La si può considerare una lettura atipica, assurda,
trasognata, perfino sempliciotta, ma l’unica cosa certa è che, da qualche ora
di distanza dalla sua lettura, La ragazza che leggeva nel metro lasciò
un segno sulla sabbia del tempo. La sua autrice è stata davvero bravina; è
stata in grado di saper raccontare e riconoscere una storia il cui tratto
sognante fosse legato al tema dei ricordi, del surreale, quasi ipnotico,
piccoli resoconti riguardanti un lettore qualunque e il suo amore per i libri
che riflettessero e addirittura vaticinare fin dove potesse arrivare quella
inarrestabile eruzione di invenzioni provenienti dal subconscio destinati ad un
pubblico sensibile e comprensivo. Sotto certi punti di vista, il romanzo
dell’autrice non è adatto per rispolverare certi sogni d’infanzia, trattenuti o
liberati, portando a termine un tentativo per vedere se la passione che riversa
ai suoi personaggi traboccasse al di là delle pagine.
Per quanto mi riguarda,
ho accettato l’offerta di leggere questa storia ideando un racconto che prese
forma solo nella mia testa. L’originale attirò la mia attenzione, ma fui più
entusiasta nello scoprire gli innumerevoli titoli che l’autrice cita ogni due o
tre pagine, convinta e speranzosa in una svolta. Forse se avesse avuto maggior
materiale per far correre la sua protagonista, la mia immaginazione avrebbe
potuto correre libera, perché lo spazio che mi è stato dato è stato poco adatto
e concerne ai miei gusti.
Pertanto è un
romanzo in cui non ho potuto fare a meno di rovistare in uno stato di
confusione e apatia che sfiorò il fastidio. E, sebbene non si è trattato che di
una storia abbastanza originale ma stramba, nel suo essere particolare mi ha
sorpreso, sembrandomi degno della mia fiducia.
Titolo: La ragazza
che leggeva nel metro
Autore: Christine
Feret Fleury
Casa editrice:
Sperling e Kupfker
Prezzo: 17,90 €
N° di pagine: 210
Trama: Tutti i
giorni, a Parigi, Juliette prende il metró: stessa ora, stessa linea. Quando non
è troppo assorta in un romanzo, ama perdersi a osservare i lettori intorno a
lei: il collezionista di libri rari, la studentessa di matematica, la ragazza
che piange a pagina 247. Li guarda con curiosità, come se dai loro gusti
letterari potesse entrare in qualche modo nella loro vita e dare colore alla
sua, così monotona, così prevedibile. Fino al giorno in cui decide
all’improvviso di scendere qualche fermata prima e fare una strada diversa dal
solito per andare al lavoro: un cambio di percorso che segnerà la sua vita
oltre ogni aspettativa. Perché in quelle strade sconosciute incontrerà Soliman,
che vive circondato di vecchi volumi ed è convinto che un libro, se donato alla
persona giusta, può cambiare il corso del destino. Grazie ai consigli e alla saggezza
di Soliman, e all’esuberanza della sua figlioletta Zaïde, Juliette compirà un
viaggio incredibile alla scoperta dei romanzi e di se stessa, che stravolgerà i
suoi orizzonti per sempre.
La recensione:
Essere tutti sigillati, tutti impermeabili alle emozioni altrui, incapaci di decifrare i gesti, gli sguardi, i silenzi, tutti condannati a spiegare laboriosamente con parole che non erano mai quelle giuste.
Contrariamente alle
apparenze, non è stata la dicitura de ‘la ragazza che leggeva’ che mi ha spinto
a tuffarmi in questa storia. Se chi, come me, ha letto questo romanzo, saprà
certamente che l’autrice ha scritto questa storia traendo ispirazione da
esperienze sue personali, suggerendo una strada per impartirci l’amore per i
libri e la buona letteratura, ma per quanto concerne la sua anima, al contrario
di tante altre storie che ho avuto il piacere di leggere, si evita ogni
spiegazione realista e si opta alla decisione di Juliette di imbarcarsi in una
certa avventura ricorrendo alla sua immaginazione, così perfettamente lecita,
trattandosi, tra l’altro, di un opera di finzione. Eppure fin quando la scienza
non dimostrerà che un artefatto del genere è possibile, con il suo vascello
letterario Juliette sarà poco più che un semplice manichino. Ci riuscirà mai?
