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venerdì, settembre 24, 2021

Gocce d'inchiostro: L'educazione - Tara Westover

Mi piacciono i romanzi famigliari e decido di inserirli nelle mie letture, nel mio percorso letterario, e di farmi trasportare a tal punto da non riconoscere la realtà dalla finzione. Nella grande stanza in cui vivo, quel santuario magico in cui vi custodisco i miei figli di carta, quasi reliquie sacre che custodisco gelosamente, non c’è mai tempo per procrastinare. Se un romanzo, un autore insegnano qualcosa è perché in quel dato momento siedono in silenzio per insegnarci qualcosa. Talvolta con stupore non vedo cosa io e il suo autore abbiamo in comune, perché proprio quella determinata storia sia quella giusta al momento giusto. Mi dico che sta anche qui il potere dei libri. E l’ultimo grande momento accade con un romanzo che per anni corteggiavo, dalla soglia incredibilmente piena di una libreria bellissima e colorata, convinta di avere dinanzi a me qualcosa che si sarebbe collocato fra le letture migliori dell’anno. Quella della Westover è senza alcun dubbio un romanzo commovente, intimistico, drammatico ma che la sua lettura mi ha lasciato addosso un forte senso di oppressione. La scrittura comprende chi non ha mai avuto e cosa avremmo potuto avere da discorsi astratti, desideri repressi, moti involontari dello spirito, se non che ci si appresta a ritrarre quella che è la nostra famiglia. Ma come ogni famiglia, anche quella dell’autrice non fu perfetta, e questo romanzo lo dimostra conferendoci un peso sul cuore che mi sono trascinata addosso per tutta la durata della lettura. Una falda nell’anima che ha gravato sulla mia coscienza forse con fin troppa enfasi, ma che, al di là del dolore, delle persecuzioni, di quei moti istintivi di comprensione ed empatia, non ha affondato le sue radici nel mio cuore. Poco travolta ma non coinvolta, intestardita a conoscere la verità delle tradizioni, degli affetti, scovare qualcosa che ci faccia comprendere chi siamo realmente. Non importa da chi o cosa nasci. Importa l’amore, il coraggio, l’orgoglio che riservi nel raggiungere i tuoi obiettivi. Persino se incappi nel rischio di restare isolata.


Titolo: L’educazione
Autore: Tara Westover
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: 11 €
N° di pagine: 378
Trama: Tara, la sorella Audrey e i fratelli Luke e Richard sono nati in una singolare famiglia mormona delle montagne dell’Idaho. Non sono stati registrati all’anagrafe, non sono mai andati a scuola, non sono mai stati visitati da un dottore. Sono cresciuti senza libri, senza sapere cosa succede nel mondo o cosa sia il passato. Fin da piccolissimi hanno aiutato i genitori nei loro lavori: in estate stufare le erbe per la madre ostetrica e guaritrice, in inverno lavorare nella discarica del padre, per recuperare metalli. Fino a diciassette anni Tara non aveva idea di cosa fosse l’Olocausto o l’attacco alle Torri gemelle. Con la sua famiglia si preparava alla sicura fine del mondo, accumulando lattine di pesche sciroppate e dormendo con uno zaino d’emergenza sempre a portata di mano. Il clima in casa era spesso pesante. Il padre è un uomo dostoevskiano, carismatico quanto folle e incosciente, fino a diventare pericoloso. Il fratello maggiore Shawn è chiaramente disturbato e diventa violento con le sorelle. La madre cerca di difenderle, ma rimane fedele alle sue credenze e alla sottomissione femminile prescritta. Poi Tara fa una scoperta: l’educazione. La possibilità di emanciparsi, di vivere una vita diversa, di diventare una persona diversa. Una rivelazione.

 

 La recensione:

Nei giorni che seguirono il Caso, varie volte, mi aiutò. Se mi fermo a pensare, per un instante, chi e cosa mi attornia quando decido di imbarcarmi in una nuova avventura letteraria, vengono fuori un corrolario di personaggi che cercano di rimpinguare la mia presenza, la mia permanenza guidata dalla voce gracchiante dell’autore. Quasi sempre questa voce è piacevole, coinvolgente, che ti induce ad interessarti a ciò che leggi sentendo che quello che avrebbe trapelato da questa storia era forse fin troppo coinvolgente, acceso da studiare nuove metodologie per comprendere i meccanismi della vita.
Attraverso la scrittura si incontrano tante persone. Per anni vesti i panni di membri appartenenti a partiti comunisti, mamme svampite e distratte, donne apparentemente forti ma fragili, e, come in questo caso, ragazze strappate violentemente dal grembo famigliare intessendo una trama di nozioni, idee che in un modo o nell’altro portano dall’altra parte. Quando leggo queste storie ho quasi sempre il sospetto di pagare un dazio. Io le leggo gratuitamente, naturalmente. Ma è come se il suo autore desiderasse avere qualcosa in cambio. Nel senso che, prima di conquistarti, devono essere loro conquistate. Andavano sedotte e poi conquistate a tal punto di non sapere cosa aspettarti.
Sul finire di un weekend fresco ma mite, mi trovai in una sorta di comunità di mormoni, situata in una casa in legno sull’altura di una montagna, non lontana dalla periferia di New York, ma in un posto in cui l’autrice di questo romanzo nacque e visse per un certo lasso di tempo. Un forte odore di antico, vecchio, antidiluviano usciva dalle porte di questa casa ed io, seguendo l’avanzata lenta di questa donna, feci capolino per vedere questo insolita donna muoversi incerta in una trapunta di regole, leggi autoimposte che tuttavia non convergevano con il mondo moderno, frutto di azioni tossiche e pericolose da cui sembra impossibile disintossicarsi. Tara Westover conosceva i segreti per fuggire. Sapeva che volgere le spalle alla sua famiglia avrebbe equivalso a distaccarsi completamente da essa prendendo così un percorso di vita che l’avrebbe arricchita. Fatta rinascere. Non potendo fare niente del destino che si impose nei suoi piani, ma potendo fare qualcosa per prevenire certe disgrazie.
Scrivere di se stessi e del proprio passato non credo sia facile. Innescano quasi sempre processi in cui ci si sente in imbarazzo, a disagio, timorosi che qualcosa o qualcuno possa giudicarci. Eppure la vita stessa è la migliore maestra, e grazie ad essa l’individuo vive. La scrittura per Tara Westover fu quella valle di fuoco che avrebbe messo a posto qualcosa dentro di lei. La conoscenza? Prima di tutto, ma stendere un filo su ciò che avrebbero migliorato se stessa, la sua condizione di donna, il suo essere un individuo senziente ma ignorante. Stanca di una vita sempre uguale a se stessa, migliore sicuramente di quella avuta in precedenza, certa che quella vissuta sarebbe stata mai più ripetibile. La fiducia che avrebbe riservato all’esperienza, all’idea di abbracciare una vita nuova sarebbe stato quel faro nella notte che avrebbe illuminato la sua strada. Dietro una corazza di perbenismo e finto buonismo si celava la figura di una donna che desiderava spiccare il volo: da un lato una catapecchia di intenti, dall’altra come un continuo rammentarsi del passato.
Quella de L’educazione è una storia che mi ha fatto pensare subito ad altre storie, altri romanzi, e alle mie imprevedibili impennate letterarie nel bel mezzo della notte, in un bosco di abeti e licheni, fra le soglie di una dinastia molto simile alla nostra, nel cuore di una figura in cui si nascose dietro muri di incertezze e solitudine. Di un certo spessore, con forti tematiche che per gran parte della sua lettura hanno incrementato il tono, spaccato temporale che per le prime centocinquanta pagine mi ha annoiato moltissimo, rivivendo le avventure e disavventure di questa giovane donna con distacco e poco interesse. Un monito della fine di chi la indusse ad essere così, apatica, insicura, incurante, priva di identità, inconsapevole di ciò che avrebbe potuto riservarle la vita.
