Si è come instaurato un certo legame fra me e Donna Tartt,
quantomeno non con la medesima intensità con cui credevo si instaurasse, e dopo
la lettura di due splendidi romanzi e ora questa sua terza ed ultima – per il
momento – opera, quando dovetti lasciarmi alle spalle ciò che si era
concatenato fra noi per cimentarmi col mondo esterno, eravamo tornati ad essere
divisibili. Le letture che più amo e che mi fanno perdere il senso del tempo,
solitamente si concretizzano in un certo tipo di idillio. Sino ad ora non c’è
stato niente e nessuno che mi ha fatto cambiare idea, e la lettura di Dio di
illusioni avvale questa mia teoria, perché quando mi metto in testa qualcosa
non c’è alcuna forza suprema a farmi cambiare idea. Più che altro i romanzi di
Donna Tartt rinfacciano il mondo giovanile, quello dei ragazzi, così
aggressivo, egocentrico, troppo << attivo >> rispetto a tutte
quelle altre questioni che esulano dalla mia portata letteraria, troppo
pretenzioso, malvagio, che in una trama di simboli, coincidenze, premonizioni,
auspici, provenienti da qualcosa di estremamente fortuito, sfortunato e poco
benevolo si svela per gradi, alle soglie di una favolosa scoperta. In attesa di
quel miracolo, che ci faccia comprendere chi effettivamente siamo.
Titolo: Dio di illusioni
Autore: Donna Tartt
Casa editrice: Bur rizzoli
Prezzo: 13 €
N° di pagine: 622
Trama: Un piccolo raffinato college nel Vermont. Cinque ragazzi
ricchi e viziati e il loro insegnante di greco antico, un esteta che esercita
sugli allievi una forte seduzione spirituale. A
loro si aggiunge un giovane piccolo borghese squattrinato. In pigri
weekend consumati tra gli stordimenti di alcol, droga e sottili giochi d’amore,
torna a galla il ricordo di un crimine di inaudita violenza. Per nascondere il
quale è ora necessario commetterne un altro ancora più spietato…
La recensione:
L’amore è un crudele, temibile
padrone. Uno perde se stesso per giovare all’altro così facendo diviene schiavo
e miserabile. La guerra? Ci si può perdere nella gioia della battaglia, nel
combattere per una causa gloriosa, ma non eistono cause gloriose.
Non so da dove cominciare. Obiettivamente, i due romanzi che
avevano attraversato il mio corpo e sono rimasti lì, dopo qualche tempo dalla
loro lettura, furono i piaceri più forti e appaganti che sporadicamente provo
nella letteratura, e ciò nonostante Dio
di illusioni fu quel mezzo adatto per raggiungere quel fine che era stato
puramente meccanico ma prefissato, un’operazione unilaterale nella quale la
Tartt aveva fatto quello che non mi sarei aspettata. Dunque mi trovo
destabilizzata, estasiata, con il cuore a pezzi, sebbene non ci sia un motivo
preciso, almeno non nell’accezione che gli concedono altri lettori, perché per
me questa scrittrice campeggia nell’olimpo dei migliori scrittori viventi degli
ultimi tempi, l’espressione umana di uno stato emotivo estremo, la voglia di
comprendere intensamente il prossimo e scrutarne qualunque aspetto, sia esso
buono che cattivo, nulla se non i desideri repressi degli individui quando si
imbattono nel male. Quindi ecco perché amo Donna Tartt. Non si limita a
spiegarcene semplicemente i motivi, ma la sua è un tipo di scrittura che valica
forme elevate, più godibili dell’apice letterario.
Finì per esserne completamente dipendente. Fino allora non mi ero
mai posta il problema, ma adesso che l’autrice è entrata prepotentemente nei
meandri più torbidi del mio cuore, prendendolo e accarezzando la mia anima con
estrema cura, cominciai a fare più attenzione a ciò che mi circondava. Soprattutto
a ciò che tengo sempre sott’occhio, e che adesso osservo sotto una nuova luce. Vale
a dire come la letteratura ci induce a comprendere qualcosa o qualcuno che non
si conosce ne si conoscerà mai alla perfezione, sebbene la prima impressione è
effettivamente questa. Che ho visto una miriade di volte sotto altri aspetti,
come in attesa di qualcosa che resta sospeso, qualcosa che non potrà mai
giungere, poiché restio alla luce, ai colori, alla gente, alla conversazione. Ho
tentato di immaginare che effetto avrebbe fatto scrutare qualcuno così
nebuloso, ineffabile, tenera apparizione o dimora di qualcosa di oscuro ma
incantevole. Malinconiche alcove di sogni infranti. Valutare quelle
innumerevoli possibilità con il quale l’individuo può elevarsi al mondo, alla
natura, il suo relazionarsi al di là di ogni dubbio o possibilità d’errore, l’idea
di abbracciare la storia di ragazzi così complessi e problematici mi ha
affascinato tantissimo. Non è possibile descriverlo a parole; a distanza di
qualche giorno dalla sua intensissima lettura non trovo ancora le parole adatte
per esprimermi. Eppure le storie che si porta dentro l’autrice mi sovvertiscono,
disarmano le mie coriacee membra, e anche adesso il pensiero di essermi
imbattuta nell’ennesimo poema classico, portatore di eventi sorprendenti e
drammatici che si ingigantiscono stagliandosi sullo sfondo con opprimente
chiarezza, esplicano qualcosa che si avverte con una certa esigenza purchè il
mondo fenomenico di cui facciamo parte entri nel sublime. Una scialba e
stagnante vita, deserto in cui non è possibile convivere o vivere di gioie o
certezze.
Ma forse ci illudiamo, e la Tartt questo lo sa molto bene, che l’individuo
sbaglia a credere che l’emozioni prevalgono su tutto, considerando le varie
forme di sopravvivenza, rispetto che procurano uno sfogo fisico ma nessun tipo
di emozione, piuttosto inadeguatezza, marciume, in cui l’individuo è incurante
di girovagare e di rifugiarsi dietro un microcosmo platonico che ha la forma di
un gioco e che invece è un richiamo costante a una mancata felicità. Ma se ci
si aggrappa ad una solida coscienza è possibile valicare qualunque forma o
barriera.
Dio di illusioni, così come Il piccolo amico e Il
cardellino, ci pone delle questioni individuali ed esistenziali che non
risponderanno alle nostre domande, ma spiccano per l’amore che si riserva all’arte,
in questo caso alla letteratura dei miti greci o classici, tipici di un ragazzo
silenzioso, introverso ma troppo docile a cui aspira a una sorta di vita
eterna, con un marasma di sonetti tonanti ideali e che scuotono l’animo. Immerso
in sfaccettature diverse della menzogna ai quali si finisce inevitabilmente per
esserne coinvolti. Senza preamboli, rincorrendo ciò che più ci affascina e ci
allontana dai postumi di una vita grigia e piatta.
Ossessivo, disturbante, quasi trascendentale, Dio di illusioni è ciò che non credevo mai di poter riscontrare in
letteratura. Eppure, ingenuamente, l’arte concerne tutto ciò che è possibile,
nel quale l’individuo non è propriamente se stesso, spegne il cervello, anche
se per un breve attimo. Ciò me lo ha fatto giudicare estremamente dovizioso da
principi dogmitistici basilari, su principi artistici e morali, esulando il
comportamento << attuale >> nel medesimo istante nel quale esso
sarà sconvolto da eventi o fatti drammatici a cui dovremo fare conto nel
momento in cui accadrà, irrimediabilmente e senza alcun fine. Un dipinto
classico apparentemente semplice e banale in cui tuttavia vi sono riportati le
vicende di Richard e dei suoi << amici >>, che coglie i tratti dei
medesimi, ogni minuscolo battito, la solitudine con la quale sono immersi, il
tempo che resta sospeso ma che così non si può definire, intrappolati nel cono
di una luce, e che dovrebbero enunciare una libertà senza limiti da cui è
possibile fuggire o scomparire da qualunque cosa.
Cara agli ideali tragici/ romantici che la contraddistinguono,
Donna Tartt firma un opera straordinaria e indimenticabile sull’importanza che
dietro ogni finzione, ogni illusione, ogni gesto non vi è alcuna verità, alcun
fondamento, sebbene da esso dipendono tante cose. Intrepretazione distorta,
sublime, immortale di cose, di credenze che dovrebbero resistere dinanzi alle
soglie del tempo. Parte di un tutto ombroso, immutabile, immobile, con una
certa continuità nella sua esistenza, dirompente, folle e imprevedibile che
altri non è che un sussurro velenoso nel mondo, doloroso, nocivo, che non ci
abbandonerà mai del tutto, nemmeno per un istante, che indugia ancora ai
margini della mia coscienza ruggendo fuori dal mio controllo sotto una specie
di violenta furia visionaria, autodistruzione innescata da un tragico evento
che inevitabilmente investe, sconvolge. Segreti celati sotto strati e strati di
colori, ingiurie contro la religione, scoppi d’ira, insulti, ricerche vane a
svalare ciò che è celato ed ermaticamente nascosto, la letteratura e l’arte e
il suo significato più recondito che si elevano al di sopra della superficie
dell’esistenza e di conoscenza di quel che è. Ci si aggrappa agli oggetti, alle
cose, agli affetti, quando soprattutto si è tristi, affinchè i ricordi
innescati non sfumino, non restino immutati nel tempo. La stessa vita è spesso
crudele, e Richard conoscerà per sempre il rimorso di un qualcosa che non
scomparirà mai e che lo riporta sempre nello stesso punto senza speranza.
Altra bellissima massima della letteratura moderna ed inglese, che
rientra nella produzione di opere tartiane in cui i protagonisti sono – ancora una
volta – anime alla deriva che si trascinano quasi sempre nel fango, nella
crudeltà, Dio di illusioni è quella
melanconica alcova nel quale la sua autrice ha dato risalto alle tenebre. Ritraendo
la realtà circostante come qualcosa di imperfetto, ma vicinissimo all’idea di
tristezza e rammarico che suscitano le sue pagine, che si è particolarmente
legato alla mia anima allo stesso modo successe qualche mese fa con Il cardellino in quanto le cose che
dovettero vivere i giovani protagonisti sono state così disastrose,
incomprensibili, senza alcun fondamento ma così smisuratamente e
straordinariamente introspettive, da essere completamente irresistibili per la
mia anima semplice e appassionata.
I morti ci appaiono in sogno, perché
è l’unico modo in cui possono farsi vedere da noi: e ciò che vediamoè soltanto
una proiezione trasmessa da una grande distanza, una luce che brilla da una
stella morta.
Valutazione d’inchiostro: 5
Sono uno dei pochi al mondo che non l'ha amato, lo so...
RispondiEliminaNemmeno io ho amato romanzi che molti hanno osannato ed io detestato impunemente 😊😊
EliminaStay healty, with pray and hope...
RispondiEliminaThank you 😊😊
EliminaNon conosco questo libro, pero' c'é qualcosa che non mi convince.. grazie per la recensione
RispondiEliminaSe cambi idea, non te ne sconsiglio la lettura 😊😊
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