Era pomeriggio inoltrato quando
chiusi questo romanzo e mi misi dinanzi al computer. Volevo riflettere meglio
su quanto avevo letto, ma capì di non poter scrivere qualcosa di sensato se non
avessi messo in ordine le idee. Intorno a me, l’aria afosa, appiccicosa, quasi
dolce come se non appartenesse alla città.
La lettrice testarda, mi resi
poi conto, mi aveva scelto, senza che me ne rendessi conto. Senza concedermi
il tempo di realizzare ciò che avevo davanti, avevo preso la decisione di
immergermi fra le sue pagine. Il segnale di evasione, il richiamo di alcuni
romanzi in questo caso diviene sempre più forte, e questa ennesima lettura non
è stata accidentale. È stato come destinato il nostro incontro fra me e questa
autrice, sebbene non sia stato sfavillante, effervescente, indimenticabile come
credevo, per comunicarmi la << condizione >> in cui la stessa
autrice fu intrappolata, durante il periodo della sua esistenza. Comprenderla non
è stato facile, ed i fatti l’hanno confermato. << Statico >> è
proprio la parola che userò nel descrivervelo. Perché? Perché sebbene avrebbe potuto scandagliare
quello che la Witting avrebbe voluto dirci, si approssima meglio a qualunque
racconto di breve durata che viene in mente. Indifferente, freddo, intrappolato
nell’indomabile contrapposizione fra due mondi: uno in cui le cose sono
concrete e prevedibili, l’altro in cui le speranze di una ragazzina qualunque
cozzarono con l’obbligo della gioia di non poter vivere.
Titolo: La lettrice testarda
Autore: Amy Witting
Casa editrice: Garzanti
Prezzo: 16 €
N° di pagine: 176
Trama: Isobel ha nove anni e il
suo compleanno si avvicina. Ma, come ogni volta, non ci saranno regali per lei.
C’è solo una cosa che fa volare Isobel lontano dalle rigide regole che la
famiglia le impone: leggere. Ma deve farlo di nascosto perché sua madre crede
che non sia un’attività adatta a una bambina, che dovrebbe limitarsi a
riordinare la casa e a preparare la cena. Isobel cresce alimentando la sua
passione segreta di notte, alla luce di una flebile candela. Finchè, a sedici
anni, la sua vita non cambia radicalmente, quando è costretta a lasciare tutto,
cercarsi un lavoro e una nuova sistemazione. È la sua prima volta che Isobel si
scontra con il mondo. Con un mondo che non è solo la sua famiglia e il suo
quartiere. È convinta di non avere gli strumenti per relazionarsi con gli
altri. Le sembra di dire la cosa sbalgiata, si sente fuori luogo. In fondo sua
madre l’ha fatta sempre sentire così. Tanto che, quando incontra un gruppo di
ragazzi che amano i libri come lei e passano le serate a discuterne, Isobel all’inizio
rimane in silenzio. Ora che finalmente è in un contesto in cui può parlare
liberamente di letteratura, ha paura. Ma pian piano le parole di Byron, Auden e
Dostoevskj fanno breccia nelle sue insicurezze e le insegnano il coraggio di
dire quello che pensa. Di far valere la propria opinione senza nascondere la
cultura che si è costruita negli anni con le sue letture. Di aprire il cassetto
in cui riposa il suo sogno. Il sogno di prendere una penna in mano e liberare
quel flusso di parole che ha trattenuto per troppo tempo. Perché anche per una
donna tutto è possibile.
La recensione:
La maggior parte delle volte,
reputo importante come è stato scritto quel romanzo o quell’opera e l’approssimarsi
di vicende che potrebbero rendere una trama scialba, quasi inconsistente,
avvincente e originale. Non mi sorprendo quando, fra gli scaffali della mia
libreria, tocco le costine di romanzi che mi hanno letteralmente squarciato l’anima,
non solo per il suo contenuto ma anche per il modo che hanno avuto di
raccontarsi. Mi sono però sorpresa, quando giunsi fra le pagine del romanzo di
Amy Witting, che si trattasse di una storia che non facesse parte di questa
categoria. E mi sono stupita ancor di più di scovare assolutamente nulla. L’amore
per i libri, per la letteratura, era stato evocato con superficialità,
parsimonia ma piattume, cinico e freddo come la lettura di un brevissimo
racconto, utile a riempire i postumi della noia. Devo dire però che non ne fui
particolarmente impressionata. Era evidente che la Witting avesse tenuto
stretto qualcosa di sfuggente, impalpabile, ed i suoi romanzi ne furono un
chiaro esempio.