Un numero spropositato di lettori hanno conosciuto questa donna e l’hanno amata nell’immediato. Io non ho potuto condividere questo entusiasmo non sapendo scegliere se tale mancanza di trasporto fosse dovuta dalla mia mancanza di accettarla così com’era o non poter ammirare che il tutto fosse intrappolato in una cupola di stoicismo. Perché seppur ricco di drammaticità, introspezione, questa banalissima figura che conduce una vita terribile non mi ha interiorizzata, non mi ha reso partecipe e coinvolta al suo dolore. Quanto spettatrice di qualcosa che fortunatamente non ho mai vissuto e confido di non poter mai vivere, impossibilitata a non guardarmi attorno e a non credere che ci siano storie migliori di questa. Non quanto per la tematica affrontata, quanto per come esse sono narrate. E la stessa scrittura mi avrebbe dovuto indurre a guardarmi dentro, sentendomi fortunata ad essere ciò che sono diventata grazie alla mia famiglia e ai miei ideali. Tutti hanno condiviso questo frammento di vita. Io mi sono unita tardi, e comprendo anche il motivo. Partecipare alla sua storia triste che si porterà dentro l’autrice, sino a quando Dio non la chiamerà nel bel mezzo delle sue anime, non mi ha donato molto più di quel che credevo. Solo impietosita, compassionevole ma non folgorata… cosa posso farci? Non mi era mai capitato di trovarmi in mezzo a una categoria di persone che nel bel mezzo di un momento particolare della sua vita non divenne così necessaria.
Si contempla la letteratura sollevando un velo invisibile, con le sue oscillazioni, le sue dovizie e le sue imposizioni. La crudeltà con cui è stato scritto è davvero notevole, e forse è proprio questa caratteristica che governano queste trecento pagine, in cui mi sono addentrata in massime di letteratura e  nozioni di vita in cui sono stati scoperchiati lenzuoli intrisi di sangue, lacrime e urine per dimostrarci che il nostro soccorso immediato, la nostra partecipazione avrebbe dovuto costituire un atto di solidarietà. Per una donna solitaria e incompresa, in qualunque epoca lo si trovi con uno scopo di vita non idoneo per tutti.
Alla fine accettai di addentrarmi fra le sue pagine per le insistenze di alcune mie amiche blogger - poiché una storia cruda come quella di L’educazione non può di certo passare inosservata. Questa prima esperienza di un viaggio repentino e straordinario non mi procurò un esaltazione maggiore di quanto mi ero aspettata, poiché i temi affrontati non coincidono con i sentimenti. Un giorno ci tornerò un'altra volta.  E forse la comprenderò meglio.
Una donna che vive intrappolata nel passato, protagonista di delusioni, dispiaceri, sorprese che la vita spesso ci riserva. Marionetta guidata da un disegno ambizioso e stupefacente che gioca fra il reale e il surreale, realistico e a tratti cruento, circondato da strani ed eccentrici personaggi, che ci catapultano inevitabilmente ad immagini dettagliate e peculiari in un epoca che è la nostra.
Una trama attraverso cui ho avanzato a tentoni e con difficoltà e un finale in sospeso, che lascia quasi con l'amaro in bocca. Una situazione in cui si fa uno sforzo sovraumano per combattere le maldicenze, la cattiveria, la povertà, in un mondo dove c'è invece molta ipocrisia e lo sforzo per essere buoni e amabili crea un malessere che può riuscire pericoloso.

Valutazione d’inchiostro: 3

8 commenti:

  1. Ciao Gresi! Per quanto tutti abbiano letto questo libro... A me fa un pó paura! Non so se lo affronterò mai.

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    1. Non è una lettura semplice, questo è vero. Io ho atteso qualche anno, fin quando non mi ha chiamato 🤗🤗

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  2. Ciao Gresi, conosco il romanzo ma non l'ho letto e, sinceramente, non mi ispira molto...

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  3. Grazie per questa splendida recensione. Mi ispira molto questo libro.

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