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mercoledì, agosto 12, 2020

Gocce d'inchiostro: La lettrice testarda - Amy Witting

Era pomeriggio inoltrato quando chiusi questo romanzo e mi misi dinanzi al computer. Volevo riflettere meglio su quanto avevo letto, ma capì di non poter scrivere qualcosa di sensato se non avessi messo in ordine le idee. Intorno a me, l’aria afosa, appiccicosa, quasi dolce come se non appartenesse alla città.
La lettrice testarda, mi resi poi conto, mi aveva scelto, senza che me ne rendessi conto. Senza concedermi il tempo di realizzare ciò che avevo davanti, avevo preso la decisione di immergermi fra le sue pagine. Il segnale di evasione, il richiamo di alcuni romanzi in questo caso diviene sempre più forte, e questa ennesima lettura non è stata accidentale. È stato come destinato il nostro incontro fra me e questa autrice, sebbene non sia stato sfavillante, effervescente, indimenticabile come credevo, per comunicarmi la << condizione >> in cui la stessa autrice fu intrappolata, durante il periodo della sua esistenza. Comprenderla non è stato facile, ed i fatti l’hanno confermato. << Statico >> è proprio la parola che userò nel descrivervelo. Perché?  Perché sebbene avrebbe potuto scandagliare quello che la Witting avrebbe voluto dirci, si approssima meglio a qualunque racconto di breve durata che viene in mente. Indifferente, freddo, intrappolato nell’indomabile contrapposizione fra due mondi: uno in cui le cose sono concrete e prevedibili, l’altro in cui le speranze di una ragazzina qualunque cozzarono con l’obbligo della gioia di non poter vivere. 

 
Titolo: La lettrice testarda
Autore: Amy Witting
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 176
Trama: Isobel ha nove anni e il suo compleanno si avvicina. Ma, come ogni volta, non ci saranno regali per lei. C’è solo una cosa che fa volare Isobel lontano dalle rigide regole che la famiglia le impone: leggere. Ma deve farlo di nascosto perché sua madre crede che non sia un’attività adatta a una bambina, che dovrebbe limitarsi a riordinare la casa e a preparare la cena. Isobel cresce alimentando la sua passione segreta di notte, alla luce di una flebile candela. Finchè, a sedici anni, la sua vita non cambia radicalmente, quando è costretta a lasciare tutto, cercarsi un lavoro e una nuova sistemazione. È la sua prima volta che Isobel si scontra con il mondo. Con un mondo che non è solo la sua famiglia e il suo quartiere. È convinta di non avere gli strumenti per relazionarsi con gli altri. Le sembra di dire la cosa sbalgiata, si sente fuori luogo. In fondo sua madre l’ha fatta sempre sentire così. Tanto che, quando incontra un gruppo di ragazzi che amano i libri come lei e passano le serate a discuterne, Isobel all’inizio rimane in silenzio. Ora che finalmente è in un contesto in cui può parlare liberamente di letteratura, ha paura. Ma pian piano le parole di Byron, Auden e Dostoevskj fanno breccia nelle sue insicurezze e le insegnano il coraggio di dire quello che pensa. Di far valere la propria opinione senza nascondere la cultura che si è costruita negli anni con le sue letture. Di aprire il cassetto in cui riposa il suo sogno. Il sogno di prendere una penna in mano e liberare quel flusso di parole che ha trattenuto per troppo tempo. Perché anche per una donna tutto è possibile.


La recensione:

La maggior parte delle volte, reputo importante come è stato scritto quel romanzo o quell’opera e l’approssimarsi di vicende che potrebbero rendere una trama scialba, quasi inconsistente, avvincente e originale. Non mi sorprendo quando, fra gli scaffali della mia libreria, tocco le costine di romanzi che mi hanno letteralmente squarciato l’anima, non solo per il suo contenuto ma anche per il modo che hanno avuto di raccontarsi. Mi sono però sorpresa, quando giunsi fra le pagine del romanzo di Amy Witting, che si trattasse di una storia che non facesse parte di questa categoria. E mi sono stupita ancor di più di scovare assolutamente nulla. L’amore per i libri, per la letteratura, era stato evocato con superficialità, parsimonia ma piattume, cinico e freddo come la lettura di un brevissimo racconto, utile a riempire i postumi della noia. Devo dire però che non ne fui particolarmente impressionata. Era evidente che la Witting avesse tenuto stretto qualcosa di sfuggente, impalpabile, ed i suoi romanzi ne furono un chiaro esempio.
Mi approcciai a La lettrice testarda con la consapevolezza che le sue pagine avrebbero dovuto misurare l’anima di una ragazzina che come una penitente cammina sulla riva dell’assurdo. L’unica ancora di salvezza erano i libri, e per me sembrava la cosa più bella dell’intero romanzo. Ci sono stati però diversi fattori, che hanno dato su finestre esistenziali nel quale i movimenti positivi, la veridicità di certi e rari momenti benefici avrebbero dovuto stimolarla purchè io la comprendessi. Sulla mia personalissima agenda avevo preso nota di ciò che considero i suoi difetti e i suoi pregi, ma a distanza di qualche giorno della sua lettura comprendo come La lettrice testarda non è una lettura malvagia ma semplicemente un opera che ha rievocato perfettamente il XIX secolo, ma in cui la forte esigenza di scovare un certo tipo di libertà non avuta dall’infanzia cozza con il desiderio insopprimibile di mettere nero su bianco qualunque modo per attingere alla realtà. Non sporgendosi, dunque, più di tanto, incurante degli effetti che avrebbe sortito. A posteriori, negativi. Situazioni dagli effetti devastanti ma intoccabili in cui i libri avrebbero dovuto fungere da crescita personale.
Ho valutato l’ipotesi di alzarmi dalla mia poltrona preferita e andare in un altro posto, in un altro luogo, ma poi mi resi conto che ad una lettura cinica, avvolta in una corazza di moralismo, riserbo, sacrificio, vani tentativi di sopravvivenza avrei potuto scontare quel piccolo flagello di trascinarmi fino alla fine. Qualunque tarlo tartassasse la mia coscienza, in cui la grazia, la bontà divina avrebbero dovuto redimere dal peccato. L’eterna luce del sole che non ha clima ne stagioni e che per raggiungerla bisogna scacciare qualunque impurità.
La distanza fra il mio mondo e quello dipinto dall’autrice, portarono la mia coscienza a non poter sfiorare paurosamente la frenesia, l’impazienza. Il mio fiuto aveva avvertito il sensore di qualcosa di tremendamente noioso, poco asettico e poco appassionante, in cui il tutto si svolse all’insegna di conflitti interiori che avrebbero potuto concedere una bella introspezione psicologica, un ritratto realistico del secolo, la realizzazione di una bolla in cui ci si sente protetti affinchè la vita cambi le sorti.
La letteratura, la scrittura, l’arte imprescindibile delle parole battute a macchina mi hanno condotto in un luogo che si è scontrato col mio, insufficiente persino ad incuriosirmi, opprimermi dalla certezza del nulla. Nell’incessante lotta fra il Bene e il Male, fra figure evanescenti ma impalpabili e inavvicinabili che non riescono ad evitare nemmeno le persone più fredde, quelle generalmente tranquille e ricche.
La lettrice testarda, il titolo << testarda >> come riferimento puro e casuale alla forza e al vigore che Isobel riserba alla parola scritta, è un romanzo particolare che non mi ha emozionato ne entusiasmato come credevo. Nonostante la sua forza risiede nell’efficacia di aver richiamato il passato, in un contesto storico attualissimo, modernissimo, in cui l’ambiente circostante riflette ben o male il senso morale dei protagonisti, il loro stato d’animo o il loro stare nel mondo, è un opera che non implode nella sua magnificenza, nemmeno nell’amore che si riserva per la lettura. In una sequela di situazioni in cui la scrittura è il punto focale dentro al quale si muovono le cose, si riversano elementi o forme di innumerevole ribellione che esprimono condizioni di disagio e di apprensione.
Valutazione d’inchiostro: 3

4 commenti: