi riguarda, l’ultimo, in quanto non ha trasmesso ciò che confidavo
di riscontrare da questo tipo di lettura. Ma, adolescenziale ai limiti dell’esasperazione,
impregnata di un tipo di humor nero che avrebbe dovuto decimare ogni intento
maligno, ogni impossibilità a scovare la felicità, la pace mediante l’annientamento
della Signora della Falce, quanto farmi storcere il naso innumerevoli volte. In
definitiva, quell’unica fonte di salvezza che al protagonista ha trasmesso un
messaggio particolare, quello cioè di comprendere la vita anche nella sua finalità,
scovando ogni spiegazione possibile conduca all’equilibrio personale e
spirituale.
Titolo: Danza sulla
mia tomba
Autore: Aidan Chambers
Casa editrice: Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 327
Trama: Strano hobby, la Morte, per un ragazzo di sedici anni come Henry. Strana convinzione, quella che l'amicizia sia una scatola di fagioli magici. Poi ci sono le sue ginocchia troppo basse che odia, la scuola da tenere o lasciare, un padre poco democratico, una madre troppo fragile. E all'improvviso arriva Barry, una barca a vela gialla al posto del classico cavallo bianco e una voglia trascinante di gustarsi la vita in ogni istante.
Autore: Aidan Chambers
Casa editrice: Rizzoli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 327
Trama: Strano hobby, la Morte, per un ragazzo di sedici anni come Henry. Strana convinzione, quella che l'amicizia sia una scatola di fagioli magici. Poi ci sono le sue ginocchia troppo basse che odia, la scuola da tenere o lasciare, un padre poco democratico, una madre troppo fragile. E all'improvviso arriva Barry, una barca a vela gialla al posto del classico cavallo bianco e una voglia trascinante di gustarsi la vita in ogni istante.
La recensione:
Non ho soggiornato bene, fra le pagine di questo
piccolo e adolescenziale romanzo di un autore straniero di cui francamente non
avevo mai letto niente, mai prima di ora, riferita esclusivamente non dal
protagonista, dalla sua compagnia alquanto piacevole, quanto al benvenuto che
ho ricevuto, nel momento in cui vi ho messo piede. Niente di eclatante e
importante, ma che mi costrinse a sorvolare fra i meandri di una storia che
dice tutto e niente e che, impregnata di una certa dose di humor nero, anziché indurre
al riso a me ha annoiato un pochino. Un’usanza, per usare un eufemismo,
originale, intrigante, che l’autore abbracciò mettendo in evidenza il suo amore
e il suo interesse per Kurt Vonnegut, ma che io avrei abolito sin dal
principio, un ritorno di scena che avrebbe cambiato, modificato ogni cosa,
ricco però di innumerevoli riflessioni individuali, diretto però in un posto
sconosciuto che disgraziatamente identificò questa lettura esattamente per com’è:
un piacevole passatempo che però non credo vorrò ripetere. Utile ad orientarsi
nel bel mezzo di fiumi di insoddisfazione, di dilemmi tipici dell’età, in cui
ingenuamente si sottovalutano le cose, si ribaltano ogni certezza possibile a cui
ci si lascia andare con consapevolezza, privo di quelli elementi che li
avrebbero resi fondamentali o colto alla sprovvista in un momento imprecisato
della loro vita, così stolti, quasi insoddisfatti della vita stessa.
Nel momento in cui molti lettori lo accolsero con un certo entusiasmo. io ero dall'altra parte pronta a comprendere la figura di questo piccolo uomo che aveva attraversato la mia bolla personale e che, impedendomi di stringerlo in un dolce abbraccio, non mi condusse in quella che mi piace definirla "dimensione atipica". Si perché, quando decisi di accoglierlo e scesi al di là di quella barriera invalicabile che suddivide il mio mondo e il suo, attraversai un percorso fin troppo semplice quasi banalotto che mi lasciarono preda di sensazioni piuttosto altalenanti. Era forse dovuto dalla stessa anima del romanzo? Poteva essere, e così con pazienza decisi di rivolgerle la mia attenzione spargendo pezzi della mia anima ovunque e poi rimettendoli in ordine. Presto sarebbe arrivato il motivo scatenante per cui mi trovavo qui: Henry non penso avrebbe ricordato la mia venuta. Del resto non posso attribuirgliene una colpa; se in un primo momento la mia presenza dovette sembrarle un sollievo, poi divenne un peso. Henry non aveva trovato un amica, un confidente. Qualcuno, insomma, con cui avrebbe potuto sfogarsi, quanto aveva instaurato un legame finalizzato esclusivamente su un rapporto di conoscenza effimera.
Comparvi per solo tre giorni nel pomeriggio, quando il mondo di fuori si dibatteva fra la routine generale ma qualche anima correva affannosa contro le temibili gesta del tempo. Mi raccontò cose come quelle riguardanti la memoria, l'impossibilità e l'irruenza di aver perso tutto, e altre cose che influenzarono l'onda di rispetto e comprensione che alterò il mio spirito in modo così persistente, quando mi scoprì di averla giudicata male. C'è stata in verità una corrente di compassione, comprensione, attraverso i quali l'atteggiamento infantile di Henry sia risultato quasi invisibile ai miei occhi proprio per la sua bontà d'animo. Eppure Henry non sapeva di essere ancora un bambino. O, per meglio dire, un ragazzino intrappolato nel corpo di un adolescente: accettava qualsiasi cosa le veniva imposto e a stento si ribellava. La fermezza di questo suo essere silenzioso e remissivo per me è stata quasi pietosa; di natura orgogliosa e determinata come sono, nulla che non gli andava a genio le faceva cambiare atteggiamento, non cercava di difendersi, non s'irritava, non pensava male di niente e nessuno specie se questo niente e nessuno era un adolescente di soli diciotto anni che, accidentalmente, per uno strano e ambiguo caso della vita, una sera d'estate posò le sue grinfie nel suo piccolo cuore.…. Un incredibile fannullone!
Danza sulla mia tomba, se mi guardo attorno fra gli scaffali della mia strapiena libreria, ha un taglio profondamente dolce, elegante, che, nonostante tutto, conferisce una certa attrazione per quei lettori assetati di sapere. Varie e numerose letture mi hanno permesso di cogliere una voce diversa, nel panorama dello young adult. La paura come sentimento di autodifesa, connubio fra felicità e insicurezza per paura di essere ricordata come qualcosa di tangibile. Nel trittico di carta e inchiostro, Henry non mi ha particolarmente convinto con la sua storia di dolori, dispiaceri, sprofondato sottoterra e restataci sino a quando non si dimenticarono di lui. Lì, ai bordi dell'anima della sua biografia, del suo percorso di vita, cronache di vita di un fragile <<uomo >> il cui animo ingrigito e devastato mi fece venire in mente certi insetti chiusi in scatole di fiammiferi. Tipo le tarme. Questo era Henry coniugato al presente, diciassettenne, in gramaglie esistenziali. Solo nel tragitto dei pianeti nel silenzio e nell'oscurità della notte.
Sono stata alquanto
scettica nell'esordire in questa lettura perché so che in romanzi del genere i
pensieri di un adolescente come Henry sono piuttosto instabili. I suoi
pensieri, infatti, rivolti esclusivamente verso l'unica cosa che ha avuto
veramente senso – seppellire un suo più caro amico e danzarci sulla sua tomba -
era qualcosa che aveva a che fare con la volontà di sapersi rialzare, indossare
una forte e indistruttibile armatura e combattere contro i suoi demoni.
Piacevole ma distante, vago e poco limpido in cui non ho potuto scorgere chiaramente quale fosse il vero bandolo della matassa. Alla fine, Henry, cosa comprenderà da tutto questo? Come un sogno breve e senza senso, quasi incompleto e ripetitivo, che ha tanto di quelle atmosfere prettamente adolescenziali di John Green e che, in un vortice confuso di gesti, frasi e parole, mi ha condotta alla vita di questo piccolo uomo che lentamente sta appassendo nella quiete mattutina. Fra il fragore del mondo, in un luogo dai contorni sfocati, su uno sfondo concreto e usuale.
Estrapola la presenza di ricordi che sembravano essere stati cancellati dalla memoria dell'uomo. Amore, dolore, famiglia, rispetto, inghiottiti dal silenzio, dal nulla, costringendo il lettore a sorbire una concretezza che forse tanto concreta poi non è, come lo stesso Henry, come i dolorosi ricordi di cui cerca di estrapolare e vivere, trascinato dalla corrente e perso chissà dove.
