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martedì, gennaio 25, 2022

Gocce d'inchiostro: Perdersi - Elizabeth Jane Howard

Per la prima volta da quant’è che conosco e amo Elizabeth Jane Howard fui testimone di un momento di perpetua confusione, insoddisfazione morale, sentimenti forti e contrastanti che non erano assolutamente indirizzati alla stessa autrice quanto a un periodo particolare della mia vita che stavo vivendo. Tonante, impossibile da scacciare, un’ira dalla forza così enorme e distruttiva da farmi odiare persino una donna come questa. Colei che, nell’estate di due anni fa, mi indusse a vivere un periodo oramai lontano della mia individualità con la storia di una famiglia i cui pensieri drastici erano disgraziatamente tutti rivolti alla loro sopravvivenza. Dinanzi a uno scontro bellico come quello della Prima Guerra Mondiale, queste cinque storie mi rubarono il cuore e negli anni successivi anche piccoli romanzi minori, che si discostano da questi volumi ma che non tolgono niente alla magnificenza e al potere supremo dello stile inconfondibile dell’autrice. A distanza di quasi un anno, dunque, mi sembrava doveroso apprendere come l’emozioni sono spesso infide. Ti colgono alla sprovvista nei momenti più impensabili della tua vita, e dunque leggere questo romanzo era necessario se non obbligatorio. Avrebbe dissipato quella nuvoletta di rammarico, dispiacere che si era creata attorno al romanzo in quel momento in cui dovetti riporlo sullo scaffale, un cattivo auspicio per il mio futuro e quello dell’autrice. Ma questo fu il momento propizio. Pronunciare una sequela di frasi, quasi avvertimenti leggiadri come carezze sul viso, si posarono prima sulla mia coscienza e poi sul mio cuore. E anziché respingerli, presi la loro mano risolvendo così la questione di ogni dissidio. Ed ecco che, in sostanza, ho amato anche quest’ennesima fatica letteraria howardiana, ripristinando così quello splendido rapporto che avevo restaurato con l’autrice qualche anno fa.

Titolo: Perdersi
Autore: Elizabeth Jane Howard
Casa editrice: Fazi
Prezzo: 20 €
N° di pagine: 430
Trama: Henry è un unltrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un’esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant’anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l’enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all’inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana bisognosa com’è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia.

La recensione:

Ci rendiamo conto della nostra solitudine soprattutto nei momenti di lutto e perdita. Il paradosso è che non credo che siamo fatti per rimanere soli. Ci sforziamo così tanto e con tale costanza di stare con gli altri, di diventare parte di qualcosa che sta fuori da noi, che questo bisogno deve per forza avere un’origine naturale.

 

Questa volta la narrazione prevedeva una coppia, l’unica che fra vecchi compagni, amici perduti e poi ritrovati, si insinuarono in una piccola fessura del mio cuore, silenziosamente come sono silenziose certe storie, che non ha avuto bisogno di grandi parole per presentarsi, mostrarsi, persi di vista per qualche tempo ma poi ritrovati pur condividendo una passione incommensurabile per la letteratura. Stessi scenari – più o meno -, personaggi dalla forte carica emotiva, le forme diverse ma la cui anima scandaglia assetti della personalità umana che per un momento ho creduto di non scorgere niente di nuovo o diverso ma in realtà molto più di quel che sembra, perché anche se si tratta dell’ennesimo ritratto umano oramai sono completamente legata a queste storie.
In questa storia, tra le tante cose, ho scoperto una parte dell’autrice che francamente non conoscevo. Mi è sembrato come se l’anima della stessa Howard si protrasse fra le pagine, che quella narrata non fosse la voce corale di una coppia bensì un insieme di identità contraddittorie, e ogni volta che leggevo di Daisy e Henry mi sentivo legata a loro come fratelli di sangue. Tra le tante cose strane che scoprì era che sembravano esistere tante piccole Elizabeth Jane Howard, che lei non fosse una sola persona ma un insieme di entità contradditorie, e ogni volta che leggevo di questa coppia era diverso l’approccio. Con uno scatto di ammaliamento, deduco che per giostrare due personalità forti come quelli dei protagonisti di questa storia credo che il sentirsi isolati, chiudendosi in se stessi non basta. Voglio dire, che seppur di personaggi fittizi si parla, la loro anima ha pesato greve e chiassosa nel mio cuore, in cui ciò accadrà avverrà per un'unica ragione: la diffidenza. Chi ha già letto qualcosa dell’autrice, in precedenza, sa che la Howard legge nel cuore umano tendendo a trasformare qualunque assetto buono o positivo in forme distorte di crudeltà. Voglio dire, l’amore che prevede nient’altro che rose e fiori tende spesso ad annoiare, no? Eppure, c’è chi l’amore non ha mai potuto viverlo nella sua più completa essenza. Il potere dell’attrazione nella propria orbita, forme di puro e semplice ammaliamento non sarebbero bastate con interminabili diffidi e quisquilie varie. La me romantica ma anche pragmatica, con una visione completamente diversa da quella dell’autrice, tiro fuori queste storie, dal santuario magico delle mie librerie, facendomi sentire molto più consapevole di quel che credevo, perché quando apro un romanzo di Elizabeth Jane Howard ritrovo me stessa come quando sono sola.
Perdersi ha molte compatibilità con Il lungo sguardo, nonostante apparentemente sembrino due storie a se e molto diverse fra loro. Avrei potuto tranquillamente risiedere nella mia poltrona preferita, e lasciarmi contagiare dal tono malinconico, lento e sincopato di un romanzo che è ambientato nel passato ma sembra ben radicato nel presente che non volle conferirmi alcun messaggio particolare se non uno stato d’animo in cui la libertà d’azione non coincide con quella di pensiero. Daisy in particolare aveva ogni motivo per sentirsi così per non gradire l’entrata in scena del nuovo venuto, perché Henry risulterà molto più bravo di lei ad ammaliare e sedurre le donne a portata di mano, i cui fendenti furono molto più veloci e potenti, fugando ogni dubbio sulla sua apparente condizione di << innocentino >>. I fatti parlavano chiaro? Come mi sarei sentita io, se mi fossi innamorata qualcuno che non era chi diceva di essere?
Gira e rigira, fra innumerevoli tuffi nel passato e ripercussioni nel presente, Perdersi è stato una retrocessione, un piccolo scivolone altalenante fra passato e presente, offuscamento dei sensi, dell’orientamento, del dubbio che si inscena o intavola nel momento in cui l’amore bussa alla nostra porta di cui la stessa Howard, traendo ispirazione da un fatto puramente veritiero e realistico sfrutta una vicenda del suo passato proiettandolo su carta, esprimendo non solo le proprie idee in proposito ma stimolando alla riflessione e alle critiche che certe situazioni comportano. Ma è proprio uno degli aspetti principali della produzione howardiana che preferisco: la sua innocenza, il suo distacco ultraterreno dalla razionalità e le contraddizioni della società a cui apparteneva. A me conferisce quasi sempre un marasma di sensazioni altalenanti, un caos di impulsi contrastanti e burrascosi controsensi, l’autrice, da quel poco che ho letto, mi è sembrata fosse una donna quieta, pensosa, evidentemente desiderosa di mettere a posto qualcosa dentro di lei, così presa dai suoi pensieri e dal suo modo di agire da non badare al rumore circostante. Un essere contaminato dalla vita, dai dolorosi ricordi del passato, così pura, innocente, fedele a se stessa che sovente mi è difficile inquadrarla. Ho sempre creduto che la Howard nascondesse molto più di quel che disse, perciò i suoi romanzi mi affascinano.