Voglio sperare di si: le conquiste che la nostra protagonista ha compiuto e
ottenuto nel corso della sua esistenza l’hanno resa diffidente, infelice.
Indubbiamente ha vissuto in un epoca che non considera la sua. Un’epoca in cui
mette continuamente in discussione quella tipologia di individuo che ti
maltratta, fisicamente e mentalmente, o ti deride a tal punto di allontanarti.
Un’epoca in cui si mettono in discussione ogni cosa, non si dà valore quasi più
a nulla, ma che le meraviglie della letteratura ci ha proposto con pile e pile
di libri. Molti libri che ho letto mi hanno aiutato a comprendere appieno la
vita, a saper comportarmi e combattere gli ostacoli, come la solitudine, il
rancore, il pensiero astratto, altre invece mi hanno fatto sentire impotente
perché incapace di agire. Si possono percorrere lunghe distanze senza dover
fare alcun passo, se non il semplice gesto di sedersi comodamente sul letto o
sul divano, e presto potremo sentire le voci rimbombare nella testa senza
muoversi furiosamente. Ci sono sempre storie che si ‘oppongono’ a questo
concetto, e La ragazza che leggeva nel metro è una di queste.
Christine Feret Fleury si oppone a tali concetti proponendoci
un’importante massima di vita, che considera sacrilegio o incomprensibili quelle
persone che rinnegano i libri, ma personalmente ritengo che ognuno di noi
debba trovare il libro giusto affinché avvenga questo colpo di fulmine.
Una lettrice
romantica, curiosa e appassionata come me si infastidisce quando legge queste
cose, essendo terribilmente vere e impastricciate con linee di diversi colori
che, stando a quello che dice Juliette, rappresentano l’anima di un lettore le
cui vicissitudini ha annotato su un vecchio taccuino, indubbiamente con un
piacere morboso. Ma non ci sono volute che poche pagine per verificare che la
fedeltà con la quale si parla di libri, si descrive il sinuoso itinerario che
Juliette compie pur di scoprire se stessa e quale sia il suo ruolo nel
mondo, è riflessa nei tratti taglienti di un avido lettore che fa del suo
sapere una massima di vita.
Qualunque lettore
che ama i libri, se incappasse nella lettura di La ragazza che leggeva
nel metro avrebbe seri dubbi nel credere che una storia di questo tipo
possa accrescere il suo amore per la carta e l’inchiostro. È giusto
attribuirgli una certa importanza? È giusto immaginarli con una certa nitidezza
e conoscerli come se fossero persone realmente esisti o amici di vecchia data?
È davvero così impossibile credere che i personaggi continuano a vivere di vita
propria una volta chiuso il romanzo? La Feret Fleury evidenzia questo concetto,
ci descrive perfettamente come l’atto del leggere non è soltanto una mera
rappresentazione in cui si recita sempre la stessa parte ma che i medesimi
personaggi continuano ad avere i loro sogni, le loro speranze, anche al di là
del ruolo che essi interpretano. La ragazza che leggeva nel metro a
questo proposito è una favola moderna dalle tonalità drammatiche e surreali che
non mi ha particolarmente emozionato, ma il cui messaggio ammicca alla perpetua
ricerca della propria individualità. Omaggio alla letteratura di ogni genere,
racconto di un viaggio introspettivo nonché splendida dichiarazione al mondo
dei libri, opera dal ritmo lento e cadenzato la cui morale è triste, esplicata
dal bisogno di saper trovare il coraggio di andare avanti. Favola che non dà
luce ad un mondo visionario e affascinante, ma il genere di storia che saprà
certamente entusiasmare chiunque ami i libri, scovando romanzi mai visti o
letti prima che non conoscevo nemmeno per sentito dire.
Valutazione
d’inchiostro: 3 e mezzo
Sembra molto carino.
RispondiEliminaMi ricorda un altro romanzo rigorosamente francese, un Rizzoli: Un amore di carta. :)
Molto carino anche quello! Lo lessi anche io, all'epoca, e mi piacque molto ☺️
EliminaKitabın kapağı bile oldukça ilginç 😊 teşekkür ederim Gresi bu güzel kitap yorumlaması için...
RispondiEliminaSana teşekkürler ☺️☺️
Eliminami piacciono i riferimenti nei libri!
RispondiEliminaAnche a me!! ☺️❤️
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