Nel momento in cui molti lettori lo accolsero con un certo entusiasmo. io ero dall'altra parte pronta a comprendere la figura di questo piccolo uomo che aveva attraversato la mia bolla personale e che, impedendomi di stringerlo in un dolce abbraccio, non mi condusse in quella che mi piace definirla "dimensione atipica". Si perché, quando decisi di accoglierlo e scesi al di là di quella barriera invalicabile che suddivide il mio mondo e il suo, attraversai un percorso fin troppo semplice quasi banalotto che mi lasciarono preda di sensazioni piuttosto altalenanti. Era forse dovuto dalla stessa anima del romanzo? Poteva essere, e così con pazienza decisi di rivolgerle la mia attenzione spargendo pezzi della mia anima ovunque e poi rimettendoli in ordine. Presto sarebbe arrivato il motivo scatenante per cui mi trovavo qui: Henry non penso avrebbe ricordato la mia venuta. Del resto non posso attribuirgliene una colpa; se in un primo momento la mia presenza dovette sembrarle un sollievo, poi divenne un peso. Henry non aveva trovato un amica, un confidente. Qualcuno, insomma, con cui avrebbe potuto sfogarsi, quanto aveva instaurato un legame finalizzato esclusivamente su un rapporto di conoscenza effimera.
Comparvi per solo tre giorni nel pomeriggio, quando il mondo di fuori si dibatteva fra la routine generale ma qualche anima correva affannosa contro le temibili gesta del tempo. Mi raccontò cose come quelle riguardanti la memoria, l'impossibilità e l'irruenza di aver perso tutto, e altre cose che influenzarono l'onda di rispetto e comprensione che alterò il mio spirito in modo così persistente, quando mi scoprì di averla giudicata male. C'è stata in verità una corrente di compassione, comprensione, attraverso i quali l'atteggiamento infantile di Henry sia risultato quasi invisibile ai miei occhi proprio per la sua bontà d'animo. Eppure Henry non sapeva di essere ancora un bambino. O, per meglio dire, un ragazzino intrappolato nel corpo di un adolescente: accettava qualsiasi cosa le veniva imposto e a stento si ribellava. La fermezza di questo suo essere silenzioso e remissivo per me è stata quasi pietosa; di natura orgogliosa e determinata come sono, nulla che non gli andava a genio le faceva cambiare atteggiamento, non cercava di difendersi, non s'irritava, non pensava male di niente e nessuno specie se questo niente e nessuno era un adolescente di soli diciotto anni che, accidentalmente, per uno strano e ambiguo caso della vita, una sera d'estate posò le sue grinfie nel suo piccolo cuore.…. Un incredibile fannullone!
Danza sulla mia tomba, se mi guardo attorno fra gli scaffali della mia strapiena libreria, ha un taglio profondamente dolce, elegante, che, nonostante tutto, conferisce una certa attrazione per quei lettori assetati di sapere. Varie e numerose letture mi hanno permesso di cogliere una voce diversa, nel panorama dello young adult. La paura come sentimento di autodifesa, connubio fra felicità e insicurezza per paura di essere ricordata come qualcosa di tangibile. Nel trittico di carta e inchiostro, Henry non mi ha particolarmente convinto con la sua storia di dolori, dispiaceri, sprofondato sottoterra e restataci sino a quando non si dimenticarono di lui. Lì, ai bordi dell'anima della sua biografia, del suo percorso di vita, cronache di vita di un fragile <<uomo >> il cui animo ingrigito e devastato mi fece venire in mente certi insetti chiusi in scatole di fiammiferi. Tipo le tarme. Questo era Henry coniugato al presente, diciassettenne, in gramaglie esistenziali. Solo nel tragitto dei pianeti nel silenzio e nell'oscurità della notte.
Piacevole ma distante, vago e poco limpido in cui non ho potuto scorgere chiaramente quale fosse il vero bandolo della matassa. Alla fine, Henry, cosa comprenderà da tutto questo? Come un sogno breve e senza senso, quasi incompleto e ripetitivo, che ha tanto di quelle atmosfere prettamente adolescenziali di John Green e che, in un vortice confuso di gesti, frasi e parole, mi ha condotta alla vita di questo piccolo uomo che lentamente sta appassendo nella quiete mattutina. Fra il fragore del mondo, in un luogo dai contorni sfocati, su uno sfondo concreto e usuale.
Estrapola la presenza di ricordi che sembravano essere stati cancellati dalla memoria dell'uomo. Amore, dolore, famiglia, rispetto, inghiottiti dal silenzio, dal nulla, costringendo il lettore a sorbire una concretezza che forse tanto concreta poi non è, come lo stesso Henry, come i dolorosi ricordi di cui cerca di estrapolare e vivere, trascinato dalla corrente e perso chissà dove.
Valutazione d’inchiostro: 3
Ottima recensione, grazie
RispondiEliminaA te :)
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