Ora come ora nessun parere negativo può fermarmi, e nemmeno ci provo, nel desistere nel mio intento. Ma che cosa c'entra tutto questo con l'approccio di una nuova e straordinaria lettura? Se scrivo questo il motivo è dovuto semplicemente dal fatto che questa storia, a dispetto di Cambio di rotta, mi ha ridotta un pó meno a pezzi, a dispetto di quel che credevo. Eppure quello che mi è stato detto è stato straordinario, introspettivo, con meccanismi e ruoli che hanno avuto un'importanza tutta loro. 
Tutti sanno che l’amore, il legame intrinseco che si instaura in una coppia, talvolta si riduce in minima parte di quel che sembra. Il legame che si instaura fra Henry e Daisy ci pone dinanzi all'ascolto del racconto forte e intenso della protagonista, alterego della stessa autrice, del suo concetto di amore e di unione. Perdersi  è infatti un esame attento e dinamico fra questi due concetti che dovrebbe trascendere il proprio modo di essere una coppia, fino a divenire una quintessenza che si fonde e si disperde al punto tale che non esiste un'immagine perfetta, costante nel tempo ma solo una lunga serie di apparizioni, modi di sopravvivenza. Mediante alcuni segreti relativi al cuore umano è possibile scandagliare tutto questo, limarli nel miglior modo possibile, conformandosi alle regole universali della vita di coppia. 
Pur quanto mi sia sembrato strano sentire una storia che deplorasse continuamente una sventura che, al principio, avrebbe potuto essere  per Deisy e Henry idilliaca, non avrebbe potuto essere diversa di così, sebbene ogni tanto mi domandi quali sono le vere conseguenze per cui dietro ogni situazione o eventi ci siano bastonate emotive dovute da forti e insaziabili moti di desiderio di affetto o amore, e quando la Howard lo riversa nei suoi personaggi li giudica mediante i loro stessi occhi. Con grande sensibilità, ma privi di fondamento logico. 
Perdersi è uno squarcio di vita della stessa autrice, che conferisce un'idea piuttosto chiara del passato in quanto si amalga perfettamente al presente, in un carosello di immagini ed episodi che si riversano sotto cieli grigi di rammarico, ricordi o memorie perdute. Niente di impossibile da sradicare, ma di inaspettatamente bello ed intenso che mi ha attesa lì, invisibile, maturando in queste pagine, pronto ad esplodere, un processo a ritroso di cui la mente si aggrappa mediante l'oblio, l'arte imprescindibile delle parole, con il suo vasto corredo di illusioni, esortazioni, moti invisibili del cuore umano. La cosa che mi ha resa impreparata è stato il concetto di amore che la Howard stessa visse senza alcuna esperienza, che coincise col concetto di ingenuità, semplicità del fanciullo, salvata da una situazione insostenibile, nonostante le innumerevoli battaglie di mantenere intatta la sua identità. Lasciandosi andare alla deriva mentre gli anni passavano, senza però mai insistere pur di affermare il suo diritto di essere donna, compagna, moglie. 
Immersa in una realtà quasi insostenibile, in cui si rifugge nell'affrontare il peggio di se stessi, nascosti in facciate di finti buonismi e perbenismo in cui la bellezza è dotata di una propria struttura ossea, mi sono sentita in parte unanime in parte speranzosa nel sentire, costatare o vedere, o, ancor più, confidare, in un miracolo. L'ingenuità della stessa Daisy, che usa come espediente per rifuggire da una realtà disdicevole, opprimente è un maleficio. 
Certamente un romanzo drammatico, un manifesto della letteratura inglese che depone la Howard a considerala, ancora una volta, la Jane Austen dei giorni nostri. Definirlo drammatico, di per sé, coglie una parte dell'anima di questa storia, e la coppia Daisy e Henry evidenziano perfettamente questo aspetto. Si sogna cose che forse non avremo mai, si teme di essere delle anime dannate di solitudine, con un certo e profondo sentimento. La felicità, la soddisfazione morale e quella economia, non doveva essere niente di malvagio se non ci si fosse intestarditi ad ottenere un certo posto, una certa posizione. Io che mi appresto a riporre queste poche righe ci ho messo un pó a capirlo, ma questo, è ciò che i figli di carta di questa bellissima storia dovevano mettere in atto. Sarebbe stato tutto più semplice, non cadere nello sconforto, nel tranello, pentirsi e lasciarsi sfuggire quasi con un sospiro di rimpianto ciò che la vita gli avrebbe fatto vivere con onore. 
Forme particolari di riflessioni che mi hanno colta impreparata, in quanto Perdersi è molto più di quel che sembra: non il ritratto di una semplice storia d'amore macchiata di atrocità e crudeltà bensì l'impossibilità di vedere o sentire la realtà circostante al di là di ogni cosa, al di là di ogni forma o conseguenza. L'uomo è una creatura che compie continuamente errori, e, penso, stia qui la sua bellezza. La Howard sapeva che avrebbe scritto una storia dal mancato lieto fine, ma, del resto, la vita non è qualcosa che riesci a tollerare ma con le sue incongruenze? 

Valutazione d’inchiostro: 4

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