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martedì, dicembre 04, 2018

Gocce d'inchiostro: Cecità - Josè Saramago

Ho aperto questo libro nel momento esatto in cui non mi aspettavo la sua venuta. La cecità intesa non come una malattia, l'incapacità di vedere o percepire le cose, piuttosto patina che stempera ogni cosa in una specie di strana dimensione, senza direzioni ne riferimenti.
Mi sono trovata immersa in un biancore luminoso, talmente destabilizzante da divorare, più che assorbire, non solo i colori ma le stesse cose, così invisibili agli occhi. In tutto ciò, l'individuo come massa instabile di pelle e ossa, indifferenza e cattiveria, con cui giudica con occhio critico ciò che lo circonda.
Non c'è stato nient'altro, eppure è stato tutto a portata di mano: mi è bastato allungare una mano per avvertire le loro paure, ascoltare i loro pensieri, scrutare a fondo i propri sentimenti. I primi giorni di dicembre mi hanno vista aggirarmi fra gruppi di anime vagabonde e solitarie quasi spinta da una mano gentile ma attenta. E mentre gli occhi non si staccarono mai dall'intero romanzo se non fino a quando avessi scoperto che fine sarebbe spettata ai personaggi di questa storia, ho letto queste pagine come se animate di volontà propria. Un processo naturale, come l'atto del respirare.


Titolo: Cecità
Autore: Josè Saramago
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 9, 50 €
N° di pagine: 288
Trama: In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrora e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace.


La recensione:

Siamo totalmente lontani dal mondo che fra poco cominceranno a non sapere più chi siamo, neanche abbiamo pensato a dirci come ci chiamiamo e a che scopa, a cosa ci sarebbero serviti i nomi?

Giunse il momento in cui dovetti tornare fra le pagine di uno dei romanzi più memorabili della letteratura moderna e io non avevo ancora avuto modo di prendere consapevolezza della cosa. Quasi ogni giorno nuovi amici d'inchiostro vengono a bussare alla mia porta. Prima la copertina, che nella maggior parte dei casi dice poco o niente, poi la voce carezzevole di un uomo che si presentò con circospezione dinanzi al mio cospetto non informandosi su niente e nessuno, ma avvicinandosi presentandomi una storia che in un certo senso ha << contaminato >> anche me. Cecità è stata una lettura straordinaria, e sono davvero felice aver rivissuto e sentito la storia di Saramago come una seconda pelle.
In tutto questo non sospettavo minimamente che la sua anima fosse così profonda, tragica, drammatica, quasi romantica; cinque anni fa non ero riuscita a cogliere nella sua interezza tutto questo, ma ho avvertito come la piacevole sensazione che il mio interesse per questa storia sarebbe mutato in un sentimento di profondo rispetto, quasi devozione. Io ho ascoltato l'autore consapevole che l'avrei ascoltato, ma ho ascoltato anche le sue pazze creature convinta che loro al contrario non potessero udirmi.
Cecità sarebbe rimasto dentro di me, per un po' di tempo.
Qualche ora dopo la sua lettura, eccomi qui ancora senza fiato. Stupita, indignata, sotto una tettoia grigiastra e polverosa, in mezzo a una processione di morte in cui la speranza di scovare un posto per la beatitudine eterna è lontana e inimmaginabile. Non è il soffitto della mia camera, dipinto di un bianco immacolato. Il cielo che ho visto mi si è appiccicato addosso, non ha avuto nessun limite.
Ero forse tornata a un luogo che avevo visto fugacemente qualche anno fa? Certo che si! In una perpetua collisione fra giusto e sbagliato, chiaro e scuro, dipanato mediante parole che non fanno differenza, distinzione, ma conducono in mezzo a un bianco lattigginoso, luminosi. Si perde completamente il senno, si scende verso un buco tenebroso da cui non si riesce a scorgere nemmeno la luce. Le tenebre erano una massa densa che si era appiccicata al mio viso, mentre il cuore risuonava come un immenso tamburo?
La lettrice appassionata che è in me si è aggrappata ai ricordi del suo passato, come sbuffi di vapore nell'atmosfera. Convivere con l'idea che ci siano un mucchio di persone che conducono un'esistenza tremenda, egoisti e crudeli annegano in un pozzo oscuro e profondo delle convenzioni sociali, non equivale a un caldo invito per l'inferno? Tutto sommato, cosa c'è di tremendo in questa storia? Riflettendoci, assolutamente niente di così sconvolgente. Ma un popolo che si bea di menzogne, di egoismo e indifferenza, di solitudine e cinismo, non dovrebbe essere un buon esempio per coloro che non hanno ancora seguito la massa? La speranza che tutto può accadere e cambiare gallegia come minuscole particelle. La Cecità come condizione che prosta un intero popolo ai disagi, alle sofferenze, all'adattamento. La Terra saramaghiana mi aveva completamente risucchiata.La paura dei suoi poveri abitanti striscia ancora sotto i miei occhi. Il mondo era una terra desolata ricoperta di cenere, ossa e rifiuti, mancanza di vita e gioie illusorie.
C'è stato qualcosa di meraviglioso, una sensazione inspiegabilmente bella e positiva - sebbene di positivismo non si può parlare - alimentata col tempo fra le pagine di Cecità. Ho intravisto uomini e donne porgere un caro saluto a divinità a cui non credevono forse più, consapevole che fossi scortata da figure macchiate da entità sconosciute ma la cui aura lucente mi aveva circondato da tutte le parti.
Il romanzo di Josè Saramago a mio avviso fa parte di quella cerchia di romanzi che io denominerei come dispostici. Crudele, sadico, inflessibile. Globo instabile di soggetti indotti al dramma, costretti a respiare grumi di polvere condensati in varie forme. Ho girato le ultime pagine del romanzo in balia di una vastità di sentimenti contrastanti, variazioni dell'aria, in un condensarsi di giochi che intercorrono fra il chiaro e lo scuro.
Colorato da particolari e significative sfumature, Cecità è un opera universale che non impedisce di divorarti da dentro. Una corsa inarrestabile per la sopravvivenza, in mezzo a gruppi di anime macchiate dalle stesse colpe o delitti. Un eco che ancora tuttoggi si diffonde fra le crepe di cuori puri, impavidi. Un grido acuto lanciato da un dirupo che conosce il peso delle sofferenze, il bruciore del dolore e delle rinunce.

Morire è sempre stata questione di tempo. Ma morire solo perché si è ciechi, non dev'esserci peggior maniera di morire.

Valutazione d'inchiostro: 4



6 commenti:

  1. Ho letto pochi mesi fa questo libro e l'atmosfera in cui mi ha immersa mi è rimasta addosso talmente tanto che, rileggendo la tua splendida recensione, mi è sembrato che intorno a me tutto si dissolvesse, imprigionandomi di nuovo in quella lattescente gabbia di suoni e odori. Un romanzo possente, che disturba ma apre gli occhi su quello che davvero c'è dentro all'animo umano. Bellissime le parole con cui tu, Gresi, evochi alla perfezione le tante emozioni che Saramago suscita tra queste righe. Certo non una storiella da ombrellone, ma da leggere, assolutamente.

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    1. Grazie mille, Letizia! È una lettura modernissima, ricca di significati ☺☺ penso proprio serberó un ricordo speciale ☺☺

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  2. questo titolo è in lista da un po', sono sempre più curiosa

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    1. L'ho riletto dopo qualche anno. La prima volta non fu così eclatante come pensavo. Ma una seconda lettura, specie ad n età un po' più matura, mi ha fatto vedere questo romanzo sotto un altra ottica. E sono felice sia stato così, in quanto Cecità è stata una bellissima lettura :)

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