Mi approcciai a La lettrice testarda con la
consapevolezza che le sue pagine avrebbero dovuto misurare l’anima di una
ragazzina che come una penitente cammina sulla riva dell’assurdo. L’unica
ancora di salvezza erano i libri, e per me sembrava la cosa più bella dell’intero
romanzo. Ci sono stati però diversi fattori, che hanno dato su finestre
esistenziali nel quale i movimenti positivi, la veridicità di certi e rari
momenti benefici avrebbero dovuto stimolarla purchè io la comprendessi. Sulla mia
personalissima agenda avevo preso nota di ciò che considero i suoi difetti e i
suoi pregi, ma a distanza di qualche giorno della sua lettura comprendo come La lettrice testarda non è una lettura
malvagia ma semplicemente un opera che ha rievocato perfettamente il XIX
secolo, ma in cui la forte esigenza di scovare un certo tipo di libertà non
avuta dall’infanzia cozza con il desiderio insopprimibile di mettere nero su
bianco qualunque modo per attingere alla realtà. Non sporgendosi, dunque, più
di tanto, incurante degli effetti che avrebbe sortito. A posteriori, negativi. Situazioni
dagli effetti devastanti ma intoccabili in cui i libri avrebbero dovuto fungere
da crescita personale.
Ho valutato l’ipotesi di
alzarmi dalla mia poltrona preferita e andare in un altro posto, in un altro
luogo, ma poi mi resi conto che ad una lettura cinica, avvolta in una corazza
di moralismo, riserbo, sacrificio, vani tentativi di sopravvivenza avrei potuto
scontare quel piccolo flagello di trascinarmi fino alla fine. Qualunque tarlo
tartassasse la mia coscienza, in cui la grazia, la bontà divina avrebbero
dovuto redimere dal peccato. L’eterna luce del sole che non ha clima ne
stagioni e che per raggiungerla bisogna scacciare qualunque impurità.
La distanza fra il mio mondo e
quello dipinto dall’autrice, portarono la mia coscienza a non poter sfiorare
paurosamente la frenesia, l’impazienza. Il mio fiuto aveva avvertito il sensore
di qualcosa di tremendamente noioso, poco asettico e poco appassionante, in cui
il tutto si svolse all’insegna di conflitti interiori che avrebbero potuto
concedere una bella introspezione psicologica, un ritratto realistico del
secolo, la realizzazione di una bolla in cui ci si sente protetti affinchè la
vita cambi le sorti.
La letteratura, la scrittura, l’arte
imprescindibile delle parole battute a macchina mi hanno condotto in un luogo
che si è scontrato col mio, insufficiente persino ad incuriosirmi, opprimermi
dalla certezza del nulla. Nell’incessante lotta fra il Bene e il Male, fra
figure evanescenti ma impalpabili e inavvicinabili che non riescono ad evitare
nemmeno le persone più fredde, quelle generalmente tranquille e ricche.
La lettrice testarda, il titolo << testarda >> come riferimento
puro e casuale alla forza e al vigore che Isobel riserba alla parola scritta, è
un romanzo particolare che non mi ha emozionato ne entusiasmato come credevo. Nonostante
la sua forza risiede nell’efficacia di aver richiamato il passato, in un
contesto storico attualissimo, modernissimo, in cui l’ambiente circostante
riflette ben o male il senso morale dei protagonisti, il loro stato d’animo o
il loro stare nel mondo, è un opera che non implode nella sua magnificenza,
nemmeno nell’amore che si riserva per la lettura. In una sequela di situazioni
in cui la scrittura è il punto focale dentro al quale si muovono le cose, si
riversano elementi o forme di innumerevole ribellione che esprimono condizioni
di disagio e di apprensione.
Valutazione d’inchiostro: 3
Non conosco il romanzo, mi spiace che non ti sia piaciuto.. grazie comunque della recensione
RispondiElimina🤗🤗
EliminaRomanı bilmiyorum ama güzel incelemen için teşekkür ederim Gresi 😊
RispondiEliminateşekkür ederim 🤗🤗
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