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venerdì, aprile 16, 2021

Gocce d'inchiostro: Anime morte - Nikolaj Gogol

Nei miei anni di lettrice che ho trascorso in campagne desolate e soleggiate, in villaggi freddi e miseri, ho visto cose che, se le raccontassi ai miei più cari amici, sarei presa per matta. Ho visto gatti parlanti, ragazze insoddisfatte e un po’ egoiste sorvolare cieli luminosi e scintillanti, anime vagabonde che avanzano lente in questa landa desolata. Una ragazza della mia età probabilmente nutre altri interessi; non credo le importerebbe conoscere i motivi per cui abbia casualmente incrociato queste figure, andando qua e là ma facendo caso a ciò che sarebbe avvenuto. Io però non sono quel genere di ragazza che si discosta dalla letteratura, specialmente quella classica. Ama, anzi, sguazzarci impunemente, consapevole di assistere a teatro di azioni funeste e drammatiche. Alle Anime morte ho fatto una corte sfegatata da che io ho memoria e scopro, nel mentre ripongo queste poche righe, che di motivi per cui non mi ero ancora approcciata alla sua lettura sono nulli. Rimandarne il momento mi sembrava il momento più adatto, poiché aspettavo fosse lo stesso romanzo a chiamarmi. E fu così che questo successe ai miei occhi. A Pietroburgo ho visto come ci si affanna a discostarsi dalla miseria, dalla fugacità di atti miseri e insulsi, strapparsi dal pantano di costrinzioni e putridume, solo con la volontà, la forza del pensiero, l’intelligenza, la perseveranza, l’astuzia, dando testo a qualunque forma di ribellione sociale/politico. Mi è venuto in mente come l’autore, ispirandosi all’Inferno de La divina commedia, avesse lui stesso appiccato un incendio. Sopraggiunse questo antieroe, Cicikov, pusillanime, egoista, crudele, il moderno Prometeo che raccoglie nel suo piccolo palmo, gruppi di anime umili e lavoratrici. Anime tuttavia quasi prive di vita, di cui l’intero romanzo è una disanima fra ciò che è vero e ciò che non lo è. Così irrimediabilmente sedimentato nel territorio della crudele realtà, in cui ci si agita senza costrutto, distinti dalla posizione sociale e dal numero economico che possederono nelle loro tasche.


Titolo: Anime morte
Autore: Nikolaj Gogol
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 10 €
N° di pagine: 400
Trama: Affresco grandioso e sconvolgente della Russia di metà Ottocento, “Le anime morte” intreccia passaggi lirici, particolari surreali e romantici, dimensioni metafisiche e macabre, dialoghi comici, iperbolici e funambolici artifici stilistici. Vi sfila una galleria di personaggi appartenenti a tutte le classi sociali, le cui anime sono moralmente morte, ancor più dei servi deceduti e comperati da Cicikov per ottenere le assegnazioni di terre concesse a chi dimostrava di possedere un certo numero di servi della gleba. Solo una commedia grottesco – satirica poteva descrivere questa ottusa società di proprietari terrieri, contadini e funzionari, immersa in una palude di stupidità e pigrizia provinciale, di mediocrità e pochezza morale.

La recensione:

 

Guardi le creature del Signore: ognuno serve a qualcosa, magari piccola ma ha una sua finalità. Persino la pietra ha il suo. E l’uomo, l’essere dotato di ragione, dovrebbe vegetare, inutile a tutti?

 

La letteratura russa ha un chè di particolare. Mi è impossibile specificare questo termine o andare a fondo di questo argomento senza sentirmi inadatta, inadeguata. Quell’amico misterioso e ricco di sorprese, una tipologia di lettura che amo particolarmente. Con una certa esperienza letteraria alle spalle, mi dico, la mia coscienza svolazza beata in luoghi in cui amerebbe perdersi e vivere perché crede che quello sia il posto adatto.
Si, il più adatto. Credo che la letteratura sia quell’inestimabile tesoro, talvolta che serba oggetti preziosi mai visti, perché lascia dietro di se una scia di profumo di vita. Poco tempo fa mi ero beata nel sguazzare impunemente nel cuore algido e voluttuoso di Emma Bovary, con la testa zeppa di pensieri insulsi ma il cuore sussultante e fervido. La letteratura classica mi piace tantissimo.
Sono convinta, che ogni romanzo sia in attesa del suo momento. Dicono più di quel che crediamo, giungono in momenti particolari della tua vita che, in una manciata di minuti, potrebbero mutare la tua vita. Le anime morte di Ivanj Gogol giunse inaspettatamente, in questo quarto mese dell’anno, trascinandomi addosso una strisciante angoscia, opprimendomi l’anima e il cuore poiché zeppo di difficoltà economiche, sociali in cui emergono guazzabugli vari, tentativi inutili con impercettibile peculiarità.
La vettura che mi condusse dinanzi a tutto ciò fu una carrozza di media misura, dorata, placcata in oro, con a bordo un signorotto di modi e origini nobili, la cui unica ambizione è quella di carpire fra le sue piccole mani gruppi di anime che altri non sono che comparse in un quadro imperfetto, misere, putrescente, rozzo, squallido turbato da alcuni echi o rimasugli del passato, metafora di una sorta di scossone dell’anima, dello spirito, poiché incarnazione di un'unica utopia di frattellanza, unione, il tutto indirizzato dal Clero e dalla gleba. Nient’altro che contadini, agricoltori, aratori dilaniati dal potere assoluto di signorotti, lord, baronetti che risultano vivi al censimento, allo scambio di svariati gruppi terrieri. Fantasma vivente di una Russia satira ma tendenzialmente amara in cui la realtà, il dramma, l’assetto politico e sociale prevale su ogni cosa, è proiettato su due diverse dimensioni temporali di cui giorno dopo giorno perdono intensità, splendore, per la dissolutezza, lo squallore in cui sono incastrati, nella fredda monotonia del tutto, così immutevole e saldo da risultare fastidioso e ben piantato. Con questa denuncia l’autore si premurò ad evidenziare il << male >> del secolo, rifiutandosi a modificare alcunchè, piuttosto esprimendo qualunque assetto sociale. Nell’anticamera dell’Inferno, con l’immagine di un protagonista crudele che detiene il potere sotto svariati punti di vista che si stanziò dinanzi al mio cerchio facendo scalpore, strepito e fragore.
Per quel che essenzialmente conta era l’assetto di un utopia pacifista da cui la stessa Russia avebbe dovuto trarne vantaggio. Si, la pace. Non solo spirituale bensì fra rapporti coniugali, sociali. Negli ambienti più abietti, più famigliari, il cui culto sta lentamente sprofondando in incontenibili sagome di fallacità. Ha un chè di straordinario tutto questo, quando la carrozza su cui viaggiai fu travolto da onde di malessere e lerciume, Cicikov era nato per attenersi a certe << mansioni >> e questa era la sua avvenuta sino a quando non sarebbe morto. Nel trambusto generale, però, la sua interezza scivolerà nel momento in cui comprenderà la natura di tutto ciò, ma soprattutto come ognuno di noi è conforme all’anima di Cicikov poiché siamo esseri senzienti, ma egoisti e talvolta crudeli. Testimonianza di un processo di catarsi di cui lo stesso autore, alla fine, ci invita a trarne esempio.
In un complicato ricamo di lettere e parole, in un sudario di sporcizia e putrescenza che cade in un’aria essenzialmente umile tipica delle classi più basse, situata alla periferia di una grande città, Le anime morte ha funto da santuario magico in cui rifugiarmi, perdermi,  a bordo di una carrozza nelle campagne bucoliche di una Mosca dei primi anni dell’Ottocento. Imbattuta in figure curiose, particolari, eccentriche che arrivano da qualche girone sconosciuto dell’Inferno, tutti per vedere la stessa cosa. Marea umana di conseguenze, avvenimenti, specialmente quando giunsero nel luogo dove evidentemente ero atterrata con un certo fascino.
Fu così che in questo caos di diavoli travestiti in santi, verso il cuore pulsante di questa storia che indicava già la sua ascesa, anzi discesa, nettamente visibile dietro la moltitudine di curiosi, l’impatto con questa storia ha aperto una porta su un mondo che ancora esala sotto fili di fumo verso un cielo di pomeriggio tardivo. In un mare di curiosi, nel grembo di una storia che sembrava le mancassero persino le forze per respirare, persa nell’intrico di suoni e parole, in un silenzio assoluto, irrimediabilmente persa.
Una prosa solenne e arguta, intricate e ostiche, che profumano ancora di fascino, Le anime morte è una storia che al principio stupisce, lambisce le nostre fragili membra senza nemmeno accorgercene, che poggia su aspetti sociali, realistici che si sono abbattuti su di me costringendomi a vagare in mezzo a tutto questo in cambio di qualche moneta o qualche promessa infranta. Un labirinto oscuro di azioni oscure e perverse che ho amato perdermi e che per opera di un magistrale disegno appassiona e sconcerta.

Valutazione d’inchiostro: 4

4 commenti: